Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: SonounaCattivaStella    18/10/2021    0 recensioni
Le mani di Ciel erano sporche di sangue, denso e viscoso. Guardava quei corpi morti quasi senza provare emozione alcuna, apatico e distaccato. Questo finché non avvertì delle mani ghiacciate ed esangui posarsi sul suo collo e stringere con forza, mozzandogli il respiro. Ebbe paura.
{Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it}
Genere: Dark, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri personaggi, Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it

» Prompt: Paura
» Lista: pumpBLANK
» Fandom: Kuroshitsuji/Black Butler

» Rating: Giallo


!! AVVERTENZA !!
Possibile spoiler per chi non è in pari con il manga

 


 

Sangue.

Le mani di Ciel erano sporche di sangue, denso e viscoso. Attorno a lui, i corpi ormai freddi e immobili delle persone a cui, un tempo, aveva voluto bene: suo padre, sua madre, sua zia Angelina, suo fratello. Erano tutti morti a causa sua. Lui li aveva uccisi con quelle stesse mani che in quel momento erano ricoperte dal liquido rosso scarlatto, usando lo stesso identico pugnale con cui aveva squarciato il ventre del suo gemello per prendere l’anello di famiglia. Li aveva sgozzati, li aveva sacrificati per un suo capriccio, li aveva offerti in pasto alle fiamme e ai demoni dell’inferno.

Guardava quei corpi morti quasi senza provare emozione alcuna, apatico e distaccato. Questo finché non avvertì delle mani ghiacciate ed esangui posarsi sul suo collo e stringere con forza, mozzandogli il respiro. Il viso di suo fratello gli si parò davanti, scheletrico e sfigurato. Provò ad allentare quella presa ferrea con le proprie dita, tirando e graffiando la pelle cadaverica dell’altro, ma non riuscì a smuoverlo di un solo millimetro. Aveva una forza che non gli apparteneva, lo guardava con gli occhi vacui e spenti, privi di quel blu cobalto che contraddistingueva le loro iridi gemelle.

«Sei un bugiardo. Sei falso, un’ipocrita, un codardo. Guarda cosa mi hai fatto. Con quale coraggio puoi andare in giro, a viso aperto e sguardo fiero, mentre dici di essere me? Mentre inganni tutti senza alcun ritegno? Quello che fai è disdicevole; non accostare il mio nome alle tue azioni. Mi stai mancando di rispetto.»

Le parole del suo gemello gli piombarono addosso con il peso di mille macigni, schiacciandolo sotto la consapevolezza che non sarebbe mai stato alla sua altezza, che non sarebbe stato in grado di mantenere la sua personale promessa di diventare quella persona forte che l’altro desiderava essere.

Smise improvvisamente di lottare. Le forze gli vennero meno e lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, restando in balia del volere del vero Ciel che continuava a stringere le dita attorno al suo collo. Si sentiva pesante, come se il suo corpo si fosse tramutato in un blocco di marmo, mentre il suo respiro accelerava in cerca dell’ossigeno necessario per sopravvivere. Quando avvertì un peso opprimente ai polmoni e sentì il cuore nel petto battere furioso e dolere come non mai, ebbe paura. Paura di morire, di incontrare le anime delle persone defunte per colpa sua e di venire giudicato per le sue azioni. Aveva paura di aver sbagliato tutto, di essersi rimesso nelle mani dell’entità sbagliata, di aver commesso un grosso errore nel stringere un patto con un demone.

«Svegliati!»

La sua coscienza urlava da qualche parte, mentre lui sprofondava sempre di più in quell’incubo. Suo fratello era sparito nel nulla, per come era arrivato, ma la sensazione di soffocamento rimase ben presente. Sentiva di avere braccia e gambe immerse come in una pozza di catrame – nera, viscosa, densa, putrida – che non gli permetteva di muoversi liberamente. E più veniva trascinato giù, più sentiva il peso opprimente al petto farsi intenso, il fiato corto e accelerato come se avesse corso una lunga maratona. Sprofondò completamente, esalando il suo ultimo respiro mentre quella melma scura prendeva possesso delle sue vie aeree, lasciandosi andare al sonno perenne della morte.

«Respira!»

A quel comando, Ciel aprì gli occhi di scatto e prese un respiro a pieni polmoni. Sentiva il cuore martellare furioso nel petto – al punto da fargli venire delle fastidiose fitte intercostali –, gli arti molli e privi di forza, la lingua intorpidita. Ormai doveva essere abituato alle sensazioni che si lasciava dietro un’apnea notturna, ma ogni volta che ne aveva una restava in quello stato di spossatezza per diversi minuti. Cercò di calmarsi, regolarizzando la respirazione e imponendo alla sua mente di pensare che non vi fosse alcun pericolo, che non vi era motivo di provare tutta quella paura. Era stato un incubo, solo quello.

«Avete fatto un brutto sogno, bocchan?»

La voce di Sebastian gli arrivò alle orecchie come ovattata. Riuscì a metterlo a fuoco solo dopo aver sbattuto le palpebre più volte, individuando la sua figura nella penombra della stanza, illuminata dal candelabro che teneva in mano.

«Dammi dell’acqua.» Riuscì ad articolare, con voce rauca, senza rispondere realmente alla domanda del suo maggiordomo.

Sebastian fece come richiesto: poggiò il porta lume sul comodino posto di fianco al letto, afferrò la brocca piena d’acqua che era solito mettere lì per la notte e ne versò un po’ nel bicchiere. Quando lo porse a Ciel e vide che faticava ad alzare il braccio per afferrarlo, capì cos’era successo e lo aiutò a bere tenendogli la testa lievemente inclinata in avanti.

«Non avevate un’apnea notturna da tempo.» Constatò il maggiordomo, dopo aver fatto stendere nuovamente il suo giovane padrone.

«Già. Ho una brutta sensazione, Sebastian. È come se il mio corpo mi stesse mandando un segnale di pericolo.» Disse Ciel, riuscendo finalmente a passarsi una mano sul viso.

«Non vi preoccupate, ci sarò io a proteggervi. Finché sarò il vostro umile servitore, il vostro diavolo di maggiordomo, non permetterò a niente e nessuno di farvi del male.»

Il giovane Conte guardò il corvino per un lungo istante, sapendo perfettamente quanto l’altro fosse serio in merito. In fondo, la sua anima gli apparteneva e sarebbe stato lui e soltanto lui a sottrargliela, un giorno.

«Se dovessi smettere nuovamente di respirare, svegliami.» Gli ordinò, prima di rigirarsi sotto le coperte per cercare di riprendere sonno.

«Yes, my Lord.»
 

N° Parole: 907

   
 
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