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Autore: Mari Claire    15/10/2021    0 recensioni
"Vorrei raccontare una storia entusiasmante, che cambi il vostro modo di vedere le cose, che dia una risposta alle domande esistenziali, potrei anche farlo ma sarebbe una bugia. Questa non è la storia della ragazza sfigata che diventa una cheerleader, fidanzata con il capitano della squadra di basket, che diventa madre prima dei vent’anni. Ma non è neanche la storia triste di una ragazza che sta morendo, che vi farà disperare e capire quanto la vita sia troppo breve. No, questa è semplicemente la mia stramba e monotona storia." [...] "Però devo essere onesta, vi ho mentito, ho detto che questa sarebbe stata la mia monotona storia e lo è stata, fino al suo arrivo."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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CAPITOLO 6
“Ti avrei cercato domani per darti la ricerca che staserà finirò di scrivere” non so perché mi volli quasi scusare per non averlo cercato ma trovarmelo davanti dopo ieri mi provoca disagio e confusione.
“E saresti riuscita a stare lontana da me per così tanto?” dice mentre mette su la sua migliore faccia triste.
“Sbruffone” sussurro voltandomi di nuovo verso il canestro accorgendomi subito però che la palla è nelle sue mani. Prima ancora di riuscire a girarmi per poterla richiedere indietro me lo ritrovo alle spalle con la bocca allineata al mio orecchio a sussurrarmi a sua volta: “ti ho sentita”. Lanciando la palla con una sola mano facendo immancabilmente canestro da dietro le mie spalle.
“Volevi dimostrarmi che ho ragione?” non riesco a non essere sarcastica mentre mi giro per affrontarlo, trovandomelo ad un palmo dal naso.
 
“Lì ho capito che rappresentavi tutto ciò che desidero”
 
