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Autore: Zobeyde    23/10/2021    7 recensioni
New Orleans, 1933.
In un mondo sempre più arido di magia, il Fenomenale Spettacolo Errante di Maurice O’Malley si sposta attraverso l’America colpita dalla Grande Depressione con il suo baraccone di prodigi e mostri. Tra loro c’è Jim Doherty, l’unico a possedere capacità straordinarie: è giovane, irrequieto e vorrebbe spingere i propri numeri oltre i limiti imposti dal burbero direttore.
La sua vita cambia quando incontra Solomon Blake, che gli propone di diventare suo apprendista: egli è l’Arcistregone dell’Ovest e proviene da un mondo in cui la magia non ha mai smesso di esistere, ma viene custodita gelosamente tra pochi a scapito di molti.
Ma chi è davvero Mr. Blake? Cosa nasconde dietro i modi raffinati, l’immensa cultura e la spropositata ricchezza? E soprattutto, cosa ha visto realmente in Jim?
Nell’epoca del Proibizionismo, dei gangster e del jazz, il giovane allievo dovrà imparare a sopravvivere in una nuova realtà dove tutto sembra possibile ma niente è come appare, per salvare ciò che ama da un nemico che lo osserva da anni dietro agli specchi...
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I LIMITI DELLA MAGIA





Blake rientrò quella sera stessa; Jim sentì passi frettolosi al secondo piano e la porta del suo studio chiudersi bruscamente e intuì subito che fosse di cattivo umore. Perciò, quando si apprestò a bussare, rimase fermo col pugno sollevato, indeciso se fosse il caso di rimandare…
«Entra pure, Jim» lo invitò una voce stanca.
Lo stregone era seduto alla scrivania, circondato da alti scaffali di libri e quadri a olio, Wiglaf appollaiato sullo schienale della poltrona; non sollevò lo sguardo quando Jim apparve sull’uscio, concentrato com’era sul foglio che stava scrivendo, ma l’apprendista notò che il suo volto appariva più pallido e scavato del solito. Per circa un minuto non poté far altro aspettare, ascoltando il grattare della stilografica sulla carta.
«Niente lezioni per domani» annunciò infine Blake. «Ci vediamo direttamente la settimana prossima.»
«È successo qualcosa?» Jim sapeva che non si sarebbe mai sbottonato con lui, ma ci provò ugualmente. Per educazione, se non altro.
«Nulla di cui devi preoccuparti» rispose lui, infatti; rimosse le lenti pince-nez dalla sella del naso rotto e si stropicciò gli occhi. «Sono solo…stanco.»
Piegò il foglio e lo infilò con cura in una busta da lettere. Ma poi, con grande meraviglia di Jim, gettò il tutto nel camino acceso. Subito, un’alta fiammata bianca e luminosa si levò dal focolare.
«Che cos’è?» domandò il ragazzo.
Lo stregone fissò per un istante le fiamme bianche che tornavano ad abbassarsi, gli occhi cupi e distanti. «Un messaggio che so già non verrà letto.»
In quel momento, si levò un miagolio e Jim sentì qualcosa strusciarsi contro le sue caviglie. Blake distolse l’attenzione dal fuoco. «Da quando abbiamo un gatto?»
«È un Famiglio.» Jim raccolse in braccio la gattina nera. «L’ho trovata nella serra: forse ha avvertito la mia aura attraverso il Tutto ed è venuta a cercarmi. Si chiama Lily.»
Wiglaf manifestò il suo disappunto gracchiando e sbattendo con forza le ali. Neanche Blake sembrava contento. «Un demone non è un cucciolo, non farti ingannare dalle apparenze.»
«Certo, lo so…»
«Solo perché si è sentito affine a te non significa che ti rimarrà fedele. Dovrai guadagnarti il suo rispetto, credi di esserne in grado?»
Lily cominciò a fargli le fusa e Jim si ritrovò a sorridere come un idiota. «Ha visto? Già mi vuole bene! Allora, posso tenerla?»
