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Autore: Cyrluke    24/10/2021    0 recensioni
Le generazioni cambiano, ma l'amore rimane lo stesso.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Eterno


La stavo aspettando. Vicino casa sua c'era un unico ed immenso albero che dava ombra a quasi tutta la collina in cui era situato. Mi sedetti sul prato sotto di esso. Era imponente. Metteva paura, ma anche rassicurazione. Sembrava il guardiano della zona. Le foglie stavano nascendo ed il loro profumo era dolce di primavera. Il naso mi pizzicava per il polline che c'era nell'aria, ma non mi dava eccessivamente fastidio. Non avevo nè freddo, nè caldo. Il sole riscaldava il mio corpo come se mi abbracciasse, lo stesso calore che dà una mamma al suo bambino, ma il vento era fresco, leggero e delicato. Muoveva i deboli fili d'erba della collina di cui era ricoperta. Un venerdì perfetto. Ed infine eccola lì, diretta verso di me. Anche da lontano riuscivo a vedere il suo fantastico sorriso. Leggiadra, camminava sul prato verde portando con sé tutta la sua bellezza. Il vento portò il suo profumo di fiori di campo, così delicato e soave che mi scioglieva dentro. I suoi capelli neri, che contrastavano col vestito completamente bianco, svolazzavano nell'aria come se il vento glieli accarezzava dolcemente. Divenni per un attimo geloso di lui, ma quel pensiero scivolò via dalla mia mente per quanto fosse stupido. Quando lei fu abbastanza vicina a me, mi alzai in piedi per accoglierla, ma mi si lanciò contro e cademmo a terra. Mi fissava con un enorme sorriso e i suoi soffici capelli mi sfioravano il viso. Dietro di lei, i rami e le foglie che, filtravano poca luce, ci osservavano compiaciuti, muovendosi al passaggio del vento gentile. Il peso del suo corpo leggero mi schiacciava contro il prato sottostante. Era un peso quasi impalpabile e vaporoso che dovetti abbracciare per paura di perderlo. Un abbraccio forte, ma con delicatezza per non rischiare di farle male. A lei non dispiaceva, anche se era in forte imbarazzo. Lo notavo dal suo sorriso, la conoscevo molto bene. Il mio respiro si faceva sempre più pesante per il nervoso e il mio cuore batteva forte, talmente tanto che sapevo che lei lo sentiva. Il suo seno era perfetto, morbido e non troppo abbondante. Le donava. Era bellissima. Non era perfetta, ma lo era per me, per il mio piccolo e strano mondo. Seguii il mio istinto. Gli occhi si fecero pesanti e si chiusero. La baciai. Un vortice nella mia testa bloccò i pensieri. Non riuscivo a pensare a nulla. Qualsiasi cosa mi passasse nella testa, spariva in un istante. Mi dimenticai dell'albero, delle foglie, del sole e del vento. Eravamo lei, io e il nostro lungo ed intenso bacio. Le sue labbra carnose erano morbidissime ed affettuose, sapevano di fragole dolci e profumate. Il suo naso a malapena lo sentivo. Era piccolino e grazioso, a differenza del mio che era un po' più grande. Mi staccai e la guardai come un pittore guarda la sua opera. La prima cosa che notai sono i suoi occhi marroni. I suoi bellissimi occhi marroni. Luccicavano dalla felicità. Le sue orecchie si vedevano a malapena, nascoste dai suoi lunghi capelli neri. Notai che si morse il labbro. Il trucco leggero sul suo viso era ben curato. Tornai a sentire la freschezza del vento e il calore del sole. L'albero era come se controllasse la zona e ci proteggesse, come un cavaliere protegge la sua Regina ed il suo Re. No. Non volevo. Mi sentii male e con un senso di vuoto interiore. Volevo tornare in quello stato dove tutto spariva. Il mondo con i suoi baci era molto più bello, come se Dio avesse mandato un angelo solo per me. Mi staccai nuovamente e, questa volta senza far passare neanche