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Autore: Roberto Turati    17/10/2021    1 recensioni
Una storia che dedico a Maya Patch, mia amica e mentore.
 
Per capire del tutto questa storia del mio AU, è meglio se leggete la storia di Maya, prima di questa.
Mentre la tribù dei Difensori si sta ancora riprendendo dall'assedio dei Teschi Rossi, Aurora attende con impazienza il ritorno di Lex da Ragnarok per poter continuare ad indagare con lui sugli indizi sparsi per l'Isola. Tuttavia, fa una scoperta inaspettata: rinviene un antico oggetto portato nel mondo delle Arche da un'altra dimensione. Studiandolo, scopre il luogo d'origine del suo defunto proprietario: ARK, l'isola preistorica.
 
Aurora e Lex vi si perderanno loro malgrado. Saranno in grado di trovare un modo per ritornare sulle Arche, nonostante tutti gli ostacoli che ARK riserva per loro?
Genere: Avventura, Mistero, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'Isola Unica al Mondo'
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DIVERSE ORE PRIMA, AL TRAMONTO…

Il concavenator strisciava agilmente in quella profonda galleria alta il doppio di lui, correndo a quattro zampe e spostando i sassi e altri detriti con gli artigli o col muso ogni volta che ne incontrava. E Lex, aggrappato alla sella con una mano e tenendo la torcia con l’altra, si stava divertendo ancora più di quanto sperasse. Non avrebbe mai immaginato di cavalcare un teropode scavatore, eppure eccolo lì. Se quel dinosauro nuotava nella sabbia come Oilnats gli aveva raccontato, gli sarebbe mancato molto alle sue prossime visite su Terra Bruciata. Intanto, osservava la galleria che stavano percorrendo: nonostante fosse ampia, le enormi radici delle sequoie che spuntavano dalle pareti e dal soffitto come mani nodose aggiungevano una certa atmosfera inquietante. Inoltre, mentre esplorava la rete sotterranea del mostro acido, notava spesso impronte di altri animali che ne approfittavano per spostarsi in sicurezza. A un certo punto, il concavenator aveva incrociato un ratto-talpa rotolante, un’altra creatura che non aveva mai visto su nessuna delle Arche su cui era stato. Il roditore e il dinosauro si erano scambiati qualche ringhio e delle zampate di avvertimento, prima che il ratto talpa scavasse una via d’uscita laterale.

“Spero solo di non incontrare il padrone di casa troppo presto” aveva pensato Lex, dopo quell’incontro.

Per fortuna, quella doveva essere l’ultima galleria da minare, secondo la mappa disegnata da Elehcim. Quando il ragazzo ritenne di essersi addentrato abbastanza nel passaggio sotterraneo, fermò il concavenator, scese dal suo dorso e, muovendosi carponi, prese tutto l’occorrente dalle bisacce appese ai fianchi del dinosauro. Come aveva già fatto più volte, tornò indietro di alcuni metri, rovesciò gli ultimi sacchetti di polvere pirica e tese un filo collegato a due pietre focaie da una parete all’altra della galleria. Una volta terminata l’operazione, si accostò di nuovo al concavenator e tornò in sella, ordinandogli di ripartire. Il teropode accelerava sempre di più il passo man mano che fiutava gli odori della superficie, fino a raggiungere l’uscita. La parte più delicata del piano era finita, ora iniziava l’attesa: quando il mostro acido avrebbe fatto esplodere una delle trappole, Lex avrebbe raggiunto il luogo dello scoppio e si sarebbe fatto inseguire fino al crepaccio dove Drof e gli altri lo stavano aspettando con cavalcature agili e veloci e una scorta di petrolio estratto dall’oceano.

«Coraggio, bella, è ora di appostarci» disse al concavenator, con un sorriso compiaciuto.

Il teropode delle sabbie soffiò, grattandosi il collo con una zampa posteriore. Ormai mancavano pochi minuti prima che il sole scomparisse del tutto: il sottobosco era quasi del tutto in penombra. Il concavenator esplorò guardingo il sottobosco in cerca di un buon punto in cui aspettare. Quando la notte calò e la luna apparve del tutto, si fermò ed emise un ruggito sommesso per attirare l’attenzione di Lex. Oinlats gli aveva spiegato che faceva così quando voleva scavare, quindi il biondo scese a terra e si fece da parte per non disturbare la sua cavalcatura. Il concavenator tastò il terreno con gli artigli e ci strofinò la coda, prima di iniziare a scavare con vigore. Quando ebbe finito, aveva preparato una buca di un paio di metri e creato una montagnola di terrriccio e aghi di sequoia. Emise un verso amichevole per invitare Lex ad entrare e il ragazzo scese nella fossa, per poi sedersi accanto al concavenator.

