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Autore: crazyfred    17/10/2021    9 recensioni
Alessandro, 45 anni, direttore di una rivista di lifestyle. Maya, 30 anni, sua assistente personale. Borgataro lui, pariolina lei. Self made man lui, principessina viziata ma senza un soldo lei. Lavorano insieme da anni, ma un giorno, la vita di entrambi cambierà radicalmente ... ed inizieranno a guardarsi con occhi diversi. Sullo sfondo: Roma.
(dal Prologo) "Quando Alessandro l'aveva assunta, oltre al suo aspetto patinato, aveva notato la sua classe e il suo buon gusto, oltre ad una sensibilità ed intelligenza nascoste, ma scalpitanti e volenterose di venire fuori. Forse nemmeno Maya si rendeva conto, all'epoca, che razza di diamante grezzo fosse. Alex però, che nello scoprire talenti era un segugio infallibile, non se l'era fatta sfuggire."
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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Capitolo 12



Si erano chiuse dentro, una seduta sul bordo della vasca in muratura, l'altra sul gabinetto, come facevano da ragazze quando dovevano raccontarsi qualcosa di nascosto dalla governante spiona che avrebbe riferito tutto ai genitori. Come allora, Maya aprì la finestra del bagno e accese una sigaretta. "Devi smettere. Con papà morto d'infarto io non sfiderei le leggi dell'ereditarietà"
"Ho trent'anni"
"Papà ne aveva 55 ed era un tipo sportivo. Non mi sembra che si sia salvato."
"La smetti di fare l'uccello del malaugurio? Che vuoi?"
"Devi smetterla di autosabotarti per un ideale di vita che esiste solo nella tua testa"
Lavinia era sempre indulgente con sua sorella, ma era anche l'unica persona che, se necessario, era in grado di farsi ascoltare da Maya; generalmente, finiva sempre con l'alzarsi e andarsene, offesa: non con sua sorella.
"Non è solo una questione di quartieri o case. Tu vuoi una vita che non puoi permetterti." Eccola che comincia con i suoi predicozzi… "I viaggi, le vacanze … io e te dobbiamo sudarceli, Maya, non siamo più come le tue amiche che hanno avuto la ri- noplastica in regalo per i 18 anni e la casa di proprietà per la laurea. Prima ti arrendi a questa cosa e prima vivrai meglio con te stessa."
"Ti do una notizia: lavoro, guadagno e sono single" dichiarò, facendo cadere la cenere fuori dalla finestra "non devo rendere conto a nessuno di quello che faccio con i miei soldi"
"A te stessa sì però"
"E questo che significa?"
"Significa che per stare al passo con loro vai in affanno tralasciando quelle che sono le cose importanti"
"E sarebbero? Una bella casa? Un gruzzoletto in banca? Vedi che sei più venale di me … e ti permetti anche di farmi la morale!"
"Eeeh Maya … accanna"
Lavinia era nera. Era buona e cara ma se perdeva la pazienza, e succedeva veramente di rado, non ce n'era per nessuno. Era una paladina delle libertà individuali, ma non tollerava gli sprechi. E non solo quelli materiali. Sua sorella era in gamba, se solo avesse voluto si sarebbe potuta costruire una carriera in qual
siasi ambito, e considerava uno spreco che si limitasse focalizzare tutte le sue energie tra frivolezze solo perché il mondo in cui era cresciuta le aveva fatto credere che .
"Intendevo gli affetti … ma quelli veri, non quelli che ti sei scelta per poter andare a sciare d'inverno o in barca d'estate. Qualcuno che non esce con te per il tuo nome o quello che metti addosso, ma per come sei fatta dentro"
"Proprio tu parli" insinuò Maya "che per uscire la sera hai bisogno di me?"
"Sei così dissociata dalla realtà che pensi che avere degli amici significhi necessariamente fare serata."
