Fumetti/Cartoni americani > Batman
Segui la storia  |       
Autore: My Pride    20/10/2021    2 recensioni
Jon non aveva capito bene cos'era successo, ma quel giovane tritone l'aveva salvato e non aveva fatto in tempo a ringraziarlo che, così com'era apparso, alla fine era sparito. Rammaricato, il giorno successivo era tornato a quell'insenatura con la speranza di rivederlo, e così aveva fatto il giorno dopo e il giorno dopo ancora, e aveva quasi perso le speranze di rivederlo quando, facendo timidamente capolino dal pelo dell'acqua, la testa mora di quel tritone si era fatta finalmente vedere, e Jon aveva sorriso radioso nel saltare sugli scogli per raggiungerlo.
Genere: Avventura, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bat Family, Damian Wayne, Jonathan Samuel Kent
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Put your lips on me_2 Titolo: Put your lips on me (and I can live underwater)
Autore: My Pride
Fandom: Super Sons, Batman
Tipologia: Long Fiction
Capitolo due: 3026 parole [info]fiumidiparole 

Personaggi: Damian Wayne, Jonathan Samuel Kent, Bruce Wayne, Lois Lane, Clark Kent, Tim Drake, Dick Grayson, Jason Todd, Talia Al Ghul, Vari ed eventuali
Rating: Giallo
Genere: Generale, Slice of life, Fluff, Smut, Light Angst

Avvertimenti: Mermaid!AU, Accenni slash, Hurt/Comfort


SUPER SONS © 2016Peter J. Tomasi/DC. All Rights Reserved.

    Jon sbadigliò sonoramente e si stiracchiò sulla sedia su cui era accomodato, stropicciandosi gli occhi prima di gettare uno sguardo verso il proprio letto, dove Damian stava riposando. Aveva ancora le palpebre abbassate e respirava pesantemente, simbolo che la febbre non si era ancora abbassata.
    Erano passati appena due giorni ed era stato tutto così... assurdo. Nessuno dei due si sarebbe mai aspettato che le cose finissero in quel modo, eppure eccoli lì, a casa sua. Quando si era reso conto della piega che stavano prendendo le cose, non aveva esitato ad afferrare il cellulare per chiamare suo padre e spiegargli per filo e per segno dove si trovasse e che cosa fosse successo - omettendo ovviamente la parte in cui Damian era un tritone e limitandosi semplicemente a dire di aver trovato un ragazzo svenuto sulla spiaggia -, così che lui stesso potesse aiutarlo con Damian. Nell'attesa, però, mentre teneva stretto a sé l'amico febbricitante per farlo stare al caldo, l'oceano davanti a loro aveva cominciato a ribollire e Jon per poco non aveva gridato quando due luminosi occhi azzurri lo avevano scrutato nella mezza oscurità.
    Col cuore in gola, Jon ci aveva messo un secondo di troppo per rendersi conto che il volto che era emerso dalle acque era quello di Dick. E lo aveva visto cambiare espressione così tante volte, nell'arco di una manciata di secondi, che aveva faticato non poco a spiegargli la situazione e a dirgli che Damian, nonostante ci avesse provato, non era riuscito a farsi spuntare nuovamente la coda e alla fine aveva deciso di portarlo a casa sua per tenerlo al caldo ed evitare che la sua febbre peggiorasse. Dick lo aveva fissato a lungo, facendo scorrere lo sguardo dal suo volto alle gambe nude di Damian che spuntavano sotto la felpa, e Jon era stato certo, nonostante la parziale oscurità, di aver visto le labbra di Dick ridursi ad una linea sottile, proprio come le sue palpebre.
    Dick se n'era andato dicendogli che ci avrebbe pensato lui stesso ad avvertire Bruce e che lui avrebbe fatto meglio a comunicare loro le condizioni di Damian giorno dopo giorno, ma, prima di sparire fra le onde, gli aveva consegnato una conchiglia dalla forma ovale con la quale avrebbero potuto parlare, anche se in un primo momento Jon aveva creduto che lo stesse prendendo in giro. Però, quando Dick gli aveva bonariamente detto che se non voleva credere a lui poteva parlare direttamente con Bruce, Jon alla fine aveva accettato quella conchiglia con la promessa che si sarebbe preso cura di Damian finché non fossero riusciti a trovare una soluzione per le sue attuali condizioni.