Avvampo all’instante. Mi sforzo di trovare le parole giuste ma quegli occhi mi confondono. Sorprendendomi non poco lui fa un passo indietro, alternando lo sguardo da me al canestro.
“Hai bisogno di una mano?” mi chiede. Nessuna nota di sarcasmo, nessuna faccia da schiaffi. È serio, quasi… gentile.
Per un momento quelle iridi blu mi hanno veramente portato in qualche altro posto difatti devo girarmi verso il canestro per capire che cosa intendesse “oh quello, no grazie dopo gli allenamenti mi aiuta Tom” sorrido sinceramente grata.
“Sicura?” sono sicura di intravedere sul suo viso un lampo di non saprei... consapevolezza?
“Sisi, grazie mille in ogni caso” lo ringrazio gentilmente ma dal tono con cui lo dice non sono sicura sia proprio la risposta giusta, non sono sicura intenda quello che intendo io. In ogni caso quello sguardo, quel corpo, lui mi mette troppo a disagio così abbozzo un saluto tirato e scappo nello spogliatoio prima di correre nell’aula di scacchi.
Il resto della giornata passa tranquillamente tra lezioni e chiacchiere per i corridoi. Tra un po' di tempo ho una gara regionale di scacchi, il club a scuola mi ha spronato perché vi partecipassi e la città non fa altro che parlarne, mi è sempre piaciuto questo periodo prima di una gara dove tutti si fermano a parlarmi per accertarsi che sia pronta, come se la vittoria non fosse solo mia ma di tutta la città. Ricordate la partita contro quel damerino di Dustin di cui tutti parlano? Quella era una partita della contea ed è stata anche la partita che mi ha reso ‘famosa’ e rispettabile da tutti. Non ho mai pensato di andare al di fuori della mia contea ma la scuola, la mia faglia e Tom hanno insistito così mi sono iscritta e tra qualche mese dovrò disputare la prima fase.
La giornata è passata tranquillamente è la fine della giornata ed il mio incubo è tornato: devo andare in palestra per allenarmi con Tom. Gli allenamenti dovrebbero finire tra cinque minuti quindi inizio ad avviarmi all’entrata per aspettarlo.
Dopo dieci minuti vedo la figura di Tom uscire di fretta e affaticato dalla palestra con ancora la tuta addosso “perché sei ancora vestito? Puzzi di sudore vai a lavarti non mi ci alleno con te in queste condizioni” dico mentre mi porto un braccio davanti al viso per diminuire la puzza.
“Mi dispiace, sono nuovo, non lo sapevo” inizia freneticamente “non avrei creduto fosse solo oggi, mi dispiace già ti ho dato buca a pranzo” parla così veloce che riesco a capire poco e niente.
“Tom che stai dicendo, calmati” cerco di fare ordine e di farlo calmare ma una voce profonda da dietro le mie spalle lo anticipa.
“Oggi è il giorno delle pulizie, il coach lo chiama così perché chiamarlo ‘giorno in cui ci fa faticare il triplo senza un apparente motivo’ faceva troppo galera” girandomi incontro il sorriso più bello che abbia mai visto. Ho già detto che George Potren è una visione paradisiaca? “ma infondo capisco Rudden, anche io sarei desolato di dover faticare invece che stare con una bellezza come te” soggiogata totalmente da quegli occhi e quel sorriso l’unica cosa che riesco a fare è ridere quasi istericamente ed ovviamente… arrossire.
“Dav stai bene? Sei tutta rossa” dopo aver udito questa frase ed aver pensato al modo più sadico per uccidere il mio migliore amico vedo l’oggetto dei miei pensieri avvicinarsi per accertarsi che io stia bene. Di sottecchi riesco ad intravedere George Potren che sogghigna quasi compiaciuto, il che non fa altro che farmi arrossire ancora di più.
“Potren, Rudden dovete entrare” ringrazio mentalmente il mio salvatore e mi annoto di dovergli innalzare una statua d’oro un secondo prima di sentire il mio migliore amico darmi un bacio sulla guancia e urlare “mi farò perdonare ti prometto che domani dopo gli allenamenti ci mettiamo sotto. Ah no, domani è la serata cinema, okay allora poi vediamo a costo di saltare la scuola ma ci alleniamo, scusa ancora, ti adoro, a domani” riesco a percepire un altro bacio sulla guancia prima di vederlo correre dentro la palestra.
Sto per ridere della dolcezza del mio migliore amico quando vengo bloccata da delle labbra che si fermano sulla guancia opposta a quella di Thomas, riesco ad intravedere solo un ricciolo castano prima di paralizzarmi ed avere nella mia visuale due occhi nocciola ed un sorriso sincero “ti chiedo scusa dato che cercherò di ricattare Tom perché mi inviti alla vostra serata cinema. Scusa ancora, ti adoro, a domani” mi esce un sorriso spontaneo subito dopo aver visto il suo occhiolino e la corsa verso l’interno della palestra.
“Patetico” il mio buon umore viene demolito con una sola parola proveniente da quello che suppongo essere il mio precedente salvatore. Mi giro per rispondere a tono quando due occhi blu mi inchiodano al posto. Sta succedendo troppo spesso, ma com’è possibile che da quando lo intravedevo per i corridoi ora me lo ritrovo sempre in mezzo ai piedi? È un bel vedere, non sono ipocrita da negarlo ma il suo atteggiamento è così irritante. Continuo a fissarlo in modo truce mentre nella mia mente affiora una consapevolezza.
“Sicura?”
Immagino che la mia faccia abbia cambiato espressione da truce a sorpresa a incazzata perché lui ride di gusto non abbandonando mai quel suo fastidioso ghigno.
“Tu” inizio “mi hai preso in giro! Sapevi che oggi era la giornata delle pulizie o non so cosa. Sapevi che Tom non avrebbe potuto aiutarmi” man mano il mio tono da guerriera sceme abbassandosi sempre di più “sapevi anche che Tom non era a conoscenza di tutto ciò. Hai calcolato tutto.” Fin quando mi affiora un sorriso “io qui direi proprio: scacco matto. Complimenti.”
Da perfetta sportiva gli allungo la mano perché, si, è stato bravo. Non ne capisco il motivo ma ha calcolato tutte le sue mosse e sostanzialmente ha vinto. È stato furbo e lo rispetto, per questa volta.
Sul suo viso affiora un sorriso sbiego sembra quasi sincero mentre mi stringe la mano. Ma poi il sorrisetto diventa il suo immancabile ghigno prima che giri la mano e mi fa un impeccabile baciamano.
“Scusa, ti adoro, a domani” nel dirlo i suoi occhi non abbandonano mai i miei. Sto per ridere di gusto ma mi riprendo in fretta ed in modo serio non posso che replicare “patetico”.
Lui sorride prima di lasciare la mia mano e prendere la stessa via degli altri due. Quando la porta della palestra si chiude mi lascio coinvolgere da una risata sincera. Non ho mai sopportato quel ragazzo ma infondo può essere anche simpatico se vuole. Con questi pensieri vado verso l’autobus per tornarmene a casa.
Passo praticamente tutto il pomeriggio ad allenarmi con gli scacchi e a scrivere la tesina sulla regina Elisabetta I, rinunciando ad allenarmi col canestro da sola, verso le otto mi avvio in cucina per preparare la cena ma vengo bloccata da una chiamata da un numero sconosciuto.
“Pronto?”
“Sono sotto casa tua scendi”