Non lo diede a vedere, girandosi di spalle per soffiare il fumo fuori dalla finestra, ma Maya accusò pesantemente il colpo. Sì, lei e sua sorella avevano stili di vita diversi. Una più mondana, l'altra più ritirata. Ed era anche vero che della vita privata di sua sorella non sapeva molto, e non perché fosse una donna riservata, mentre Lavinia si interessava sempre di lei. E non c'erano scuse per questo suo disinteresse.
"Scusa" sussurrò "e comunque chi ti dice che i miei amici sono così come li descrivi?"
Lei stava bene con loro, quando stavano insieme si divertivano un sacco … o almeno se ne convinceva.
"Provalo" la sfidò sua sorella "trasferisciti qui e vediamo se fanno il giro di Roma per venire a trovarti o ti invitano comunque ad uscire con loro. Se lo faranno sarò ben felice di chiederti scusa e rimangiarmi quello che ho appena detto"
Ma Maya dentro di sé sapeva già la risposta, anche se non voleva ammetterlo, nonostante continuasse a ripetere a sé stessa quanto fighe ed esclusive le loro serate e le loro vacanze insieme. Ma un'amicizia non si calcola con i km fatti per vedersi o per andare in vacanza in comitiva. Da quando stava limitando le uscite non si stavano di certo strappando le vesti né insistevano più di tanto ogni qual volta lei si tirava indietro. Lavinia aveva ragione, probabilmente nessuno si sarebbe interessato più a lei. Magari solo Olivia, che lei aveva sempre preso in giro alle sue spalle e che invece per lei c'era sempre. E il prospetto la terrorizzava.
"Non riesci a deciderti con nessuna casa perché sai che significa rinunciare a quella vita"
No. Non riusciva a decidersi perché aveva paura: di una esperienza nuova e diversa dalla sicurezza della sua comfort zone, ma principalmente per il terrore di restare da sola e trovare dei nuovi amici. Proprio lei, così esuberante e sfrontata. Chi può volere un'amica così? Spocchiosa, vanitosa, amante del lusso e delle comodità, che se non c'avesse trovato lavoro per lei l'Eur sarebbe rimasto meta di gite per concerti, per cui i mezzi pubblici sono qualcosa che esiste per sentito dire e per cui se la cucina non è fusion allora è meglio non mangiare. Chi poteva avere qualcosa in comune con lei?
"Io ci provo …" disse, la voce tremolante, gettando il mozzicone dalla finestra "ma tu stammi vicino perché se nessuno mi cerca più poi chi mi resta?!" "Quanto sei stupida ..."
Lavinia prese tra le braccia sua sorella, strapazzandola come piaceva a lei e come Maya detestava più di ogni altra cosa: le ricordava il modo in cui, da bambine, Lavinia stritolava il povero Mister Cat, che sembrava progettare lo sterminio dell'intera fami
glia ogni volta che finiva tra le braccia della maggiore di casa Alberici.
"Secondo te posso lasciare da sola la mia sorellina?"
"Sì sono una stupida. Mi faccio prendere da paure inutili."
"Non sono inutili. Ma veniamo da un mondo che è sconnesso dalla realtà e non tutti sono bravi a tornare con i piedi per terra da lì. Tu lo stai facendo e sei fortissima!"
Le stampò un bacio sulla guancia, lasciandole una sbavatura di rossetto.
"Finiscila … non abbiamo 10 anni e non sono Mr Cat"
"Oddio te lo ricordi!"
"E chi se lo scorda poverino … ti odiava da morire!"
"Non è vero!"
Risero a quel ricordo ed avevano quasi dimenticato perché avevano iniziato la discussione. Maya, a cui era scesa una lacrimuccia, tirò fuori dalla borsa un fazzoletto e l'astuccio del trucco, poggiandolo sul piano d'appoggio del lavabo.
Pure il bagno, in quella casa, era particolare. Le piastrelle colorate le ricordavano le ceramiche della costiera amalfitana e gli arredi in legno la facevano fantasticare quasi di essere al mare. Doveva essere più semplice al mattino se anche il bagno in cui ti prepari ti mette di buon umore.
"Dimmi un po'…ma veramente ti piace questa casa?" le domandò sua sorella.