    Suo padre l'aveva raggiunto nello stesso istante in cui la coda azzurra di Dick era sparita sotto la superficie dell'acqua, e non aveva perso tempo: fissando le corde che usava solitamente per le sue arrampicate, si era calato nell'insenatura e aveva avvolto Damian in una coperta e se l'era issato lui stesso in braccio, indicando a Jon una delle funi col gancio di sicurezza; quando erano risaliti e avevano preso posto nel furgone, suo padre aveva cominciato a tempestarlo di domande, dal perché si fosse spinto fin laggiù a come aveva trovato quel ragazzo, e Jon aveva risposto a tozzi e bocconi, restando sempre piuttosto sul vago. L'interrogatorio era stato ripreso da sua madre, per quanto si fosse occupata nel frattempo delle condizioni di Damian, sempre più febbricitante.
    Adesso, con addosso un pigiama troppo grande e imbottito di medicine, Damian se ne stava rannicchiato sotto il piumone sotto lo sguardo mesto di Jon. Si sentiva come se tutta quella situazione fosse stata colpa sua. Se non si fosse distratto, se non avesse cominciato a pensare a Damian durante la salita, forse... scosse il capo, poggiando i gomiti sulle cosce per abbandonare la testa fra le mani. Damian sarebbe davvero riuscito a tornare normale? Per quanto Jon si fosse trovato egoisticamente a pensare che in quel modo sarebbe stato più facile confessargli i suoi sentimenti... non l'avrebbe mai fatto a discapito della sua felicità. Damian aveva una famiglia da cui tornare, un intero mondo che faceva parte di lui... e, per quanto Jon avrebbe voluto dirgli tutto, non poteva dargli l'ennesimo peso né tenerlo con sé, soprattutto quando non aveva idea di cosa provasse Damian.
    «J-Jon...?»
    Trasalendo, Jon sollevò di scatto la testa e puntò lo sguardo sul volto di Damian, le cui palpebre aperte a mezz'asta stavano mostrando in parte i suoi occhi verdi. Era ancora febbricitante e le sue guance erano rosse e accaldate, ma il respiro aveva cominciato a tornare in parte regolare.
    «Ehi». La voce di Jon uscì tremula mentre si sporgeva verso il letto. «Come ti senti?»
    Damian si prese un momento, tossendo prima di leccarsi le labbra. «...come se mi avesse masticato uno squalo», ammise, e Jon si lasciò scappare una risatina.
    «Ne hai anche l'aspetto».
    «Mhnr. Non sei divertente».
    Chiuse gli occhi, salvo poi riaprirli di nuovo di scatto prima di raddrizzare immediatamente la schiena; il capogiro che lo colpì, però, lo costrinse a cadere ancora una volta all'indietro, per di più con una raffica di colpi di tosse che lo fecero piegare di lato e sollevare le gambe con un gemito doloroso. Allora le aveva davvero, non era stato un sogno. Sentì Jon massaggiargli delicatamente la schiena per aiutarlo a calmarsi e ammise a se stesso di aver apprezzato il gesto, sentendo poco a poco quella tosse calmarsi e lasciarlo in pace. Cosa gli stava succedendo? E dov'era? Provò a chiedere spiegazioni, ma la voce non uscì, avvertendo solo un orribile subbuglio nel suo stomaco.
    «Ti ho... portato a casa mia». Jon rispose come se gli avesse letto nel pensiero, e sollevò giusto una palpebra per vedere il modo in cui si stava massaggiando un braccio. «Stavi male, non potevo lasciarti lì da solo senza essere certo che ti... sai...» abbassò la voce, come per timore che qualcuno potesse sentirlo «...ti spuntasse di nuovo la coda».
    «Casa tua?» ripeté Damian, cercando di fare mente locale. Aveva vaghi ricordi di quello che era successo, ma ciò che gli era rimasto impresso era il modo in cui si era gettato verso la riva per salvare Jon. Poi le gambe, il corpo accaldato, il dolore... perché i muscoli di quei nuovi arti gli facevano così male? Non aveva mai letto niente del genere nei libri che... la consapevolezza lo colpì come uno schiaffo in pieno viso, e guardò Jon in stato confusionale. «Che giorno è?»
    «La tua famiglia sa che sei con me», disse subito Jon, leggendo fra le righe di quella domanda. E, nel vedere l'aria stranita di Damian, si affrettò a continuare. «Quando sei svenuto... ho chiamato mio padre». Frenò subito ogni replica nel vederlo pronto ad aprire la bocca, ricordandogli che stava male e che urlargli contro avrebbe solo peggiorato le sue condizioni, oltre a richiamare i suoi genitori. «Nell'attesa, è arrivato Dick. Mi ha consegnato questo». Jon frugò fra le tasche della tuta, porgendogli il piccolo dispositivo a forma di conchiglia che gli era stato affidato. «Mi ha chiesto di informarli delle tue condizioni tutti i giorni. Oggi è il secondo».