Io conosco questa voce

“Chi ti ha dato il mio numero?”
“Il tuo amico è quasi più imbranato di te, fregargli il telefono è stato un gioco da ragazzi”
Riesco a percepire il suo immancabile ghigno dal telefono
“Dove sai dove abito?”
Ti ho cercato”

‘Cercami’ le sue parole mi rimbombano ancora per la testa ‘alla fine sono io che ti ho trovata’.

“Se stavi tentando un qualche tipo di seduzione sappi che sei risultato solo molto inquietante quasi da stalker”
Ammetto che le sue parole mi hanno fatto un qualche tipo di effetto ma, come ogni volta, rifiuto tutto ciò che la mia mente può pensare nascondendomi dietro il sarcasmo.
Difatti funziona perché lo sento ridere, ma ridere davvero, di gusto. Il suono della sua risata sincera mi fa nascere un sorriso, non credo di averlo mai sentito ridere, è un suono così bello, armonioso. Può una risata risuonarmi nella testa come la più dolce delle melodie?
Quando realizzo i miei pensieri mi si spegne il sorriso e subito vado in confusione, non faccio in tempo a formulare un pensiero sensato che la sua voce mi riporta alla realtà.
“Mia madre è ossessionata da te, può sembrare una stalker ma ti ammira solo molto e quindi sa tutto di te, me l’ha detto lei. Non ti dico i salti di gioia quando le ho detto che mi serviva per venirti a prendere, credo che tra poco organizzerà il matrimonio”
Non rispondo, quel suono armonioso mi pianta sul posto ancora una volta, mi rispunta il sorriso, si sente che è felice quando parla della madre.
“Davina Filler suona malissimo”
“Io direi che suona magnificamente”
Perché d’improvviso ha abbassato il tono di voce? Perché d’improvviso mi tremano le gambe? Il panico mi assale ‘Lì ho capito che rappresentavi tutto ciò che desidero’. Credo che in questo momento mi stia andando a fuoco la faccia. Non riesco a trovare una risposta sarcastica così ho deciso di cambiare totalmente argomento.
“In ogni caso perché sei qui sotto?”
“Ti voglio portare in un posto”
Perché d’improvviso tutta questa preoccupazione? Questo ragazzo mi confonde. Fino a tre giorni fa a stento mi guardava per i corridoi mentre adesso è sotto casa mia e mi vuole ‘portare in un posto’, assurdo.
‘Lì ho capito che rappresentavi tutto ciò che desideravo’
Non smetto di pensare alle sue parole. Assomiglia ad un rompicapo, una partita a scacchi dove non so che mossa fare. Da una parte correrei da lui solo per capire le sue intenzioni, dall’altra, la parte più razionale, mi dice di restare a casa e girare all’argo da un ragazzo del genere. Dal passato si impara. Ed io ho imparato a ragionare sulle cose, a capire quando è il momento di non farsi prendere dalla situazione. Eppure …

Non mi è mai piaciuto quel ragazzo, eppure, in quel preciso istante, capii tre cose. Numero uno: Nathan Filler voleva giocare. Numero due: non avrei mai permesso che giocasse con me, ma solo contro. Numero tre: non gli avrei mai permesso di vincere.
In quel preciso istante presi la decisione che cambiò per sempre il corso della mia storia, in quel preciso istante iniziai la partita più difficile della mia vita, solo che ancora non sapevo… che ero
destinata a perderla.


“Spero ne valga la pena” dissi prima di uscire di casa.
   
 
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