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Autore: Sia_    12/10/2021    1 recensioni
Le dita di Sirius picchiettano contro il bracciolo della poltrona in velluto verde. L’ha girata verso il camino e dà le spalle alla carta di pareti dietro di lui. Non la guarda mai: quando per sbaglio l’angolo cieco dell’occhio finisce per non essere più cieco in quella direzione, serra la mascella e manda giù il dolore. Non passa mai e forse è colpa sua: le spalle, se ci pensa, gliel’ha sempre date. Pure da bambino, ha sempre saputo che quello non era il suo posto.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Regulus Black, Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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a farlo da capo

12 Preterist: qualcuno il cui interesse principale è nel passato

 

Le dita di Sirius picchiettano contro il bracciolo della poltrona in velluto verde. L’ha girata verso il camino e dà le spalle alla carta di pareti dietro di lui. Non la guarda mai: quando per sbaglio l’angolo cieco dell’occhio finisce per non essere più cieco in quella direzione, serra la mascella e manda giù il dolore. Non passa mai e forse è colpa sua: le spalle, se ci pensa, gliel’ha sempre date. Pure da bambino, ha sempre saputo che quello non era il suo posto. 

Porta alle labbra il bicchiere di vino rosso che tiene nell’altra mano e ne prende un lento, lungo sorso, fino a che l’interno della bocca non comincia a bruciare e chiede una boccata d’aria. Appoggia il capo allo schienale alto e lancia lo sguardo nelle fiamme rosse. 

Gli importa poco del suo volto rovinato sulla parete e non gli importa nemmeno che l’unico viso che dovrebbe essere bandito – quello di sua madre – è invece splendente sulla carta. Gli importa di una faccia che sta qualche centimetro sotto a Walburga e qualche centimetro a destra dalla sua macchia. L’unico angolo che il suo occhio riesce a intravedere sempre è il viso pallido di suo fratello. Si corregge, il viso pallido di Regulus Black. Hanno perso il diritto di chiamarsi famiglia da troppo tempo ed è di cattivo gusto farlo senza avere la possibilità di chiedergli il permesso. 

Prende un altro sorso, questo è più veloce. Non avrà mai una seconda possibilità con Regulus.

“Sei ancora sveglio?” la mano di Remus si ferma sulla testata della poltrona, a qualche centimetro dai capelli scuri di Sirius. 

“Sei ancora qui?” ribatte questo, sorridendo e appoggiando con uno slancio il bicchiere al tavolino di pietra scura lì vicino. 

L’amico si siede con una gamba sul bracciolo, “Tra poco vado via, ho avuto da fare con Moody nell’altra stanza” gli spiega, grattandosi con una mano il poco di barba incolta che gli è cresciuta sul mento negli ultimi giorni. 

“Mh, ho capito.” Felpato lo osserva calmo, gli occhi grigi che cercando quelli marroni di Lunastorta. Quando li trovano, come ogni volta, lui torna indietro ai corridoi di Hogwarts e poi alla guerra e poi agli anni ad Azkaban e all’idea, quasi insopportabile, che l’unico ancora rimasto vivo tra i Malandrini l’odiasse. “Andrò a letto dopo che te ne sarai andato, allora.” 

Remus sorride e lascia scappare uno sbuffo dalle labbra, “Hai sempre detto così, anche a scuola.” Gli ricorda, facendo emergere lì in mezzo un imprecisato numero di serate in cui Sirius e James rimanevano in Sala Comune fino a tardi davanti al fuoco. 

“Non avevamo sonno.” Felpato lo rende così reale, usando un plurale che non esiste più. Ma non ha bisogno di chiedere il permesso, Ramoso avrebbe fatto lo stesso al suo posto. Sono stati più fratelli loro, che quelli sulla parete alle sue spalle. O meglio, che quello sulla parete e quello cancellato via. “Remus,” lo chiama in un sussurro, abbastanza affinché questo alzi un sopracciglio incuriosito, “credi che abbia sbagliato con lui?” 

“Questa casa non ti fa bene.” S’affretta a dire Remus, addolcendo l’espressione. Non risponde alla domanda, colpevole di aver osservato troppo spesso gli occhi di Regulus a scuola. Colpevole di averci visto risentimento, paura e poi indifferenza e odio. 

“Se avessi potuto, l’avrei portato con me quella volta.” Sirius distoglie lo sguardo e lo lancia di nuovo nelle fiamme calde del camino. “Forse avrei dovuto insistere, anche dopo.” Soprattutto dopo

Remus muove il piede nel vuoto, sconsolato. “Non avrebbe capito.” 

“Ma non sarebbe morto.” 

Rimangono in un silenzio che pesa più di mille parole. La schiena di Sirius torna ad appoggiarsi alla poltrona di velluto verde e la mano di Lunastorta corre alla spalla dell’amico. Remus capisce e non dice niente: lo sa che l’indifferenza che Felpato ha tirato su per tanto tempo era appena una maschera per evitare di mostrare a tutti la delusione. Se per sé, o per il fratello, questo non l’ha mai capito. 

