Serie TV > I Bastardi di Pizzofalcone
Ricorda la storia  |      
Autore: GeoFender    11/10/2021    0 recensioni
Partecipante al Writober 2021
Uno scorcio del rapporto tra due delle donne facenti parte dei Bastardi di Pizzofalcone. Perché a volte, la gentilezza è anche un semplice caffè in una tazza variopinta durante un turno di notte più pesante del solito.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Lo sa, Alessandra di Nardo detta Alex, di essere una stronza, a volte. Non poteva essere altrimenti, una conseguenza di essere cresciuta tra le gelide mura della casa genitoriale, fare i primi passi e muoversi, senza inciampare troppo, in quel mondo fatto e calpestato da uomini. Perché, siam sinceri, la divisa e un'arma erano un modo per guadagnare potente, ottenere uno status, una maniera per ergersi anche solo un po' più alto di altri. Impiegati, impiegati con distintivo e pistola, con decorazioni di gradi, che spesso rimanevano gli stessi per anni, perché non si voleva andare oltre, un po' per pigrizia e un po' per incapacità, al classico lavoro d'ufficio. Fare da segretari, preparare caffè dalla qualità piuttosto discutibile, dare indicazioni. E muffire, stando immobili e col culo incollato su sedie decisamente da sostituire, senza nemmeno tentare, anche una sola volta, a far cambiare la propria vita. Alex no, non lo voleva quello. Forse arroganza, la sua, ma di rimanere agente assistente a vita non voleva saperne affatto. E quindi sì, era stronza, si impegnava col lavoro e sparava al poligono, senza essere uno squalo, perché gli squali rischiavano di essere mangiati a loro volta, lì dentro. Da altri squali o da pescecani piccoli, che sapevano dove mordere e dilaniare. Per invidia o per vendetta, non faceva differenza. La gentilezza, i gesti disinteressati, erano quindi nuovi, per lei. I sorrisi di cortesia non li potevi contare come tali, che in un battito di ciglia potevano far male, nascondendo altro o non nascondere nulla se non... vuoto.

« Ecco qua, Alex. »

Le fece Ottavia, Mammina, posandole una tazzina di caffè sulla scrivania, gli occhi dell'agente assistente che quasi si incrociavano su quei fogli da archiviare che non sembravano avere più un senso, quella notte. Si concentrò anzi sulla tazzina stesse, una di quelle di porcellana con annesso piattino, ma sicuramente non passabile per una da bar. Tempestata da pallini di mille colori, spesso uno ne conteneva tre o quattro, ma Alex non era certo sicura che vedesse le presunte decorazioni per stanchezza o per il semplice motivo che sì, erano lì sul serio. Saggiò, con la punta del dito, quello che doveva essere il bordo di uno, percependolo appena rialzato, indice di pittura o smalto passato a mano. Lenta prese il cucchiaino e prese a girarne il contenuto, premurandosi di mettere il dovuto zucchero. Era divino quel caffè, rispetto a quel piscio che proponeva Ammaturo, tanto che erano costretti ad ordinarne da un bar lì vicino, durante la giornata. Ma non avevano il lusso di essere nel turno in pieno giorno, Calamity Jane e Mammina, ma forse era meglio così. E poi, sempre ad essere sinceri, il turno di notte era proprio una benedizione, in quel periodo. Dedicare meno ore al sonno significavano meno visioni di quella povera ragazza, di quella povera cameriera che spirava tra le sue braccia, impotente, sozza di fuliggine e gli occhi scuri nel vuoto. Di urla in camera da letto, paralizzata tra le braccia di Rosaria, che cercava solo di calmarla, di portarla alla realtà. Che non era meno crudele del ricordo vissuto e rivissuto, perché le conseguenze erano ancora vive, specie sui corpi dei Bastardi e non solo. Sorrise Alex, alla sovrintendente Calabrese, la tazzina vuota, il cucchiaino abbandonato sul piattino.

« Grazie, Otta'. Ma non ti dovevi disturbare. »

Fu gentile in cambio, era impossibile arrabbiarsi con Ottavia, anche se non nascondeva un po' di perplessità nel vederla al commissariato, di notte. Non si impicciava degli affari altrui, Alex, ma chiunque lì dentro sapeva che l'unico figlio della sua superiore in grado avesse problemi. Quali, nello specifico, mai era stato detto, ma si vedeva. E le sembrava brutto, dirlo. E la donna la fissava, ancora, la dolcezza nello sguardo, come ad invitare l'agente a parlare. Buona fortuna, le avrebbe detto abbastanza sarcastica, ma era stanca per fare qualcosa del genere. Gli occhi castani si posarono sulla scrivania della Martini, tanto diversa da quella di Pisanelli, per rompere il contatto visivo con la collega. Continuava però sentire il suo sguardo, affatto pesante, che la osservava senza risultare opprimente. Lo sguardo di una madre, una madre tanto diversa dalla sua, che forse avrebbe accettato volentieri. Non disse nulla, Ottavia, finché Alex non tornò con l'attenzione su di lei.

