Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Nana_13    13/10/2021    0 recensioni
- Terzo capitolo della saga Bloody Castle -
Dopo aver assistito impotenti allo scambio di Cedric e Claire, i nostri protagonisti si ritrovano a dover fare i conti con un epilogo inaspettato.
Ciò che avevano cercato a tutti i costi di evitare si è verificato e ora perdonare sembra impossibile, ogni tentativo di confronto inutile. Ma il tempo per le riflessioni è limitato. Un nuovo viaggio li attende e il suo esito è più incerto che mai. Pronti a scoprire a quale destino andranno incontro?
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 19

 

Riuniti

 

“È inutile. Tutto tempo sprecato.”

Una nuvola di polvere si sollevò dalle pagine ingiallite del vecchio tomo quando Mary lo richiuse di colpo davanti a sé. L’ultimo di una lunga serie che insieme a Byron stava ispezionando da cima a fondo. Erano ore ormai che se ne stavano rintanati in biblioteca, alla ricerca di qualcosa che lo aiutasse a capire come rintracciare l’erede di Margaret Danesti e il resto della combriccola. Ogni minuto che passava si rodeva sempre più il fegato per non essere stata abbastanza rapida da tuffarsi in quel portale. Ormai, però, era fatta e avrebbero dovuto sbrigarsi a trovare una soluzione alternativa, prima che la pazienza già precaria di Nickolaij si esaurisse del tutto.

“Lamentarsi non serve a niente. Continua a cercare.” la riprese Byron, tornando dall’ennesimo viaggio verso gli scaffali con un paio di volumi antichi, che accumulò sopra quelli già presenti sul tavolo. 

Mary sospirò esasperata. “Sai, quando hai detto di avere un asso nella manica che ci avrebbe sottratto a una morte lenta e dolorosa non credevo che saremmo finiti così.”

“In effetti, nemmeno io.” ribatté, più concentrato sulla lettura che su di lei. “Il problema è che il mio asso nella manica non funziona fino in fondo e non capisco perché. Ho eseguito la procedura alla lettera, passo dopo passo, eppure c’è qualcosa che ne impedisce la riuscita. Quindi, finché non avremo trovato la risposta, ti consiglio di risparmiare il fiato e impiegare le tue energie in attività più costruttive.” 

In tempi diversi questo suo trattarla come se fosse l’ultima degli apprendisti l’avrebbe mandata su tutte le furie, ma non nella situazione critica in cui si trovavano. Sebbene Nickolaij non avesse imposto ultimatum alle ricerche, era come averlo sempre lì con il fiato sul collo, pronto a infliggere la punizione che meritavano per i loro fallimenti. In ogni caso, Mary sentiva che prima o poi avrebbe chiesto loro di rendere conto di quel ritardo. Più prima che poi.

Pensare alla prospettiva contribuì a motivarla, così fece un sforzo e iniziò a sfogliare un altro tomo. Le pagine erano disseminate di disegni e simboli strani, e a dirla tutta non ci capiva granché, ma aveva assistito personalmente al rituale e Byron le aveva spiegato per sommi capi quali fossero gli ostacoli alla sua riuscita. Ora si trattava solo di trovare la chiave di volta in uno di quei testi.

Annoiata, senza farci caso prese a rigirarsi tra le dita la collana con lo smeraldo recuperata nel cottage insieme a quella di Nickolaij. 

“Alla fine l’hai tenuta.” constatò Byron appena l’occhio gli ci cadde sopra. 

Mary, però, era distratta e sul momento non capì. “Ah… Sì, ho pensato fosse un peccato lasciarla lì. Stava meglio attorno al mio collo.” rispose, una volta intuito a cosa si riferisse. Dopo aver finito con la ragazza dai capelli rossi, infatti, erano tornati al cottage per cercare qualche indizio su dove potessero essere finite le loro prede, ma frugando nelle borse al piano di sopra non avevano trovato altro che le collane, insieme a un mucchio di altra robaccia di nessuna utilità. 