“Vorrei ricominciare tutto, farlo da capo” gli confessa, alzando l’angolo della bocca. “Cercherei un modo per farglielo capire… sai, Regulus era piuttosto intelligente.” Sirius si rende conto, improvvisamente, che la stessa conversazione l’ha avuta anni fa con James. 

“Non penso che tu abbia sbagliato.” Lunastorta stringe la presa sulla sua spalla, attorcigliando la giacca nera. “Credi che non sapessi di quella volta che sei sgusciato via dai dormitori per andarlo a cercare prima della fine della scuola? O di quella volta che hai tentato di dissuaderlo dall’uscire con quella cricca insopportabile di Serpeverde, o quando ancora hai provato a bruciare le lettere di tua madre?” 

“Te l’ha detto James?” 

Remus sorride, “No, mi sono bastati gli occhi per guardarmi in giro.”

Sirius stringe le labbra in una linea e si passa una mano sul petto. “Tra tanti che sono morti, adesso vorrei salvarne uno che non era nemmeno dalla nostra parte. È patetico.” Ride e nasconde una parte del viso sotto il palmo della mano. 

“È umano” lo corregge Lunastorta, alzandosi dalla poltrona e sovrastando il colore rosso del fuoco. Sirius non dice niente per un po’, si limita a giocherellare con le punta delle dita e a mordicchiarsi la gengiva. Essere umano in una circostanza simile è l’ultima cosa che vorrebbe. Lui, che è stato bestia per tanto tempo, non riesce a rimanere indifferente davanti al ricordo del volto di Regulus. 

“Era appena un ragazzo” dice alla fine in un sussurro, aggrappandosi ai braccioli e venendo in piedi, “Non avrebbero dovuto esporlo così alla guerra.” 

“Anche tu lo eri, eppure non hai esitato a scendere in battaglia.” E Regulus? Regulus avrebbe esitato? Non lo sa, è questo l’effetto che fa non parlarsi più per il troppo orgoglio. Forse, se si fosse sforzato una volta in più, l’avrebbe scoperto. Forse, a farlo da capo, potrebbe tenerlo via da quello scontro mortale. Poi si ricorda, non sa nemmeno come è morto.

Si limita a sorridere, “Sarà la testardaggine dei Black, che dici?”

Remus ride, si stacca dal camino e lo abbraccia, sistemando il mento proprio sopra la spalla che ha stretto prima con la mano. È un abbraccio che fa incredibilmente male. Dev’essere stato così anche quello che si sono scambiati la prima volta che hanno capito di non essere nemici. “Non fartene una colpa.” Gli appoggia poi la fronte contro la sua e gli accarezza i capelli neri. Sanno anche di James, quelle parole. Non farti una colpa per la morte di James, di Lily, di Regulus. Non c’era modo di salvarli. “E smettila di bere, ti rende straordinariamente nostalgico.” 

Sirius non lo corregge, non serve niente dire che è la casa che gli squarta l’umore e che il vino rende appena sopportabile la sua vita tra quelle mura. “Non posso prometterlo.” 

Remus sorride e gli scompiglia le punte dei capelli. Si avvicina poi alla porta della stanza con passo veloce, piega la maniglia e si gira di nuovo verso Felpato, “Senti, tutte quelle scemenze sul tornare indietro e farlo daccapo, se mai ci riuscissi...” salva Regulus, salva James, salva Lily e fai in modo di salvare così l’infanzia di Harry. E se non ci riesci, salva te stesso o trova un modo per dirmelo e non lasciare che io ti abbandoni ancora una volta.

“Se ci riuscissi?” 

“Evita quella fin troppo lunga fase in cui credevi che le treccine ti donassero, era imbarazzante.”

Sirius si mette a ridere, nonostante tutto quel vuoto che si è sentito dentro con gli occhi di Remus su di sé. L’ha capito benissimo, quel non detto lanciato lì tra la porta e la poltrona, “Era imbarazzante andare in giro con me, che ero il più bello di tutta la scuola? Sì, credo che potrei evitarlo, se è per il tuo orgoglio.” 

“Vedo che hai capito al volo, come sempre.” Anche Remus si mette a ridere e apre finalmente la porta. “Buonanotte, Felpato.” 

Sirius piega il capo, “Lunastorta” dice piano, osservando la figura dell’amico sparire dietro la superficie di legno. Se la richiude alle spalle e lo lascia di nuovo solo, ma questa volta Black è in piedi, ben consapevole che nel suo punto cieco dell’occhio adesso si staglia il volto di Regulus. Alla fine cede e lo guarda, si avvicina persino, prendendo di nuovo il bicchiere tra le mani. “Mi sarebbe piaciuto conoscerti davvero, prima o poi.” A farlo da capo, una parola in più l’avrebbe spesa. Una porta in meno, persino, l’avrebbe chiusa. Ci sarebbe stato un modo, qualsiasi, per fargli cambiare idea, no? 

 

“Sai Kreacher? A farlo da capo, avrei dato retta a mio fratello.”

 
[Questa storia partecipa al Writober di fanwriter.it]
   
 
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