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Autore: SkysCadet    16/10/2021    0 recensioni
La cittadina di Filadelfia sembra un borgo tranquillo, in cui la gente comune passa la giornata senza occuparsi degli strani avvenimenti che accadono da diverso tempo. Tuttavia, Simon si ritrova - suo malgrado - a combattere per la salvezza delle anime sfuggite al potere dei Lucifer. Tra questi c'è Joshua, un ragazzo con un dono particolare. Il giorno in cui Ariel - una matricola impulsiva dell'università di Filadelfia - lo incontra per la prima volta, capisce che in lui c'è qualcosa di diverso dagli altri ragazzi. Solo un nome sembra in grado di cambiare il corso degli avvenimenti, un nome che i Lucifer non possono nominare...
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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«Io sono venuto ad accendere un fuoco sulla terra;

e che mi resta da desiderare, se già è acceso?»

- Gesù Cristo

***

Un bagliore, accompagnato da un boato e dal rumore della porta che si aprì violentemente, fece cadere Judas e Simon all'indietro, dentro lo stanza.

Nathan si era trovato davanti la porta già aperta da un vento impetuoso, accompagnato da un boato che presagiva l'arrivo un temporale.

Aveva sentito le urla dalla sala della chiesa e aveva percorso la navata a passo svelto e occhi disperati; Lucia gli correva dietro ma la dovette bloccare sul portico, non appena i suoi occhi avevano visto la figura di Simon in bilico sul davanzale esterno della stanza al terzo piano.

Percorse quelle rampe di scale con una fitta alla bocca dello stomaco e gli occhi quasi colmi di lacrime, negando a bassa voce un destino che non accettava.

Simon era stato un padre non perché avesse mai avuto bisogno di qualche affetto mancato e non perché la vita gli avesse riservato una cattiva sorte; viveva bene, in fin dei conti: una famiglia unita nella stessa fede, un lavoro e una casa accogliente.

Ma gli si era legato per la potenza di un fuoco che gli faceva ardere l'anima. Nelle sue parole sentiva vita e soprannaturale.

Un solo segno bastò per imprimere in lui un legame forte come le corde del Cielo: in una notte di sconforto, mentre la sua amata dormiva beatamente accanto a sé, coperta solo di un lenzuolo e morbide ciocche brune fluenti scivolano sulle nude spalle, sentì la mancanza di un frutto che non sarebbe mai arrivato a causa di un problema incurabile, a detta dei medici più rinomati della nazione.

E fu in quel momento che una scintilla fece ardere il suo cuore, mentre le parole di Simon riecheggiavano nella sua memoria:

"Quando Dio fa nascere un fiore, lo fa nascere nel deserto."

Quella frase l'aveva colpito come una freccia scoccata solo per lui, diretta al suo dubbio e, come dal ghiaccio a fuoco, la sua anima, ardente di nuova vita, annientò ogni difesa, facendo entrare la luce dove gli uomini avevano costruito un tunnel senza via d'uscita.

Si inginocchiò ai piedi del letto e pregò di avere un figlio, certo che quel Nome l'avrebbe ascoltato.

Il telefono squillò. Dall'altra parte la voce assonnata di Simon gli disse queste semplici parole: "Gesù Cristo mi ha svegliato in un sogno per dirti queste parole: Il fiore sta già germogliando".

Non ebbe il coraggio di pronunciare alcun suono perché le lacrime fecero più rumore di ogni altro ringraziamento.

Nei mesi a seguire quel germoglio faceva crescere il ventre di sua moglie i maniera così naturale e meravigliosa che le emozioni provate non avevano ancora un nome; delle emozioni che avevano il suono di un cuoricino che galoppava all'impazzata e di un piedino che si mostrava mentre lui gli parlava.

Dopo nove mesi, ai piedi di quel letto, reggeva tra le braccia il frutto di un miracolo a cui i medici non sapevano dare spiegazione ma a cui lui sapeva dare un Nome.

***

Quei flashback gli avevano permesso di percorrere le scale senza ricordarsi di respirare e una volta giunto al piano si vide di fronte quella porta scura, già aperta. Rimase lì, appoggiato allo stipite con la spalla sinistra, ansante.

Lì, con l'affanno che gli asciugava le vie aeree, osservò il corpo di Simon che giaceva inerme al suolo, mentre una macchia di sangue percorreva le venature del parquet e il fuoco, che l'aveva spinto a seguire Simon dal giorno di quel potente miracolo, sembrò scomparire di fronte a quell'immagine immonda.

Le lacrime gli riempirono gli occhi.

Poi, spostando lo sguardo verso l'interno dello studio, vide l'ombra di Judas che tentava di rialzarsi; era come accecato, e una volta in piedi, lo vide andare a tastoni, barcollando.

Le narici di Nathan si dilatarono e il respiro concitato era rumoroso, come quello di un toro di fronte al colore scarlatto; ma non tentennò, anzi, allungò il braccio destro e, tesi i muscoli, direzionò il palmo aperto verso Judas che, avvertendo la sua presenza, si bloccò al centro della stanza con un ghigno sinistro e gli occhi chiusi.