«Certo che sei proprio brava» commentò il biondo, soddisfatto.

Adesso non rimaneva che aspettare. A poco a poco, il silenzio del tramonto fu sostituito dai suoni che facevano eco per la foresta di sequoie di notte. Gli animali diurni si erano addormentati e quelli notturni avevano preso il loro posto. Lex, nel frattempo, cercava di immaginare quale potesse essere l’effettivo aspetto del fantomatico mostro acido. Sapevano che aveva un fisico da teropode, ma quali caratteristiche doveva possedere per essere un cacciatore sotterraneo così sfuggente? Magari delle zampe anteriori sviluppate con artigli robusti, una coda muscolosa e potente, colori scuri che lo facessero confondere con la terra e il buio. Perché no, magari era cieco, visto che percepiva le vibrazioni, stando alle deduzioni di Oilnats. In ogni caso, c’era da sperare che il piano fosse adatto a qualunque aspetto avesse. Sapendo che il suo sangue era acido, avevano deciso di ferirlo col fuoco, in modo che le cavalcature non dovessero ustionarsi mordendolo. Le riflessioni del ragazzo andarono avanti quasi per un’ora, finché un’improvviso boato non fece eco per tutta la foresta di sequoie, facendolo sobbalzare assieme al concavenator.

“Ci siamo” pensò Lex, montando in sella.

L’esplosione proveniva da qualche parte alla sua destra, quindi spronò il dinosauro e seguì l’eco ancora rimbombante dello scoppio, attraverso arbusti e tronchi caduti. Percorsero un centinaio di metri verso Ovest, finché non raggiunsero il punto da cui il rumore era venuto. Un lungo tratto della galleria era franato e adesso era a cielo aperto, solcando il terreno della foresta come una grossa crepa. Al suo interno, Lex vide qualcosa che si agitava nei detriti e nei sedimenti, scrollandosi polvere e sassi di dosso. Alla fine, la creatura si issò sul bordo della trincea e si mostrò: Lex spalancò gli occhi alla vista del mostro acido, in soggezione e meravigliato allo stesso tempo. In effetti, il fisico era quello di un teropode, ma aveva un aspetto quasi alieno. La grossa testa aveva quattro spuntoni sulla nuca che la facevano somigliare ad un elmo o ad una corona; il muso era largo, con occhi minuscoli e luccicanti, una bocca piena di zanne lunghe e lisce e una bizzarra luce rossastra che usciva dalla gola. Sulla schiena c’era una vistosa cresta. Due spuntoni laterali emergevano dai fianchi, la coda terminava con una sorta di tridente acuminato che grondava una sostanza verde. Sia le zampe posteriori che quelle anteriori erano possenti e muscolose, armate di grandi artigli.

«Ehi, tu!» lo chiamò Lex.

Attirato dalla voce, il mostro acido si voltò verso di lui e lo fissò con quegli spaventosi occhietti luminosi. Andò subito su tutte le furie ed emise uno stridulo ruggito graffiante. La sua bocca spalancata brillò come un faro, con quella luce bizzarra che gli usciva dalla gola. Lex non perse tempo e spronò il concavenator, dopo averlo fatto voltare dall’altra parte. Ricordava la strada per tornare dagli altri, non gli restava che correre. Mentre il ragazzo scappava nel sottobosco, il mostro acido lo inseguiva a grandi falcate, schiacciando cespugli e facendo stortare piccole sequoie al suo passaggio. Riusciva a tenere il passo meglio del previsto. Ad un certo punto, voltandosi indietro, Lex lo vide fermarsi e sollevare di scatto la coda sopra la sua testa, gettando uno schizzo di quel muco verde. Li mancò per poco, quindi ruggì e riprese a rincorrerli. Finalmente, raggiunse il bordo del crepaccio in cui il gruppo di caccia era in agguato e vi scese scivolando lungo il crinale.

«Arriva! Si comincia!» li avvisò.