Non c'era niente di male, ed era veramente carina e tutto era al posto giusto, prezzo compreso; semplicemente non riusciva a capire come avesse detto di sì ad un appartamento in condominio malandato come quello quando aveva rifiutato una casa a due passi dal Pantheon.
"Non so spiegarmelo, ma c'è qualcosa che mi ha colpita da subito" confessò "forse il fatto che non è ammobiliata e posso farla diventare un po' mia…"
"Forse il fatto che è di Alex …" ammiccò Lavinia, calcando la mano sul nome, mentre la sorella la guardava dallo specchio, sistemando il trucco.
"Ma che vai a pensare…" Maya scacciò quel pensiero immediatamente dalla testa di sua sorella. Era il suo capo, non poteva permettersi una leggerezza simile. Con la casa, ancora meno.
"Dimmi quello che vuoi ma lo guardi in un modo che se non fosse sposato sarebbe perfetto, ma siccome lo è direi che è inopportuno."
"Non lo è" ammise, distaccata "o meglio, a breve non lo sarà più."
"Ah beh allora questo cambia tutto…però stai attenta. Gli uomini sposati dicono sempre alle ragazze che stanno per divorziare e poi non lo fanno mai" Maya annuì ma non diede peso più di tanto alle parole della sorella. Lei non lo conosceva come lo conosceva lei. Lavinia le si avvicinò, appoggiandosi al mobile del bagno per scrutarla meglio.
"E comunque non è come pensi tu."
"Maya abbiamo visto almeno altre tre case senza mobili, ma nessuna ti è piaciuta subito come questa .."
Maya prese un grosso respiro. Prima Alice, ora lei. Sì era un bell'uomo, incredibilmente affascinante e tutte le donne che gravitavano attorno a lui avevano speso almeno cinque minuti della loro vita a fantasticare su di lui sotto la doccia, ma da lì a pensare ad altro ce ne passava.
"Ho scelto l'appartamento ai Parioli perché mi sembrava chic, 
la casa perfetta da poter mostrare agli altri" spiegò "questa invece mi ha dato subito l'idea di casa, mi sono immaginata mentre la vivevo. Che è una cosa ben diversa …"
"Decisamente" annuì Lavinia, soddisfatta dai piccoli passi che sua sorella stava facendo. L'aveva sempre considerata la sua piccola protetta, e anche se aveva trent'anni, vederla crescere davanti ai suoi occhi la emozionava "direi che è fatta, non ci resta che dirlo anche ad Olivia"
"-ad Alex" disse Maya, sovrapponendosi alla sorella.
"Vedi che allora c'entra?!"
"Ancora? Ovvio che c'entra … è la casa dei suoi! A chi dovrei dirlo se non a lui…"
Olivia, dal corridoio, bussò "Ragazze tutto apposto? Non mi fate preoccupare"
"Sì tranquilla" Lavinia si affrettò a rispondere, aprendo la porta.
"No perché s'è fatta 'na certa e io c'avrei fame … se devo pure portare Maya all'Eur ci rimane poco tempo"
"Tranquilla, prendo la metro"
"Te la metro? Nun ce credo manco te vedo guarda" la punzecchiò Lavinia "Comunque ho un po' fame anche io. Che facciamo?"
"Ho controllato su Google e c'è una fraschetta qua vicino …"
Maya storse il naso. E pensare che era arrivata a Testaccio scendendo da una moto che forse costava quanto la sua auto e ora si trovava ad andare a mangiare una ciabatta prosciutto e formaggio, sottaceti e vino alla spina. Il massimo dell'eleganza made in Rome, in poche parole.
Ma non disse niente; come aveva promesso ad Alex, avrebbe messo da parte ogni pregiudizio.