Lo stregone sospirò. «Va bene, ma sarà una tua responsabilità: non voglio
ritrovarmi escrementi di demone dappertutto, né che importuni Wiglaf.»
«Promesso» disse lui, grattando la gattina dietro le orecchie. «Non si accorgerà nemmeno che c’è!»
«C’è altro di cui volevi parlarmi?»
Blake lo stava fissando intensamente, le dita giunte sulla scrivania, e Jim sentì lo stomaco attorcigliarsi; che fosse già venuto a conoscenza della sua scappatella nell’ala ovest? Della galleria degli specchi e di Lucia, la misteriosa donna della casa sul lago…?
«Ehm, no. A che proposito?»
«Dimmelo tu. Sono stato piuttosto preso negli ultimi giorni: hai avuto problemi durante la mia assenza? Valdar si comporta bene con te?»
«Inquietante e di poche parole» rispose lui con un’alzata di spalle. «Tutto nella norma.»
«Bene» annuì lui, ma quell’ombra di sospetto non abbandonò il suo sguardo. «Se non c’è altro puoi tornare a casa.»
«Una cosa ci sarebbe, in effetti» disse il ragazzo. Prese un respiro profondo. «Al circo le cose non vanno molto bene: è fermo già da due mesi, gli operai sono irrequieti, gli artisti giù di corda. Credo che farebbe a tutti piacere se si interessasse di più a loro.»
Blake batté le palpebre. «Grazie per avermelo riferito, me ne occuperò sicuramente.»
«E poi vorrei che desse un’occhiata al padre di Arthur» aggiunse Jim. «Sono affetti da una maledizione, credo: possono trasformarsi in animali, ma Joel è bloccato in forma di leone da diverso tempo. Lei può fare qualcosa?»
«Non ho abbastanza elementi per stabilirlo» rispose lui, pensieroso. «Dovrò incontrarlo.»
 

La Rolls-Royce di Blake si fermò nello spiazzo polveroso sul retro del circo il lunedì mattina seguente: stavolta era venuto senza Valdar.
Subito, una piccola folla si raccolse per dare il benvenuto al nuovo proprietario; alcuni, tra cui Rodrigo, Dot e qualcuno dei clown, salutarono lo stregone amichevolmente, ma altri, come Antonio, Frank e i gemelli Svanmör, si limitarono a un freddo cenno del capo. Molti lo ignorarono deliberatamente.
«Mi sa che avevi ragione» riconobbe, quando Jim lo ebbe raggiunto. «Il clima qui è piuttosto teso. Non capisco quale sia il problema, hanno tutti ricevuto lo stipendio questo mese, giusto?»
«Non credo che siano i soldi il problema» disse Jim. «Hanno bisogno che dia loro uno scopo. Magari potrebbe dire qualche parola. E si ricordi di sorridere, ok?»
La prospettiva di parlare di nuovo in pubblico non sembrò entusiasmarlo. «Ci proverò. Ora portami dal tuo amico…»
«Ah, Mr. Blake!»
Maurice O’Malley schizzò fuori dal suo vagone e trotterellò verso di loro con tutta la velocità concessa dalle corte gambe. «Che magnifica sorpresa, stavo giusto pensando a lei! Ha un minuto?»
«Forse più tardi, signor O’Malley, sono solo di passaggio…»
«Non le ruberò molto tempo, riguarda lo spettacolo di fine mese» tuonò il direttore, estraendo da sotto la giacca penna e taccuino. «Ultimamente non stiamo avendo molti visitatori e gli artisti si lamentano di non avere nulla che li tenga occupati: così, hanno proposto di organizzare un grande show prima di lasciare la città, dato che adesso il budget lo permette…»
«Mi sembra una splendida idea» lo liquidò Blake distrattamente. «Le prometto che ne riparleremo al più presto, se vuole scusarmi.»