qualche secondo, lei mi baciò. Anche lei mi desiderava. Lo sentivo. Sentivo che lei voleva baciarmi, voleva me. Desiderava le mie labbra, i miei abbracci, il mio calore. Il mio Amore. Le nostre labbra si staccarono e ci guardammo. Iniziammo a ridere completamente avvolti in un'aura di imbarazzo. Iniziammo a parlare un po' di tutto, dei nostri problemi adolescenziali, fino ad arrivare alle cose più stupide. Passarono svariate ore ed erano diventate le 20. Lei doveva tornare a casa perché a breve avrebbe iniziato a cenare. Il sole era già molto basso ed era l'ora di lasciarla e tornare a casa. Con il rammarico nel cuore, ci alzammo e ci dirigemmo verso casa di lei. La presi per mano, era fredda e liscia. Era più bassa di me, ma di soli pochi centimetri. Camminavamo in sincronia, non dovevo fare molti sforzi per stare al suo passo, ma era una tortura. Non volevo stare lontano da lei. Quando fummo ai piedi della collina, mi voltai e vidi la pianura tinta di un arancione scuro, con alcune sfumature di giallo e rosso. L'albero si trovava perfettamente al centro del sole creando un paesaggio mozzafiato quasi d'incanto. -Senti..- Mi disse con voce impaurita. Mi girai e la guardai enigmatico. Era la prima volta che si rivolgeva con me con quel tono. Sembrava che dovesse scoppiare a piangere da un momento all'altro. Continuò:-Tu fai i salti mortali per venire qui. Devi prendere due autobus e poi farti venire a prendere da tua madre. Forse..- -No.- La bloccai. Sapevo cosa stava per dire. Già la vedevo poco. Non volevo vederla ancora meno. Iniziai a disperarmi, la mia mente vagò in molti pensieri. Pensavo di non piacerle più come prima o che non voleva stare con me. Lei si riprese dicendomi:- Non volevo chiederti di vederci di meno, ma potresti..bhé potresti dormire da me qualche volta. Abbiamo...Abbiamo la stanza degli ospiti in cui potresti stare.- Tutta la disperazione e la tristezza se ne andò come se mi fossi tolto un enorme masso dalle spalle. -Volentieri!- Risposi con con un enorme sorriso e con un sospiro liberatorio. Poi ci pensai bene e il mio sorriso si spense. -Per tuo padre va bene? Non gli sto molto simpatico...- Il masso tornò e si fece ancor più pesante. -Non importa. A lui ci penso io. Posso vincere questa battaglia. Per te.- E mi sorrise. Quel sorriso era incantevole. Mi rilassai e il masso sparì del tutto. Quelle parole mi avevano dato una grande autostima e una nuova vitalità. Non ero robusto, né avevo mai picchiato qualcuno in vita mia, non avevo neanche i muscoli, ma dopo quella frase avrei affrontato anche un intero esercito. Per lei. Arrivammo davanti al portone di casa sua. Il portone era marrone scuro, sembrava quercia, rialzata da un portico con quattro o cinque scale da fare per arrivarci. Era una casa completamente fatta di legno, ma molto robusta come le case Americane che si vedono nei film. La salutai abbracciandola. Lei mi baciò per prima. Le sue labbra sapevano ancora di fragole e il profumo del suo shampoo era ancora più forte che mai. Mentre la baciavo, le accarezzai i suoi morbidi e lisci capelli, scoprendo che dell'erba le era rimasta impigliata. Iniziai a sorridere. Lei staccò le sue labbra dalle mie e mi fissò con aria perplessa. - Cosa c'è?- mi chiese. -Hai dell'erba impigliata sui capelli.- Rise. Una risata debole e magica che catturò le mie orecchie. Era ancora più bella quando rideva. Gliene tolsi un paio e la baciai. Arrivò una folata di vento che spostò i suoi capelli all'indietro, liberandola dagli ultimi rimasti. Le misi delicatamente le mie mani sui suoi fianchi. Il suo corpo era soffice come una piuma, non era magrissima e non aveva addominali però, per me, aveva il corpo più bello di qualsiasi altra ragazza. Mi sentii osservato. Staccai le labbra da lei e mi girai verso il portone. C'era la madre che ci osservava con un gran sorriso. Era piccola di statura, tuttavia stando sul portico era più alta di me, anche se di poco. La salutai con rispetto:- Salve! Ehm..Io stavo per andare via.