 
Il trasloco non era stato malaccio. Dalla casa ai Parioli, Maya non aveva dovuto portare via molte cose. Per arredare aveva venduto i quadri. Non le avevano fruttato quanto avrebbe voluto, ma era stato sufficiente per comprare qualche mobile svedese e il divano per il soggiorno. Per la camera da letto le erano venuti incontro sua madre e Ruggero, dandole dei mobili della villa che erano fermi a prendere polvere in cantina; alcuni, a dire il vero, sembravano presi direttamente da una casa al mare anni '80 con le loro impagliature in rattan, ma era riuscita a comunque ad abbinarli in maniera decente. Poco alla volta, poi, avrebbe aggiunto qualche tavolino e altri dettagli per personalizzarla. Lavinia le aveva regalato un tronchetto della felicità come portafortuna da mettere in soggiorno, Olivia un plaid, ideale per affrontare l'inverno ormai imminente. A Roma non era mai particolarmente freddo, ma Maya aveva mani e piedi gelati anche d'estate, quindi era un regalo veramente gradito.
Con la scusa del trasloco, aveva passato l'ultima settimana mangiando fuori casa o ordinando pizza o cinese su Glovo. Dopo sette giorni così, il fegato e lo stomaco pregavano per un'insalata e della frutta, ma aveva bisogno di acquistare quantomeno una ciotola, un piatto e delle posate. Quelle che aveva usato fino a quel momento erano in dotazione nella vecchia casa e nella casa nuova non ce n'erano.
Era la prima domenica da quando si era trasferita ma giurava che sarebbe stata l'ultima che avrebbe passato nei padiglioni immensi di Ikea, pieni di famiglie con figli urlanti e mariti depressi al seguito di mogli pazze e sclerotiche. Meglio diventare una gattara che finire così, si ripromise.
Sorprendentemente, i suoi amici non avevano alcun problema con Ikea, lei invece prima di cambiare casa non ci aveva mai messo piede. Magari non avrebbero mai comprato una cucina, ma una libreria e delle posate erano ancora perfettamente accet
tabili. Per i più radical, era un modo per ostentare buon gusto e dimostrare di essere sostenibili e responsabili senza passare per pulciari.
Ad accompagnarla nella spedizione, Aurora, la biondina fidanzata di Andrea che la domenica veniva puntualmente tradita con la Lazio all'Olimpico, e l'immancabile Olivia. Maya si domandava se avesse per caso scritto in fronte rifugio degli afflitti o qualcosa del genere, perché i casi umani, non importava se fossero uomini o donne, amanti o amicizie, finiva sempre per attirarli lei. Mai una volta che fosse Flavia, la fi- glia del Senatore, a farsi avanti per uscire con lei, oppure Cristina, il cui unico problema nella vita era scegliere la borsa da abbinare alle scarpe. E invece no, la fidanzata di professione, che avrebbe passato tutto il tempo al telefono per accertarsi che patato fosse veramente allo stadio e non in qualche albergo ad ore con un'altra, e la svaccata, che le avrebbe costrette a mangiare le polpette alle cinque di pomeriggio. Grandioso.
"È un quartiere pieno di potenzialità, in continua crescita" spiegò, esaminando gli scampoli di tende per interni appese allo scaffale come fossero camicie. Quella era la risposta che dava a chiunque le chiedesse, ancora e ancora, perché avesse lasciato i Parioli per Testaccio. In realtà era forse più un mantra che ripeteva più a sé stessa, per convincersi che era stata la scelta giusta. Questa volta era stato il turno di Aurora.
"Sì ma Andrea non capisce perché viverci" prima o poi Aurora avrebbe espresso un pensiero tutto personale, ma non era quello il giorno, evidentemente "è buono per andare a vedere qualche mostra o mangiare un piatto di cacio e pepe, ma non per viverci. Troppo caotico …"
Caotico, quasi sicuramente, era un modo carino per dire popolare e dozzinale. Decise di soprassedere, in quel momento aveva cosa più importanti a cui pensare.
"Sì, ma è molto più vicino al lavoro. Il tempo che risparmio di viaggio lo posso impiegare per tante cose" concluse, diplomatica, sperando di chiuderla lì. Erano belle bugie che, per il momento, sembravano reggere.