E si allontanò con Jim verso il serraglio; mentre valicava l’ingresso, lo stregone tirò fuori dal taschino un fazzoletto di seta e se lo portò al naso per schermarsi dal forte odore degli animali. Jim intercettò subito l’occhiataccia che gli riservò Arthur, intento a ferrare un cavallo con tre chiodi infilati in bocca e il martello in pugno. «Posso fare qualcosa per lei?»
«È qui per Joel» rispose immediatamente Jim con un sorriso. «Come sta oggi?»
Arthur fece un cenno verso la sua gabbia. «Gli ho lasciato della carne ma non l’ha ancora toccata; il caldo e l’inattività lo rendono nervoso.»
Blake si avvicinò alle sbarre per osservare meglio il grosso felino, che era sdraiato sulla paglia e faceva ondeggiare piano la coda, in allerta.
«Un perfetto esempio di zoomorfismo» commentò, affascinato. «Anni fa, conobbi un gruppo di guerrieri in Ruanda che si facevano chiamare Wana wa simba, “Figli del leone”: erano devoti alla dea Nyavirezi, che aveva donato loro la forza del leone per difendere i propri territori dalle tribù nemiche.»
«Conosco già questa storia» disse Arthur, aggrottando la fronte. «Papà mi disse che veniva tramandata nella sua famiglia, insieme al Dono… finché i nostri antenati non vennero caricati su una nave e portati in America: un leone non è nato per essere schiavo, così col passare delle generazioni il Dono è andato perduto.»
«Finora, si direbbe» replicò Blake. «Tu e tuo padre siete i primi della vostra famiglia a trasformarvi dopo più di un secolo, quindi.»
«Non so spiegarmelo» disse il ragazzo, scrollando le spalle. «E nemmeno papà… È accaduto all’improvviso.»
«Ti dispiace raccontarmi come è andata?»
Arthur acconsentì. Raccontò della Notte del Disastro, di quando i felini si erano ribellati all’uomo e sbranato metà del pubblico raccolto nel tendone. Raccontò di quando era corso a nascondersi nella cabina di Jim, gli occhi spalancati dal terrore. “È la fine del mondo!” era stato tutto ciò che era riuscito a singhiozzare. Lui e Jim si erano barricati in cabina assieme agli altri bambini; erano rimasti ore lì dentro, intonando filastrocche con le dita premute nelle orecchie per non ascoltare le urla e i ruggiti e poi i colpi di fucile del Folletto. Raccontò di quando, alla fine di tutto, aveva ritrovato suo padre nell’ufficio del direttore coperto di sangue, sotto shock, con un doppio whisky in una mano e l’altra avvolta da fitte bende.
«È iniziato tutto quella notte» concluse Arthur. «Papà ha scoperto di possedere il Dono e ha continuato a mutare. Finché…be’, finché non è rimasto così. Questo è tutto ciò che posso dirle.»
Ma Blake non stava più guardando Arthur e non stava nemmeno guardando Joel: stava fissando Jim.
«Interessante» fu il suo unico commento. «Posso restare qualche minuto solo con tuo padre?»
Arthur cercò lo sguardo di Jim, che sorrise incoraggiante, e infine diede il suo consenso. Lasciarono lo stregone nel serraglio e si sistemarono fuori accanto all’entrata.
«Credi sul serio che ci riuscirà?» chiese Arthur dopo qualche minuto; si sforzava di nasconderlo, poggiato a braccia incrociate contro un palo di sostegno, ma si capiva che avesse lo stomaco chiuso dall’ansia.
«L’ho visto fare cose straordinarie» rispose Jim. «Se esiste un qualche incantesimo o un rituale, l’unica persona che può trovarlo è Blake. Lo so che non ti piace…»
«Tu ti fidi di lui?»
Jim avrebbe voluto rispondere di getto che sì, certo che si fidava del suo maestro. Ma dopo quanto aveva scoperto sui suoi viaggi e con tutti i segreti che si rifiutava di condividere con lui non ne era più sicuro…
“La magia è sleale per natura”. Non era stato proprio Blake a dirlo?
«Finora ha mantenuto le sue promesse.»