La risata del capo della setta Lucifer non durò a lungo, perché le autorevoli parole, sconosciute agli uomini naturali e pronunciate dal Ministro, in quella che, sia nel mondo oscuro dei Lucifer che in quello amorevole di Filadelfia, veniva identificata come Lingua del Cielo, produsse degli effetti: l'intorpidimento generale, seguito dalla sensazione che spilli invisibili venissero conficcati nella carne, acuminati come artigli, fecero uscire dalle labbra dell'adepto un urlo agghiacciante e stridulo; poi una corda, invisibile, parve bloccargli gli arti del corpo longilineo e asciutto, fino a farlo boccheggiare.

Nathan continuava a pronunciare quelle parole con severa autorevolezza, fino a quando, Judas, si ritrovò in ginocchio, avvertendo il dolore pungente di quella corda che ardeva le sue membra.

«Gesù Cristo è il Signore.»

La voce di Nathan ordinava alla mente di Judas di produrre quelle parole.

«Dillo» comandò con voce cupa e profonda, mentre Judas emetteva solo rantoli di agonia.

«Dillo!» gli urlò col volto deformato dalla disperazione e dall'odio di chi avrebbe ucciso senza pietà.

Ma Judas non aprì bocca; cadde con la testa ai suoi piedi come un rigido pezzo di legno.

«Tornatene agli abissi dai quali sei venuto...» ispirò profondamente, e levandosi una ciocca di capelli ricci dagli occhi scuri, proseguì «Nel Nome di Gesù Cristo».

Quel Nome bruciò la pelle di Judas in una fiamma invisibile, come un fuoco consumante.

Nathan vide evaporare in un fumo nero quell'essere, mentre urla agghiaccianti ferivano il suo udito; crollò a terra, in ginocchio, come svuotato di tutte le energie. Fissò Simon che ancora respirava a fatica e quella macchia di sangue sul pavimento, lasciando scivolare un rivolo d'acqua trasparente fin al mento.

Doveva fare in fretta, avrebbe perso i sensi da un momento all'altro se non gli si fosse avvicinato in tempo per levarsi la camicia e avvolgerla intorno al capo di Simon.

Mentre tentava di alzarlo, il padre gemette e negli occhi di Nathan comparve un nuovo luccichio.

«Simon» pronunciò con voce ferma «Simon, rimani sveglio!»

«Sì, sono sveglio...lui...»

«Lui è ritornato al suo inferno»

«Lucia...»

«No, Lucia è ancora in Chiesa.» disse, prima di alzare gli occhi e vedere la biondina sull'uscio della porta, con volto pallido e occhi sbarrati.

Heliu, che l'aveva seguita, arrivò poco dopo alle sue spalle, giusto in tempo per trattenere la sua figura minuta dal cadere al suolo per lo shock.

«Lucia!» chiamò il giovane, che si trovava nuovamente di fronte al suo pallido viso e alle labbra livide che questa volta pronunciavano quattro parole in un sussurro: «Dal ghiaccio al fuoco...»

Nei meandri dell'anima di Lucia le ombre prendevano forme scomposte.

Vide il suo sembiante come fumo fluttuare fuori dal suo corpo e viaggiò, viaggiò nello spirito e nel tempo attraverso lampi di luce e stelle e pianeti. La terra era una sfera piccola e perfetta immersa nel blu.

Poi un vortice d'aria la spinse verso il cielo terso e un bagliore inondò i suoi occhi, fulminati da un candore innaturale.

Un albero dalle fronde luccicanti come diamanti colpì la sua vista e la sua mano si tese a raccoglierne il frutto mostrandole l'arto evanescente cui si poteva vedere attraverso.

Tuttavia, un colpo allo stomaco, come una spinta in pieno petto, la gettò giù da quello splendore; cadde in un oblio nero, un fosso dalle mura grondanti sangue.

Il suo essere ancora opalescente non sentì dolore, ma un profondo turbamento la investì: sentì urla di donne, di uomini e di bambini echeggiare in quel luogo di tenebra fitta. Solo due lucignoli parevano illuminare flebilmente. Due fiammelle erano incatenate dietro delle sbarre di ferro arrugginito.

Di fronte a loro, c'era una lastra di ghiaccio.

Lucia tentò di avvicinarsi, ma una voce imperiosa nel cuore la bloccò: avrebbe dovuto guardare senza interferire.

Quella lastra di ghiaccio andava sciogliendosi, posta com'era vicino a quelle fiammelle.

Un particolare le si fissò nella mente: l'acqua prodotta da quella lastra di ghiaccio convergeva verso la fiammella più piccola, inspiegabilmente.

Era acqua che non evaporava, acqua che non si consumava, acqua che dal ghiaccio passava al fuoco.

«Dal ghiaccio a fuoco» ripeté più volte, anche quando suoi occhi si aprirono e accarezzarono il volto dolce di Heliu.

«Simon, dobbiamo portarti in ospedale!»

La voce ferma di Nathan riempì l'atrio del piano, mentre teneva Simon da un braccio, dopo aver avvolto un lenzuolo sulla ferita.

«No! Non capirebbero!»