"Però appena ti sistemi per bene una serata a casa tua la dobbiamo fare" decretò Olivia, mentre sceglievano i cuscini per le sedie "Aurora e gli altri devono vedere che bijou sta venendo, altro che quel garage al Pantheon che l'agenzia voleva far passare per un appartamento"
"Già…" Per essere centrale era centrale, nulla da dire, ma avrebbe avuto problemi perenni di parcheggio e la casa era una ex bottega riconvertita, la cui unica fonte di luce naturale era una finestrella quadrata che affacciava sulla strada. La casa nuova, in questo, era impareggiabile.
Maya glissò sulla cena, facendo finta di concentrarsi su alcune ciotole e tazze blu coordinate.
"Piuttosto" riprese, mentre nel carrello sistemava un set di bicchieri "dobbiamo organizzarci per il week end dell'Immacolata. Io ve lo dico … quest'anno non ci 
sono scuse. O Sankt Moritz o Dresda."
Erano anni che progettavano di andare sul treno rosso sulle montagne svizzere o ad uno dei mercatini di Natale più belli d'Europa e ogni anno finivano col dire
l'anno prossimo. Ad una certa Maya s'era stufata.
"Ma … veramente …" esordì Aurora, tra il meravigliato e l'incerto.
"Vabbeh ho capito" disse Maya "quest'anno ponte di coppia, eh? Lo capisco … eh, ci mancherebbe. E anche quest'anno sarà per l'anno prossimo"
Sarebbe stata contenta sua madre, che finalmente dopo anni l'avrebbe avuta ospite a casa sua.
"No veramente … Andrea ha già prenotato per tutti a Dresda. Pensavo lo sapessi e ci fossi pure tu …"
"Cosa?" le parole le si strozzarono in gola.
Dresda gliel'aveva fatta conoscere lei e ora la lasciavano a casa. Perché? Perché? Non può essere davvero per una cazzo di casa. In quel momento avrebbe voluto urlare e dire che non ne sapeva un cazzo, ma le mancò la forza. Sentì solo un forte bruciore nel petto, come se le avessero tirato un pugno forte sullo sterno. Voleva piangere ma sentiva gli occhi completamente asciutti. Forse per il colpo così improvviso, forse per il riscaldamento a palla nel negozio.
"Ma sì, Maya non ti ricordi quando ne abbiamo parlato?" intervenne Olivia, strizzandole l'occhio così velocemente che Maya aveva il dubbio che lo avesse solo immaginato
"Mi hai detto che devi partire per un viaggio di lavoro con il tuo capo il 9 e proprio non ci stai con i tempi"
Olivia le stava tenendo il gioco. Non sapeva perché lo stava facendo, ma le stava letteralmente porgendo un salvagente mentre era sul punto di annegare.
"Oddio è vero" confermò, riprendendosi "con il trasloco non so dove ho la testa. Fai conto che non ho detto niente …"
Aurora si tranquillizzò subito e non sospettò nulla. Difficilmente ne avrebbe parlato con il fidanzato, e anche ne avesse fatto menzione lui non avrebbe mai avuto il fegato di chiamarla per darle una spiegazione o delle scuse. Era troppo arrogante e coniglio per affrontare faccia a faccia qualcuno, anche solo con un vocale. Lo conosceva bene. Se l'aveva cancellata, non avrebbe fatto una piega e sarebbe andato avanti per la sua strada. E lei avrebbe fatto lo stesso.
Maya restò in silenzio per tutto il resto del pomeriggio, un mal di testa improvviso la scusa perfetta per poter fare la scazzata. Ad Olivia l'arduo compito di liquidare Aurora al momento dei saluti nel parcheggio.
"Maya io …" esordì Olivia, salendo nella sua Mini. Si era offerta di accompagnarla perché la Smart di Maya era troppo piccola per i borsoni pieni di Ikea.
"Tu lo sapevi? Sei stata invitata?"
"Sì, ma non ci vado. Lo sai che a Max non interessa niente di queste cose e così ho deciso io. Non andiamo da nessuna parte senza di te."