“Una ben magra consolazione.” commentò lui, l’attenzione rivolta già altrove.

Mentre lo osservava saltellare da uno scaffale all’altro, per la prima volta Mary si rese conto di non aver ricavato alcuna soddisfazione dalle disgrazie di quel druido da strapazzo. Un tempo vedere la sua reputazione rovinata, assistere al suo allontanamento magari, sarebbe stato per lei motivo di grande gioia. Ora, invece, le cose erano cambiate, perché anche lei rischiava grosso e questo le faceva provare una sorta di empatia nei suoi confronti, qualcosa di simile alla compassione. Il sentimento meno familiare del mondo. 

“Niente, non c’è niente!” Di punto in bianco, Byron sembrò arrendersi e in un moto di rabbia scaraventò a terra il cumulo di libri che aveva di fronte. “Quella maledetta strega! Di sicuro mia cugina deve averle insegnato a proteggersi per bene. Tipico di Margaret!” Fuori di sé, si accasciò pesantemente sulla sedia, affondando il volto tra le mani. Non l’aveva mai visto in quello stato.

“Calmati adesso. Non è il momento di perdere la testa.” cercò di rimetterlo in riga. Ci mancava solo che andassero entrambi nel panico e sarebbe davvero finita.

“Detto da te ha dell’incredibile.”

A Mary sfuggì un ghigno mesto. “Sì beh, l’ho imparato di recente a mie spese.”

“Mia cugina era sempre un passo avanti a me, in tutto. Assurdo come riesca a farmi sentire inadeguato perfino ora che è morta.” 

Doveva proprio essere disperato per sentirsi così in vena di sfoghi e Mary ne rimase sorpresa. Mai una volta in tanti anni aveva esternato qualcosa che lo riguardasse in prima persona, un episodio del suo passato o un riferimento al suo rapporto con la famiglia d’origine. Tutto avrebbe immaginato tranne che soffrisse di complessi di inferiorità. “Tu inadeguato?” ripeté perplessa, alzando un sopracciglio. 

A quel punto, allora, Byron parve rendersi conto di essersi spinto troppo oltre. Probabilmente non avrebbe voluto che lo vedesse così. “L’occulto ha sempre interessato entrambi, ma a differenza di Margaret io non sono nato con il dono della magia.” si arrese infine. La cosa sembrava infastidirlo tuttora, come se non se ne fosse mai fatto una ragione. “Per quanto mi applicassi, non ho mai avuto alcuna possibilità di eguagliarla. Grazie al suo potere, qualunque incantesimo le riusciva con il minimo sforzo, mentre io ho dovuto faticare per arrivare dove sono oggi e, nonostante questo, lei continua a guardarmi dall’alto del suo piedistallo, prendendosi gioco di me come faceva un tempo.” 

“Sì, ma ora è morta e presto la raggiungeremo se non ci inventiamo qualcosa.” obiettò Mary, rammentandogli le priorità del momento. “Furba la streghetta. Se non fosse andata a nascondersi nel territorio dei cacciatori a quest’ora l’avremmo già trovata.”

Consapevole che avesse ragione, Byron annuì, posando di nuovo lo sguardo sul volume che aveva davanti. “Già, di sicuro deve aver chiesto alla sciamana che protegge il villaggio di aiutar…” Si interruppe di colpo, colto da un’illuminazione. “Aspetta…” Alzatosi di scatto, corse verso uno scaffale, di quelli che finora avevano del tutto ignorato. “Sei un idiota… Un completo imbecille…” lo sentí borbottare, mentre con il dito scorreva il dorso dei volumi in cerca di chissà cosa. Alla fine un grido di trionfo le fece capire che l’aveva trovato. 

Quando tornò al tavolo, prese a sfogliare il libro con un insolito scarso riguardo per la sua fragilità. Era evidente che sapesse perfettamente cosa cercare, perché i suoi occhi viaggiarono veloci pagina dopo pagina, finché non si soffermò su una in particolare e Mary lo vide illuminarsi di nuovo. “Eccolo!” esclamò, puntando l’indice su un passaggio preciso del testo. 

