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Autore: Astrid von Hardenberg    22/10/2021    0 recensioni
☆ Trama:
Dopo essersi separata dal compagno, Ophelia non sa bene dove andare e la sua prozia Nadia, siccome sta per fare un viaggio e non vuole lasciare incustodita casa sua, le chiede di trasferirsi da lei.
Solo che Ophelia si trova ad avere a che fare con un fantasma che abita il villino in cui soggiornerà, per diversi mesi.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7

Parole da inserire: galassia, districare, tappeto
Suggerite da: V.Axel (Wattpad)

L'aria sembrava pesante, per un attimo Ophelia si sentì come in apnea, i muscoli irrigiditi facevano sì che il corpo le dolesse e d'improvviso di nuovo silenzio.
Chiuse gli occhi, con la sciocca speranza che l'accaduto di qualche istante fa fosse un gioco distorto della suggestione, lei non poteva nemmeno vederli i fantasmi, perché mai sarebbe successo tutto ora?
-Siete molto pallida, se svenite Vi consiglio di stare lontana da tavoli, o spigoli vari, dato che io non posso prenderVi?-.
Lei si morse il labbro e pregò perché tutto svanisse.
"Non voglio sentire niente. Non ho sentito niente".
Ophelia riaprì piano gli occhi e guardò davanti a sé: la figura d'altri tempi era ancora lì.
"Maledizione!" esclamò mentalmente.
-Perché posso vederti?- chiese lei con un certo timore.
Lo Spirito la guardò e restò in silenzio.
-Non importa- disse Ophelia -Per riposare in pace devi passare oltre, giusto? Ok, allora, solitamente zia Nadia chiede se si vede una luce- Ophelia pareva presa da un momento di delirio, si stava agitando, parlava troppo rapidamente. -La vedi?- respirava a fatica, sarebbe potuta davvero svenire.
-No-
-Dannazione!- disse col respiro corto -Non respiro- si lasciò cadere sul letto e portò la mano al collo, come se cercasse di liberarsi da chissà quale forza invisibile, che la attanagliava.
La Presenza cercò di farle aria, ma servì a ben poco.
Ophelia strinse la mano all'altezza del cuore e strizzò gli occhi un paio di volte, ebbe l'impressione che il cuore le sarebbe scoppiato, iniziò a tremare, una sensazione di nausea si fece sempre più pressante. Alzò lo sguardo verso il soffitto e iniziò a respirare con la bocca aperta, come se ogni boccata d'aria fosse un po' di vita assorbita.
La Presenza la prese per le braccia e tutto svanì, come risucchiato da un vortice invisibile, Ophelia tornò con lo sguardo verso lo Spirito e sgranò gli occhi, restando ferma immobile; l'orribile sensazione di poco fa parve solo frutto della sua immaginazione.
Il telefono squillò e per poco a lei non venne un infarto: era un messaggio di Eric.
Ophelia lo lesse almeno quattro volte, non riuscendo a capirne il contenuto, e poi poggiò con molta calma il telefono sul letto, come faceva a spiegare al fantasma che aveva da fare? Come faceva a dirgli che al momento non poteva aiutarlo?
Suonarono il campanello e Ophelia sussultò, la Presenza svanì e tutto sembrò aver fatto parte di un'illusione.
Lei si guardò intorno, confusa, e cercò di dare un senso logico a ciò che era appena accaduto, ma il campanello la distrasse, notò anche il tremolio delle mani; era scossa, non poteva farsi vedere in quelle condizioni, però non poteva nemmeno dare buca a Eric.
"Cerca di tranquillizzarti Ophelia, altrimenti spaventerai Eric e poi come potrai spiegargli che hai appena visto un fantasma?", lui sapeva che Nadia era in grado di comunicare con "creature ultraterrene" e, per un periodo, questo lo aveva spaventato, ma poi imparò a capire perché a lei era stato quel dono.
Ophelia, tutto bene? fu il messaggio che lesse nella notifica arrivata pochi istanti fa.
Scendo subito rispose e andò ad aprire.
-Sono in anticipo?- disse lui, vedendo Ophelia ancora coi capelli bagnati e con indosso una tuta scolorita.
Eric notò che qualcosa non quadrava ed entrò.
-Stai bene?- domandò chiudendosi la porta alle spalle.
Ophelia non rispose, lo guardò con uno sguardo confuso, incrociò le braccia e andò in salotto, lui, senza dire niente, la seguì e aspettò di avere una qualsiasi risposta.