L’espressione di Arthur continuava a essere scettica, ma la tensione delle sue spalle parve allentarsi almeno un po’.
Trascorsero forse dieci minuti, dopodiché lo stregone riemerse dalla tenda così all’improvviso che i due ragazzi neanche se ne accorsero.
«Allora?» domandarono in coro.
Lo stregone passò una mano sui pantaloni per rimuovere la paglia e infilò il cappello. «Sono desolato, non credo che tuo padre tornerà in forma umana.»
Jim aprì la bocca, sconcertato e Arthur lo fissò con sguardo perso. «Ma… c-che significa? Perché?»
«La maledizione che avete ereditato è antica» spiegò Blake, con lo stesso tono professionale e distaccato che usava quando teneva lezione. «Molto più delle conoscenze magiche codificate fino a ora, temo. Per tuo padre non c’è più niente da fare, ma tu sei giovane, hai un buon sessanta per cento di probabilità di evitare la sua sorte, se smetti subito di mutare e lasci questo lavoro. Il mondo è grande e sembri un giovanotto in gamba, sono abbastanza convinto che tu possa avere una vita normale.»
Jim non sapeva cosa dire; guardò Arthur, che aveva lo sguardo fisso e la mascella rigida. «Artie…»
«Sto bene» disse lui, con voce roca. Sbatté in fretta gli occhi, inspirò profondamente. «Non è che ci sperassi veramente.»
«Mi dispiace, io non…»
«Devo tornare al lavoro.» Prima che Jim potesse trattenerlo, scomparve nel serraglio e chiuse i lembi della tenda.
«Gli serve un po’ di tempo» commentò Blake, controllando l’ora. «Forse è meglio lasciarlo in pace…»
Jim si voltò come una furia. «Ma lei che accidenti di problema ha? Perché gli ha detto quelle cose?»
«Ho solo detto la verità» replicò Blake, che pareva sinceramente sorpreso da quella reazione. «Cosa avrei dovuto fare, mentire? Dargli false speranze..?»
«Magari avrebbe potuto evitare di comportarsi da stronzo saccente!» sbottò lui, furibondo. «Avere un briciolo di tatto. Cristo, si tratta di suo padre!»
Qualcuno fece capolino dalle proprie tende per assistere alla scenata. Quando se ne accorse, lo stregone ripose l’orologio e si schiarì la gola. «Stiamo dando spettacolo, ne discuteremo tornando alla magione…»
«No, voglio che adesso lei mi spieghi perché non ha fatto niente per Joel!» esclamò Jim. «Non ha nemmeno usato la magia, l’avrei percepito dalla sua aura!»
«James...»
«La pianti di chiamarmi così!»
«Se non ho usato la magia è perché sapevo in partenza che non sarebbe servito a niente» rispose Blake, stavolta con voce dura. «Conosco la materia che pratico e i suoi limiti e spezzare la maledizione di Joel King rientra fra questi.»
Attirati dal baccano, molti circensi si erano fermati a guardarli, posando lo sguardo prima su Jim, furente e astioso, e poi su Blake, che se ne stava immobile e rigido ed evitava di guardarlo.
«Mi dica una cosa» disse Jim. «Avrebbe fatto un tentativo se Joel e Arthur non fossero stati semplici fenomeni da baraccone? Sono scarti della società, Dimenticati, di cui non frega a nessuno, figuriamoci a uno come lei!»
«Stai esagerando» lo avvisò Blake. «Capisco che non ti abbia fatto piacere sentirlo, ma nella magia ci sono degli equilibri che vanno rispettati…»
«Mr. Blake, adesso possiamo parlare?»
Era di nuovo O’Malley. Blake socchiuse gli occhi. «Le chiedo scusa, direttore, non è un buon momento.»
«Mi servirebbero solo un paio di firme! Ho sentito che il Christy ha messo in vendita uno dei suoi elefanti a un prezzo stracciato! I Fox Brothers ne hanno uno, perciò…»
Blake scoccò al Folletto un’occhiata che avrebbe congelato il Sahara. «Anzi, ora che ci penso, ho io qualcosa da dirle.»