Stufa di essere lasciata in disparte, stava per chiedergli chiarimenti, ma l’arrivo improvviso di un vampiro glielo impedì.

“Milady.” la salutò a occhi bassi, pur sembrando piuttosto sollevato di averli trovati. “Lord Byron…”

“Che cosa vuoi?” tagliò corto, spazientita. 

“Sua signoria richiede la vostra presenza nello studio.” 

Assaliti dallo stesso timore, entrambi si scambiarono un’occhiata che valeva più di mille parole. Il momento fatidico era arrivato e loro non avevano frecce al proprio arco. O forse sì?

Dopo essersi sistemato la camicia, con insolita fermezza Byron si schiarì la gola, alzandosi dalla sedia. “Allora sarà meglio non farlo attendere.”
 

-o-

 

Juliet diede un altro giro di mestolo alla zuppa di lenticchie, che borbottava sul fuoco ormai da diversi minuti, per evitare che si attaccasse al fondo della pentola. Quella era una fase delicata e non poteva distrarsi, soprattutto perché con la cottura a fuoco vivo c’era molta più probabilità di stracuocere i cibi, oltre al rischio concreto di incendiare la tenda. 

Chiuse gli occhi e si soffermò qualche istante sull’odore, che prometteva molto bene. L’intera cena che aveva preparato, in realtà, aveva un ottimo aspetto e ne andava fiera. Non era stato affatto facile mettere su un pasto decente, visto che non disponeva di una vera e propria cucina e gli ingredienti non erano quelli a cui era abituata. Per fortuna, Laurenne le aveva dato qualche dritta. Era perfino riuscita a fare un dolce a base di fichi e miele, una ricetta tipica del luogo che la sciamana le aveva consigliato. Tutto questo per tentare di concludere con un po’ di dignità quell’anno disastroso.

Ebbene sì. Facendo due calcoli si era resa conto che il trentuno dicembre era arrivato. L’ultimo giorno di un anno da dimenticare e, per un’ottimista come lei, forse l’inizio di un periodo migliore che sperava di inaugurare proprio con una buona cena.

“Che combini?”

La voce di Dean, appena rientrato, la fece voltare. Osservava la tavola con aria un po’ spaesata, ma allo stesso tempo incuriosita. 

“Ehi! Sapevi che gli Jurhaysh non festeggiano il capodanno? Almeno non il trentuno dicembre. Così ho pensato di organizzare una cenetta solo per noi, che te ne pare?” Lo accolse con entusiasmo, mentre continuava a rimestare nel suo angolo. 

“Bella idea. Di certo sarà il miglior capodanno mai visto in centodieci anni.” rispose sorridente.

Sembrava di ottimo umore e a Juliet non poté che far piacere. Ancora di più quando, dopo essersi avvicinato, si chinò per lasciarle sulle labbra uno dei suoi baci delicati ma al contempo decisi. Sentendosi coraggiosa, stavolta non perse tempo e lo abbracciò, pretendendo un altro bacio che si godette il più possibile. Negli ultimi tempi avevano così poche occasioni di restare soli e ogni minuto era prezioso. 

Diversamente dal solito, però, fu lei a interrompere il contatto, colta da un pensiero improvviso. Lì per lì non aveva prestato particolare attenzione alle sue parole, ma a rifletterci meglio ora ne coglieva il senso. “Un momento…” mormorò, scostandolo di poco per poterlo guardare negli occhi. “Centodieci? Scusa, e quando li avresti compiuti?” Solo adesso le era tornata in mente la conversazione avuta durante la loro fuga dal castello, in cui aveva detto che il suo compleanno era a dicembre. Peccato che il mese fosse appena finito.

“Ieri.” disse Dean candidamente, come se fosse una cosa di scarsa importanza. 

La notizia le provocò non poco sconcerto. “Quindi ieri era il tuo compleanno e non hai detto una parola?” 