« E che sarà mai un caffè, su. »

C'era un qualcosa in Alex che lo definiva sospetto, quel gesto. Dunque sospirò, soffice, in maniera da mettere rallentare i suoi pensieri che, forse per la caffeina e lo zucchero già in circolo, correvano un po' troppo veloci per i suoi gusti, facendo battere il cuore in accordo ad essi. Ansia, in un certo senso, come l'avrebbe definita Rosaria. Alex però, ansiosa non si definiva. Affatto. Lo appariva Ottavia, al contrario, in quel momento. Le sopracciglia accigliate, nel fissarla, apparendo ancor più Mammina. Non come nome in codice, non per prenderla in giro, ma ciò che per Alex era l'essenza della sovrintendente. Sospirò, di nuovo, cedendo a quello sguardo e curvando le spalle, con sé per tutto quel tempo avessero cercato di non cedere a un peso che portava da tempo. Un po' per abitudine, certo. 

« Otta', ma di solito non stai a casa a quest'ora? »

Si pentì di quelle parole non appena lasciarono le sue labbra e l'eco accarezzò le sue orecchie. Rughe si fecero evidenti sul viso della collega, mostrando quanto una così semplice domanda potesse riaprire ferite che non erano mai del tutto guarite. Però venne stupita ancora, in una notte, con un altro sorriso e uno scuotere di capo.

« Palma bene non sta, Alex, quindi ho preferito prendere io il suo turno finché non si rimette. E poi almeno non stai sola, i turni di notte quando sei così giovane, agli inizi, mica sono una cosa così naturale. »

Se fosse stata più lucida, le sarebbe stato evidente che si nascondesse qualcosa, sotto le parole dell'altra. Era una mezza verità, quella, se ne rese conto un secondo più ardi di quanto avrebbe dovuto, ma ormai il ticchettio della tastiera del computer era ripresa, indicando le ricerche che Ottavia svolgeva spesso e che risultavano in una svolta provvidenziale per i casi a loro assegnati. Sbatté le palpebre, meditando se portare la tazzina vuota nel cucinotto piuttosto stretto del commissariato, a scappare dall'aria che d'improvviso si era fatta tesa. Un modo per ricambiare la gentilezza ricevuta, perché era be certa che, alla fine, se non l'avesse sciacquata lei, Ottavia avrebbe accolto quel compito. Decise che l'immagine non le piaceva affatto e, afferrandola tramite il piattino, uscì dal grosso ufficio per assolvere a quella mansione. Un qualcosa di estraneo, ad essere sincera, lo sciacquare la tazzina e il piattino e il cucchiaino, gettando la bustina di zucchero ormai vuota nel grosso bidone della carta. Quasi del tutto pieno, tanto che storse appena il naso, ma doveva aspettarselo, da un commissariato. Ritornò solo quando le punta delle dita furono fredde e rugose per lo stare troppo a mollo perché, ad essere sincera, in vita sua non aveva mai lavato un piatto o un bicchiere. Retaggio del Generale, che l'aveva cresciuta come il maschio che non aveva avuto. L'arcata sopraccigliare contratta, al pensiero dell'imponente figura genitoriale che l'aveva schiacciata e schiacciata senza che lei alzasse un dito per opporsi fino a che... Rosaria.

« Alex, per stanotte va, caschi e pendi. Tanto quei verbali non hanno fretta di essere archiviati, c'è sempre domani. Almeno, se riposi una o due ore in più, riesci a tornare un po' più fresca, in mattinata. E salutami la Martone, una volta a casa, che ci sta dando una grossa mano, per questa storia della bomba. »

Ecco, pronunciata un po' prima quella frase, Alex si sarebbe strozzata, col caffè a quel punto freddo della tazzina variopinta. Ma Ottavia ancora una gentilezza le aveva concesso, i quella notte che forse già stava volgendo al mattino, evitando altre brutte figure così, per mancanza di sonno decente. Perché, per quanto cercasse di coprirle col trucco, le occhiaie erano visibili e Ottavia rimaneva comunque una poliziotta dallo sguardo fino, seppur spesso lo rivolgesse a uno schermo, piuttosto che a una scena del crimine. Dimenticava spesso che di esperienza, ne aveva molta di più rispetto a lei.

« Grazie Otta', facciamo che domani mattina appena arrivo ti porto un cornetto, ma di quelli integrali con la marmellata, visto che dici che stai a dieta. E non accetto un no. »
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > I Bastardi di Pizzofalcone / Vai alla pagina dell'autore: GeoFender