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Autore: bathtubreadings    21/10/2021    3 recensioni
[2663 parole]
[Hyunjin/Jisung]
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Hyunjin si ritrova in una situazione scomoda: l'unico modo che ha di uscirne è di farsi (amico) uno sconosciuto.
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Davvero, qualsiasi cosa sarebbe stata meglio della situazione in cui si trovava.
Ma no, facciamo come dice Minho e nascondiamoci in una stanza a scomparsa all’interno della Levanter, evitiamo di farci beccare, così che Christopher possa poi trascinarci in questa trappola mortale anche conosciuta come Nave da Crociera JYP. Grazie tante, Minho! Davvero d'aiuto!!
Genere: Comico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Han, Hyunjin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Hello!
Prima fic ufficiale che scrivo per gli Stray Kids!! (Decido di non contare la serie che sto scrivendo con pastelwriting che ha come protagonisti Bang Chan e Johnny (degli NCT), ma se non l'avete letta fateci un salto!! La trovate nel mio profilo~)
Passando a questa one shot, invece. La storia è ambientata in un universo che abbiamo inventato io e
pastelwriting per una storia originale interattiva che abbiamo pubblicato su itch.io l'anno scorso (potete giocarci cliccando qui!!); siamo quindi nel futuro e nello spazio!! Ho cercato di inserire quanto più contesto possibile, anche se non è molto, quindi spero si capisca!
Detto ciò, ci si vede a fine fic :)
Buona lettura <3

 




Albert Einstein una volta disse: “Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana; e non sono sicuro dell’universo”.

Hyunjin, in quel momento, mentre lo sconosciuto lo spingeva contro la porta chiusa della sua cabina e riprendeva il bacio da dove lo avevano interrotto qualche secondo prima, non poteva che concordare.

Non sapeva baciare bene, c’era troppa saliva, troppi denti, troppa lingua, e Hyunjin cercò di non stare a pensarci troppo mentre premeva entrambe le mani sul petto dell’altro e lo spingeva sul letto, salendo a cavalcioni su di lui. Il ragazzo — Jisung, aveva detto di chiamarsi così a un certo punto nel loro tragitto — gli tolse il cappello, lanciandolo per terra e facendo abbassare Hyunjin per riprendere a baciarlo.

«Ti va di fare un gioco?» domandò Hyunjin tra un bacio e l’altro, iniziando a sbottonare la camicia del ragazzo sotto di lui, spostando la cravatta di lato. Doveva pensare in fretta, non poteva ciondolare ancora.

«Che tipo di gioco?» gli chiese Jisung, facendo scorrere le mani lungo la schiena del moro e infilandole oltre l’orlo dei pantaloni.

Hyunjin disfò anche l’ultimo dei bottoni, poi si abbassò ancora di più sul ragazzo, reggendosi ai lati della sua testa con i gomiti – fece sfiorare i loro nasi, mentre con una mano accarezzava il petto dell’altro. Alcuni dei capelli che aveva legato in una mezza coda prima di scendere dalla loro nave, la Levanter, gli scivolarono davanti alla faccia — l'elastico doveva essersi sciolto durante il bacio. Hyunjin si spostò una delle ciocche dietro all'orecchio prima di rispondere.

«Potrei legarti le mani alla testiera del letto e bendarti gli occhi,» iniziò a lasciare una scia di baci lungo la guancia di Jisung, per arrivare poi a parlare direttamente al suo orecchio «potrei divertirmi con te…»

Sentì il fiato del ragazzo sotto di lui morirgli in gola e un brivido attraversargli il corpo.

Ovviamente Jisung gli disse di sì. Hyunjin non aveva dubbi a riguardo.

Per capire, però, perché Hyunjin stava bendando Jisung con la cravatta che aveva indosso, mentre con altre due che aveva trovato nel cassetto del comodino gli stava legando le mani alle sbarre del letto, bisogna fare un passo indietro, di circa un paio d'ore — orario terrestre, ovviamente.