“Non pensavo che avresti voluto saperlo.”

“No, hai ragione. Perché dovrebbe interessarmi sapere quand’è il compleanno del mio fidanzato?” replicò, sempre più allibita. 

Per un attimo l’appellativo sembrò destabilizzarlo, ma si riprese in fretta ed emise un sospiro paziente. “Juls, dopo aver superato la soglia dei centocinque a nessuno verrebbe in mente di festeggiare ancora, credimi. Ad ogni modo, è sempre stato un giorno come un altro.”

Senza nascondere la delusione, Juliet arricciò le labbra con aria pensosa. Comprendeva il suo discorso, ma comunque le dispiaceva essersi persa il suo primo compleanno insieme. “Beh, magari per te…” mormorò, abbassando lo sguardo. 

Dean sorrise, divertito dalla sua espressione imbronciata. “Mi dispiace. Se avessi saputo che ci tenevi, te l’avrei detto.”

Rimasero a guardarsi per qualche istante; poi lei non riuscì più a trattenersi e si lasciò sfuggire una risata sommessa, che Dean non seppe interpretare. “Queste cose possono succedere solo con te.” si spiegò allora, di fronte al suo cipiglio interrogativo. “Stupida io che ancora mi sorprendo.”

Entrambi si misero a ridere e per un istante Juliet finse di fare resistenza quando lui decise di baciarla di nuovo. “Tanti auguri.” gli sussurrò subito dopo a fior di labbra, senza smettere di sorridergli innamorata.

Era talmente persa da non accorgersi dell’odore di bruciato che cominciava a diffondersi pericolosamente nella tenda finché Dean non glielo fece notare.

“C’è qualcosa che brucia?” domandò, arricciando il naso. 

Fu allora che realizzò. “La zuppa!” trasalì, afferrando subito un paio di strofinacci e correndo alla pentola per toglierla dal fuoco. Nella speranza che non si fosse attaccato tutto, con il mestolo girò il contenuto diverse volte e vi aggiunse un po’ d’acqua, riuscendo infine a recuperare la situazione. “Guarda che hai combinato. Mi hai distratto e per poco non bruciavo la cena.” scherzò, fingendo di rimproverarlo. 

Tornati anche gli altri, si misero a tavola, ansiosi di consumare il primo pasto decente da giorni, ma non altrettanto di intraprendere una conversazione. Juliet avrebbe voluto sapere qualcosa della loro giornata, visto che dal loro arrivo Rachel trascorreva gran parte del tempo nella tenda di Laurenne e i ragazzi al campo d’addestramento. Invece, l’unica a cui andava di parlare sembrava essere lei. Dall’atmosfera intuì che la situazione tra Mark e Rachel non fosse delle più rosee e che non dovevano essersi ancora chiariti. Probabilmente l’atteggiamento scostante e il modo in cui l’aveva trattata l’altro giorno erano da attribuire a quello, ma non se la sentiva di farglielo pesare. Stava passando davvero un brutto periodo, forse ancor più di tutti loro, e non voleva aggiungere altro stress.

Ad ogni modo, quello non era decisamente il capodanno che aveva sperato di trascorrere e ne rimase delusa al punto che, quando la voce di Najat esordì dall’esterno, le fu quasi riconoscente per aver ridato vita a quel mortorio. 

“Sono io. Mi dispiace interrompere, stavate cenando immagino. Ma ho bisogno del vampiro. Devo parlargli.” 

Non appena Dean la raggiunse fuori gli sembrò si comportasse in maniera un po’ circospetta e infatti non parlò subito, ma gli fece cenno di allontanarsi dalla tenda, così che dentro non potessero sentirli. 

“È appena arrivato un falco da un nostro avamposto a qualche chilometro da qui.” lo informò senza tergiversare. “I miei uomini hanno trovato una ragazza che vagava nel deserto. Parlava solo inglese, ma da quel poco che hanno capito diceva di conoscere me, Laurenne e forse qualcun altro.” 