"Perché?"
"Perché sono dei pezzi di merda. Uno può avere un momento di difficoltà economica ma questo non ne fa una persona peggiore o indegna"
"Chi te lo ha detto? Lavinia vero?"
"Assolutamente no. Mi sono accorta che qualcosa non andava quando 
hai iniziato ad accampare scuse il weekend ed uscivi di meno. Poi il trasloco. Uno fa due più due …"
Maya annuì in silenzio. Effettivamente era una ragazza molto intelligente, nonostante lei e quei capolavori che fino a poco prima aveva chiamato amici la sminuissero sempre. La burina, la signorina Trinciabue, la svaccata e tutta una serie di epiteti che negli anni le avevano affibbiato e che ora non riusciva nemmeno a pronunciare nella sua mente. Si sentiva piccola piccola vicino a lei che invece non ci aveva messo niente a venirle in aiuto.
"Quando prima ti ho chiesto perché … intendevo … perché ancora mi vuoi come amica? Ti ho mentito … e forse non è la cosa peggiore che ho fatto in questi anni. Sono … imperdonabile."
"Vuoi sapere perché?" domandò, sorridendo sarcastica "Perché anche se per i motivi sbagliati sei stata l'unica che comunque mi ha incluso quando ero solo una bambina grassa e sempliciotta che veniva da fuori città."
Maya si ricordava bene i capricci con la madre che le imponeva di chiamarla alle sue feste quando nessun'altro lo faceva, oppure quando la incastrava ad uscire insieme.
"Se oggi posso permettermi di poterli mandare a fanculo è per quello che hai fatto allora. Lo so bene che forse era per pietà e perché tua madre te lo chiedeva. Ma senza di te probabilmente sarei tornata a Viterbo … e te ne sono grata, perché lì non avrei avuto le stesse possibilità che ho avuto a Roma."
"Dio quanto mi sento stronza" esclamò Maya, coprendosi il volto con le mai.
"Non lo sei. Sei solo cresciuta in un ambiente un po' … strano" la consolò Olivia, poggiandole leggera una mano sulla spalla.
Non erano frasi fatte oppure devozione cieca, come qualcuno pensava. Non si sentiva il suo cagnolino, anche se così poteva sembrare. Piuttosto il suo angelo custode che, senza che Maya se ne accorgesse, le guardava le spalle. Lei c'era stata per Olivia, anche se inconsapevolmente, e lei sentiva di sdebitar- si in quel modo.
"Dillo pure: tossico" affermò Maya. Ora quasi ci rideva su a come si era incaponita che quella fosse la vita che faceva per lei, ma era una vita costruita bugia su bugia, finzione su finzione.
"Sai che ti dico? Hai fatto bene a cambiare aria" le disse l'amica, simpaticamente "Benvenuta tra noi mortali allora"
Maya sospirò, sorridendo. Sì, era il paragone più azzeccato. Era scesa da una collinetta che tutti spacciavano per Monte Olimpo e dove tutti si credevano principi e divinità ed era andata a vivere tra gli umani, dove forse si faticava un po' ma almeno non c'erano facciate eleganti a nascondere sepolcri maleodoranti..
In questo senso, Alex l'aveva ispirata: non importa quanto doloroso, essere onesti con sé stessi è sempre la cosa migliore, anche se significava chiudere un matrimonio lungo quasi due decenni. Anche lei, ora, iniziava a volere la stessa onestà tra le pareti di casa sua e con le persone che la circondavano nel privato.
 
Alex, dal canto suo, approfittava di ogni circostanza utile per stare in casa solo lo stretto necessario. Prima che le cose precipitassero con Claudia aveva la brutta abitudine di trattenersi in ufficio oppure organizzare pranzi e meeting anche quando era ora di stare con la famiglia, ma ora era ben diverso. Non avrebbe tolto un secondo ai suoi figli, ma trovava difficile dividere il tetto sopra alla testa con sua moglie. Non poteva andarsene, non finché non avessero stabilito ogni dettaglio, ma lei stava mettendo i paletti su tutto. Più era chiaro che lui avesse fretta, più lei metteva un freno alle sue velleità.