-Non sono sola in questa casa- bisbigliò lei
-Nella casa di Nadia non lo si è mai- ironizzò Eric
-No, intendo proprio che ho visto qualcosa-.
Lui tolse la sciarpa e si mise più comodo, cos'era questa storia?
-Pensavo non potessi vedere i fantasmi- rifletté lui.
-Esatto, non posso! Però questo l'ho visto. È stato stranissimo, era come parlare con un ologramma, ma meno digitale e più spettrale- lo sguardo fisso nel vuoto, come se in quel modo stesse richiamando la sensazione provata poco fa. -Vedevo attraverso la sua figura- rabbrividì e si rannicchiò sul divano, mentre Eric cercava di immaginare come doveva essere stato.
-Ora è qui?- lui si guardò in giro, come se avesse potuto anche solo percepire il fantasma. Ophelia scosse la testa.
-Te la senti di uscire? O magari potremo andare da me, se vuoi-.
Ophelia alzò lo sguardo e sembrò valutare attentamente le due possibilità a sua disposizione.
-Credo sia meglio uscire, se tornasse non saprei cosa fare-
-Ok, allora andiamo- Eric le tese la mano e Ophelia restò a guardarla, riprendendo, poco a poco, una posizione più normale.
-Mi accompagneresti in camera?- chiese con un filo di voce -Resti fuori finché non mi cambio-
-Ok- replicò lui con un sorriso rassicurante, voleva che Ophelia, in un gesto così semplice, potesse capire cosa desiderava trasmetterle. Lei gli prese la mano e salirono al piano di sopra.
Una volta fuori casa Ophelia si sentì più al sicuro e la presenza di Eric era un grande supporto.
"Proprio come quando eravamo piccoli".
-Hai preferenze su dove andare?- domandò lui.
Fuori era nuvoloso, forse tra qualche ora avrebbe piovuto, le persone erano più coperte del solito e qualcuno aveva con sé anche un ombrello.
-Credo sia meglio stare al coperto, anche dopo pranzo- disse lei, sistemando il foulard per evitare di prendersi il mal di gola.
-Maledizione- borbottò
-Che c'è, hai dimenticato qualcosa?-
-No, niente- tolse il foulard e lo mise dentro la borsa, alzò la cerniera della giacca fino a coprirne il collo e mise il cappuccio, aveva i capelli ancora umidi e non voleva rischiare di prendersi un malanno.
Salirono in macchina e si diressero al centro commerciale.
Ophelia guardava dal finestrino con aria assorta, ripensava al momento in cui aveva visto la Presenza, a ciò che le aveva detto e a quell'orribile sensazione, simile a un attacco di panico, che aveva provato.
Eric ogni tanto lanciava qualche occhiata alla sua amica, quell'incontro l'aveva scossa, poteva solo lontanamente immaginare quanto potesse essere stato inquietante,  però non gli dispiaceva poterle stare accanto in quel momento di bisogno, avrebbe anche voluto avere qualcosa di intelligente da dire, ma ne uscì una domanda che reputò banale. 
-Quanto resterai da Nadia?- voleva distrarla dal suo incontro.
Ophelia si voltò lentamente verso di lui e pensò fosse meglio scordarsi, almeno per un po', del suo incontro spettrale.
-Ancora non lo so di preciso- rispose con un leggero imbarazzo. -Ma appena troverò una sistemazione andrò via-.
Eric annuì e picchiettò le dita sul volante: erano fermi a un semaforo rosso, intanto morse l'interno della guancia, cercando di dire qualcosa per distrarre Ophelia e impedirle di chiudersi ancora nei suoi pensieri. 
-Dove abitavi prima?- domandò lui
-Zona Isola. Tu, invece, hai sempre abitato vicino a zia Nadia?-
-No, sono lì da circa una ventina di giorni. Prima stavo su Viale Sarca, un po' dopo la Collina dei Ciliegi, non so se hai presente, comunque tra poco ci passiamo- Eric strinse il volante e si schiarì la voce.
Ophelia restò un momento a guardarlo, ricordando quanto, da bambini, le piaceva osservarlo mentre dava a tutti le indicazioni riguardanti il gioco da fare, indipendentemente da chi lo sceglieva; Eric era in grado di prendere in mano una situazione, anche non propriamente sua, e farsi ascoltare, proprio per questo motivo, molti lo trovavano antipatico, lo consideravano solo un comandino, ma non lei, anche se delle volte nascevano certi attriti tra loro, perché entrambi indipendenti e con forti personalità, Ophelia sapeva quanto Eric era in grado di dare, una volta che lo si conosceva, era un buon amico.