Drof e i suoi amici, allora, presero i vasi di terracotta pieni di petrolio e accesero le torce, mentre Lex si univa a loro in attesa che il mostro acido li raggiungesse.

«La trappola gli ha fatto qualcosa?» domandò Oilnats.

«No, neanche un graffio» scosse la testa il biondo.

«Bene, allora che fuoco sia!» esclamò Aisapsa, determinata.

Le loro cavalcature scattarono sull’attenti quando sentirono il ruggito del mostro. La creatura apparve in cima al crepaccio e vi scese con un balzo. Quando si ritrovò davanti il gruppo che lo aspettava, strinse gli occhi e mise in mostra le punte sulla coda, sbavando ed emettendo un verso tintinnante.

«Ma che cazzo è quella cosa?!» sobbalzò Ynneb, sconvolto.

«Addosso!» ordinò Odraccir.

L’orbo lanciò subito il suo vaso, che si frantumò contro il fianco del mostro acido. L’essere guardò stranito la macchia di petrolio sulla sua pelle, poi ringhiò e lanciò muco verso il gallimimo che Elehcim, Odraccir e Odraode condividevano. Il dinosauro corridore schivò agilmente il fluido e prese a sfrecciare intorno al mostro, facendosi inseguire. Tutti gli altri entrarono in azione subito dopo e Lex non fu da meno: Drof gli passò in fretta e furia un vaso di petrolio e il biondo prese ad osservare con attenzione la bestia che cercava invano di mordere o colpire con la coda il gallimimo, in attesa di un’occasione. Appena il mostro si voltò verso di lui, gli lanciò il vaso in pieno muso. Il petrolio gli coprì gli occhi, facendolo lamentare e barcollare disorientato.

«Faccio fuoco!» avvertì Aisapsa.

La domatrice, a cavallo di un deinonico, infiammò la punta di una freccia, la incoccò e la tirò sulla testa della creatura. Il dardo toccò il combustibile e tutto il corpo del teropode alieno andò in fiamme. La foresta di sequoie fu illuminata come da un rogo, mentre il mostro acido strideva per la furia e si agitava, avvolto dal fuoco. Lex si accertava di mantenere le distanze, sempre cauto, e lanciava un altro vaso ogni volta che Drof o gli altri gliene passavano uno. Ogni volta che lo colpivano, l’essere diventava più infuriato ed emetteva una vampata di fiamme sempre più grande. Dopo un po’ di tempo, però, Lex iniziò a preoccuparsi:

«Non sembra che lo stiamo ferendo tanto: è coriaceo!» constatò.

Aveva ragione: ormai era da diversi minuti che il mostro acido bruciava vivo, eppure il ragazzo vedeva solo delle ustioni e delle ammaccature sulla sua corazza. Inoltre, la creatura non sembrava sofferente, solo sempre più irritata, finché non andò fuori di sé. A un certo punto, ruggì al cielo e si precipitò a fauci spalancate su Oilnats e il suo tilacoleo. Il marsupiale lo evitò balzando sulla parete del crepaccio, così il mostro scelse un altro bersaglio: Lex. Appena il sopravvissuto si rese conto di essere stato puntato, non fece in tempo a dare un ordine al concavenator, perché la bestia sferzò l’aria con la coda; sia lui che il dinosauro furono coperti di quella gelatina verde da capo a piedi. Di punto in bianco, Lex si ritrovò a terra e immobilizzato: quel muco rivoltante era come la colla, lo ancorò al terreno in pochi secondi e il minimo movimento diventò uno sforzo immenso. Lex ce la mise tutta per districarsi, ma riuscì solo a liberare un braccio, prima che la creatura ancora in fiamme lo caricasse ruggendo. Il biondo si preparò all’impatto, ma all’ultimo il mostro acido fu investito da Onracoel: il carnotauro lo travolse a testa bassa su una zampa, facendolo barcollare e cadere su un fianco.

«Grazie» disse Lex a Drof, con un cenno.

«Figurati. Ynneb, liberalo!» esclamò il padre di Acceber.