O’Malley deglutì. «La ascolto.»
«Qualsiasi forma di spettacolo che coinvolga animali da oggi è abolita.» Lo sguardo invernale di Blake passò sopra le teste di tutti i presenti, fino a scagliarsi su Sinclair e la sua squadra. «E non mi riferisco solo a quelli del serraglio: non accetterò alcun tipo di maltrattamento. Mi sono spiegato, capomastro?»
Sinclair si grattò la guancia ispida e sogghignò in modo strafottente. «Non so di cosa sta parlando. E ai miei uomini non piace che gli venga detto come devono passare il tempo, visto che da quando è arrivato lei qui non si può più lavorare!»
Le iridi di Blake si accesero di un blu elettrico e Jim percepì il suo potere dilatarsi, una marea infuocata pronta a travolgere ogni cosa. «Sono sicuro che riuscirete a tenervi impegnati in modo più costruttivo.»
Il cielo si riempì di nuvole e l’oscurità avvolse i tendoni del circo come se di colpo fosse arrivata la notte. La faccia di Sinclair passò dapprima attraverso svariate gradazioni di rosso, poi sbiancò, mentre il sorrisetto spavaldo lasciava il posto a un’espressione terrorizzata. Inghiottì a vuoto, rumorosamente. «S-ssignore.»
La potente aura dello stregone si placò lentamente e le ombre si ritirarono. A Jim si erano tappate le orecchie, per tutto il tempo aveva trattenuto il respiro col cuore bloccato in gola. E a giudicare dalle facce dei presenti, non era il solo.
«Ma, signor Blake» intervenne allora O’Malley. «I nostri numeri si basano per la maggior parte sugli animali, se li eliminiamo nessuno vorrà assistere a…»
«Col denaro che vi ho lasciato potete campare di rendita per più di un anno» lo interruppe seccamente Blake. «Siete artisti, trovate un’alternativa soddisfacente. Ma se un solo animale sarà costretto a esibirsi agirò di conseguenza. Queste sono le direttive. Andiamo, James.»
Detto ciò, si diresse ad ampie falcate verso la sua macchina, piantando in asso il Folletto che cercava ancora, invano, di protestare. Completamente disarmato, Jim lo inseguì di corsa fino al parcheggio.
Blake si infilò in auto, estrasse dalla tasca la sua boccetta a forma di prisma con all’interno lo strano liquido nero e bevve un sorso veloce.
«Allora, vieni o no?» disse poi, visto che Jim era rimasto fermo a fissarlo. «Abbiamo un sacco di lavoro da fare.»
Il ragazzo sospirò. «Mi ascolti…»
«Non intendo ritornare sull’argomento. Ho risolto il problema degli incontri clandestini, nessuno degli operai si azzarderà più a toccare un animale, compreso il signor King. Sali in macchina.»
«Non può ridurre ogni cosa a un’equazione matematica, lo sa?»
Blake tacque, le mani strette sul volante. Poi, lentamente, uscì dall’abitacolo e richiuse lo sportello.
«Sono sinceramente dispiaciuto per Arthur e suo padre» disse, sforzandosi di rendere i contorni della sua voce meno taglienti. «Vorrei che ci fosse un modo per aiutarli, ma purtroppo la magia non lo prevede.»
«Nemmeno la Magia Vuota?»
Blake lo guardò negli occhi, con espressione talmente seria che Jim si pentì di aver tirato fuori l’argomento. «Chi te ne ha parlato?»
«Nessuno, mi sono imbattuto in questo termine leggendo e…»
«Io non pratico quel genere di magia.»
«Ma secondo l’autore il potere del Vuoto è più grande di quello del Tutto» obiettò Jim con slancio. «È vero che si possono riportare in vita i morti, creare cose dal niente…?»