    Damian l'aveva osservato per tutto il tempo in cui aveva parlato, e un po' si era tranquillizzato. Era passato poco tempo, bene. Ma restava sempre lo stesso inconveniente di quelle due protuberanze che aveva al posto della coda. «Non sanno nulla riguardo a quelle?» chiese nell'accennare alle proprie gambe, e Jon scosse la testa.
    «Troveranno qualcosa. Ne sono sicuro», provò a rincuorarlo, avendo notato l'espressione mesta che si era dipinta sul volto di Damian. Voleva tornare a casa. Ma come avrebbe potuto biasimarlo? «Ora cerca di stare tranquillo. La mamma ha detto che avevi la febbre molto alta quando ti abbiamo portato qui».
    Anche se incerto, Damian si limitò a fare un breve cenno col capo. Era... strano respirare aria e starsene sotto quelle coperte, e soprattutto ancor più strano era il pensiero che quello fosse il letto di Jon. Sentì le guance bruciare, ma diede la colpa alla febbre e voltò la testa verso la finestra, sentendo la pioggia che picchiettava contro i vetri. Non si era accorto che stava piovendo, e si concentrò a tal punto su quel suono che quasi sussultò quando sentì la mano di Jon sulla sua fronte, tornando a guardarlo con fare interrogativo.
    Jon sorrise imbarazzato e si massaggiò il collo con l'altra mano, giustificandosi col fatto che volesse solo controllare che non scottasse troppo, e Damian lo lasciò fare, abbassando le palpebre quando una piacevole pezza bagnata cominciò a rinfrescargli la fronte. Bollente com'era, gli sembrava davvero una bellissima sensazione.
    Non si accorse nemmeno di essersi addormentato di nuovo, svegliandosi con un colpo di tosse e il piacevole profumo di cibo. Non aveva idea di che cosa fosse, di certo non erano le alghe e gli altri piccoli animali acquatici che preparava solitamente Pennyworth, ma l'odore era invitante e, quando aprì del tutto gli occhi, vide la figura longilinea di una donna dai lunghi capelli scuri che aveva appena posato una gran ciotola sul comodino; per un attimo ebbe uno strano dejavù ma, prima che potesse capire il perché, tossì e richiamò l'attenzione della donna.
    «Scusa, ti ho svegliato?» Aveva una bella voce. Autoritaria ma, al tempo stesso, dolce e comprensiva. In un modo un po' bizzarro gli ricordava Selina, la compagna di suo padre.
    Damian scosse immediatamente il capo. «No», gracchiò, cercando di mettersi almeno a sedere; ma la donna lo frenò nel poggiargli delicatamente una mano su una spalla.
    «Non sforzarti», gli disse in tono cordiale. «Jon era davvero preoccupato quando ti ha portato qui. Hai bisogno di riposo». Gli scostò qualche ciocca di capelli che gli si era incollata al viso, e per un attimo Damian sussultò, temendo che potesse notare le sue orecchie a punta; la donna, però, lesse quel fare come diffidenza verso una persona sconosciuta, così sorrise rassicurante. «Oh, scusami. Dimenticavo. Sono Lois».
    Tossendo, Damian nascose il naso arrossato al di sotto delle coperte, osservando la donna con cipiglio. «Damian», si presentò in tono rauco, facendola ridacchiare.
    «Piacere di conoscerti, Damian». Si voltò verso il comodino, ma solo per sollevare il coperchio della ciotola; si sprigionò un profumo ancor più invitante, e Lois gettò uno sguardo verso il volto curioso del giovane. «Ti ho portato un po' di brodo di pollo. Hai bisogno di rimetterti in forze, ma non sforzarti se non riesci a mangiarlo tutto, d'accordo?»
    In un altro momento, Damian avrebbe probabilmente risposto col suo solito tono sprezzante, così da far capire alla donna che non era più un avannotto ormai da molto tempo e che era abbastanza adulto da poter fecondare delle uova, ma nel guardarla in quegli occhi scuri, ogni cattiveria gli morì sulle labbra ancor prima di formarsi. Quella Lois non lo conosceva minimamente, eppure lo stava trattando con una gentilezza tale che, fino a quel momento, oltre a Jon gli era stata riservata solo dai membri della sua famiglia e consorti.
