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Autore: Juliet8198    20/10/2021    3 recensioni
Seokjin era l'ombra di se stesso dall'incidente. Un anno di terapia. Un anno di depressione clinica. Un anno in cui la sua personalità brillante e perennemente concentrata sul lato positivo della vita si era spenta come una candela, lasciando dietro di sé solo un fantasma che i suoi amici non riuscivano a riconoscere. Dall'incidente, la solitudine a cui il destino lo aveva sottoposto pesava su di lui più di quanto avrebbe potuto prevedere.
Yona aveva imparato sin da piccola a non credere nei legami a lungo termine. Quale significato aveva trovare la propria anima gemella? I suoi genitori avevano divorziato pur essendo fatti l'uno per l'altra e lei aveva una vita perfettamente felice pur non potendo congiungersi con la sua metà. Aveva imparato che la solitudine a cui il destino l'aveva sottoposta dalla nascita non le avrebbe impedito di diventare una persona completa.
Una scatenata insegnante di inglese, inguaribile nerd e sfegatata amante di musical dai discutibili metodi didattici, riuscirà a scuotere una persona così persa nella propria solitudine e a salvarla da se stessa?
SOULMATE AU
Quarto libro del JU
Questa storia fa parte di un universo integrato. Non è però necessario aver letto
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Seokjin/ Jin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il soffitto bianco pareva, agli occhi stanchi di Seokjin, un minestrone di toni scuri e pensieri cupi. Una zuppa disgustosa, maleodorante; un nauseabondo intruglio congegnato dalla sua mente con il preciso scopo di impedirgli di godersi una sana notte di riposo. 

 

Non ricordava neppure quanto tempo fosse passato da che era riuscito a dormire per almeno cinque ore di fila senza svegliarsi all'improvviso, le palpebre spalancate, il petto ansante e il fantasma di uno spasmo nei suoi muscoli. Non ricordava una notte in cui non era ricaduto sul materasso con uno sbuffo stremato, non si era passato una mano sul viso stropicciato e non aveva digrignato i denti nel tentativo di scacciare dal suo corpo quel pizzicorio, quella lieve tensione nei nervi che gli dava l'impressione di essere sul punto di accartocciarsi in preda al bruciore. 

 

Si sentiva stupido, così dannatamente stupido, quando si ritrovava a fissare il soffitto, incapace di riaddormentarsi, e si lasciava trasportare dagli oscuri pensieri della sua mente, da quel mostro di rabbia e gelosia e solitudine che aveva la sua tana nei recessi più reconditi del suo cuore. Jin lo odiava. Sopratutto quando gli faceva allungare il braccio al suo fianco e gli faceva sfiorare le coperte fredde e vuote al suo fianco. 

 

In quel letto troppo grande per una persona. Troppo grande per lui. Troppo grande per qualcuno che non avrebbe potuto condividerlo con nessuno. 

 

Jin allora si odiava. 

 

Quella era decisamente la parola giusta. Odio era la vile parola che aveva iniziato a definirlo un anno prima. 

 

Odio verso se stesso, una tale debole creatura così facilmente schiacciata dalla sua tristezza al punto da trasformarsi in un essere distante, schivo e depresso. Odio verso il suo destino, che lo aveva crudelmente sbeffeggiato, lasciandolo in vita solo per ricordargli ogni singolo giorno che tale vita non valeva niente. Solo per lasciarlo solo, a stringere il vuoto fra le sue braccia e a svegliarsi con gli occhi impiastricciati di lacrime. 

 

Odio verso i suoi amici. Gli amici che lui amava. Gli amici per cui avrebbe dato l'anima, che erano diventati importanti quanto la sua stessa famiglia. 

 

Era così disgustoso. Lui era disgustoso. Il mostro dentro di sé era disgustoso. Quello in cui si era trasformato era disgustoso. Ma non riusciva a combatterlo perciò ogni mattina, quando apriva gli occhi stanchi e appesantiti dall''insonnia, finiva immancabilmente per considerare il peso della sua esistenza e se esso valesse veramente la pena di tale sofferenza. 

 

-Hyung? 

 

Un lieve bussare alla porta lo costrinse a stropicciarsi le palpebre e guardare lo schermo del telefono. 

 

Le sette. 

