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Autore: Marti Lestrange    18/10/2021    7 recensioni
Raccolta più o meno omogenea sulla famiglia Black; tra il canon e l'headcanon.
[Walburga può solo sperare che il loro nome travalichi i secoli e la storia, che trascenda persino il tempo e lo spazio, e ogni possibile dimensione. Tutto il mondo saprà quanto sono importanti i Black. E tutti li temeranno. Tutti aneleranno il loro appoggio, la loro ricchezza, la loro purezza. Saranno ricordati come una delle famiglie Purosangue più longeve e influenti. Tutti ricorderanno il loro nome. E i suoi figli saranno il tramite per questa memoria. I suoi figli saranno i fautori della loro grandezza. Toujours pur.]
— questa storia partecipa al Writober di fanwriter.it
Indice:
I — Walburga
II — trittico [Bellatrix, Andromeda, Narcissa | Sirius, Regulus | Walburga, Alphard, Cygnus]
III — Druella
IV — Sirius|Regulus
V — Walburga
VI — Sirius
VII — Bellatrix
VIII — doppia flash [Walburga/Orion | Cygnus/Druella]; tematiche delicate
IX — Regulus
X — trittico [Alphard | Sirius | Lucretia]
XI — Walburga
XII — Alphard
XIII — Sirius
XIV — Sirius
XV — Narcissa
XVI — Walburga
XVII — Bella|Narcissa
XVIII — Andromeda
XIX — Bellatrix
XX — Narcissa
XXI — Regulus
XXII — Bellatrix
XXIII — Narcissa
XXIV — Bellatrix
XXV — Andromeda
XXVI — Sirius
XXVII — Bellatrix, Andromeda, Narcissa
XXVIII — Regulus
XXIX — Sirius
XXX — Andromeda
XXXI — Sirius
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Famiglia Black, Regulus Black, Sirius Black, Walburga Black | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Lucius/Narcissa, Remus/Sirius, Rodolphus/Bellatrix, Ted/Andromeda
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'in the name of the Black.'
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in the name of the Black.

 

Giorno 18;
sweven (sogno, visione, premonizione);
❨ Andromeda Black ❩.

 

Sta precipitando, Andromeda. Sa che sta sognando, è cosciente, è come se sia nel suo corpo e stia guardando il suo corpo cadere allo stesso tempo. Non può arrestarne la corsa, non può rallentarne la discesa, può solo guardare, e urlare, e sentire — sentire tutto. Quando finalmente sembra che stia per toccare terra, mentre intorno a lei è tutto buio, non succede, e lei viene tirata indietro da una forza invisibile, trascinata con irruenza, come se qualcuno le stia cingendo la vita e strattoni senza requie. E, mentre arranca e urla e chiede aiuto, le vede: immagini turbinanti tutt’intorno, flash accecanti di luci — verdi, rosse, gialle, viola — e voci, tante voci, che sussurrano il suo nome e la chiamano. Allora, quando si ferma, si ferma in mezzo a un circolo di volti, volti celati da un cappuccio, neri d’inchiostro. Sono come fumo, inconsistenti. Non la chiamano più, ma ora le parlano all’unisono in una lingua sconosciuta. Potrebbe essere latino, e Andromeda non è mai stata brava in latino. La testa comincia a dolerle e se la stringe, piegata in due su quel pavimento spoglio ma lucido che sembra estendersi a dismisura intorno a lei, per metri e metri d’infinito spazio. Le turbinano nella testa, le immagini, ora: vede Ted steso nella neve, la testa reclinata di lato, gli occhi aperti e senza vita e un fiore rosso che si apre nel bianco, come un bocciolo; vede un volto di una donna senza nome che però non è del tutto sconosciuta, è come se celi qualcosa che ama ma che al momento Andromeda non riesce a carpire, e la vede in piedi nella notte, le tende una mano in una muta supplica, i capelli rosa sporchi di fango; vede un uomo dal viso triste e smunto, sembra stanco, stanchissimo, e le sue mani stillano sangue che vanno a mischiarsi all’acqua delle pozzanghere che gli si aprono ai piedi come oceani di sofferenza; e vede sua sorella Bellatrix urlare e ridere e poi cadere, spegnersi improvvisamente, perire proprio come ha vissuto. Urla, Andromeda. Urla con tutte le sue forze. È quando si sveglia tra le braccia di Ted che capisce di essere tornata. È a casa, nel suo letto, indossa una camicia da notte che adesso è tutta sudata, e Ted la stringe a sé mentre lei trema. “Un sogno, amore,” le sussurra sui capelli, carezzandole la schiena dove il cotone le si è appiccicato addosso. “È stato solo un sogno, è finita…” È finita. Ma è finita? Se lo chiede mentre chiude gli occhi e nasconde il viso nel collo di suo marito e ne respira il profumo di buono, ne carpisce il calore, e l’amore. Andromeda sa che è appena iniziata. 

