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Autore: ruka_019    23/10/2021    1 recensioni
Emma, Ray e Norman un anno e mezzo dopo essersi rincontrati, vivono in un proprio villaggio con tutta quanta la loro famiglia. Emma è ancora senza memoria, ma i suoi ricordi vivono di quelli dei suoi compagni. Tra le montagne, in normali giornate, alle prese con la vita di studenti e studentesse in un mondo dove sono al sicuro, molti di loro ancora riportano nella mente ferite di un passato che non riescono a dimenticare.
Dal testo:
"La giornata al Villaggio inizia alle sei in punto con gli orologi di tutti gli chalet che risuonano per le pareti in legno e i camini a sbuffare fuori fumo, anche in primavera. Chris non ha perso l'abitudine di gridare l'orario di sveglia, correndo in giro e dimenticando di mettersi i vestiti pesanti passando da struttura a struttura, collezionando così sgridate e raffreddori. Usciamo per fare colazione già vestiti, Ray ci mette sempre un po' di più ad alzarsi dal letto, conto i minuti per capire che tipo di giornata sarà oggi. Gli ci è voluto un quarto d'ora. La media è di otto minuti."
Note: LGBTQ+; omofobia/transfobia tra personaggi; salute mentale (PTSD, depressione, disturbi alimentari, disturbi d'ansia)
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Emma, Norman, Nuovo personaggio, Ray
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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Avevo imparato a convivere con quel vuoto…

Ci rintaniamo nella loro camera. È in fondo al corridoio del secondo piano, di fronte alla mia. Certe volte, nella notte li sento urlare, è per questo che dormo con la porta aperta, aspetto finché c'è di nuovo silenzio dopo i sussurri, che sono spifferi per calmare ricordi che ancora li perseguitano. Quelle notti vorrei solo scivolare lì da loro, implorarli di dormire insieme nello stesso letto. Non l'ho mai fatto comunque, perché loro mi vogliono fuori. Fuori da quella sofferenza che non posso più portare. Certe volte mi è solo così chiara la differenza tra me e la loro Emma. Quella che a questa porta busserebbe ogni notte. Quella che so aspetterebbe ore in piedi, fino ad ottenere la vicinanza che non ci permettiamo di volere. Quindi mi accontento della sera, perché dopo che i più piccoli sono andati a dormire nelle loro camere, gli altri abitanti di quella casa ci concedono il loro silenzio.

Sono sdraiata sul letto di Norman a pancia in giù, il mento sorretto dalle braccia e le gambe tirate in alto. Questo è un posto sicuro, un posto dove i ricordi diventano le foto di una vita che ogni tanto vorrei ricordare, ma che mi accontento di vivere attraverso di loro. Chissà se questo calore per loro è la prima volta che lo provo, eppure guardando Norman seduto a gambe incrociate davanti a me e Ray al suo fianco, con una gamba piegata sotto il corpo e l'altra stretta tra le braccia, penso che potrebbe essere andato sempre tutto così. Potrei averli sempre amati in questo modo. Norman con i suoi sorrisi che so mi dedichi sempre a metà, perché un sorriso vero una volta l'ho visto, ma era per l'altra Emma. Quella che non è me, eppure mi appartiene ancora. C'è ancora da qualche parte nell'amore che mi culla la sera, nei tremiti del cuore quando loro ridono. Ray con il suo sguardo sfuggente, la curva timida delle sue labbra e il tono pacato. Lui che è diventato capace di piangere, gli altri ancora si sorprendono quando capita, ridono di bonari sorpresa e divertimento. Io sorrido e basta, perché in qualche modo so che è merito mio. Perché per le cose importanti sono ancora la Emma che conoscono. Perché se uno di loro sta male soffro come non soffrirei per nessun altro. Perché se guardo le medicine che deve prendere Norman vorrei solo piangere, quindi lo abbraccio e lo imploro di non andare lontano da me. Mai più. Vorrei aggiungere. Ma quelle parole non sono mie. Sono sue.