Francamente, non si sarebbe potuto trovare in situazione più brutta, ed era tutta colpa di Minho che gli aveva detto di nascondersi. Minho, anche se era il Secondo in Comando sulla Levanter, si sarebbe potuto fare i fatti suoi, così che Hyunjin si sarebbe potuto far prendere da chiunque fosse che li stava assalendo, così avrebbe evitato di trovarsi letteralmente in una vasca piena di squali.

Davvero, qualsiasi cosa sarebbe stata meglio della situazione in cui si trovava.

Ma no, facciamo come dice Minho e nascondiamoci in una stanza a scomparsa all’interno della Levanter, evitiamo di farci beccare, così che Christopher possa poi trascinarci in questa trappola mortale anche conosciuta come Nave da Crociera JYP. Grazie tante, Minho! Davvero d'aiuto!!

Respiri profondi, Hyunjin.

Respiri profondi.

Forse “trappola mortale” era una descrizione un po’ eccessiva, ma in realtà neanche troppo, visto che nove persone su dieci si trattava di gente che Hyunjin conosceva – gente che avrebbe potuto contattare la sua famiglia in un qualsiasi momento.

Strano che la sua famiglia non fosse a bordo, in genere non si perdevano mai viaggi simili.

Meglio così, un problema in meno a cui pensare.

Sulla JYP c’erano tutte le famiglie più ricche e influenti della Galassia, quasi nessuno escluso, forse qualcuno arrivava persino da fuori dalla Via Lattea, e il fatto che Hyunjin fosse in mezzo a loro, che sapevano quello che era successo ed erano a conoscenza della taglia che c’era sulla sua testa, rendeva Hyunjin fottutamente coraggioso.

O fottutamente pazzo, stessa cosa.

Detta così, in realtà, sembrava che Hyunjin fosse rincorso da mille-mila cacciatori di taglie e che dovesse darsela a gambe per salvarsi la pelle. La verità era semplicemente che Hyunjin era scappato di casa (o, per meglio dire, da palazzo, dal pianeta, dall’intero Sistema Planetario), aveva cambiato cognome, e si era trovato una nuova dimora che non lo facesse sentire imprigionato, e la sua famiglia lo stava cercando ininterrottamente da allora.

Il fatto che si trovasse molto meglio a vivere con degli sconosciuti, la diceva lunga su quanto schifo facesse la sua vita fino a un anno prima.

No, anzi.

Il fatto che si trovasse molto meglio a vivere con dei pirati corsari, che di legale non avevano niente — nemmeno la nave sulla quale viaggiavano — la diceva lunga su quanto Hyunjin non si trovasse bene con la sua famiglia.

Sulla JYP, inoltre, era tutto così… così… così pacchiano. Era come se, chi l’avesse progettata, non avesse avuto un minimo di buon gusto e avesse cercato di utilizzare qualsiasi tipo di stile architettonico mai esistito su Terra e qualsiasi altra colonia terrestre, per arredare le diverse aree di questa nave spaziale. Era tutto troppo vistoso, rendeva ogni singolo oggetto kitsch.

Sua madre avrebbe adorato questa nave.

La situazione in cui erano incappati non era delle migliori ma, in quasi un anno che faceva parte della crew non era mai stato deluso da come andavano le cose, ed erano sempre riusciti a risolvere tutto, in un modo o nell'altro. Hyunjin era certo che sarebbero giunti a capo anche di questo guaio.

Erano rimasti solo lui e Christopher a bordo della Levanter, tutti gli altri erano stati rapiti dalla nave sconosciuta che li aveva attaccati, ma ancora non avevano capito di chi si trattasse, non erano riusciti a rintracciarli. Il secondo problema, era che erano nel bel mezzo di una missione: se non avessero raccolto tutti i crediti richiesti dal loro cliente entro fine giornata — di nuovo, orario terrestre, giusto per rendere le cose più facili — sarebbero stati in guai ancora più gravi.