L’amico accorse subito col suo calicoterio. Il bizzarro mammifero infilò gli unghioni nella gelatina e la rimosse un pezzo alla volta raschiandola via, aiutando Lex a liberarsi. Ynneb liberò anche il concavenator e Lex tornò in sella, prima di tornare a guardare come stava andando lo scontro: il mostro acido aveva spento in parte il fuoco rotolandosi per terra e adesso stava attaccando tutti alla cieca: sferrava artigliate, gettava in aria sassi e polvere con potenti codate, lanciava il muco. Ma le cavalcature degli Arkiani riuscivano sempre a non farsi colpire e lo mandavano in confusione. Oltretutto, ogni tanto il carnotauro di Drof lo distraeva caricandolo per fargli perdere l’equilibrio, permettendo agli altri di lanciare altro petrolio e infiammarlo. Tuttavia, sembrava tutto futile: per quanto gli dessero fuoco, il mostro acido non sembrava mai né ferito, né più stanco. Non smetteva di scagliarsi sull’animale più vicino a lui, per poi tentare subito con un altro.

«Il bastardo non si arrende!» esclamò Odraode, mentre il gallimimo evitava un colpo di coda.

«Ci vuole qualcosa che lo tenga fermo!» suggerì Aisapsa, scoccando un’altra freccia infuocata.

«E che cosa? Sembra più duro di un anchilosauro!» si lamentò Ynneb, dopo che il suo calicoterio ebbe lanciato una pietra alla creatura per distrarla.

Quelle parole fecero venire un’idea a Lex. Ormai gli altri erano così concentrati a tenere testa al mostro furioso che non gli passavano più vasi d’olio; in compenso, però, anche la bestia era così impegnata ad attaccare loro sette che non aveva più notato lui, rimasto in disparte dopo essere stato liberato. Aveva tutto il tempo per allestire un diversivo o una nuova trappola. L’idea gli piacque così tanto che abbozzò un sorriso soddisfatto. Assicurandosi che il mostro acido non lo adocchiasse, osservò con attenzione il terreno nel crepaccio e notò un punto a ridosso di un crinale in cui, al posto della roccia madre, c’era il morbido terriccio della foresta. Era quello che cercava. Fece andare il concavenator sul posto e gli ordinò di scavare una buca, come quella in cui si erano appostati. Fu pronta abbastanza in fretta; quando Lex tornò a guardare lo scontro, vide che le cose non erano molto cambiate: il mostro caricava e attaccava, le cavalcature del gruppo schivavano e lo irritavano.

«Ehi! Quaggiù!» li chiamò, sbracciandosi.

Lo sentì solo Drof, che si voltò verso di lui con uno sguardo perplesso. Lex indicò la fossa e gli occhi del padre di Acceber si illuminarono: aveva capito. Così spronò il suo carnotauro con un colpo di tacchi: il teropode con le corna scosse la testa, prese la rincorsa e si buttò sul mostro acido, dandogli una spallata sul torace mentre inseguiva il tilacoleo. Quando ebbe l’attenzione della creatura, Drof fece ritirare Onracoel e lo fece correre fino a Lex: entrambi si misero davanti alla fossa, per nasconderla. Il mostro acido ci cascò: li minacciò con un urlo e partì alla carica. I due fecero scansare di lato le loro creature all’istante e la bestia non riuscì a fermarsi in tempo: mise una zampa in fallo nella buca e cadde rovinosamente, schiantandosi sulla pancia.

«È la nostra occasione! A morte!» urlò Odraccir.

«Il piano di riserva è pronto!» aggiunse Oilnats.

Lo stratega infilò di scatto una mano nella sua borsa da sella e ne tirò fuori una rete piena di bombe a mano dotate di miccia. Ne accese una e buttò l’intera rete vicino alla testa del mostro acido, che si stava rialzando. Aspettandosi che la soluzione d’emergenza sarebbe stata usata in quel momento, Lex fu subito pronto a mettersi in fuga, facendo correre il concavenator verso la foresta il più veloce possibile. Mentre scalava il crinale del crepaccio, sentì l’assordante esplosione dietro di sé e avvertì la spinta dell’onda d’urto, che lo fece piegare in avanti e fece traballare un po’ il suo dinosauro. Quando fu in cima, si voltò per controllare in che condizioni era il mostro: il terreno era stato crivellato dai frammenti delle bombe e anche la creatura era piena di schegge frastagliate che si erano conficcate nella sua corazza. Gocce di liquido scuro cadevano dalle sue ferite, facendo corrodere e fumare il terreno su cui cadeva. Adesso, finalmente, sembrava stanco: fece due passi incerti fuori dalla fossa, ma poi si fermò e prese ad ansimare, con la lingua fuori.

