Ogni tanto si torna alle origini. Erano anni che non scrivevo nulla su questi due, ho voluto dedicargli una piccola flash, perché sì, continuo ad adorarli nonostante tutto.
Vi auguro una buona lettura!
hapworth

Questa storia partecipa al "Writober" indetto da Fanwriter.it.
prompt: gola | lista: ink

Nascosti in piena vista

Spesso si soffermava sulla sua gola, in un istinto quasi primordiale di possesso, ma che Tobio sapeva essere più infantile, più egoista. Era qualcosa di più profondo e animalesco, un segno che potesse legare Toru a sé, anche quando non era lì, anche quando era lontano e loro dovevano fingere di essere nemici giurati e ostili.
Toru diceva sempre che era per il meglio, lo aveva detto fin da quando erano ancora senpai e kohai, quando la differenza tra le loro giocate era così abissale che Tobio aveva dovuto inghiottire la propria inadeguatezza circa qualcosa che, ancora, gli era nuovo. Un po' come nel loro rapporto, in effetti.
Era Toru quello che sapeva tutto, quello che gli insegnava, quello che decideva. Tobio seguiva, seppure riluttante sotto certi aspetti, per pura devozione e per quel sentimento stringente nel petto, che lo guidava verso il proprio senpai. Toru rideva sempre, quando lui assumeva un'espressione contrariata, gli tirava un po' le guance e poi lo baciava. «Non mettere il muso, Tobio-chan.»
Ed era il segnale che non se l'era presa, né era arrabbiato, che avrebbero fatto l'amore appena fossero stati soli e che erano legati, anche se non davanti a tutti.
Tobio marchiava Toru sulla gola, lo baciava ossessivamente fino ad arrossarla, cercando di mantenere fede a se stesso, al desiderio di essere e di possesso verso il maggiore, che sembrava non comprendere, non davvero, ciò che significava, per Tobio, non esistere davanti agli altri. Sognava il giorno in cui l'avrebbe potuto mordere, in cui la sua gola avrebbe avuto un segno visibile più a lungo di una notte d'amore. Ma per ora si accontentava, mentre Toru gli sfiorava i capelli scuri e gli diceva che era adorabile, anche se Tobio pensava di essere più che altro infantile.

Fine