Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Ricorda la storia  |      
Autore: Snehvide    24/10/2021    4 recensioni
“Per il momento, dobbiamo fare i conti con una sua peculiarità.” Hange addenta il labbro inferiore con gli incisivi, cerca di non gioire troppo. “Funziona solo se la tua temperatura corporea è compresa tra i 38.3 e i 39.2. Non un grado di più, non un grado di meno. In caso contrario, perderebbe qualsiasi efficacia.”
Erwin ascolta la spiegazione interessato, poi torna a fissarlo come solo lui sa fare.
Levi sospira, rilassa le spalle contro il cuscino quando sente il sopraggiungere di un crampo ai muscoli del collo.
“Dunque dovrei tacere e lasciare che questa psicopatica mi infili la sua amata bacchetta di vetro su per il culo?”
Erwin piega la testa da un lato e poi dall’altra, distoglie lo sguardo, “Beh, sono sicuro ci siano modi più corretti per poterne parlare, ma…”
.
.
[Eruri] [Post-NoRegrets] [Hurt/Comfort come se piovesse: Sick!Levi, Caretaker!Erwin, Caretaker!Hange]
WARNING: lieve dub-con (non sessuale); cure mediche IMBARAZZANTI; parolacce.
Genere: Commedia, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Moblit Berner
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

A spoonful of sugar helps the medicine ‘go down’


“Levi, Hange non si sta divertendo.”

Considerato però il ghigno inquietante con cui la quattrocchi di merda lo fissa dal fondo del suo letto, per Levi è difficile da credere.

“Dico bene, Hange?”

“Affatto.”

Erwin solleva un sopracciglio, poi saggiamente lascia che l’ambiguità di quella risposta evapori insieme ai fumi balsamici che ha sul comodino.

“Se è qui a chiederti questo, è perché ha una buona ragione.” continua, calmo e convincente. “Non è così, Hange?”

“Assolutamente.”

Hange balza in piedi prima che le labbra di Erwin possano dar vita alla vocale che andrebbe ad accompagnare l’indice sollevato.
Circumnaviga il letto, lo raggiunge.
Levi ha l’impressione di vedere un fremito di gioia sui suoi polsi mentre li solleva trionfanti di fronte a sé.

“Io e Moblit ci stavamo lavorando già da mesi, ma è solo grazie a te e alla tua febbre continua se siamo riusciti a trovare la giusta formulazione. È un farmaco straordinario. Straordinario. Riesce a far scendere la temperatura, anche alta, in pochissimo tempo e a mantenerla sotto una certa soglia. Solo che…”

“Solo che…?”

“Per il momento, dobbiamo fare i conti con una sua peculiarità.” Hange addenta il labbro inferiore con gli incisivi, cerca di non gioire troppo. “Funziona solo se la tua temperatura corporea è compresa tra i 38.3 e i 39.2. Non un grado di più, non un grado di meno. In caso contrario, perderebbe qualsiasi efficacia.”

Erwin ascolta la spiegazione interessato, poi torna a fissarlo come solo lui sa fare.

Levi sospira, rilassa le spalle contro il cuscino quando sente il sopraggiungere di un crampo ai muscoli del collo.

“Dunque dovrei tacere e lasciare che questa psicopatica mi infili la sua amata bacchetta di vetro su per il culo?”

Erwin piega la testa da un lato e poi dall’altra, distoglie lo sguardo, “Beh, sono sicuro ci siano modi più corretti per poterne parlare, ma…”

“Come ti dicevo anche prima, non durerà che un paio di minuti.”
Interviene Hange, spingendo gli occhiali sul naso.

Sotto le ciglia umide, Levi decide pigramente di darsi comunque una seconda possibilità. Così. Giusto per poter un giorno dire di averlo fatto: ispeziona la stanza, l'ubicazione di porte e finestre. Valuta la velocità con cui il servo rincoglionito dalla perenne espressione costipata si abbatterebbe su di lui dallo stipite della porta, le possibilità che ha, senza il suo coltello, di sfuggire contemporaneamente alla sua presa, a quella di Erwin, di Hange, ed anche a quella dell’ammucchiata di reclute che casualmente si trova a ciarlare giusto fuori dalla  porta, e che di sicuro, se chiedesse, gli direbbero che non li hanno affatto piazzati lì per qualsiasi evenienza come crede.
A fargli capire di non avere alcuna speranza di fuga però, sono i suoi polmoni, che come se non fossero stati suoi per tutti quegli anni, adesso vanno lì, a gracchiargli contro e a chiedere il conto di tanta insofferenza.

E maledizione.

Maledizione.

Si ritrova aggrappato con una mano alla spalla di Erwin e con l’altra a quella della quattrocchi prima ancora che il suo orgoglio abbia anche solo il tempo di chiedergli ‘ma che cazzo stai facendo!?’

“Coraggio, Levi— vieni qui, stenditi.”

Non è ancora pronto, ma questo a Erwin non sembra importare.
Tra ciò che vuole e ciò che crede di non volere, c’è un velo sottile quanto il tessuto da quattro soldi dei pantaloni del pigiama che indossa, o meglio – indossava, prima che le dita di Erwin si insinuassero sotto l’elastico eliminandone qualsiasi ambiguità.

“A-aspetta!” azzarda, forse con troppa enfasi per essere preso davvero sul serio. Il ritrovarsi però bloccato sul grembo di Erwin con la metà inferiore esposta senza ritegno agli occhi di tutti è uno schiaffo che lo raggiunge in ritardo.
Precisamente, lo raggiunge quando sente il fiato della psicopatica di merda farsi troppo vicino al suo culo.

“Levi,” Erwin prende in una mano il suo viso, ne impone una rotta differente da quella impostata. “Rilassati. Nessuno ti farà del male.”