Non avevano tempo di pensare a così tanti casini tutti contemporaneamente, la cosa principale e, soprattutto, più importante, era di capire chi aveva rapito gli altri e dove li avevano portati. Tutto il resto — tranne questa missione — poteva aspettare.

Quando entrò all’interno del casinò della nave ringraziò tutti gli astri di aver rubato i vestiti che indossava in quel momento – un semplice completo nero e un paio di stivali eleganti con cappello abbinato – dalla pila di vestiti firmati che Minho aveva nella sua cabina. Soprattutto il cappello. La Fedora aveva la falda abbastanza larga da coprirgli metà del viso e Hyunjin l’aveva scelta apposta: sarebbe stato impossibile vedergli la faccia, a meno che non la avesse alzata per guardare deliberatamente le persone negli occhi; avrebbe continuato a camminare guardando verso il pavimento, facendo attenzione a non dare nell’occhio e a passare inosservato.

Sperando di non inciampare e di non andare addosso a nessuno. Più facile a dirsi che a farsi.

Se non se la fosse messa, i Choi, non molto distanti dal punto in cui Chris lo aveva abbandonato poco prima, dopo aver adocchiato i Kim e i Park, lo avrebbero sicuramente riconosciuto.

Trappola. Mortale.

Hyunjin si era tuffato volontariamente nella gabbia dei leoni e ora ne stava pagando le conseguenze.

Grandioso, tutto assolutamente grandioso. Perché non dovrebbe esserlo?

Tutti c’erano, tutti. I Jung, gli Yoo, i Moon… per tutti gli astri, erano i suoi zii quelli?!

Merda. Merda, merda, merda, merda bollente a palate!

Avrebbe potuto rincorrere Chris, avrebbe potuto raggiungerlo, trascinarlo fuori da quel casinò, fargli un resoconto del suo passato, dirgli «Hey Cap, senti, sono il Principe di Vriu, sai, quello scappato un anno fa, sono sicuro che avrai sentito anche tu di questo scandalo. “Il Principe scomparso” haha, esatto, sono proprio io! Ecco, sì, a tal proposito, forse – ma solo forse, eh – sarebbe meglio se io rimanessi lontano da qui, eh, che dici?»

Forse sarebbe meglio lasciare questa conversazione a un altro giorno. O a mai.

Laddove la JYP, in generale, era una trappola mortale dentro alla quale Hyunjin aveva messo piede volontariamente (stupido, stupido, stupido!), il casinò all’ultimo piano era una miniera d’oro, e non solo perché ogni singola superficie del posto era ricoperta d’oro.

Chissà se era oro vero…

Verrebbe da pensare che i clienti su una nave da crociera vadano a visitare il luogo in cui la nave fa scalo. Avrebbe senso. Ma no, i clienti della JYP sembravano tutti intenti a buttare via ogni singolo credito in loro possesso nelle slot machine di quel casinò.

Contenti loro.

Se avevano solo bisogno di svuotarsi le tasche, Hyunjin era solo felice di rendergli il lavoro ancora più facile.

Muoversi nella calca di gente e simultaneamente evitare tutti quelli che conosceva e che potevano conoscerlo, senza però guardarli in faccia, era un’impresa fottutamente impossibile. Quindi, quando si ritrovò a dover scartare tre camerieri, la figlia dei Son, il nipote delle Kang, e i novelli sposi Signor Koo e Signorina Hong – nonostante fosse scappato un anno prima, cercava sempre di rimanere al passo con tutti i gossip –, Hyunjin era diventato un ammasso di nervi e sudore.

Andò a sbattere contro qualcuno e mormorò un «Mi scusi» che sicuramente non si era sentito al di sopra di tutto quel baccano di chiacchiere misto musica misto urla dei clienti del casinò.

E, ovviamente – ovviamente, perché il fato doveva essere bastardo altrimenti non era felice –, la figlia dei Son doveva dire «Hey, ma ci conosciamo?»

In fretta, Hyunjin. Pensa in fretta, cazzo!