In genere in certi casi il buon senso gli consigliava di non giungere a conclusioni troppo affrettate, eppure Dean non poté esimersene. Nonostante i pochi indizi a disposizione, fare due più due gli risultò inevitabile. “Credi che potrebbe essere…” 

Najat annuì, afferrando al volo. “Non posso esserne sicura. Volevo chiedere a Laurenne di andare a vedere.” 

“Allora vado anch’io. È meglio che sia presente qualcuno con esperienza.” si offrì immediatamente.

“Ci avevo già pensato. Per questo sono qui.” 

Dean ci rifletté su un momento. “Dovrei dirlo anche agli altri…” 

“Non è una gita di piacere, Dean.” replicò schietta. “È un’operazione delicata e non dobbiamo dare nell’occhio. Se si trattasse davvero di lei, sarebbe il secondo vampiro in questo accampamento e non è il caso che gli altri capi lo sappiano. Quindi ci conviene mantenere un profilo basso.” 

Malgrado concordasse in pieno, stavolta Dean non vedeva proprio come sarebbe riuscito a dissuadere gli altri dal seguirlo, se non mentendo. E quello era fuori discussione, vista la promessa fatta a Juliet. “Non posso tenere questa cosa per me. Dopo quello che è successo a Bran, è già un miracolo che sia riuscito a riguadagnare la loro fiducia.”

“Capisco, ma il problema rimane. Sarebbe meglio se andassi da solo.” 

“Non sarà semplice convincerli a restare.” disse Dean con un sospiro. “Cedric insisterà per venire. Insisterà parecchio.” E non se la sentiva nemmeno di biasimarlo. Trovandosi al suo posto, avrebbe fatto lo stesso.

Najat allora cedette. “E sia. Portalo con te, ma solo lui.” si raccomandò, anche se in realtà suonò più come un ordine. 

Dopo aver ottenuto un cenno di assenso da parte sua, gli disse che sarebbe andata da Laurenne per avvisarla e dispose di riunirsi davanti alle stalle da lì a pochi minuti. 

Prima di rientrare, Dean si prese qualche istante per raccogliere le idee, poi scostò di nuovo i lembi della tenda, trovandosi subito gli occhi di tutti puntati addosso.

“Problemi?” domandò Mark, vedendolo pensieroso.

“No…” gli rispose, dopo un attimo di esitazione. “Ci sono delle novità.” Nel riassumere quanto sentito da Najat si guardò bene dall’esprimere opinioni o sospetti di qualsiasi tipo per non dare loro false speranze, ma fu comunque tutto inutile perché arrivarono alle sue stesse conclusioni. 

“Vengo anch’io.” dichiarò Cedric infatti, prima ancora che Dean avesse modo di aggiungere altro. 

Con un sospiro rassegnato annuì, senza esimersi dall’esprimere il dubbio che sarebbe riuscito a tenersi in sella con il braccio non ancora del tutto guarito.

“Sto bene, non è di me che dobbiamo preoccuparci adesso.” tagliò corto lui, praticamente già con un piede fuori.

“Voi no.” mise in chiaro Dean con le ragazze, vedendole pronte a seguirli. “È meglio che restiate qui.” 

Juliet aggrottò la fronte. “Cosa? E perché?” 

“Perché Najat vuole mantenere un profilo basso, visto che forse c’è di mezzo un altro vampiro e che non siamo nemmeno certi si tratti di lei. È piuttosto inutile muoverci tutti per una semplice supposizione.”

Rachel gli riservò un’occhiata perplessa, alzando un sopracciglio. “In effetti, mi sembra assurdo che sia proprio Claire? Insomma, solo perché parla inglese e conosce Laurenne non è detto che…”

“Lo so, io per primo nutro dei dubbi in proposito.” la interruppe Dean lapidario. “È proprio per questo che andiamo laggiù, per verificare. Dovrete solo avere pazienza e aspettare il nostro ritorno.”