Ophelia sorrise fra sé e sé.
-Ecco, abitavo lì- e, con l'indice, Eric provò a indicare uno stabile.
Ophelia si voltò per guardare e poi tornò con lo sguardo sul suo amico, prestando particola attenzione alle nocche giallastre, stava stringendo troppo il volante, e si accorse anche di una certa inquietudine, ma non fece domande.
Arrivati al centro commerciale andarono subito in uno dei ristoranti e ordinarono il loro pranzo, sedendosi a un tavolo un po' appartato, così da poter chiacchierare tranquillamente; avevano così tanto da raccontarsi che non sarebbe bastata una giornata, poi arrivò la domanda che Ophelia avrebbe voluto evitare.
-Come mai sei da Nadia?- Eric diede un morso al suo cheeseburger e attese la risposta si Ophelia.
Nonostante l'imbarazzo del momento, Ophelia cercò di raccontare la sua storia in modo semplice e chiaro, cercando di non giustificare il suo ex, ma nemmeno di scaricare tutta la colpa su di lui.
"In fondo è anche colpa mia se non ha funzionato, non ho voluto ammettere che qualcosa andava male", pensò lei.
-Mi sono separata- sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e bevve un sorso del suo tè alla pesca, come se da questi due gesti avesse tratto il coraggio di proseguire e raccontare qualche altro particolare.
-Lui mi ha tradita- disse senza pensarci troppo -C'era poca comunicazione, in più ho capito che non sempre gli opposti si attraggono- la sua rivelazione fu accompagnata da una smorfia di disappunto.
-Sicuramente la poca comunicazione tra voi ha giocato un ruolo in tutto questo, parlare è importante per capirsi e conoscersi meglio, ma dev'esserci anche quel sentimento che ti spinge a voler costruire una relazione nonostante la routine- ricordava ancora ogni singola parola e, soprattutto, chi gliele aveva dette, deglutì e per un attimo fugace si perse nei suoi pensieri, sfregando il pollice sull'anulare, come se a quel dito stesse portando un anello.
Andarono avanti a parlare, camminarono per tutto il centro commerciale, poi arrivò il momento di andare e Eric chiese a Ophelia se se la sentiva di restare a casa da sola, lei non ne era del tutto convinta, ma gli disse una bugia e quando la lasciò davanti casa lo salutò con un sorriso pieno di gratitudine.
-Ti ringrazio per la bella giornata-
-È stato un vero piacere-.
Ci fu un attimo di esitazione, ma alla fine Ophelia gli diede un bacio sulla guancia ed entrò in casa con un sorriso sulle labbra. Però c'era ancora una faccenda in sospeso e aveva l'aspetto di un militare di circa tre secoli fa.
-Dio santissimo!- esclamò lei quando accese la luce e trovò lo Spirito in mezzo al salotto.
-Ti prego, non stasera, fammi vivere ancora un po' questa sensazione di tranquillità-.
Ophelia andò in camera sua, tirò fuori dei vecchi album di foto (Nadia li teneva nell'armadio lì in camera) e si sedette sul tappeto per sfogliarli, era pazzesco come riusciva a ricordare ogni momento legato a quegli scatti, la Presenza intanto stava in piedi davanti allo scrittoio, poi lei iniziò a raccontare i suoi ricordi.

L'indomani il telefono fece sussultare Ophelia e il ricordo della sera precedente le tornò subito in mente.
-Pronto, zia- e iniziò così la conversazione tra Nadia e Ophelia, che le raccontò dello Spirito.
-L'ho già visto in casa, si è curato di te quando l'altro spirito tormentato creava scompiglio. Credo ti debba occupare tu di lui- disse la prozia dall'altra parte.
-Perché io? E cosa vuol dire che si è occupato di me, perché?- domandò Ophelia confusa e allarmata.
-Tesoro, è il Tuo fantasma- rispose Nadia come se fosse la cosa più ovvia.
-Non capisco- continuò Ophelia, con l'angoscia che la opprimeva.
-È venuto con te, quindi è il tuo Spirito-.
Silenzio.
Ophelia restò interdetta per quella rivelazione.
-Io non ho nessuno Spirito, non mi serve, non saprei cosa farmene- fargugliò.
-Non è una scatola vecchia, piuttosto cerca di aiutalo, ha bisogno di te e abbi pazienza, non ricorda quasi niente della sua vita, probabilmente è morto in maniera improvvisa. Fagli domande specifiche, altrimenti lo confonderai- precisò Nadia.