«È vero» fu la risposta recisa che seguì. «Il Vuoto è una dimensione separata dalla nostra, in cui la materia non esiste e perciò le leggi della magia non hanno valore. Ma c’è un motivo se Arcanta ha bollato certe pratiche come eresie.»
«Sta dicendo che è illegale?»
«I dogmi della magia sono chiari» spiegò lo stregone. «Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Ci è stato già donato molto ma non siamo dèi: non possiamo infondere la vita, né sottrarla. E il Vuoto non dona mai nulla senza esigere qualcosa in cambio, per questo i Mancanti lo chiamano Inferno.»
Per qualche ragione, la pelle di Jim si ricoprì di brividi. Gli sembrò quasi di avvertirla di nuovo, quella sensazione di gelo provata qualche settimana fa nella palude, durante il suo primo viaggio in astrale: l’abisso arido e senza fine in cui stava per essere trascinato…
«Lascia perdere questi argomenti» concluse Blake, riaprendo lo sportello dell’auto. «Coltiva il tuo potenziale e rispetta i tuoi limiti: ti sto fornendo tutti gli strumenti per raggiungere la grandezza senza smarrire te stesso.»
 
 
Rimasero in silenzio durante tutto il tragitto fino alla piantagione.
Jim guardava i campi di cotone battuti dal sole sfilare oltre il finestrino, la mente affollata di pensieri. Sentiva ancora la collera bruciargli in fondo alla gola, ma per quanto gli costasse ammetterlo, forse Blake aveva ragione; era stato lui a pretendere che sistemasse i suoi problemi e quelli della compagnia. Non era stato in grado di compiere una scelta, di decidere tra la magia e la sua famiglia, e si era arrabbiato con lo stregone perché aveva trovato la soluzione migliore possibile, sobbarcandosi responsabilità che non gli competevano sulle vite di gente sconosciuta. E, anche adesso, Jim stava dando per scontato che la magia fosse la soluzione a tutto…
«Parlerò con O’Malley» disse tutt’a un tratto Blake, fermando l’auto nel vialetto della tenuta. «Cercherò di essere più presente e di andare incontro alle esigenze della compagnia d’ora in poi. E quanto al tuo amico, mi impegnerò perché lui e suo padre abbiano condizioni di vita migliori. Magari Arthur potrebbe occuparsi da solo degli animali, senza dover sottostare agli operai, dopotutto sembra avere realmente a cuore il loro benessere. Credi che possa fargli piacere?»
Jim si limitò ad annuire.
Quando rientrarono in casa, il ragazzo ebbe la sensazione che qualcosa fosse cambiato in quel posto, ma in un primo momento non seppe dire con esattezza cosa; le finestre continuavano a essere oscurate, l’odore stantio delle suppellettili d’epoca gli stuzzicava sempre il naso in maniera fastidiosa. Eppure, per qualche motivo i suoi sensi erano tutti in fermento.
Anche Blake parve percepirlo, perché la sua espressione si fece attenta. «Sta’ dietro di me.»
Jim annuì e si preparò a scagliare un incantesimo alla prima avvisaglia di pericolo, mentre seguiva il maestro lungo il corridoio. La porta del salottino era socchiusa.
«Chi osa violare la casa dell’Arcistregone dell’Ovest?» tuonò Blake, irrompendo nella stanza. Subito dopo, si congelò sull’uscio come una scultura di sale.
Jim sbirciò oltre la sua spalla, e individuò un baule da viaggio e due grosse valigie di pelle in un angolo. Successivamente, si soffermò sul cappotto nero affisso all’attaccapanni e infine sulla ragazza che occupava la poltrona accanto alla finestra, con indosso un vestito scozzese sui toni del verde e un libro aperto tra le mani.
«Non è possibile» sussurrò lo stregone.
Con molta calma, l’intrusa abbassò la copertina del libro, mostrando un volto occhialuto e incorniciato da folti ricci corvini.
«Be’, che accoglienza calorosa» commentò, con una decisa nota di sarcasmo. «Ciao, papà. Anch’io sono felice di vederti.»
  
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