Si rendeva conto di essere stato un po’ brusco, ma si dimostrò l’unico modo per ottenere un risultato, anche se quando la salutò Juliet non era ancora convinta. Glielo lesse in faccia. Sperò solo che comprendesse le sue ragioni e non ce l’avesse troppo con lui. 

Alle stalle trovarono già Laurenne, munita della sua sacca da viaggio, che confabulava con Najat accarezzando il muso del suo cavallo. Un paio di guerrieri avevano appena finito di sellarlo, insieme agli altri due che avrebbero portato Dean e Cedric.

“Bene, ci siete tutti.” constatò Najat appena li vide.

Dean la guardò interrogativo. “Tu non vieni?”

“No, sarebbe sospetto se me ne andassi nel cuore della notte. Ve la caverete anche senza di me.” Con un’unica occhiata trasmise loro la sua fiducia, poi si rivolse a Laurenne in via esclusiva. “Mi raccomando, cercate di tornare prima che faccia giorno. Per il momento preferisco che nessuno ficchi il naso in questa storia.” 

La donna annuì. “Sta tranquilla.

Dopo essere montato in sella, Dean ricambiò il breve sorriso complice che lei gli rivolse, lieto che avesse smesso di considerarlo come un qualsiasi succhiasangue da odiare. Diede un leggero colpo di tallone e il cavallo partì, accodandosi a quello di Laurenne che viaggiava in testa.

Era ormai notte fonda quando giunsero all’avamposto, dove furono accolti da due guerrieri che evidentemente li stavano aspettando. Riconosciuta Laurenne, la salutarono battendosi il pugno sul petto alla maniera dei guerrieri e lei ricambiò, dimostrando a sua volta di conoscerli. Poi, scesi da cavallo, li seguirono all’interno di quel piccolo manipolo di tende immerso nel silenzio. 

Dal canto suo, Dean fu sollevato che almeno per una volta non ci fosse gente sveglia a curiosare. Davanti a lui, Laurenne e quello che con tutta probabilità era il comandante dell’avamposto, conversavano in arabo di cose che non capiva, ma che intuì dovessero riguardare la ragazza sconosciuta. 

Anche Cedric doveva essersi posto le stesse domande, perché arrivati a destinazione non perse tempo e chiese subito chiarimenti alla sciamana. “Allora? Che ti ha detto?” domandò, subito dopo aver visto il guerriero allontanarsi. 

“Nulla più di quanto sapessimo già.” rispose lei, senza nascondere una certa ansia nella voce.

“È qui dentro?” 

Laurenne annuì. “In attesa del nostro arrivo l’hanno tenuta isolata, per precauzione.”

“Quindi sanno che potrebbe essere un vampiro.” ne dedusse Dean. In effetti, se Najat aveva deciso di informarli non poteva biasimarla. Era normale che considerasse una priorità la sicurezza dei suoi uomini.

Non riuscendo più a contenere l’impazienza, Cedric fece per varcare la soglia. “Basta, io entro.” 

Dean però glielo impedì, allungando il braccio prima che potesse fare un altro passo avanti. “Aspetta.” 

“Cosa c’è adesso?”

“È meglio che entri prima io, almeno per assicurarmi che la situazione sia tranquilla.” 

Senza capire, Cedric aggrottò la fronte. “Di che diavolo parli? Non è mica la gabbia dei leoni…”

“Dammi retta per una volta.” lo interruppe con un sospiro, trattenendo l’irritazione. “Se davvero si tratta di un neovampiro, potrebbe essere pericoloso.” 

“Già e se avesse voluto sbranare qualcuno l’avrebbe fatto da un pezzo, non trovi? È pieno di esseri umani in questo posto.”

In linea teorica aveva ragione, questo Dean dovette riconoscerlo, ma l’esperienza gli aveva insegnato a non dare nulla per scontato. Ovviamente, però, Cedric non gli diede il tempo di controbattere.

“Fammi un fischio quando hai deciso, io vado.” tagliò corto, per poi superarlo e sparire dentro la tenda.