 

 

Bussa forte alla porta a due battenti. Sa che non avrebbe dovuto tornare. Suo padre è stato molto chiaro, anni addietro. E sua madre le ha fatto capire la stessa cosa con uno dei suoi soliti silenzi. Ma non può, Andromeda. Non può farlo, non può stare lontana da quella casa, ora. Ciò che ha visto la perseguita. Volti amati e volti sconosciuti la seguono ovunque, chiedendole di salvarli. Ma lei cosa può? Lei non sa niente della vita, come pensano che sappia qualcosa della morte? Bussa bussa bussa, e finalmente qualcuno le apre. È Trisha1, l’elfo domestico di sua madre. La guarda sospettosa, ma quando Andromeda chiede di vedere la padrona di casa, l’elfa l’accompagna senza dire nulla. Druella è nel salotto piccolo, seduta su un divanetto a leggere la Gazzetta del Profeta. Il giornale le scivola di mano quando vede la figlia sulla soglia. Si ricompone giusto in tempo per congedare l’elfa. “Grazie, Trisha, lasciaci.” Quella si inchina e se ne va chiudendo la porta. 

Madre e figlia si fissano. Non parlano, non ancora. È in corso una battaglia silenziosa, tra loro, fatta di rimorso e astio antico e parole non dette e un sottile tipo di rancore che impregna le loro vene come veleno. Forse sono fatte della stessa materia, ma entrambe lo ignorano — o fingono di non saperlo. 

“Cosa vuoi? Cosa ci fai qui?” 

Andromeda sa di essere in disordine, i vestiti spiegazzati di chi si è vestito in fretta e furia e senza badare a ciò che ha indossato, i capelli sporchi e leggermente crespi, profonde occhiaie viola a contornarle lo sguardo, e mani tremanti. Non ha ancora smesso di tremare, da quella notte di sei giorni fa. 

“Voglio sapere tutto,” risponde Andromeda. Si avvicina di qualche passo. È incerta. Traballa sulle sue gambe di burro.

Tutto?” Chiede ancora Druella, le sopracciglia alzate. “Tutto cosa?”  

Andromeda si inginocchia davanti a sua madre. Mette da parte l’orgoglio, mette da parte il fuoco che l’ha sempre guidata, mette da parte qualsiasi cosa, persino la sua dignità di donna, e si inchina davanti a sua madre. Le sfiora le ginocchia coperte di velluto verde scuro. Sono magre. Più magre di quanto le ricordasse. “Non ce la faccio più…” mormora, e sente le lacrime scenderle lungo le guance. “Continuo a vederli… Sempre…”

Druella rimane in silenzio per un istante, mentre Andromeda continua a piangerle e a bagnarle il vestito. Non sembra importarle. 

“Quand’è iniziata?” 

Andromeda solleva di scatto la testa. “Come sai…?”

Druella annuisce. “Quand’è iniziata, Andromeda?”

“Se— sei giorni fa,” balbetta, asciugandosi le lacrime con il dorso della manica. 

Sua madre stringe le labbra. “Potrebbero finire. All’alba del settimo giorno. Potrebbero finire oppure non finire mai. L’alba del settimo giorno decreterà il tuo destino, Andromeda.” 

Ma Andromeda scuote la testa. “No. No, non è possibile. Io non la voglio. Non la voglio, va bene? Che se ne vada…”

“Non puoi ricacciare indietro la Vista, figlia. Non puoi tu come non può nessun altro, come non ha mai potuto nessun altro. È qualcosa che vive in te e cresce, e puoi cercare di tenerla a bada finché vuoi, fingendo di non voler Vedere, ma prima o poi finirà di rincorrerti e tu finirai di scappare. Devi abbracciare la tua vera natura, Andromeda,” aggiunge Druella afferrandola per le spalle. È forte e stringe. La scuote leggermente. “Smettila di fingere di essere chi non sei e abbraccia la Vista. Sei nata con il Dono, Andromeda, e lo hai evitato per troppo tempo.”

“Ma io non lo voglio,” ripete lei. Non può accettarlo. Non può accettare di vivere la stessa vita che ha condotto sua madre. Semplicemente non può. E non vuole correre il rischio di vedere tutto, tutto ciò che accadrà, e tutti coloro che moriranno. “Non mi interessa.” 

