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Autore: ChiiCat92    22/10/2021    0 recensioni
"Tutto quello che sapeva era che non sapeva niente.
Il corpo era leggero, come se nelle vene ci fosse stata aria al posto del sangue. Sopra di lui c’era un bellissimo cielo azzurro, e anche se l’aria era gelida il sole era caldo e riscaldava piacevolmente la pelle.
Tutto era calma e silenzio, neanche un uccello spezzava la perfezione di quel quadro ceruleo.
Dentro di lui c’era un vuoto impetuoso, ma anche rassicurante." [...]
Questa storia partecipa al Writober indetto da FanWriter, lista pumpINK, prompt #12 "Memoria"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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18/10/2021


Tutto quello che sapeva era che non sapeva niente.

Il corpo era leggero, come se nelle vene ci fosse stata aria al posto del sangue. Sopra di lui c’era un bellissimo cielo azzurro, e anche se l’aria era gelida il sole era caldo e riscaldava piacevolmente la pelle.

Tutto era calma e silenzio, neanche un uccello spezzava la perfezione di quel quadro ceruleo. 

Dentro di lui c’era un vuoto impetuoso, ma anche rassicurante.

In qualche strano modo quel silenzio era curativo, non quello fuori di lui, ma quello dentro. 

Giaceva su di un letto di foglie umide, che gli avevano bagnato la casacca. Doveva essere steso lì da ore, forse dalla notte precedente. 

Un aculeo rovente di dolore intenso era acceso proprio al centro della sua mente, rispondeva alle parole: postumi di una sbornia. 

Nonostante la bocca impastata, la schiena dolorante, gli arti atrofizzati dal freddo e quel dolore alla testa...si sentiva meravigliosamente.

L’ignoranza e l’inconsapevolezza guadagnate con l’alcool erano stupende, lo facevano sentire vivo. 

Poteva essere chiunque, poteva essergli successo qualsiasi cosa, le possibilità si aprivano davanti a lui come una spirale infinita.

Poteva essere un beone che si era ubriacato alla taverna con i pochi spicci guadagnati durante il giorno, o poteva essere un ricco ereditiere che aveva deciso di sperperare gli averi di suo padre, o un uomo che si godeva una serata libera, o qualcuno che aveva perso ad una gara di bevute.

Più inebriante del vino era la libertà di essere tutti e nessuno. 

Si tastò le tasche, trovò un sacchetto di monete con dentro qualche spicciolo di bronzo. Forse aveva davvero perso ad una gara di bevute.

Poi toccò l’elsa di un pugnale infilato nella cintura dei pantaloni, sotto la casacca, e la memoria tornò tutta insieme.

La guerra, i Drow, Iririel, la maledizione, diecimila anni, vita dopo vita, corpo dopo corpo, la reincarnazione come il peggiore dei mali e la coscienza insieme ad essa.

L’infinito ripetersi dell’età dell’infanzia, il dover ripetutamente imparare a parlare, a camminare, crescere come un debole umano, poi la morte senza pace, con il subitaneo risveglio nel corpo successivo, la frustrazione, lo strazio, l’odio verso gli Dèi che l’avevano costretto ad esistere in quelle patetiche condizioni. 

L’alcool aveva brevemente cancellato tutto quello, lasciandolo libero dai propri ricordi, ma finito l’effetto tutto era tornato. 

Amunait. Era il suo nome, e la vita, la memoria, era la sua condanna. 

Sui tirò su a sedere, il corpo di nuovo pesante, più pesante, perché adesso era pieno di sé, di tutti i sé che era stato in passato, e che sarebbe stato in futuro. 

A malapena ricordava che aspetto avesse adesso il suo corpo, e neanche gli importava.

L’alcool si diluiva nel sangue e la mente tornava lucida, quasi rimpiangeva i brandelli di ignoranza e nebbia che l’avevano avvolto fino a quel momento. Aveva ceduto, si era permesso di essere patetico per un’unica notte, aveva lasciato che i veleni degli umani cancellassero tutto quello che era.

Amunait.

Ma niente poteva cancellarlo davvero.

Il suo nome era l’unica cosa che era rimasta, nessuno lo ricordava se non lui.

Aprì e chiuse le dita, tornò a possedere quel corpo e si alzò in piedi, scrollandosi di dosso le foglie del mantello.

Il giovane uomo ebbro e incosciente che era prima aveva lasciato il posto ad una coscienza vecchia, mentre il corpo danzava nei suoi anni migliori.

Un’altra vita, un’altra possibilità per uscire dal buio. Questa volta le cose sarebbero andate diversamente.

Forse gli Dèi avrebbero dovuto togliergli la più potente delle sue armi. Non la magia, non la sua stirpe, ma la memoria.

Sistemato il mantello, si avviò verso la città. 

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The Corner 

Sono molto legata ad Amunait, che è stato il primissimo personaggio che ho usato nella mia campagna D&D come master. La sua è una storia travagliata e difficile, e mi piaceva l'idea di raccontarne un pezzetto. Oh, intendiamoci, è uno schifoso che non si merita altro che la maledizione che gli Dèi gli hanno scagliato contro, ma dopo 10.000 anni di reincarnazioni ci si può permettere di compatirlo un po'.

Chii
   
 
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