-Ma non sei stanca dopo tutti i giochi che ti hanno fatto fare i ragazzini?- Norman è spesso stanco la sera, so che sono gli effetti delle pasticche che prende, però dice di stare meglio, lo dicono tutti.

Stanno bene. È merito mio. Non sono arrabbiati con me. Sono ancora la mia famiglia. -Scherzi? No, voglio sentire un'altra storia!- sorrido e lo guardo con aspettativa.

Ray si sporge verso di me, ha le occhiaie, non gli si vedono sempre, ma è tutta lì la stanchezza delle sue notti insonni. -Emma è tardi, dovremmo dormire.

-Ma a me non va.- mi lamento, girandomi sulla schiena -Voglio ancora cinque minuti con voi. Poi sto sola tutta la notte.- funziona sempre quando mi comporto da bambina e metto il broncio.

Ray cede con un sorriso e allontanando gli occhi da me, Norman luccica nelle iridi, luccica di lacrime.

È lui ad allungare una mano e accarezzarmi i capelli, lì dove c'è la cicatrice di una ferita di cui ho scordato il dolore insieme a tutto il resto. -Cosa vuoi sentire?

È un patto tra di noi, io posso chiedere qualsiasi cosa e loro saranno lì per rispondere, anche se farà male, non me lo diranno mai.

-Mhh, vediamo.- la storia la conosco completamente, mi hanno fatto una linea del tempo e dei disegni, li ho attaccati tutti sulla parete della mia camera.

C'è l'orfanotrofio all'inizio di tutto, ci sono i fratelli con nomi vicino ai disegni dei loro visi, quando all'inizio ancora faticavo, poi sono venuti naturali, perché non sono estranei, non è vero che non li conosco. Isabella è l'unica che manca, ha un suo riquadro vuoto, ma il suo disegno l'ho staccato e nascosto sotto il letto. La donna che tutti chiamano mamma, ed è la parte dolorosa di tutto questo. So che era mia madre, ma fa male. Poi ci sono i demoni, il camion dove so che dentro c'era Conny, ma nessuno lo ha disegnato per fortuna. A seguirli ci sono i piani e la fuga, Norman che viene spedito, Emma che parla ai fratellini, una Emma che non so se posso davvero essere io. E la notte di Ray. Quella fa ancora paura certe volte. Perché se guardo il Ray che è qui davanti a me sembra così simile nel suo sguardo. Quasi avesse smesso di fidarsi della vita. Poi c'è Mujika, di lei mi ricordo, dicono sia merito del ciondolo che mi ha dato. Mujika e Sonju che ci salvano. Il rifugio. Hugo. Goldy Pond. Lucas. Oliver e i suoi compagni. Il duca. E poi di nuovo il rifugio. E in mezzo ci sono altri disegni, Phil e i bambini rimasti a Grace Field. Ci sono schizzi di una vita che è quieta pace in un mondo in guerra. Che è gioia tra rovinosi ricordi di sofferenza. E di nuovo il clan Ratri. La morte che spaventa me che nemmeno la ricordo. Hayato. Un nuovo posto sicuro. E Norman che doveva essere morto e invece è lì davanti a me. Sembra un gigante nei disegni dei bambini. E anche quello fa male, è una fitta a scalfire un petto atrofizzato dalla neve che mi ha accolta appena giunta in questo mondo, svuotato dalla loro presenza. E alla fine c'è tutto il resto. La guerra combattuta separati e poi di nuovo uno accanto all'altro. Il senso di essere di nuovo una famiglia. Loro che per me sarebbero rimasti lì, nella sofferenza. Solo perché ci fossi io. Una singola vita per centinaia. So che per loro quel concetto non ha alcun senso, che sono stata io ad insegnare che non esistono compromessi. Quindi non spiego nulla, ma so che ne è valsa la pena. Perché se ora siamo qui così, al sicuro è stato merito di quella scelta. Ma non lo capirebbero. Non lo capisce Norman che non riesce più a sorridermi come forse prima a lei sorrideva, e non lo capisce Ray che non sembra essere in grado di dare un senso a qualsiasi demone continui a perseguitarlo. Quindi gli chiedo della nostra infanzia. Di quella non ho disegni, perché solo loro ne sono stati testimoni, ma me la sono fatta raccontare abbastanza spesso, che, certe volte, le immagini sono simili a ricordi.