-Cosa vuol dire fare domande specifiche? Zia, ho già i miei problemi, non posso risolvere anche quelli di un fantasma!- Ophelia si stava innervosendo.
-Magari lui è la tua spinta per andare avanti. Il tuo ex ormai è un ex, non c'è motivo perché tu debba perderci altro tempo. Gli hai dato troppo e lui non ha mai saputo apprezzarlo, adesso preoccupati solo di te stessa. Metabolizza e chiudi questa porta-.
Ophelia restò in silenzio, pensando alle parole che le erano state appena dette.
-Non so come fare- la voce spezzata
-Ce la puoi fare- la incoraggiò Nadia.
Ophelia non disse niente.
-Per qualsiasi cosa sono qui, sarò lì con te anche a distanza, soprattutto quando il cuore farà male-.
Ophelia trattenne la voglia di piangere.
-Ci hai creduto e hai fatto ciò che potevi per rimettere insieme i pezzi della tua relazione, per l'ennesima volta, ma una coppia è fatta da due persone ed entrambi devono volerlo. Lui si è impegnato abbastanza? Ovviamente no. Ha preferito evitare il problema e darsi alla "spensieratezza", non ne vale la pena-.
-Lo so- replicò Ophelia con amara consapevolezza. -So che non vale quanto credevo, però mi sento ugualmente delusa. E tradita- soffocò il pianto che voleva uscire prepotentemente.
-So che è dura-.
E Ophelia era consapevole di quanto Nadia la capisse.
-Ma ricorda che le cose succedono per una ragione. Ora fai un bel respiro profondo, se vuoi piangere fallo, resterò qui con te tutto il tempo che ti servirà, poi però non lasciarti sopraffare dal dolore. Pensa che il tuo Spirito ha bisogno di te-.
Ophelia deglutì.
-Ho paura zia, se non riuscissi ad aiutarlo?- chiese sotto voce
-Sciocchezze, tu ce la farai, perché ce l'hai nel sangue questo dono-
-Perché proprio ora?-
-I tuoi sensi sono più acuiti, per via del tuo stato d'animo, e questo fa sì che accadano certi avvenimenti. In breve: la tua attuale situazione emotiva ha portato a tutto questo. Ma non pensare troppo ai perché e ai per come, concentrati sul da farsi-
-Grazie zia- bisbigliò Ophelia dopo un respiro profondo.
-Ribadisco: sarò sempre qui per qualsiasi cosa-.
Si salutarono e la chiamata terminò, Ophelia cercò di elaborare tutte le informazioni possibili, dopodiché uscì dalla sua stanza; attraversò il corridoio e iniziò a scendere le scale.
-Ci sei ancora?- chiese con un po' di timore, avrebbe tanto voluto che lui non rispondesse, per un secondo si sentì anche scema per aver parlato a vuoto.
Si sentiva solo il ticchettio dell'orologio in salotto e, non avendo risposta, Ophelia continuò a scendere le scale per raggiungere la cucina.
-Oddio!- esclamò lei non appena vide la Presenza davanti alla finestra.
Lui si voltò e restò a guardarla, come se avesse appena realizzato che non era solo in quella casa.
Ophelia prese un bel respiro profondo e provò a ricominciare daccapo, voleva districare quell'insolita situazione e per farlo le occorreva fraternizzare con quell'entità, solo così se ne sarebbe liberata e avrebbe potuto pensare a se stessa.
-Cosa ricordi, esattamente, di quando eri in vita?- chiese lei di punto in bianco, d'altra parte non aveva senso girarci troppo intorno.
La Presenza non si mosse per diversi secondi, ci stava forse pensando?
-Non molto- rispose infine.
-Allora dimmi quel poco che ricordi-.
Lo Spirito si guardò intorno, come se quell'ambiente lo stesse aiutando a ricordare.
-E non tralasciare nessun dettaglio- aggiunse poco dopo lei.
Ophelia non capì bene se fosse stata solo un'impressione, oppure qualcosa c'era veramente stata, ma sul viso della Presenza comparve un'espressione di insicurezza e colpevolezza.
-Persone, abiti, luci- rispose infine lui, lei aspettò che continuasse, ma non lo fece.
"Non c'è che dire, è stato molto conciso", pensò Ophelia.
-Nient'altro?- domandò lei, per sicurezza.
Lui scosse il capo.
-Non ricordi nemmeno un posto? Magari una strada, oppure una casa?-.
Lui scosse nuovamente il capo.