 

Jin sospirò, ritraendosi dalla striscia di luce che tagliò l'oscurità della stanza non appena Jimin sporse il viso dietro alla porta. 

 

-Yoongi-hyung ha preparato la colazione. 

 

L'uomo sfuggì velocemente dallo sguardo cauto e pietoso del ragazzo, afferrando le coperte più saldamente e voltandosi dal lato opposto con un grugnito. Come se avesse avuto voglia di sedersi a tavola con i suoi amici per guardarli flirtare con le loro anime gemelle. Come se avesse voluto vederli felici, a godersi quello che lui non poteva più avere. 

 

Era stupido, dannatamente stupido, ma Jin si sentiva preso in giro. Come se gli avessero voluto sbattere in faccia la sua condizione. Quello che lui aveva sempre desiderato. 

 

E Jin sapeva di essere stupido ed egoista e cieco. 

 

Eppure non riusciva a farne a meno. 

 

-Voglio dormire ancora un po'. Voi mangiate, io prenderò qualcosa al volo in caffetteria. 

 

L'uomo sapeva, anche senza vederlo, che il viso di Jimin si era raggrinzito in un'espressione delusa. Cercò di scacciare il senso di colpa dalla sua testa e dal suo stomaco, che gorgogliava di rabbia per la maniera in cui ogni singola mattina trattava il povero ragazzo, e cercò di essere indifferente. Indifferente ai suoi pensieri e alla flebile risposta che giunse alle sue spalle. 

 

-Ok. 

 

 

 

-Good morning Baltimore! 

 

Yona fece scorrere drammaticamente le ante del suo grande armadio nero, mentre la sua voce riecheggiava la canzone che si diffondeva a tutto volume per l'appartamento. Arricciando le labbra, la donna iniziò a passare in rassegna la sua collezione di pantaloni e leggings con una piega indecisa sulla fronte. Poi, con un sorriso impertinente, estrasse i suoi jeans di pelle preferiti, quelli che aveva ribattezzato "solleva-chiappe" in quanto, benché le stringessero anche le tonsille, conferivano una certa regale importanza al suo posteriore. 

 

"Go big or go home, girl" pensò fra sé e sé.

 

D'altronde, il primo giorno di lavoro era quello delle buone impressioni. Sarebbe stato un peccato capitale sprecarlo. Mentre continuava a selezionare gli abiti per la giornata, la sua voce riprese a seguire il ritornello della canzone con rinnovato entusiasmo.

 

-I love you Baltimore! Every day's like an open door, every night is a fantasy, every sound's like a symphony...

 

Mentre ondeggiava per la sua camera da letto e appoggiava i vestiti sulle lenzuola blu nevi, scostò le tende scure per lasciare che la luce inondasse la stanza, un piccolo ambiente dalle pareti noiosamente bianche ma che lei era riuscita a salvare con una collezione di poster di Broadway e un'intrigante cassettiera laccata di nero dalle forme vagamente gotiche che aveva scovato in un mercatino dell'usato. 

 

Yona, in effetti, amava il suo appartamento. Era un buco che superava di poco i quaranta metri quadri e, in quanto in affitto, doveva mantenere i suoi muri rigorosamente illibati per ordine del padrone di casa, ma era una sorta di tana che aveva adattato a sé e alla sua personalità nel corso degli anni che aveva vissuto a Seoul. I toni scuri, i mobili bizzarri e gli inutili ma onnipresenti soprammobili di ranocchie, gufetti e altri animali adorabili lo rendevano così suo, così caratterialmente individuale che le davano un senso di conforto ogni volta che vi metteva piede. 

 

-Baltimore and me... 

 

Yona volteggiò verso il salotto, dove il televisore trasmetteva la canzone, e si mosse verso il telecomando. 

 

-Baltimore and me!- concluse, trascinando in un imbarazzante gorgheggio l'ultima lettera mentre sconnetteva YouTube e digitava il canale dove avrebbero trasmesso il telegiornale. 

 

Dirigendosi verso il bagno, accese la luce dello specchio appoggiando sul lavandino la sua pochette per il trucco ed estraendo il fondotinta.

 

-Trovata morta un'altra donna nel suo appartamento dopo un litigio con la sua anima gemella. L'uomo, indagato dalla polizia, è sotto custodia cautelare in attesa che le indagini facciano luce sull'esatta successione degli eventi.