    Incerto su che cosa dirle, alla fine mormorò un «Grazie» strascicato che parve essere abbastanza, giacché la donna sorrise e lo lasciò riposare, invitandolo a chiamarla se mai avesse avuto bisogno di qualcosa. Quando uscì, Damian fece spuntare nuovamente il naso fuori dalle coperte, cercando di mettersi a sedere con attenzione; le gambe gli formicolavano come non mai e sentiva quelle ossa nuove di zecca scricchiolare ad ogni movimento, persino il suo ginocchio destro fece uno strano suono quando lo piegò.
    Aggrottò la fronte e abbassò lo sguardo, studiando il proprio corpo tra un colpo di tosse e l'altro. Attento a muoversi con circospezione, sollevò la gamba destra per distenderla davanti a sé, arricciando le dita dei piedi e inclinando un po' il capo contro la spalla mentre si osservava; era... strano e in parte doloroso muovere le sue articolazioni, ma stava cominciando a farci l'abitudine. E lanciò uno sguardo verso il comodino, arrischiandosi ad allungare un braccio per afferrare quella ciotola. Lois l'aveva chiamato brodo di pollo, mhn...? Prese quel cucchiaio - se ben ricordava, si chiamava proprio cucchiaio - e lo affondò nel brodo, rigirandolo prima di arricciare un po' il naso e azzardarsi a prendere una cucchiaiata per portarsela alla bocca; le sue papille gustative apprezzarono e quel sapore gli inondò il palato, facendogli allargare un po' gli occhi. Qualunque cosa fosse quel pollo, il brodo era davvero buono.
    Mangiò lentamente, gustandosi quel pasto per quanto non fosse riuscito comunque a finire tutto il brodo,  infilandosi ben presto nuovamente sotto le coperte per godersi quel calore. Da quando aveva lasciato il mare non riusciva a scaldarsi come avrebbe dovuto, e non sapeva se reputare la cosa alla sua condizione attuale o al fatto che, come gli era stato detto, sembrava essersi ammalato. Fu chiedendosi che fine avesse fatto Jon che abbassò di nuovo le palpebre e si addormentò senza nemmeno rendersene conto, ignaro che quest'ultimo fosse andato fino in città per far comprare anche le sue medicine.
    Jon era difatti appena uscito dal droghiere dopo aver preso tutto ciò che sua madre aveva segnato sulla lista, sollevando lo sguardo verso il cielo cupo. Da quando lui e Damian avevano lasciato l'insenatura, il tempo stesso sembrava essere contro di loro, sempre pronto a riversare vere e proprie secchiate d'acqua sulla città; sapeva che era una coincidenza - perché era una coincidenza, giusto? -, eppure una vocina continuava a ripetergli che qualcosa, da quando Damian aveva scoperto di poter possedere quelle gambe, non quadrava.
    Scosse la testa per scacciare quegli stupidi pensieri, affrettandosi su per la strada che lo avrebbe riportato a casa. Non voleva essere colto all'improvviso dalla pioggia e inzupparsi, quindi darsi una mossa gli sembrava la cosa migliore da fare; se avesse potuto, avrebbe preso il furgone di suo padre e avrebbe fatto sicuramente prima, ma suo padre era a lavoro e avevano solo quel loro amorevole catorcio per spostarsi, dunque avrebbe dovuto accontentarsi dei suoi piedi allenati. 
    «Jonathan».
    Nel sentire alle sue spalle quel tono di voce così aspro, Jon per poco non si lasciò sfuggire la busta che stava sorreggendo. Si voltò con attenzione, rimanendo basito nel sollevare il capo e incontrare quello che si rivelò essere lo sguardo serio di Bruce; boccheggiando, provò a dire qualcosa, per quanto non riuscisse a spiccicare nemmeno una parola. Non sapeva che cosa lo avesse lasciato più stranito, il fatto che fosse davvero alto - non quanto suo padre, ma quasi - o il vederlo lì, sulla terra ferma, per di più in città come un... normale essere umano.
    «Bruce?» disse incerto, e fu a quel punto che Jon fece immediatamente scorrere lo sguardo sulla sua figura, dall'ampio petto nascosto dalla camicia che indossava alle gambe fasciate da un pantalone nero che le faceva apparire ancora più lunghe di quanto non fossero. Sbatté le palpebre più e più volte, a dir poco incredulo. «Che significa?»
    «Dov'è Damian?» domandò invece Bruce senza rispondergli, e Jon, per la prima volta in quegli ultimi sei anni, sentì montare una rabbia sorda nei confronti del tritone che aveva davanti.