Hyunjin scannerizzò i suoi dintorni velocemente, rendendosi conto di aver sbagliato nell’aver deciso di ispezionare i contenuti dei portafogli della gente del piano terra, in quanto si trattasse, ancora una volta, di persone che in un modo o nell’altro conoscevano la sua famiglia.

Cazzo. Cazzo, cazzo, cazzo, caz– e quello chi cazzo è?

C’era un ragazzo che guardava svogliatamente una partita di Baccarà, con in una mano un bicchiere di whisky, e l’altra in tasca.

Hyunjin non l’aveva mai visto in vita sua e sperava di non star per commettere un errore madornale nell’afferrarlo e trascinarlo via dalla calca, girandosi verso la figlia dei Son per risponderle al volo «Perdone, no comprendo!» e pregare che il bicchiere pieno di rum che avesse in mano fosse almeno il quinto o il sesto, e che quindi fosse troppo ubriaca per capire esattamente con chi stesse parlando.

Senza contare il fatto che assolutamente nessuno nella galassia girava senza conoscere la Lingua Comune stabilita dagli umani cinque secoli prima, e che le probabilità che qualcuno effettivamente parlasse solo lo spagnolo erano pressoché nulle.

Hyunjin decise che non gli interessavano queste logistiche, affinché fosse riuscito a svignarsela da lì.

Non rimase quindi a controllare la reazione della ragazza, troppo impegnato a cercare un punto appartato in cui fermarsi con il peso morto che si stava portando appresso. L’idea era che ci sarebbe stato un calo di possibilità di essere fermato da qualcuno, se avesse avuto un accompagnatore.

«Ok, si può sapere chi sei, cosa vuoi da me, e dove mi stai portando?» chiese il ragazzo, cercando di mantenere il passo. Hyunjin sbuffò, ma pregò che il ragazzo effettivamente non avesse idea di chi fosse e non glielo stesse chiedendo solo perché non l’aveva visto bene in faccia.

Quante preghiere in così poco tempo, e sì che non era nemmeno credente!

«Rispondimi, o chiamo le autorità» disse allora il ragazzo e Hyunjin sbuffò più forte, fermandosi a pochi passi dall’uscita. Le ‘autorità’ di cui parlava il ragazzo erano alcuni omaccioni e donnaccione posti all’entrata e un po’ sparsi per tutto il casinò, ma nessuno di loro sembrava realmente interessato a quello che stava succedendo. C'era il cinquanta percento di probabilità che effettivamente non stessero controllando assolutamente niente e nessuno, ma ce n'erano altrettante che fossero le guardie più brave di tutto il Gruppo Locale di Galassie.

«Senti.» sibilò il moro, afferrando la camicia del ragazzo e avvicinandoselo al volto per poterlo guardare negli occhi e non dover urlare «Se non l’hai colto dal modo in cui ti sto trascinando, mi trovavo in una situazione alquanto delicata e mi serviva una via d’uscita veloce. Tu eri la mia unica possibilità, non ho avuto modo di pensare a qualcosa di più elaborato. Quindi zitto e non intralciarmi, sto cercando di pensare.»

Il ragazzo si morse il labbro inferiore e alzò le sopracciglia, per niente colpito dalle parole di Hyunjin.

Ok.

«Aiutami a raggiungere l’uscita di questo posto, poi potrai tornare a fare, uhm, qualsiasi cosa tu stessi facendo lì in piedi.» Aggiunse Hyunjin, raddrizzando la schiena.

«Come ti chiami?» domandò il ragazzo, con uno strano scintillio negli occhi.

Figuriamoci se Hyunjin era così stupido da dargli il suo vero nome. «Sam» mentì dunque Hyunjin, senza neanche starci a pensare troppo, era il primo nome a cui era riuscito a pensare.

«Ok, Sam, ho un’altra proposta,» il ragazzo gli afferrò il polso e si sporse in avanti per mormorare all'orecchio di Hyunjin, e il moro dovette trattenersi dal trasalire e spostarsi «che ne dici se uscissimo entrambi da qui e andassimo in un posto con più privacy, solo io e te?» disse, spostando gli occhi velocemente per indicare i bagni del casinò.