Esasperato, Dean si lasciò sfuggire un’imprecazione, prima di andargli dietro insieme a Laurenne. All’interno l’ambiente era scarno e illuminato solo da alcune candele, ma i suoi occhi furono subito in grado di individuare la sagoma scura di una persona, nascosta dalla penombra. 

“Claire?” mormorò Cedric incerto. 

Dopo un breve momento di silenzio pian piano la figura si fece avanti, consentendo alla luce delle torce di rivelare la sua identità. Era di corporatura mingherlina e i capelli neri corvini, una volta corti, ora le arrivavano fino alle spalle, ma furono i suoi grandi occhi azzurri a fugare ogni dubbio. 

D’istinto, Cedric fece un ulteriore passo verso di lei. “Me lo sentivo che eri tu…” La voce fuoriuscì tremolante, rotta com’era dall’emozione. Ancora qualche passo e l’avrebbe raggiunta, ma prontamente Dean glielo impedì, frapponendosi tra loro. 

“No, resta dove sei.”

“Levati di mezzo…” gli intimò lui tra i denti.

Come sempre, però, le sue minacce caddero nel vuoto. Forse perché in fondo sapeva che, anche volendo, non sarebbe riuscito a smuoverlo di un centimetro. 

“Fidati, so quello che faccio.” Lo guardò dritto negli occhi, riuscendo così a convincerlo e dargli modo di parlare con Claire per primo. “Come ci hai trovato?” le chiese secco, una volta certo di averlo ammansito. Per tutta la durata del viaggio non aveva pensato ad altro, cercando una spiegazione che non implicasse la sua fuga da Bran, cosa di cui dubitava seriamente. 

Le labbra di Claire si piegarono in un flebile sorriso. “Sono così felice di vedervi.” Aveva i lucciconi agli occhi e dal tono sembrava sincera, ma Dean si mostrò irremovibile.

“Sì, anche per noi è un piacere. Ora rispondi alla domanda.” insistette, ignorando Cedric e la sua indignazione. 

“Certe cose non cambiano mai, eh?” scherzò lei.

“Mi piace pensare di essere un tipo coerente.”

A quel punto, Laurenne intervenne, pronunciandosi per la prima volta da quando erano entrati. “Non starai esagerando? Non mi sembra pericolosa.” 

“Sta sicuramente esagerando.” le diede man forte Cedric, lanciandogli l’ennesima occhiata di fuoco. 

Era naturale che non capissero e del resto Dean non si sarebbe aspettato nulla di diverso. Ad ogni modo, fu costretto a riconoscere che Claire aveva un’aria piuttosto tranquilla e che forse tutto quell’allarmismo non era necessario. Così emise un sospiro rassegnato e la guardò. “Ti sei nutrita di recente?” le chiese in tono più rilassato.

Lei rispose con un cenno di assenso. “Sto bene. Ti giuro che non voglio fare del male a nessuno.” 

Ancora una volta sembrava sincera e lo convinse a farsi da parte, per permettere a Cedric e Laurenne di andarle incontro. 

Le braccia delle sciamana furono le prime ad accoglierla e il contatto con lei non le provocò alcuna reazione che non fosse sollievo nel ritrovarsi di nuovo tra amici. 

“Sono così felice che tu stia bene.” le sussurrò la donna, senza riuscire a trattenere le lacrime. Aveva l’aria di chi ha appena ritrovato una figlia perduta da tempo e quando sciolse l’abbraccio le accarezzò il viso con lo stesso fare materno. “Sei stata troppo avventata, ragazza mia. Non è passato giorno in cui non mi sia sentita in colpa per non essere riuscita a fermarti. Magari ti avrei evitato tante sofferenze…”

Claire tirò su col naso, ricambiando il sorriso. “Non è stata colpa tua. Avevo già fatto la mia scelta.” Il suo sguardo incontrò quello di Cedric mentre lo diceva, consapevole di doversi rivolgere a lui più che a chiunque altro. 