«Porca troia! È ancora in piedi?!» esclamò Ynneb, incredulo.

«L’abbiamo sottovalutato» affermò Odraode, timoroso.

Se doveva essere sincero, Lex non credeva che continuare quello scontro fosse una buona idea: il loro asso nella manica aveva solo ammaccato il bersaglio, il fuoco l’aveva soltanto scalfito, e le loro risorse erano limitate. Fu allora che il mostro fece qualcosa di imprevisto: si spostò al centro della depressione e iniziò a scavare nella roccia viva, senza il minimo sforzo. Lex sbarrò gli occhi: portarlo lì era stato inutile.

«No, no no no no! Sta scappando! Merda!» imprecò Aisapsa.

In un paio di secondi, la creatura era già immersa a metà nel terreno. Era solo una questione di attimi prima che sparisse.

«Lex, inseguilo! Tienilo occupato!» esclamò Oilnats.

Il biondo lo guardò sorpreso e, in parte, contrariato:

«E come dovrei fare?»     

«Vagli dietro e basta! Lo perderemo!»

La creatura era appena entrata del tutto nella nuova galleria che stava costruendo. Lì per lì, Lex fu tentato di controbattere, ma alla fine imprecò a denti stretti e decise di provarci. Il concavenator strisciò agilmente nel tunnel e iniziò a seguire la pista del mostro acido. Oltre la luce della torcia, Lex riusciva ancora a distinguere la sagoma della sua coda ma, non appena si trovarono in mezzo alle radici delle sequoie, il mostro acido le spezzò una a una al suo passaggio e il suolo cedette. Ci fu un crollo e Lex si ritrovò di colpo con la strada sbarrata a un muro di sassi e terriccio. Capì che anche tutto il resto della galleria gli sarebbe franato addosso, dai rumori che il suolo emetteva, così fece voltare il concavenator dall'altra parte e si precipitò di fuori. Avevano fallito: la loro preda era ancora a piede libero su ARK e non avevano risolto nulla, a parte diventare i primi che lo affrontavano per davvero.

«L’hai perso» constatò Ynneb, deluso.

«La galleria mi stava per crollare addosso. Non potevo rischiare» spiegò Lex, scrollandosi la polvere dai vestiti.

«Hai fatto bene: sempre meglio sconfitti, che morti» annuì Drof.

«Sì, ma ora che si fa?» chiese Odraode.

Dopo quella domanda retorica, ci fu un lungo silenzio imbarazzante durante il quale tutti e otto si scambiarono sguardi sconsolati e imbarazzati. Alla fine, Odraccir allargò e braccia e serrò le labbra:

«E adesso rientriamo, non abbiamo altro da fare» rispose.

Elehcim si strinse nelle spalle, concorde.

«Giusto. Avanti, torniamo alle tende a prendere la roba e le bestie e andiamo via da qui» esortò Aisapsa.

A quel punto, il gruppo iniziò a dirigersi verso il punto di ritrovo, dove il resto del contingente li stava aspettando. Mentre procedevano, la foresta di sequoie tornò alla sua solita calma placida: le creature si ripresero dal timore di tutto quel caos e tornarono a farsi sentire ovunque, nel sottobosco e tra le fronde. Drof si accostò a Lex e gli disse:

«Bella trovata, con quel buco. Hai imparato in fretta a usare la nuova creatura, eh?»

Il biondo gli rivolse un sorriso complice:

«È così tutte le volte. Scoprire altre creature è sempre una bella novità»

«Capisco. Comunque, mia figlia adorerà la storia che avrò da raccontarle»

«Immagino. Credo di poter dire lo stesso per Aurora. E sono abbastanza sicuro che stanotte si è divertita molto più di me, soprattutto perché lei non si sarà riempita di terra e polvere» scherzò, sarcastico, togliendosi altre zolle dai capelli.

Drof ridacchiò:

«Avrai tutto il tempo di raccontarle della nostra caccia finita male dopo che ti sarai ripulito. D’altronde, chi ha mai avuto fretta di parlare di un fallimento?»

Lex non rispose nulla, ma pensò tra sé e sé che Drof non avesse idea di quanto aveva ragione.

