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Autore: pampa98    17/10/2021    1 recensioni
[Storia scritta per il Writober di fanwriter.it]
Ebbe l’impressione che il serbo volesse chiedergli qualcosa e Martín sperò che fosse la richiesta di poter dormire in camera sua – offerta che Martín stesso stava per fargli – ma Denver e Bogotà lo precedettero sul tempo. Si offrirono di accompagnare Helsinki in camera, per assicurarsi che non incontrasse difficoltà e che riposasse a dovere, e Martín sapeva che anche lui era incluso nelle “difficoltà”.
Sperare che quei due avessero almeno la delicatezza di non portarlo in quella stanza era stato ingenuo.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Helsinki, Palermo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prompt 17: Alew (Un pianto di disperazione).

CONFORTO



 

Avevano cenato insieme, sollevati di essere vivi ma ancora in lutto per le compagne che avevano perso. Quando il Professore si era alzato per andare a dormire, gli altri lo avevano imitato, bisognosi di un letto e qualche ora di semplice nulla. Martín era seduto di fronte a Helsinki e i loro sguardi si erano incrociati per la prima volta durante la serata. Ebbe l’impressione che il serbo volesse chiedergli qualcosa e Martín sperò che fosse la richiesta di poter dormire in camera sua – offerta che Martín stesso stava per fargli – ma Denver e Bogotà lo precedettero sul tempo. Si offrirono di accompagnare Helsinki in camera, per assicurarsi che non incontrasse difficoltà e che riposasse a dovere, e Martín sapeva che anche lui era incluso nelle “difficoltà”.
Sperare che quei due avessero almeno la delicatezza di non portarlo in quella stanza era stato ingenuo.

Aspettò che tutti si fossero chiusi nelle loro stanze, poi si alzò e andò nella camera di Helsinki. Si chiese se fosse il caso di bussare: magari le sue preoccupazioni erano eccessive e l’uomo era semplicemente crollato nel toccare il cuscino, incapace di prendere atto dell’assenza al suo fianco. Quando arrivò davanti alla porta, però, i gemiti che sentì provenire da dietro di essa gli fecero capire che, tanto per cambiare, aveva avuto ragione.
Non bussò. Abbassò la maniglia ed entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle. La stanza era illuminata dalla lampada posta sul comodino tra i due letti: uno immacolato, con una vestaglia e una benda per gli occhi piegati sul cuscino; l’altro con le coperte quasi completamente a terra, scosso dai singhiozzi dell’uomo che vi era seduto sopra. Helsinki alzò lo sguardo verso di lui. Provò a parlare, ma dalla sua bocca non uscì altro che l’ennesimo gemito mentre le lacrime gli bagnavano il volto e la barba. Affondò di nuovo il viso nelle mani e Martín si sedette accanto a lui, facendo attenzione a non colpire la gamba ferita. Lo strinse a sé e Helsinki si lasciò andare contro il suo petto, buttando fuori tutto il dolore e la rabbia che aveva dovuto tenere sotto controllo fino a quel momento. Martín avrebbe voluto dirgli delle parole di conforto, ma non era mai stato bravo a gestire il dolore, non in modo sano almeno, e qualunque frase gli venisse in mente suonava falsa e circostanziale – e se qualcuno l’avesse detta a lui dopo la morte di Andrés, quel qualcuno non sarebbe vissuto abbastanza a lungo da potersene pentire. Si limitò quindi a fare l’unica cosa che poteva: strinse Helsinki e gli accarezzò la testa, sperando di riuscire a trasmettere con quei gesti il conforto e l’amore che non avrebbe mai saputo esprimere a parole.
«D-Dovrebbe… essere qui… a-anche lei...»
«Lo so» disse, mentre una lacrima silenziosa scendeva lungo il suo volto, consapevole che se Nairobi non era più con loro la colpa era soprattutto sua.
Piano piano, i singhiozzi di Helsinki cominciarono a scemare e il suo corpo smise di tremare, lasciandolo solo stanco e con un vuoto che niente sarebbe mai riuscito a colmare. Si tirò su e si asciugò gli occhi, poi abbozzò un sorriso verso Martín.
«Grazie» disse, «e scusa, ti ho macchiato tutta la vestaglia.»
Martín gli prese il volto tra le mani e sorrise a sua volta.
«Va tutto bene.»
Stava per proporgli di andare a dormire in camera sua, ma Helsinki lo anticipò.

«Potresti restare qui?»
Martín non disse niente. Si alzò e fece il giro del letto, per poi sdraiarsi e fare cenno a Helsinki di imitarlo. L’uomo posò la testa sul suo petto, cingendogli il corpo con le braccia come se fosse un koala attaccato al ramo di un albero. Martín si sforzò di non spaventarsi e di non irrigidirsi. Era la prima volta che dormiva abbracciato a qualcuno, che addirittura condivideva un letto con un altro uomo senza che avessero fatto sesso, eppure, per quanto tutto quello sembrasse strano per lui, Helsinki la faceva apparire la cosa più normale del mondo.
Gli passò le braccia intorno alle spalle, stringendolo a sé. Gli posò un bacio sul capo e sorrise, sentendo Helsinki stringerlo a sua volta.
«Resterai anche altre notti?» gli chiese.
«Sì» promise Martín a entrambi. «Purché tu non russi, ovviamente.»
Helsinki rise e quel suono riempì il suo cuore da poco rinato.
«Ti ho beccato spesso a dormire nella cappella, Palermo: sei tu quello che russa.»





 
   
 
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