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Autore: eddiefrancesco    22/10/2021    1 recensioni
Costretta a cercare un impiego come dama di compagnia per mantenersi, Juliana è ormai rassegnata a vivere senza amore, quando le innocenti attenzioni di Nick, un caro amico di infanzia incontrato dopo molti anni ad un ballo, le fanno perdere il lavoro.
Per rimediare, il giovane gli offre un matrimonio di convenienza allorché al ricevimento di nozze uno degli invitati viene assassinato, deve aiutare il marito, principale sospettato, a risolvere il mistero.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Juliana si lasciò ricadere contro i cuscini con un sospiro. Non aveva più niente nello stomaco, ma i conati di vomito non accennavano a diminuire. Per fortuna erano meno intensi e passava più tempo tra uno e l'altro; anche quella strana secrezione di saliva stava diminuendo. Non se la sentiva ancora di controllare se il senso di vertigine era scomparso, così rimase sdraiata con gli occhi chiusi. Si chiese che ore fossero. Le pareva che fosse trascorsa un'eternità, ma forse il malessere aveva alterato la sua percezione del tempo, si disse. Rimpianse, non per la prima volta, di aver mandato via Nicholas. Anche se non voleva che la vedesse in quello stato, c'erano stati momenti in cui si era sentita così spaventata da desiderare che fosse lì al suo fianco. Con lui tutto le sembrava meno spaventoso, più facilmente sopportabile. Per la prima volta, si chiese che cosa fosse venuto a sapere da Annie. Forse questo significativa che cominciava a stare meglio, considerò. Celia sembrava pensare che il peggio fosse passato, perché era scesa a prendere un po' di brodo caldo per lei, sperando che riuscisse a tenere nello stomaco almeno un po' di liquidi. La porta si aprì e qualcuno entro' nella stanza, una donna a giudicare dal fruscio dei vestiti. Juliana non fece lo sforzo di aprire gli occhi, immaginando che fosse la cameriera che era tornata. Ma quando la donna parlò, riconobbe la voce. «Zia Lilith?» Sorpresa, Juliana aprì gli occhi e guardò la donna che si avvicinava al letto con un piccolo vassoio. «Sì, sono venuta a vedere come stai.» disse. «Meglio, direi.» Avvertendo la sorpresa nella voce di Juliana, Lilith fece una breve risata e disse: «Sono molto brava ad accudire i malati, sai? Dopo tutto ho allevato due figli e mi sono presa cura di Trenton durante tutta la sua malattia». Juliana si trattenne dal dire che non era la sua abilità ad accudire i malati a sorprenderla, bensì la sua improvvisa gentilezza. «Ti ho portato uno sciroppo» riprese Lilith, posando il vassoio sul tavolino accanto al letto. C'erano un bicchiere con un po' d'acqua e un flacone con un liquido marrone. Juliana lo guardò con disgusto. Non aveva voglia di bere nulla e tanto meno quella roba dall'aspetto nauseabondo. «Non credo di farcela» disse. «Sciocchezze» replicò Lilith con il suo tono perentorio. «Ti farà stare meglio, vedrai. È un vecchio rimedio che preparava mia madre quando avevamo mal di stomaco.» «Sto meglio, adesso, davvero» protesto' debolmente Juliana, guardando con la coda dell'occhio Lilith che stappava il flacone e versava qualche goccia di liquido scuro nell'acqua, mescolando lo sciopero nel bicchiere. «Non essere infantile, Juliana. È un po' amaro, ma ti sentirai molto meglio dopo averlo preso.» Vedendo che si avvicinava al letto col bicchiere, Juliana si allontanò lievemente dal bordo. La sola vista di quel preparato le ribaltava lo stomaco. Si guardò intorno in cerca di qualcosa che potesse distrarre Lilith, sperando che Celia sarebbe tornata e l'avrebbe convinta a non insistere. Lo sguardo le cadde sulla spilla che Lilith portava al collo: era composta da una piccola treccia di capelli scuri, legati in un nodo elaborato in modo da renderli un ornamento. Vedendo che stava osservando il gioiello, Lilith la sfiorò con le dita. «È una spilla da lutto. È fatta con i capelli di Crandall.» disse. I suoi occhi brillarono di lacrime e Juliana provò pena per lei. «Mi dispiace» mormorò. Lilith scosse mestamente il capo. «Era un figlio meraviglioso. Mi voleva bene. Non era quello che tutti cercano di farlo apparire. E io non voglio che il suo ricordo venga infangato da coloro che erano invidiosi di lui.» Il suo volto si era