Più il tempo passava, più si rendeva conto che la delusione e il risentimento che aveva provato quando se ne era andata, e la freddezza con cui l'aveva accolta al rientro, non erano dovuti solo al gesto in sé e per sé. In realtà, per la prima volta, aveva la percezione che quel matrimonio si stesse trascinando da un po'. Faceva fatica a farsene una ragione, ma forse era da prima della nascita di Giulia che avrebbero dovuto separarsi. Non c'era odio, ma lontananza sì. L'abitudine e i figli il loro unico collante, l'interesse reciproco di un marito professionista e una moglie perfetta padrona di casa che sa sta- re nel mondo che conta. Gli venivano i brividi anche solo ad ipotizzare che Giulia era stata, inconsciamente, la soluzione che entrambi avevano trovato per risollevare le sorti inevitabili a cui quell'unione era destinata.
Così, appena poteva, accettava qualsiasi invito possibile: una partita di tennis col Cavaliere Tizio, un pranzo di lavoro con il commendator Caio, e la sua agenda era piena tutto il giorno. Era talmente affamato di aria pulita, che aveva persino accettato di par- tecipare al solito calcetto dell'avvocato De Stefanis e dei suoi amici macellai.
"No va beh allora dottore, adesso a questa cosa non ci posso stare!"
Francesco sbraitava come un ossesso in lungo e in largo per il campetto, sbracciandosi a più non posso di fronte al dottor Garavani, chirurgo plastico, che si prestava a fare da arbitro e aveva appena fischiato un rigore contro la sua squadra, all'ultimo minuto di recupero della partita, per un fallo ai danni di Alex.
"Adesso io mi appello al foro competente e vediamo chi ha ragione. Capriani venga un po' qui per favore! Chiedo scusa ma quando è troppo è troppo." Quando faceva così, era una parodia di sé stesso, ma erano così presi dalla trance agonistica che nessuno ci faceva caso. Solo Alex, che era fuori dal giro da un po', non poteva non notarlo.
Capriani, che lavorava negli uffici del giudice di pace, sezione penale, era il loro VAR umano, perché per l'avvocato il calcetto del giovedì era una cosa talmente sacra che o si faceva bene o non si faceva proprio.
"Capriani! No guardi, mi perdoni, eh …" continuò con il suo show come se fosse in un dibattimento in tribunale "ma qua il dottore mi sostiene che siamo in presenza di un rigore e mi sembra un'eresia."
L'uomo gli dava ragione, aggiungendo che c'erano anche gli estremi per un'espulsione per simulazione da parte di Alessandro.
"Ma certa
mente … è la prima cosa che ho detto. Ma stiamo scherzando?! Possiamo ufficializzare per cortesia?"
"Fate quello che vi pare" decretò Alex, rialzandosi e lasciando il campo "che s'è fatta na certa e c'ho fame …"
Sotto le docce, l'avvocato approfittò della situazione più raccolta e senza scampo per aggiornarsi sulla situazione familiare di Alex.
"Il primo Natale da solo dopo quasi un ventennio, eh? Come ci si sente?"
"Benissimo, visto che vado da mia madre con i miei figli"
Lui e Claudia avevano deciso che non avrebbero passato le feste insieme, anche se c'era voluto un po' per farle accettare l'idea, convincerla che per i ragazzi fosse meglio così. Alex era convinto fermamente che dovevano iniziare a capire, soprattutto la piccola, che la loro famiglia stava cambiando; l'affetto per loro non sarebbe mutato di una virgola, ma era necessario non dare loro false speranze.
"E lei?"
"In montagna come sempre. Poi il 27 torna a prendere Giulia ed Edoardo"
In passato, con la scusa dei genitori che tornavano dalle Canarie per le feste, Claudia riusciva sempre a trascorrere il Natale con i suoi nella casa in montagna. Alla famiglia di Alex rimaneva solo la Befana, e per Alex era il giorno più bello di tutti. Non aveva nulla contro i suoi suoceri, ma da quando erano espatriati li vedeva solo durante le feste comandate e un paio di settimane d'estate, e non c'era tutta quella confidenza tra di loro.