- Non volevo ammetterlo, ma ero in imbarazzo. Probabilmente se ci fosse stato anche il padre sarebbe stato peggio. Mi sarei sentito come un coniglio braccato dal un cacciatore. -Stai tranquillo. Non mangio mica.-Mi disse per rassicurarmi. -Ma io si.- Una voce all'interno della casa mi fece gelare il sangue. Dalla porta uscì anche il padre. Mi fissava intensamente con un aria molto ostile. Il cacciatore aveva trovato il coniglio e gli puntava il fucile. Levai le mani dai fianchi della mia amata. -S..Salve. Ehm..Io..- Ero agitato. Era molto più grosso di me. Il suo braccio era quattro volte il mio, muscoloso e sopratutto inquietante. Alto quasi il doppio della moglie. Un gigante. Sarebbe stato pronto a squoiarmi vivo e mangiarmi se ne avesse avuto la possibilità. -Ciao, Ben. Ora fuori dalle palle, Ben. Non hai visto l'ora? sono le 20:10. Ti ho detto che deve stare a casa per le 20 precise. Avanti Angelica, entriamo.- Tagliò corto il padre. -Papà!- Lo ammonì Angelica. Lui la fissò con un espressione disorientata. Lei si mise le mani sui fianchi e la testa leggermente chinata di lato per rimproverarlo. La madre divertita, lo prese per il braccio e lo trascinò dentro casa dicendoci -Fate con calma.- Rimanemmo soli e con la porta della casa aperta. Ci guardammo e iniziammo a ridere. Mi dispiaceva andarmene, ma l'avrei rivista il giorno seguente. Quindi la presi per i fianchi e la baciai. Lei mise le sue braccia intorno al mio collo. Ci stringemmo a lungo e, quando il sole stava per sparire, lei entrò in casa ed io mi incamminai per tornare a casa. Sentii un bisbiglio che proveniva dal salone. Una voce da donna, probabilmente la madre, ma era come un bisbiglio ed ero troppo concentrato a pensare a lei, quindi tornai a casa senza scoprire cosa si fossero detti.

-So io cosa si sono detti.- Una voce soave entrò nella stanza da letto. Mi girai e la vidi. Angelica. Mi alzai e la baciai per salutarla. Aveva trent'anni, ma non era cambiata di una virgola. Anzi, avevamo trent'anni. I suoi capelli erano leggermente più corti, era più alta, anche se rimaneva sempre piu bassa di me. Eravamo cresciuti, non eravamo più ragazzi. -Cosa si sono detti i nonni?- Chiese Francesco. Aveva 6 anni, ma era già un grande curiosone. -Shh, aspetta.- Lo rimproverò Isabella. Amava vederci così uniti e stare insieme. Aveva solo 5 anni. Li guardai nei loro letti. La stanza era buia, la fioca luce, posta al centro dei due letti, illuminava solamente i visi dei due fanciulli e una parte del loro letto. -Cosa devo aspettare? Voglio sapere!- -Francesco ha ragione. Cosa si sono detti?- Incalzai ad Angelica. Lei mi prese la mano e mi fece sedere sulla sedia dove ero posto poco prima, lei si sedette sulle mie gambe ed iniziò a raccontare.

Entrai in casa. I miei stavano osservando Ben dalla finestra. Non si erano accorti di me. Mia madre disse bisbigliando -Ti ricordi quando eravamo anche noi così? Facevamo fino a tardi e mio padre ti faceva il classico discorso sul riportarmi a casa entro le 21, come tu lo fai a quel ragazzo.- Lui rise e disse -Si me lo ricordo come se fosse ieri.- Si girò verso di lei con un enorme sorriso. La guardava con ammirazione e adorazione. -Hey- disse a mia madre -Ti amo.- Mia madre si girò lusingata e si baciarono come se avessero 15 anni. "Io e Ben saremo così in futuro." pensai. "Il nostro amore, come il loro, durerà in eterno."
   
 
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