    «Tu lo sapevi?» Lo sguardo di Jon si indurì, ignorandolo a sua volta mentre stringeva lungo il fianco il pugno della mano libera. «Sapevi che Damian sarebbe potuto salire in superficie... e non gliel'hai mai detto?»
    Avevano passato sei anni a seguire le condizioni di Bruce, a stare attenti proprio per evitare che Damian potesse essere visto e tenerlo in quel modo lontano dai pericoli... quando sarebbe potuto passare per un comune essere umano, godersi la luce del sole e camminare per le strade della città esattamente come stava facendo l'uomo che aveva davanti?
    Si squadrarono entrambi per attimi che parvero interminabili. Nessuno dei due proferì un'altra parola, per quanto in quel momento ce ne sarebbe stato decisamente bisogno. Rigido e con la schiena dritta, Bruce aveva abbassato il capo per fissare Jon dritto negli occhi, ricambiando quel suo sguardo serio. Poi, contro ogni altra aspettativa, trasse un lungo respiro.
    «Era per il suo bene, Jonathan».
    Jon si sentì andare su tutte le furie, conficcandosi le unghie nel palmo della mano. «Cosa, esattamente? Tenerglielo nascosto? Aspettare che lo scoprisse da solo per caso e rischiare che potesse morire?» chiese, stupendo persino se stesso al tono sprezzante con cui pronunciò quelle parole. I suoi genitori gli avevano insegnato ad essere educato, certo... ma, in quel momento, si sentiva solo ribollire per il modo in cui Bruce aveva mentito ad entrambi per tutti quegli anni.
    «Non discuterò di questo, Jonathan. Non qui».
    «Se ti porto da Damian... ci spiegherai tutto?»
    Quel quesito fu pronunciato così in fretta che Bruce quasi rimase spiazzato da tutta quella sfacciataggine. Era abituato ai modi di fare dei suoi figli - Jason era il primo a contraddirlo non appena ne aveva l'occasione -, ma... non se lo sarebbe aspettato da un comune ragazzo come Jonathan.
    Bruce sollevò il mento, facendo scorrere lo sguardo sulla sua figura: per quanto riuscisse a fiutare in lui un pizzico di referenziale timore, il giovane umano non aveva mosso un singolo passo, confrontandosi con lui senza avere intenzione di tirarsi indietro. A ben vedere, apprezzava in parte quel suo mantenere la sua posizione. «Abbiamo un accordo», acconsentì infine. La sua priorità, in quel momento, era suo figlio.
    Non del tutto convinto, Jon guardò dapprima il suo volto per scrutarlo con attenzione, poi il più piccolo movimento del suo corpo, allungando infine una mano verso di lui; vide Bruce esitare un momento, un sopracciglio inarcato come se non capisse, e poi quella grossa mano afferrò la sua, stringendola con forza ma senza esagerare. Fu solo a quel punto che il giovane parve ritenersi soddisfatto - Damian gli aveva detto quanto valesse la parola data per i tritoni e, non possedendo una pinna caudale, una stretta di mano era ciò che più si avvicinava agli usi e costumi della loro razza -, facendo un breve cenno col capo prima di dargli le spalle e avviarsi.
    Quel ritorno a casa sarebbe stato un po' strano.






_Note inconcludenti dell'autrice
Inizio col ringraziare
Shun di Andromeda, alex_love e Liberty89 per aver letto, commentato e apprezzato il primo capitolo.
Mi sono resa conto che, per mancanza di tag come su Ao3, non ho spiegato che questa è una No Powers AU, quindi i protagonisti non hanno niente a che fare col mondo dei supereroi ordinari presenti nell'universo DC. Il modo in cui chiama suo padre è spiegato in questo capitolo ma, avendoli scritti tutti insieme di getto (letteralmente, Shun può confermare), per me era scontato che usasse un cellulare. Chiedo venia per non averlo effettivamente accennato prima e aver fatto avere un attimino di confusione più che giustificato aha
Non potevano ovviamente mancare i fratelli protettivi, il solito Bruce e soprattutto... Damian che fa sclerare male il povero Jonno innamorato mentre cerca di toccare tutto senza nemmeno rendersi conto di cosa possa implicare per gli umani. Dopotutto perché dovrebbe preoccuparsene, se non ha mai avuto problemi con i suoi organi riproduttivi e la nudità? Povero Jonno raggio di sole :D
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



Messaggio No Profit
Dona l'8% del tuo tempo alla causa pro-recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Batman / Vai alla pagina dell'autore: My Pride