-Non è molto su cui lavorare- disse Ophelia, come se in qualche modo cercasse di spingerlo a ricordare dell'altro.
-Mi dispiace, ma è tutto ciò che ho- replicò lui.
-Non importa- e Ophelia lasciò andare un sospiro. -Indossi un'uniforme, quindi dovevi essere un militare- osservò gli abiti d'epoca dello Spirito e si spostò verso il tavolo, così da poterlo guardare meglio: nonostante la barba e i capelli un po' lunghi, non pareva tanto in là con gli anni.
-Devi essere mancato che avevi poco più della mia età., però come spirito sei piuttosto antico, visti gli abiti- Ophelia si stranì un po', Nadia le aveva sempre detto che più un'anima restava nella dimensione dei vivi e più si allontanava dalla pace, quello che aveva davanti doveva avere per lo meno tre secoli, eppure non pareva in balia del tormento.
-Tu non dovresti stare qui-.
-Lo so- disse la Presenza, quasi con ovvietà.
-No no, intendo che sei troppo antico per avere anche solo dei vaghi ricordi, dovresti essere un'anima in pena, errante, intrappolata in un limbo. Invece sei qui- tutto ciò risultava strano.
La Presenza e Ophelia si guardarono per alcuni secondi, dopo lei riprese la parola.
-Non hai un particolare accento, per cui devi essere del posto, di qui. Piuttosto dimmi, le persone che ricordi erano tue amiche, o solo conoscenti?- lei intanto iniziò a prendere appunti su un blocchetto, lo stesso che Nadia usava per la lista della spesa.
-Credo conoscenti- rispose incerto.
Ophelia storse la bocca e iniziò a tamburellare le dita sul tavolo.
-Immagino vivessi in un palazzo, la tua uniforme non mi pare quella di un comune soldato, sicuramente avevi un grado, magari di una certa importanza, e il tuo compito era proteggere qualche nobile, o addirittura dei reali-.
-Non credo, forse proteggevo i civili-.
-Cosa te lo fa pensare?-
-I volti che vagamente ricordo erano di gente comune-
-Forse proteggevi nobili e mantenevi l'ordine nelle loro terre-.
Lui rifletté su quell'affermazione.
Ophelia si rigirò la penna tra le dita, con fare distratto, e d'improvviso se ne uscì con un'altra domanda: -Sai almeno perché sei qui? Intendo in questa casa-.
Ophelia sapeva che gli spiriti tornavano in posti a loro molto familiari, come casa propria, oppure il luogo in cui avevano lavorato.
-Non saprei, so solo che ad un certo punto è come se mi fossi svegliato e mi sono trovato con Voi-.
Lei mordicchiò la penna e parve riflettere sulla risposta.
-Cercheremo di chiarire anche questo punto- lo segnò nel foglietto e lo sottolineò diverse volte.
-Ricapitolando: di te so che eri un militare, dovevi essere di queste parti, intendo di questa città, e sei un fantasma smemorato- accennò un sorrisetto divertito e guardò lo Spirito da sotto le sopracciglia. -Ciò, però, vuol dire che...- quest'ultima affermazione le morì sulle labbra.
Sua nonna e Nadia le avevano raccontato che quando lo spirito non ricordava nulla, o molto poco, della sua vita terrena era per due motivi: il primo indicava una morte improvvisa, violenta, e il secondo era dovuto al fatto che si trovava da troppo tempo nella dimensione dei vivi e i ricordi andavano via via svanendo.
-Cosa vuol dire?- domandò la Presenza impaziente.
-Devo farti andare via da qui, al più presto, il fatto che tu abbia perso gran parte dei tuoi ricordi non è per niente un buon segno-.
-Altrimenti? Finirò all'inferno?- domandò lui con un tono piatto.
-Peggio. Finirai nell'oblio, un limbo eterno, il tormento sarà l'unica realtà che conoscerai fino alla fine dei giorni- piuttosto drammatico, però era ciò che le avevano sempre detto: la "mente" di questi fantasmi si annebbiava, i tormenti a cui erano sottoposti ogni momento, di quell'esistenza dannata, erano troppi. Un'infinita agonia, non potevano morire e tanto meno rivivere. Condannati alla follia eterna.
Lo Spirito, intanto, taceva, ascoltava quella quiete come se fossero parole lontane.
La tranquillità fu interrotta dalla vibrazione del cellulare, era il suo promemoria che le ricordava ciò che doveva fare quella giornata e Ophelia sembrò tornare da un altro pianeta, anzi da un'altra galassia, in cui si era confinata.
   
 
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