-Allora, noi ci conosciamo da tutta la vita.- iniziano sempre così le storie di Norman, con un sorriso malinconico e il tono sommesso, quasi sul punto di rivelare un segreto, il nostro. -Ray è un po' più grande, il suo compleanno è il quindici gennaio. Poi ci sono io che sono nato il ventuno marzo, mentre tu sei nata…

-Il ventidue agosto!- esclamo ridendo e alzando la mano, è un gioco tra di noi, mi diverte ricordare quello che loro mi dicono, è rassicurante, contro il terrore di svegliarmi un giorno e trovarmi priva anche di quel poco che ho adesso. Di questi mesi che ho ricostruito. Norman dice che non succederà. Lui è intelligente, dicono tutti. Quindi mi fido, ma a volte ho ancora paura.

-Esatto.- sorride e mi punta contro un dito, sembra un po' un insegnante e un po' un bambino.

Io glielo afferro con la mano e poi intreccio le sue dita alle mie. Norman arrossisce, tutto fino alle orecchie, ma non ha smesso di sorridere, i suoi occhi si sono fatti solo un po' assenti, un po' lontani, distanti dai miei, come se non è me che stesse guardando.

-E poi che succede questa volta?- gli chiedo, lì sotto di loro. Non sono in pericolo se ci sono Ray e Norman davanti a me.

Il ragazzo sta per rispondere, ma Ray prende il testimone. Lui non parla mai molto, di solito sceglie il silenzio, per avere in cambio le vostre voci, dice. -Quando eri piccola sorridevi sempre. Non c'era nulla che potesse toglierti il sorriso. Dicevi di voler cavalcare una giraffa, quando ti chiedevano cosa avresti fatto fuori da Grace Field. Ma tu non hai mai voluto andare via. Ti incuriosiva il mondo fuori, ma a te piaceva lì, non ti serviva un'altra famiglia, ne avevi già una. Non volevi altri fratelli o un'altra madre.- abbassa lo sguardo, il sorriso sul viso. Ray non è fatto per cercare il contatto fisico, ma non si è mai tirato indietro alle nostre mani.

Prendo una gamba con la mano che ho libera e la stringo piano, Ray parla di me con cautela, come se non sapesse come maneggiare la persona che abita i suoi ricordi, non è come Norman che si veste di malinconia, Gilda e Don che sembrano sollevati e basta, Phil e gli altri bambini che cantano adorazione come solo loro potrebbero. Ray è cauto quando parla della sua Emma, quella che ha quasi visto morire, quella che aveva giurato di proteggere e invece si è lasciato sfuggire tra le dita, eppure l'aveva stretta con tanta cura, la Emma che lo ha tirato fuori dalle fiamme e gli ha impedito di uccidersi, la Emma che gli ha dato un motivo per non farlo. La Emma di Ray è diversa da quella degli altri. Lui e Norman mi conoscono più di chiunque altro. Ma in un certo senso conoscono due diversi momenti della persona che ho dimenticato, Norman conosce la Emma bambina, quella che non avrebbe mai mentito alla sua famiglia, che a quel sacrificio avrebbe cercato un'alternativa, Ray la Emma grande, quella che ha conosciuto la morte, quella che è stata piegata, ma non ha avuto paura di spezzarsi, Ray ha conosciuto la Emma che un sacrificio come quello lo ha compiuto eccome. Io sono qualcosa di intermedio probabilmente, io non so davvero che posto occupo in quella storia, so solo di volerlo.