Druella ride e suona amara, quella risata. Quasi stridula in alcuni punti. “Sei una sciocca. Potresti essere d’aiuto alla preziosa causa di Silente, così, non trovi? Potresti vedere laddove quel vecchio barboso non può. Non pensi che saresti più utile, invece che stare a casa a confezionare centrini e preparare torte per tuo marito?” Si diverte, sua madre. Si sente libera di metterla in ridicolo. 

Andromeda si alza, si passa una mano sul viso. È veramente stanca. “Alba del settimo giorno, hai detto. Potrebbe finire per sempre.” 

Druella annuisce. “Non riuscirai a combatterla, Andromeda. E potresti morire nel tentativo.” 

“Non me ne importa di morire. Non ho paura della mia morte, finché non debba più vedere quella delle persone che amo.” 

Sua madre la guarda con una strana espressione, poi distoglie lo sguardo. Agita una mano come per cacciarla via. “Vattene, ora. Tuo padre potrebbe uscire da quel camino da un momento all’altro. Non voglio che ti trovi qui.”

Andromeda cammina fino alla porta, poi si ferma, la mano sulla maniglia. “C’è sempre una via d’uscita, madre. C’è sempre modo di dire basta, e scegliere di stare bene, una volta per tutte. Il nostro nome non ci definisce.” 

“Siamo Black, sciocca. Ci definirà fino alla morte.” Quelle parole sono definitive, così Andromeda lascia il salotto. 

 

 

L’alba del giorno dopo la trova sfinita. Ha combattuto i suoi fantasmi per tutta la notte, Andromeda. Ha visto e rivisto le stesse immagini, ha pianto più lacrime che quelle versate in tutta la sua vita fino a quel momento, e ha stretto forte le braccia di Ted. Ha capito, Ted, quando gli ha raccontato di aver fatto visita a sua madre. Si è arrabbiato solo perché lei non gli ha detto nulla di ciò che le stava succedendo in quei giorni. E ha promesso che non l’avrebbe lasciata andare. Mai. Si sono messi a letti e lui l’ha presa tra le braccia, cullandola e baciandole la tempia sinistra finché non si è addormentata, e vegliandola per tutto il tempo, immune al sonno e alla fatica. E Andromeda ha combattuto. Ha guardato in faccia quei volti per l’ultima volta e ha gridato dal fondo della gola, ha gridato fino a lacerarsi la pelle, ha gridato spaccando tutti i vetri di casa e tutti i bicchieri e tutti gli specchi. Quando l’alba si è finalmente tramutata e il cielo ha cominciato a divenire azzurro a est, allora tutto si è placato. Andromeda si è svegliata, sudata e tremante e stanca, tra le braccia forti di Ted. Non ha più visto quei volti, né quel giorno, né i giorni successivi. Quella notte ha dormito senza sogni. È solo qualche mese dopo, quando vede per la prima volta il volto di sua figlia Ninfadora, che capisce. È soltanto qualche anno dopo, quando conosce Remus Lupin, che capisce. È soltanto quando le dicono che Ted è morto, è soltanto quando le dicono che Dora e Remus sono morti, è soltanto quando le dicono che sua sorella Bellatrix è morta, è soltanto allora che Andromeda capisce. E rivede tutto quanto. Come se le scorresse davanti. Stringe forte il corpicino caldo di suo nipote2 tra le braccia, ne respira il profumo di buono e sapone. Ancora una volta, non ha più visto quei volti, né quel giorno, né i giorni successivi.

 

[ 1629 parole ]

 

⭐︎☆⭐︎


 

❨ note ❩

1. Ho immaginato che anche Druella e Cygnus avessero un elfo domestico a casa, proprio come Kreacher a Grimmauld Place; ovviamente Trisha non esiste, l’ho inventata io.
2. Penso che abbiate capito che si tratta di Teddy Lupin, figlio di Ninfadora Tonks e Remus Lupin, rimasto con la nonna alla morte di entrambi i genitori.

 

Questa shot condensa tante cose insieme, e ci tengo in modo particolare, non chiedetemi come mai. Per prima cosa, anche Andromeda possedeva la Vista, ma questo l’ho inventato io, così come ho inventato la Vista di Druella (che avete letto qui). Ho immaginato che fosse passata di madre in figlia, anche se Andromeda non l’ha mai abbracciata, e mai l’abbraccerà in futuro. Seconda cosa, ho inserito un ultimo confronto madre/figlia, che ho definito “ultimo” ma non lo so manco io, se sia l’ultimo ultimo o se ce ne potrebbero essere stati altri, la mia mente cambia ogni giorno, quindi chi lo sa. In ogni caso, spero che il confronto sia risultato almeno interessante. Infine, ammetto che il finale è un po’ spezza-cuore, mi perdonate? 

 

A domani ♥︎

   
 
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