All’alba, Aurora era seduta su un cumulo di paglia accanto al suo equus nella stalla comune degli Alberi Eterni, esausta ma incapace di addormentarsi. Se ne stava a gambe incrociate su quell’improbabile giaciglio pungente ma morbido, in attesa che Lex e i sette Arkiani tornassero dalla loro caccia per avvisare Drof dell’infortunio di Acceber e raccontare di quello strano drago invisibile. Ogni tanto, tra una strofinata agli occhi cerchiati e l’altra, accarezzava il muso dell’equus, che ricambiava strusciandole il muso contro le guance. Portare Acceber fino al villaggio era stato molto più facile a cavallo che a piedi, ma la tensione e la paura di incontrare altri predatori dopo lo ienodonte era stata così tanta che non era riuscita a calmarsi per ore, dopo il rientro, motivo per cui non aveva chiuso occhio. L’unica consolazione era stata che, dopo il controllo del guaritore del villaggio, le ragazze avevano avuto la conferma che la figlia di Drof si era rotta solo una costola e che non era scomposta: la ragazza avrebbe dovuto stare sdraiata e ferma per alcune settimane, praticamente com’era successo a Jenny dopo l’assedio dei Teschi Rossi. La rossa aveva lasciato l’amica a riposare nella locanda degli Aberi Eterni, prima di scendere alla stalla per stare col cavallo. Finalmente, dopo che i raggi del sole mattutino furono entrati dalle finestre della stalla, sentì le voci familiari di Lex e Drof che si avvicinavano. Uscì dal box e andò da loro; si sorprese di vedere Lex ricoperto di terra e trucioli di legno: doveva essere stata una battaglia intensa.

«Oh, ciao! Sei già qui?» la salutò Lex, quando la vide.

«È stata una notte atroce: ci siamo prese un…» iniziò la rossa, con la bocca impastata.

Prima che riuscisse a finire la frase, le sfuggì uno sbadiglio che coprì con una mano. Le scesero due lacrimucce e se le tolse dagli occhi.

«Scusate» borbottò.

«Dov’è Acceber?» chiese Drof, con uno sguardo sospettoso e un tono che tradiva una certa preoccupazione.

«C’è stato un incidente – spiegò la ragazza – Dei megaloceri ci sono corsi incontro, Acceber è stata investita mentre cercava di aiutarmi e si è rotta una costola»

L’uomo trasalì:

«Oh, merda! Dov’è adesso?! È grave?!»

«Sta riposando nella locanda. Drof, non ti preoccupare, poteva andare molto…»

Il padre di Acceber non la ascoltò neanche: era già balzato giù da Onracoel ed era uscito di corsa dalla stalla. Lex si grattò il collo, con fare sconsolato:

«Sembra che abbiate avuto una nottataccia anche voi. Cos'è successo?»

«Ah! Nottataccia! Magari…» commentò Odraccir, sarcastico.

Ma ormai Aurora era talmente incuriosita sul mostro acido che non fece caso alla domanda dell’amico e chiese a sua volta:

«Com’è andata? Avete trovato il mostro acido?»

Lex scese dal concavenator e andò ad appoggiarsi al muro della stalla, a braccia incrociate, prima di annuire e raccontare:

«Siamo riusciti a farlo venire fuori e ci abbiamo combattuto, ma è scappato. L’abbiamo sottovalutato: dopo tutto quello che gli abbiamo fatto, era solo stanco e ammaccato»

Ynneb fischiò e aggiunse, a conferma delle parole del biondo:

«È il figlio di puttana più duro che abbiamo mai visto. È stato come prendere a pugni un anchilosauro, solo che questo era arrabbiatissimo e lanciava quello schifo di gelatina»

«Oh… - reagì Aurora, intrigata – Insomma, che aspetto ha?»

Lex allargò le braccia:

«Non ho mai visto niente di simile nemmeno sulle Arche: è una sorta di teropode "alieno". È la prima parola che mi viene in mente»

Quella risposta le fece tornare alla mente l’incontro spiacevole che lei e Acceber avevano fatto quella notte, quindi la rossa non indugiò oltre e condivise la sua storia:

«Sai, anche io e Acceber abbiamo trovato una creatura mai vista prima»

Lex parve molto sorpreso e gli amici di Drof, che si stavano occupando di sistemare le loro bestie, si voltarono di scatto verso la rossa, sull’attenti. Aurora, dopo essere stata scossa da un brivido al pensiero del muso del drago piumato a pochi centimetri dal suo viso, andò avanti:

«Per caso, tu sai qualcosa su delle specie di draghi col corpo da lucertola e piume coloratissime, che diventano invisibili e si arrampicano?»