Allo scoccare del mese di dicembre, Edoardo aveva iniziato a sbuffare ogni volta che sentiva parlare di Roccaraso. Quando era bambino si sarebbe messo la tuta da neve già a Roma ma, da quando l'adolescenza l'aveva travolto come un tir, il paesotto sperduto dell'Abruzzo aveva perso ogni attrattiva visto che i suoi compagni di scuola partivano tutti per Livigno o Madonna di Campiglio. Di solito gli passava dopo la prima discesa, ma quest'anno il viaggio con sbuffi e musi lunghi non sarebbe stato affar suo. Un po' se ne sentiva in colpa, ma era una bella sensazione.
"Allora posso tentarti con un bel programmino per le feste?"
"Guarda, per un anno che non devo dar conto a nessuno, voglio fa' na cosetta tranquilla e sta' coi miei."
"Comunque, che succede? Lo vedo che non sei tranquillo"
"Niente, ho solo molto lavoro"
"Stronzate. Tu hai sempre molto lavoro ma sei sempre sul pezzo. Pure in campo … non mi eri concentrato"
"…è Claudia, tanto per cambiare" ammise, approfittando dell'uscita dalla doccia per prendersi il tempo necessario.
Francesco era sempre dalla sua parte, ma la sua leggerezza stava iniziando un po' a stancarlo. La vita non era un gioco di società come lo faceva sembrare lui.
"Prima ha accettato la negoziazione assistita per fare in fretta ed evitare il tribunale e ora mette i bastoni tra le ruote" continuò "se continuiamo così scadranno i termini e dovremo finire in tribunale comunque. Mi sta sabotando."
"Bene. Sono contento di vedere che hai fretta, evidentemente qualcosa bolle in pentola…"
Era esattamente quello il problema che 
aveva con Francesco: quel modo di fare un po' cazzone, che gli aveva risollevato il morale tante volte, ora non gli bastava più. Aveva ancora bisogno di ridere e distrarsi, ma non più così, come due tredicenni dagli ormoni impazziti per cui basta che una donna respiri. Non tutto si poteva più risolvere con una serata in discoteca e una scopata, per quanto ne valesse la pena.
"Non bolle assolutamente niente in pentola, che vai a pensare?! Un matrimonio lungo 16 anni non si chiude così. Semplicemente ho bisogno di buttarmi questa storia alle spalle"
"Ecco, a tal proposito. Tra una settimana c'è il party di Natale all'Exe, sono in lista con due modelle russe … che te lo dico a fa' … non ci metto niente ad aggiungere il tuo nome sulla lista, me basta na telefonata. Che dici? Tanto è vicino a dove lavori … male che va la mattina vai direttamente là"
"Negativo. Avrò una riunione in videoconferenza con Milano e devo essere al 100%…sai com'è con quelli del Nord"
Alex asciugò i capelli e si rivestì in fretta. La voglia di tornare a casa non gli stava cer- tamente saltando addosso, ma aveva necessità di interrompere quella conversazione il prima possibile. Tra il vapore delle docce e l'oppressione dell'amico gli mancava l'aria.


 

Salve salvino gente!!! Incredibile ma vero sto pubblicando. E devo ringraziare pubblicamente mio fratello per avermi prestato il pc, altrimenti questo capitolo avrebbe visto la luce del giorno ben più tardi. Inoltre, visto il ritardo, mi faccio perdonare con un bel capitolo lungo.
Comunque...ricapitoliamo: Maya ha dato un bel taglio netto con il passato, casa nuova, amicizie nuove. Alex, beh anche lui mi sembra determinato a chiudere con il passato. E con la fine dell'anno che si avvicina, chissà quali novità arriveranno per i due protagonisti.

Alla prossima,
Fred ^_^
   
 
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