-Beh doveva essere un bel luogo.- commento, dalle immagini lo sembra, un pacifico orfanotrofio in mezzo al verde. Ci sono un sacco di sorrisi in quei disegni.

Ray quando mi guarda è diverso, c'è una piega cupa nel suo sguardo. -Per voi lo era. Era tutto fatto a posta, perché una famiglia amorevole e la tranquillità di quella vita vi avrebbe fatto crescere bene, come volevano i demoni.

Annuisco, ci ho messo un po' ad abituarmi alla realtà di quella storia. Non sembra vera, sembra uno strano scherzo, ne ho avuto paura, finché non ho scoperto che la mia di paura non fosse nulla paragonata a quella degli incubi che li fanno urlare nel cuore della notte. Molti bambini hanno già iniziato a dimenticare, ma i più grandi li portano tutti dentro i segni di quegli anni. Incubi, attacchi di panico, sono pochi a non averne se non rari. Gilda e Norman sono più fortunati, si dedicano a tutti gli altri quando loro non sono capaci di prendersi cura di loro stessi completamente. Ray è quello che indubbiamente ha subito tutti gli effetti peggiori, certe giornate non esce neppure dalla sua camera e nessuno ha il permesso di entrare se non Norman, Gilda, Don, Anna e Oliver. Neppure io. Devo aspettare fuori, mentre Ray urla o se ne sta in totale silenzio, ed è la parte peggiore. Vedere gli sguardi di chi entra ed esce spenti, tristi, mentre mi tirano un sorriso stanco. Poi però anche lui esce alla fine ed è tranquillo, è solo il solito Ray, un po' silenzioso, un po' più emotivo, che mi guarda con un sorriso e dice sto bene, ora, ed è la verità, ma non basta mai.

-Per me è sempre stato un posto dove o rispettavo le regole o venivo ucciso.- continua Ray, lo sguardo è di nuovo un po' più morbido -Un posto dal quale dovevo farvi scappare. Non riesco davvero a pensare che ci fosse qualcosa di bello. All'infuori di voi due, comunque.

Certe volte penso che se avessi dei ricordi, saprei rispondere a queste frasi.

Norman è più bravo di me in questi momenti. -Hai dei bei ricordi con noi.

Ray gli sorride, sempre un po' velenoso, è un sorriso che dedica solo a noi. -Sì, che ne ho. Ricordo quando Emma voleva a tutti i costi entrare nell'infermeria anche se tu stavi male.

Mi piace questa storia.

-Oh, sì. Hai ragione. Avrei voluto conservare il telefono a filo che le costruisti per poter parlare con me.

-Devono essere andati persi nell'incendio. Avevi portato solo quelli nella valigia, no?

-Sì, è così. Un vero peccato. È uno dei ricordi più cari che ho.

Sento le loro mani che mi accarezzano distrattamente, mentre le loro voci sono l'ultima cosa che mi rimane del mondo.

~~~

Note dell'autore: Non mi sono ancora abituato ai codici html, quindi è possibile che io faccia casino ad un certo punto ahahah. Ringrazio chiunque abbia letto questo primo capitolo, gli altri sono tutti già pronti e li pubblicherò due volte a settimana, sperando di ricordarmene... comunque come ho scritto nella descrizione questa storia è incentrata sulle ripercussioni degli eventi nel mondo dei demoni sui personaggi e sui loro rapporti interpersonali e con il mondo che li circonda. Il raiting è arancione ma unicamente per le tematiche trattate (in merito alle quali all'inizio di ogni capitolo troverete le singole avvertenze). È presente in parte secondaria una storia d'amore tra Norman, Emma e Ray insieme come relazione poliamorosa, io spero che le darete una possibilità. E se vi è piaciuta o avete dei consigli sono ben accette recensioni. Buona lettura e al prossimo capitolo!

   
 
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