fatto più duro mentre parlava e il suo sguardo sembrava perso nel passato. Juliana stava per dire qualcosa che potesse esserle di conforto, quando all'improvviso le tornò alla mente com'era vestita Lilith il giorno delle nozze. Indossava un abito grigio perla e al collo era appuntata una spilla, non come quella che portava ora, bensì un grosso monile di diamanti e rubini. Tutto ad un tratto Juliana si sentì assalire dal panico. Continuò a fissare la spilla, poi guardò Lilith e rimase congelata. Gli occhi della donna splendevano di una luce selvaggia mentre si protendeva verso di lei, posandole una mano sulla spalla e avvicinandole il bicchiere alle labbra. «Bevi. Avanti, bevi.» le ordinò. «No!» Juliana cercò di rotolare sul letto, ma Lilith la trattenne per un braccio. Posò il bicchiere sul tavolino e afferrò entrambe le spalle di Juliana, bloccandola contro il materasso. Poi salì sul letto, inchiodandola con le gambe per impedirle di muoversi. «Bevi!» sibilo'. I suoi occhi erano accesi dalla follia e il suo volto era una maschera di odio mentre le premeva le spalle con tutto il peso del suo corpo. Era incredibile quanta forza avesse, mentre Juliana si sentiva indebolita da tutte quelle ore di malessere. «Lasciami andare!» gridò con tutta la forza che aveva, maledicendo in cuor suo la malattia che l'aveva resa così debole. Poi, a un tratto, capì. «Tu! Sei stata tu a darmi qualcosa per farmi stare male. Nel tè, certo. Sei stata tu a versarmi il tè.» «Radici di giaggiolo» spiegò Lilith con una smorfia sprezzante. «Non uccide, provoca soltanto un lieve malessere. Ma era l'unica cosa che avessi a portata di mano, capisci? Avevo bisogno di un altro po' di tempo per procurarmi dei semi di tasso. Mi è sembrato... appropriato che tu morissi come tua madre.» Juliana rimase immobile mentre quelle parole penetravano nella sua mente. «Mia madre! Hai ucciso anche lei?» «Ma certo. Sapevo che nessuno avrebbe sospettato di me. I semi di tasso sono molto velenosi. Lì ho pestati e ho fatto un decotto che ho messo nella medicina che tua madre prendeva per l'emicrania. Così, la prima volta che ha avuto uno dei suoi mal di testa...» Gli occhi di Juliana si riempirono di lacrime. «L'hai uccisa?» chiese ancora incredula. «Mi aveva rubato il marito» replicò Lilith. «Pensavo che una volta morta Diana, Trenton sarebbe tornato da me.» Il suo sguardo si fece più duro. «Ma lui continuò a tradirmi con ogni genere di sgualdrina, umiliandomi e trattandomi con disprezzo. Mise persino incinta una delle cameriere nella mia stessa casa! » Aveva le guance arrossate e i suoi occhi fissavano nel vuoto mentre continuava a parlare, quasi si stesse rivolgendo a sé stessa. «Gli avevo offerto tutte le possibilità di essere un buon marito, ma senza ottenere alcun risultato.» «Allora hai ucciso anche lui?» ipotizzò Juliana. Doveva continuare a farla parlare. Forse, se Lilith avesse allentato la presa, sarebbe riuscita a radunare le forze per liberarsi. «Certo che l'ho fatto. Naturalmente ho scelto un sistema diverso. Sarebbe sembrato sospetto che un'altra persona morisse di quello che sembrava un attacco di cuore.» Lilith incurvo' le labbra in una smorfia. «Nessuno sospetto' nulla. Del resto, perché avrebbero dovuto sapere che conosco i veleni? Stupidi! Come se non avessi imparato sulle ginocchia di mio padre a conoscere tutte le piante che possono uccidere un cavallo. So quali evitare e che cosa usare per simulare una morte naturale... un attacco di cuore o un'altra malattia. A Trenton diedi un estratto di erba di San Giacomo, poche gocce al giorno per settimane e settimane. Distrugge il fegato, sai? Tutti pensarono che l'edema fosse una conseguenza dell'abuso di alcol. Comunque sia, fece la fine che meritava. Fui contenta di vederlo soffrire.» Il suo odio e la sua amarezza facevano gelare il sangue. «Ma perché hai ucciso anche Crandall? Gli volevi bene.» «Era uguale a suo padre! Per tutti questi anni mi ero rifiutata di crederlo. Trovavo sempre una scusante per tutto quello che faceva. Mi ripetevo che non era facile vivere all'altezza dell'immagine di suo padre. Mi dicevo che era amareggiato perché quell'avventuriero di tuo marito avrebbe ereditato le terre che avrebbero dovuto essere sue.
   
 
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