 

La donna terminò di stendere il fondotinta e prese la cipria, iniziando a spolverarla con leggerezza sulle guance e diffondendo una candida nuvola bianca attorno a sé. 

 

-... e continuano le proteste per i diritti delle anime separate e dei solitari e la legalizzazione delle procedure chirurgiche per la creazione di legami surrogati. I protestanti, che hanno precedentemente manifestato davanti alla sede del governatore dello stato di New York, hanno dato origine a nuovi nuclei in California, Florida e Washington. 

 

La mano di Yona si bloccò a mezz'aria, il pennello sospeso nel vuoto a pochi centimetri dalla sua pelle. Stringendo le labbra in una linea, si ritrovò ad appoggiare gli occhi sullo schermo, dove immagini di uomini e donne e sopratutto ragazzi e ragazze che esibivano cartelli con grandi scritte in stampatello si susseguivano.

 

"Diritto di scegliere chi amare" dicevano diversi. "Diritto di una seconda possibilità" e anche "Diritto al proprio corpo" sembravano essere altrettanto popolari. Poi, il video mostrò una giovane donna con un megafono, in piedi su dei gradini mentre attirava l'attenzione della folla. 

 

-Per tutti coloro che vengono giudicati per aver lasciato la propria anima gemella, che meritano di poter creare un nuovo legame con la persona che scelgono! Per i solitari, che mer-

 

Yona sbatté la porta del bagno, richiudendo all'esterno la voce della televisione e spostando lo sguardo sul suo viso riflesso nello specchio. Passandosi la lingua sul labbro superiore, trasse un lungo respiro. Poi, nella beatitudine del silenzio, riprese in mano il pennello imporporato dal blush. 

 

 

 

Era presto. 

 

Oppure era troppo tardi. 

 

Forse era per quello che la caffetteria era praticamente vuota quando Jin vi si affacciò, eccezion fatta per qualche dipendente seduto per conto proprio con un bicchiere di caffè fumante e lo sguardo attaccato al proprio portatile. Dirigendosi verso la zona bar, l'uomo iniziò a studiare la sfilza di dolci in esposizione con una smorfia sulla bocca. 

 

Lui amava mangiare. Diamine, lui era il cuoco del gruppo! Eppure con suo grande disappunto, insieme alla sua personalità, pareva aver perso pure l'appetito in quell'anno. 

 

Dopo aver ordinato un americano, tornò a contemplare la vetrinetta con una sorta di nostalgia nel cuore. Gli mancava godere di quelle piccole cose che lo caratterizzavano così profondamente in passato. Gli mancava vivere la sua vita semplicemente, gustandosi qualcosa che amava o gioendo di un po' di tempo libero quando gli veniva concesso. 

 

Che fine aveva fatto la sua esistenza? Che fine aveva fatto Kim Seokjin? 

 

-Vuole altro? 

 

Jin alzò brevemente lo sguardo sulla barista, che aveva appoggiato il bicchiere di cartone davanti a lui e lo osservava con un sorriso. L'uomo abbassò la testa, lasciando che la visiera del suo cappello nero nascondesse le occhiaie che gli solcavano il viso. 

 

-Un donut, per favore. 

 

Benché non avesse neppure il senso della fame, sapeva che avrebbe dovuto mettere qualcosa sotto i denti. I ragazzi gli avrebbero chiesto se aveva mangiato e non aveva voglia di dover convivere con il senso di colpa che sarebbe seguito all'ennesima bugia. In più, avrebbero avuto le prove per le coreografie del concerto perciò sarebbe stato auspicabile avere un po' di energia in corpo. 

 

Dopo aver pagato e afferrato la sua colazione, contemplò per un istante se rimanere lì e sedersi a un tavolo. Avrebbe potuto godere della privacy che in dormitorio gli mancava in maniera così prepotente ma avrebbe dovuto stare in mezzo a dipendenti che conoscevano la sua faccia e che si sarebbero chiesti cosa ci faceva lì, tutto solo, senza il suo gruppo. 

 

Jin, perciò, decise di uscire dall'ambiente e dirigersi verso la piccola sala conferenze dove i loro manager gli avevano indicato di radunarsi quella mattina. A quanto pareva, avrebbero conosciuto la loro nuova insegnante di inglese, o così gli sembrava di ricordare. Non aveva mai prestato molto ascolto alle loro parole. 