«Simon, ti prego...»

«Nathan, i Lucifer hanno fatto una retata all'ospedale...Mi lasceranno morire lì, portami all'infermeria di Gilbert!»

Il team di Judas anticipò i passi del suo capo, costringendo gli operatori sanitari a non compiere il loro dovere per un certo Simon Hill; dovettero agire con la forza e con non poche intimidazioni.

«Ma... Simon dobbiamo controllare che non ci siano lesioni interne, e lo si può vedere solo con una risonanza. Ti prego, Simon, ci accompagnerà mio padre...»

«E come pensi di spiegare la mia situazione?»

«Dicendo la verità...»

Lo sguardo accigliato di Nathan divenne docile di fronte al viso tumefatto di Simon, che sembrava avere la mente fin troppo lucida.

«Capisci che stai farneticando? Non crederanno mai che Judas - l'uomo più influente e facoltoso della città - mi abbia fatto un attentato! Sono tutti suoi servi!»

«Ci faremo aprire le porte da mio padre!»

Nathan insistette così tanto da far piegare la volontà del pastore Simon, ma solo perché, effettivamente, il padre di Nathan era stato a capo del distretto di polizia ed era ben voluto da tutti.

«Va bene...» sospirò arrendevole, prima di rivolgere lo sguardo ai giovani che attendevano vicino alla scalinata.

«Vegliate e pregate. Non preoccupatevi per me.»

Lucia lo abbracciò forte, bagnando la camicia di gocce trasparenti prima di guardarlo scendere i gradini lentamente.

Heliu le strinse la mano, sorridente, mentre con il dorso dell'altra mano le asciugava una lacrima e le chiese: «Che vuol dire: dal ghiaccio al fuoco?»

Lei strinse le labbra e rispose con un certo astio: «Che a Dio nulla è impossibile.»

Levò bruscamente la mano da quella del ragazzo iniziando a correre giù per le scale, sotto lo sguardo dubbioso di Heliu, quando ormai la notte era al culmine della sua oscurità.

Un'oscurità che circonda i pensieri e i ricordi, come quella in cui si trovava Ariel, avvinghiata al buio che pervadeva la sua vista. Solo tenebre profonde e un freddo capace di farle avvertire spilli acuminati nelle ossa. In quella tenebra tentò di capire dove si trovasse, così iniziò ad allungare le mani e oltre al viscidume indefinito del pavimento roccioso si accorse di essere in catene; solo le gambe erano libere.

Si mosse carponi, con le braccia intorpidite dal gelo di quella notte e con occhi ancora poco abituati a quella fitta oscurità.

Il cuore batteva così violentemente i suoi colpi sul petto da farle mancare il respiro. Non ricordava nulla della sua caduta, solo acqua e urla stridule.

Poi un lucignolo colpì la sua attenzione: una fiammella in lontananza, una luce calda così piccola ma così forte da darle qualche suggerimento dell'edificio in cui stava per compiersi la sua fine.

Era dentro una cella, circondata per due lati da sbarre arrugginite. A terra, quel liquido viscido e appiccicoso aveva un colore scuro e si mescolava al muschio che permeava l'acciottolato. Poi alzò lo sguardo verso quella lingua di fuoco, mostrandole i tratti delicati del viso di Acab che parve divertirsi a muovere quella luce per attirare la sua attenzione. Era il fuoco di un cerino che usò per la sua solita sigaretta notturna e che, una volta accesa, usò per ammirare la giovane, poggiato con le spalle alla parete antistante i ferri, con un piede a terra e uno al muro.

Gli occhi celesti assunsero un colore cangiante di fronte alla luce calda della fiammella rendendoli grigi e impenetrabili.

Lo seguì con lo sguardo muovere dei passi verso la sua sinistra per accendere una torcia costituita da un legno e struttura in ferro fissata qualche centimetro sopra la testa del giovane adepto. Quella luce fu come tornare a vedere l'alba dopo giorni di cecità.

Tra la gabbia di ferro e la parete in cui stanziava Acab, c'era un corridoio molto stretto, in cui poteva camminarci solo una persona alla volta e tutto sembrava essere ornato da un liquido gocciolante ancora non bene identificato.

«Come sta il leone di Dio?»

Il suono della sua voce, pacato e inspiegabilmente profondo- quasi come se realmente gli importasse qualcosa- la fece allontanare dalle sbarre, strisciando verso l'interno della cella senza distogliere lo sguardo dalla figura di Acab che, lentamente, si avvicinava verso di lei per poi piegarsi sulle ginocchia e osservarla dall'esterno, con la sigaretta tra le labbra e una mano posta su una sbarra di ferro.

Il suo volto sembrò mutare, assumendo l'espressione di un bambino che osserva per la prima volta un animale selvaggio dentro una gabbia.

Ariel si sentiva proprio così: un animale da circo, incatenato ad una morte ignota.

Si mise in un angolo in preda ad una profonda disperazione capace di farla sentire minuscola come un granello di sabbia.

Si strinse la gambe al petto così forte da schiacciare il mento contro le ginocchia tremanti, iniziando un pianto silenzioso.

 

   
 
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