Ew.

Cioè. Il ragazzo non era neanche così male, fisicamente parlando, da quello che Hyunjin era riuscito a scorgere quando lo aveva adocchiato, ma il solo pensiero dei bagni pubblici — orribile!

Hyunjin si girò finalmente a guardarlo in faccia, cercando di trattenere una smorfia. Come aveva predetto, il ragazzo non era brutto, anzi, l’esatto opposto in realtà, con i capelli neri rasati sui lati e tenuti alzati in un ciuffo morbido che gli ricadeva sulla fronte, gli occhi nocciola e degli zigomi pronunciati — sembrava uno scoiattolo, era quasi adorabile. Quasi.

Il problema era che non era così che Hyunjin voleva doveva passare la serata: se non avesse trovato la sua parte dei crediti, come Christopher gli aveva ordinato, il suo Capitano l’avrebbe chiuso fuori dall’airlock. Sapeva che ne sarebbe stato capace.

L’altro doveva aver notato la sua esitazione, perché aggiunse «O potremmo andare nella mia cabina.»

A quello le orecchie di Hyunjin si rizzarono e un mezzo sorriso affiorò sulle sue labbra; dalla cabina di quel tipo sarebbe stato ancora più facile rubargli il credito, piuttosto che vagare senza meta e rischiare di essere beccato da letteralmente chiunque all’interno di quel casinò «Mostrami la strada.»

Ora, tornando al presente. Il ragazzo – Jisung, si chiamava Jisung – era bendato e legato al letto, Hyunjin aveva appena finito di fargli un pompino – orribili le cose che doveva fare per un po’ di spicci – e Jisung stava cercando di riprendersi dall’orgasmo, come se fosse stato lui quello dei due a sforzarsi.

Hyunjin scacciò quel pensiero inutile, però, visto che, mentre quello era ancora mezzo andato, lui era potuto scivolare sul pavimento e recuperare la carta di credito di Jisung: gli aveva prosciugato tutto, passando i soldi che aveva sul conto della Levanter. Dovette trattenersi dallo sbuffare quando vide che ancora non era abbastanza.

Forse avrebbe potuto rubargli l’orologio. O magari aveva una seconda carta di credito.

«Wow…» disse Jisung, ancora meravigliato. Hyunjin sobbalzò, preso alla sprovvista, si era quasi dimenticato di non essere da solo. In un batter d’occhio Hyunjin rimise la carta al suo posto nel portafogli nella tasca posteriore dei pantaloni di Jisung e salì di nuovo sul letto come se niente fosse «Dove hai imparato a… così bene, cioè… wow…»

Hyunjin emise una risatina forzata, carezzando la coscia del ragazzo per fargli sapere che era ancora là «È un segreto» disse, poi prese la camicia del ragazzo da terra per pulirgli il ventre – Hyunjin si era rifiutato di ingoiare, c’era un limite a tutto.

«Hey, mi fanno male le braccia, ma se mi sleghi possiamo avere un secondo round.» Jisung tirò le due cravatte che ancora gli stringevano i polsi, ma i nodi erano ben saldi, non si sarebbero sciolti semplicemente tirandoli.

Hyunjin socchiuse gli occhi e soppesò le sue opzioni.

Eh.

Male non avrebbe potuto fare.


 


 

Eccoci qui!!
Spero vi sia piaciuta, e spero che sia stato tutto comprensibile! Chiedo scusa per tutti gli errori grammaticali presenti, mea culpa, l'ho riletta al volo e sicuramente me ne saranno sfuggiti hahah.
Non era in programma, ma la mia testa sta sviluppando una trama a seguito di questa one shot, quindi se mai diventerà qualcosa di sostanzioso mi adopererò per scriverla e pubblicarla qui su EFP!!
Grazie infinite a tuttx voi che siete arrivati fino a qua, fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione!

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