 

Aprendo la porta sulla stanza dalle pareti bianche tappezzate delle cover dei loro album passati, i suoi occhi caddero sui suoi amici che erano già seduti al tavolo rettangolare intenti a conversare sommessamente. L'uomo, in silenzio, si avvicinò e si accomodò accanto a Jimin, all'estremità destra. Iniziando a masticare la sua colazione, sentì lo sguardo del ragazzo calamitare su di sé, ma sapeva che non avrebbe detto niente. 

 

Di tutti, lui era diventato la persona più tollerabile. Benché le sue morbose attenzioni lo infastidissero di tanto in tanto, apprezzava grandemente lo spazio che gli concedeva, senza pressarlo a condividere i suoi problemi nonostante il suo carattere scontroso. Namjoon era probabilmente molto vicino a essere a parimerito, se non fosse stato per le paternali che gli rifilava quando iniziava ad aprirsi sui suoi sentimenti. Non aveva voglia di sentirsi dire che doveva cercare aiuto. Lo sapeva. Nessuno meglio di lui lo sapeva. Ma, molto semplicemente, non voleva. 

 

Hoseok era troppo distante da lui per capire davvero i suoi sbalzi d'umore e cosa li originasse. 

 

Jungkook... Jin adorava quel ragazzino e sapeva che era ormai un adulto maturo e in grado di comprenderlo, ma aveva sempre la sensazione di guardare il piccolo quindicenne che aveva allevato per gli ultimi dieci anni, invece che un amico con cui confidarsi. 

 

Taehyung e Yoongi erano, per ovvie ragioni, fuori discussione. Sentiva che i ragazzi volevano avvicinarsi a lui, ma il baratro che si era creato fra di loro lo portava ad allontanarsi di cinque passi ogni volta che uno dei due faceva una mossa nella sua direzione. 

 

-Sapete nulla della nuova insegnante? 

 

Jin incollò lo sguardo agli zuccherini colorati incastonati nella glassa rosa del donut che stringeva in mano, continuando a masticare silenziosamente mentre la voce di Hoseok rompeva quel poco di conversazione che ronzava nella stanza. 

 

-A parte il fatto che è donna? Nada. 

 

La risata leggera del ragazzo si diffuse nell'aria, stridendo alle orecchie di Seokjin. 

 

-Yoongi-hyung, perché tu non riesci a buttare qua e là qualche parola di inglese allo stesso modo in cui Taehyung fa con lo spagnolo?- chiese con tono derisorio il suo amico. 

 

Jin strinse i denti e cercò di non arpionare il cartone del bicchiere sotto le dita. 

 

-Vai al diavolo- fu la risposta secca di Yoongi, che grugnì infastidito come faceva ogni mattina prima delle undici e del suo secondo caffè. 

 

Al rumore della porta che si apriva, però, la conversazione immediatamente cessò. 

 

Giusto, la nuova insegnante. 

 

Francamente, a Jin non poteva importare di meno. In quel momento, ciò che importava era la caffeina e lo zucchero che sperava gli avrebbe intasato le vene.

 

Un suono di tacchi riecheggiò nelle pareti, martellante e imperterrito. Poté percepire il saluto mormorato dei suoi compagni e i suoi occhi caddero su un paio di stivaletti neri interamente ricoperti di borchie argentate, tanto da sembrare quasi delle armi più che delle calzature. 

 

Jin non sapeva cosa aspettarsi. Anzi, Jin non si aspettava nulla. 

 

Di certo, non si aspettava...

 

Lei. 

 

-Well, well, well. Look at my new little lambs. (Bene, bene, bene. Guarda un po' i miei nuovi agnellini.)

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Ebbene no, Seokjin non si aspettava lei e tutto il caos che porterà nella sua vita XD Cosa dite? Il poveretto è messo malaccio. Più avanti elaborerò ulteriormente il problema, anche perché Yoongi e Tae sono dei tasti particolarmente dolenti, ma già da questo capitolo immagino che vi siate fatti un’idea. E poi arriva Yona con i suoi stivaletti borchiati pronta divorare qualcuno XD 

 

Ebbene, con questo vi salutò e vi rivediamo la prossima settimana con una piacevole sorpresa 👀

   
 
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