Il biondo fece un’espressione tanto confusa quanto interessata, mentre i sei Arkiani si scambiavano sguardi sconcertati. Lex scosse la testa:

«No, non mi risulta. Gli unici draghi che ho presente sono il Drago e le viverne, lo sai»

«Giusto»

«Non ci posso credere – disse Aisapsa – I mostri sono due? E questo da dove salta fuori?»

Oilnats fece una smorfia titubante per qualche secondo, per poi rimuginare:

«Forse ha a che fare col nostro nuovo amico rabbioso e sfuggente. Dimmi, rossa, cos’altro sai di questo “drago” con le piume?»

Aurora rifletté, spostandosi delle ciocche di capelli dietro le orecchie:

«Be’, come ho già detto, può diventare invisibile. Poi…»

Oilnats levò gli occhi al cielo:

«Non in quel senso, parlami di cos’è successo. Come si comporta? Perché è sbucato fuori? Come ne siete uscite vive?»

«Be’, quei megaloceri scappavano da lui, in realtà. Ne ha ucciso uno, ma quando ci ha viste è venuto da noi per annusarci. È stato terrificante, ma non sembrava per niente che volesse mangiarci, sembrava che ci stesse solo dando un’occhiata. Come se fosse curioso, ecco»

Elehcim fece una smorfia compiaciuta e, attirando l’attenzione di tutti con un colpo di tosse, fece una serie di gesti mantenendo un’espressione ispirata. Quando finì, Odraccir tradusse:

«Dice che trovarlo potrebbe essere facile, perché gli animali curiosi si fregano facilmente. Che dire, bestione, non va sempre così: alcuni sono curiosi e stupidi, altri curiosi ma prudenti»

Odraode sbuffò, contrariato:

«Ehi, aspettate! Siamo appena rientrati dalla caccia più disastrosa di sempre e pensate già ad un’altra bestia uscita dal nulla e di cui abbiamo solo una storia? Almeno riprendiamoci!»

«Non ti preoccupare, eterno ammalato, avrai tutto il tempo del mondo per riposarti dopo questa» lo rassicurò Aisapsa, dandogli una pacca sulla spalla.

«Oh, be’, avevamo già intenzione di dividerci dopo questa caccia. Se ne riparlerà la prossima volta che potremo unirci – disse Oilnats, rilassato – In fondo, voi due non dovete forse fare quell’altro favore ai fratelli del petrolio tra pochi giorni?»

«Esatto, dobbiamo accompagnare una loro carovana. Ci prenderemo giusto questo paio di giorni per riposare prima che sia il momento» gli confermò Lex.

«Be’, è stato un piacere averti con noi! Speriamo di rivederti, prima o poi. Adesso vi lasciamo» sorrise Aisapsa.

Detto questo, gli amici di Drof sistemarono le cavalcature nei box e se ne andarono per le strade del villaggio, discutendo animatamente. Una volta rimasti soli, i due sopravvissuti uscirono a loro volta e, spontaneamente, decisero di fare due passi per discutere meglio sulle nuove scoperte. Mentre parlava e ascoltava, la rossa ne approfittava per dare delle occhiate migliori alle stupende case sulle piattaforme ancorate alle sequoie e ai ponticelli che le collegavano. Era particolare vedere un villaggio sospeso da terra. Comunque, le ci volle poco a rivolgere tutta la sua attenzione sull’argomento:

«Ben due creature di cui gli abitanti di quest’isola non hanno mai sentito parlare? Non ho alcun dubbio che siano gli unici di entrambe le loro specie» ragionò il biondo.

Aurora concordò:

«Ha senso. Se il mostro acido è saltato fuori pochi mesi fa e del drago non si sapeva niente prima che io e Acceber lo scoprissimo, da dove pensi che vengano?»

«Niente di tutto questo può essere un caso. E se penso a come due mostri unici nel loro genere abbiano fatto a venire qui, mi vengono in mente solo due spiegazioni sensate: o questo posto è gestito artificialmente come le Arche o quelle due bestie vengono da un altro mondo, come noi»

«Tu dici?»