Entrambi si studiavano, cercando il coraggio di fare il primo passo. Malgrado avessero atteso a lungo quel momento, ora sembravano più impacciati che mai, forse perché ognuno sentiva addosso reciprocamente il peso della propria colpa. 

Alla fine, Cedric non si trattenne più e con un rapido gesto le circondò le spalle, attirandola a sé. Senza dire nulla, la strinse come per accertarsi che fosse davvero lì, che fosse reale, e Claire lo lasciò fare. Piccola quasi da scomparire, a occhi chiusi affondò il viso contro il suo petto, mentre lui poggiava le labbra sulla sua fronte. Non si scambiarono neanche una parola. Non ce n’era bisogno.

Dal suo angolo Dean li osservava, sforzandosi di rispettare la loro privacy nonostante le mille domande che continuavano ad affollargli la mente. A parte lui, nessuno in quella tenda, nemmeno Laurenne, sembrava comprendere quanto tutto ciò fosse sospetto. Sentiva di dover fare chiarezza, subito, prima che l’entusiasmo generale contagiasse anche gli altri e infatti, quando la sciamana propose di fare ritorno all’accampamento, si oppose senza remore. “Un momento. Prima di andare vorrei sentire tutta la storia dall’inizio, se non ti dispiace.” disse a Claire, usando un finto tono conciliante. In realtà, non aveva intenzione di lasciarle molta scelta. “Come sei riuscita a fuggire dal castello?” Lo scopo della domanda era di metterla alla prova, per vedere quale storia più o meno convincente gli avrebbe rifilato.

“Purtroppo non è stata una fuga la mia.” rivelò lei con aria mesta. “Mi sarebbe piaciuto che lo fosse, ma non è andata così.”

Lo sguardo di Dean sulla ragazza si fece ancora più indagatore. “Vorresti dire che Nickolaij ti ha lasciato andare?” 

“No, ma è stato lui a mandarmi.”

Quella scoperta lo lasciò di stucco, così come anche Cedric e la sciamana, e nella tenda calò il silenzio. 

“Ah.” esordì Dean con la prima cosa che gli venne in mente. “E non gli è minimamente passato per la testa che avresti potuto tradirlo?” 

Con un sospiro Claire riconobbe le sue perplessità come legittime. “Lo so, sembra assurdo ma vi giuro che è la verità.” 

“Ehi, ehi. Non hai bisogno di giurare, è ovvio che ti crediamo.” la rassicurò Cedric.

Naturalmente, Dean non si dimostrò dello stesso avviso. “Non è ovvio per niente, invece.” ribatté, deciso a non demordere. Per gli altri il fatto che ci fosse Nickolaij dietro il ritorno di Claire avrebbe anche potuto essere un dettaglio trascurabile, ma non per lui. 

Cedric fece per replicare, ma Laurenne si mise in mezzo prima che tra i due potesse scoppiare una lite. “Sentite, perché non torniamo all’accampamento e continuiamo a discuterne con Najat? Potremmo bendare Claire, così non saprà dove si trova il campo.” propose a Dean, per placare i suoi timori. “Inoltre, abbiamo l’ordine di rientrare entro l’alba e non manca molto ormai.” gli fece notare in seguito. 

Ancora restio, Dean ci mise un po’ a rispondere, ma alla fine dovette ingoiare il rospo. “Va bene.” acconsentì, riacquistando la calma. Ad ogni modo, prima di rimettersi in viaggio chiese alla sciamana di controllare che Claire non avesse addosso tatuaggi invisibili che permettessero di seguirne gli spostamenti.

“Un vegvisir?” dedusse Laurenne, alzando un sopracciglio.

“Mi sembra, sì.” 

La cosa parve colpirla particolarmente, tuttavia non aggiunse altro e provvide subito a organizzare l’occorrente, che per fortuna portava sempre con sé. 

Per consentire a Claire di spogliarsi, Dean e Cedric decisero per il momento di seppellire l’ascia di guerra e uscirono dalla tenda senza degnarsi di uno sguardo.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Nana_13