«Non so come spiegarmelo, altrimenti. Ormai siamo certi che al di fuori di quest’isola c’è il pianeta Terra come lo conosciamo, quindi è escluso che vengano dal mondo esterno»

«Magari vengono dal futuro» azzardò Aurora.

Lex alzò un sopracciglio:

«Uhm… no, mi sembra un'ipotesi troppo "di fantasia", al punto che ho la netta sensazione che vengano proprio da un’Arca»

«Di fantasia? Cioè creature che a un certo punto le Arche hanno creato per rendere tutto più difficile, come le viverne e i vermi delle sabbie su Terra Bruciata?»

Il suo amico sembrò apprezzare che si ricordasse così bene le sue spiegazioni da quando le aveva raccontato le vicende dei diari:

«Proprio così, brava. Il mostro acido mi dà quell’idea, pensandoci bene. E, guarda caso, conosciamo due persone che vengono proprio dalle Arche e che ci possono tornare in ogni momento»

Aurora fece subito due più due e, sapendo bene che il sospetto di Lex aveva più che senso, rimase quasi a bocca aperta:

«Vuoi dire che dietro tutto questo ci sono Axel e Nadia?»

Lex allargò le braccia:

«È l’idea più sensata. Loro due vengono dall’Aberrazione, l’Arca a cui non posso accedere perché è guasta. A giudicare dalle creature che abbiamo visto con le sculture e alla base di Nadia in quelle grotte, il mostro acido mi sembra davvero un animale che potrebbe venire lì. Il drago piumato com’era, esattamente? Puoi darmi dei dettagli in più?»

Aurora ripensò alla creatura per un minuto, prima di grattarsi il collo con un certo imbarazzo:

«Scusa, non so proprio in che altro modo descriverlo. Era letteralmente un lucertolone enorme con degli artigli lunghi e appuntiti e delle piume colorate sulla schiena, sulla testa, sulla coda e sulle ali. Da quel poco che ho visto, si arrampica benissimo e plana»

Lex ci pensò su, annuendo:

«Plana e si arrampica? Sì, sembra decisamente una creatura pensata apposta per delle caverne. Ehi, ora che ci penso, come vi siete salvate?»

«È apparso di nuovo quel gorilla gigante, lo stesso che ha mandato via i due giganotosauri qualche giorno fa. Ha attaccato il drago e noi due siamo andate via mentre combattevano»

«Interessante. Del resto, ho sentito che Kong è una sorta di guardiano. Ho sempre più voglia di dare un’occhiata da vicino anche a lui: questa versione alternativa del Megapiteco mi incuriosice»

«Anche a me, ma ora cosa facciamo coi due mostri? Andiamo da Axel e Nadia e chiediamo se ne sanno qualcosa? E se ci sbagliassimo? Anzi, e se fosse vero e la prendessero male?»

Lex alzò una mano per interromperla:

«Piano, anche se ci sembra ovvio, è comunque un sospetto e niente di più. Vorrei cercare delle prove, prima di affrontare la questione con loro. In ogni caso, è meglio se ci togliamo di mezzo l’impegno per Jonas: quando ci avrà restituito la sfera, potremo anche pensare ad altro. Evitiamo di pestare altri vespai, per ora»

«Uhm… sì, hai ragione. Allora non ci resta che aspettare. Hai in mente qualcosa da fare?»

«Oh, sì: un bel bagno, ne ho assolutamente bisogno» rispose Lex, indicando la sporcizia che aveva addosso.

«Penso che dovrei lavarmi anch’io: tra la fuga nella foresta, i sudori freddi e la stanchezza, mi devo davvero riprendere. Poi andrò a trovare Acceber»

«Bene. Per il resto, cercherei di evitare di fare altro: rimaniamo in zona e stiamo tranquilli» propose lui.

Aurora non poteva essere più d’accordo. Le dispiaceva proprio che adesso Acceber fosse costretta a letto: la ragazza sarebbe stata la compagnia perfetta per trascorrere quel paio di giorni in totale serenità, anche soltanto dando un’occhiata in giro e raccontandosi storie come ormai si erano abituate a fare. Non che non potessero più fare così, ma era un po’ triste scambiarsi aneddoti senza poter andare in qualche bel posto, come avevano fatto quella dannata notte.

   
 
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