E Levi lo distoglierebbe pure, lo sguardo dai quegli occhi buoni. Lo farebbe molto volentieri, considerato che il mondo alle sue spalle continua a girare, le borse ad aprirsi, ferraglia e barattolame a crepitare, ma lui di tutto ciò, ha solo un lieve accenno sonoro, e questo è sufficiente perché il suo cuore assuma un ritmo che va di pari passo al martellare delle tempie, e non va bene.
Ma c’è qualcosa, oltre alle dita che Erwin ha dispiegato sotto al suo mento che non glielo permette.

Qualcosa che può ritrovare anche nella mano con cui Erwin sta scorrendo la sua schiena scoperta – e diamine, da quando è scoperta!? (l’eco del ‘togliamogli tutto, Erwin – la temperatura interna dev’essere quanto più autentica possibile’, gli rimbomba nella testa solo adesso, terribile e sconvolgente come solo una frase simile scartata dalla sua mente a priori può esserlo).

“Ho detto aspetta, cazzo—” ringhia, non ci sono occhi né mani di Erwin che riescano a tenerlo fermo quando delle dita impertinenti vanno a premergli l’interno delle cosce affinché le allarghi.
O forse sì. Forse, ci sono eccome.

“Se aspettiamo è peggio,” spiega la quattrocchi con una calma professionale altamente fastidiosa. “Rilassati, vedrai che non sentirai niente,”

“Levi—” Il pollice e l’indice di Erwin arretrano, raggiungono pericolosamente la base del suo collo, lo inarcano al limite del sopportabile. “Guardami. Guarda me.”

E non è casuale. Al contrario suo, Erwin vede. E vedendo, può anche immaginare quali sarebbero le reazioni di una persona normale nel momento in cui una sostanza gelida e viscida gli viene fatta colare contro l’ano.

“Cazzo, smettila!” ritira le anche come un bruco, rabbrividisce. La mano di Erwin scivola severa sulla sua natica. Qualunque cosa abbia fatto, con quella mano lì piazzata, non la farà più.

“Scusa, è un po’ freddino.” cantilena, non troppo dispiaciuta, “Farò in fretta, tranquillo. Moblit?”

“Sì, Caposquadra?”

“Vieni qui, fa in modo che non muova le gambe.”

“Agli ordini.”

“Cosa cazz– fanculo, prova solo a toccarmi e sei morto, rincoglionito di merda! Sei morto! – Erwin!

Erwin.
Prima di domandarsi come diavolo gli sia venuto in mente di chiamare il suo nome, dovrebbe domandarsi come diavolo gli sia venuto in mente di chiamare il suo nome con una voce così incrinata, così rotta.
Così disperata.

Come se non fosse lui la causa di tutto. Come non fosse lui la causa del suo cervello in pappa.

“Moblit, non è necessario.”

Dovrebbe farlo stare meglio, ma la verità è che quasi più umiliante così.
China il capo tremante, Erwin lascia che lo affondi contro il suo grembo senza una parola.
Ascolta i suoi polmoni congestionati tornare a respirare.

“Erwin, il termometro è in vetro. Hai idea di cosa accadrebbe se dovesse rompersi a causa di un movimento sconsiderato?”

“Non accadrà. Non è così, Levi?” le dita di Erwin giocherellano con i capelli sulla nuca bagnata, tracciano righe, spirali, e tutta una serie di segni che vanno di pari passo con quelli che Levi vede scintillare nell'oscurità delle sue palpebre serrate. La stessa in cui lascia morire la domanda.

“Procedi, Hange.” La mano di Erwin sulla natica destra; quella di Hange, sulla sinistra, “Sii delicata.”

“Un bel respiro, piano—” La punta dà l'illusione di essere la parte peggiore, ma non è così. Levi sente le sue carni scollarsi, la bacchetta risalire impietosa su per un varco innaturale, stretto, inospitale.

 “Non ostacolarlo. Scivolerà da sé, se ti rilassi—” E Levi non sa perché stia ancora ad ascoltarla, quella psicopatica. Ha certamente a che fare con i ‘bravo, sei molto bravo, Levi—’, che Erwin gli elargisce sfiorando con le nocche e con la voce, ogni singolo anello della sua spina dorsale.

Ah!” è quanto sfugge alle sue labbra quando quel cazzo di strumento di tortura va a disturbare luoghi del suo corpo che non credeva così suscettibili.

“Fatto. È dentro. Non è stato così brutto, no?”

Il commento a quella frase, Levi lo articola solo ad Erwin, e lo fa esalando un ansito bagnato contro il suo bel pantalone in pregiato gabardine, che avrà un alone interessante, dopo questo.

“Quanto dovrà restare dentro?” domanda Erwin, in sua vece.

“Almeno tre minuti.”

L’idea di rassegnarsi arriva quando le dita di Hange battono un paio di volte giocose e sonore su una sua natica rigida. “E tu, Levi, stringi queste chiappe e vedi di non spingerlo fuori, o dovremo ricominciare tutto da capo e non sarà piacevole.”

La sua lingua ha già il nome di Erwin sulla punta. Freme e stride per uscire più di quel coso che, con il suo benestare, gli hanno ficcato nel buco del culo.
Questa volta, però, si arresta prima che possa articolarlo.
Questa volta però, vince lui.

La sua vittoria, si dice, non ha nulla a che fare con il fatto che Erwin, il suo nome, lo abbia sentito già nel vibrare dei suoi muscoli tesi, e nel silenzio interrotto solo da dei respiri che portano ancora la sua supplica, e fanno rumore.

I tre minuti scorrono lenti come il cervello dell’assistente del cazzo che sta lì, impalato, in attesa di chissà cosa.

“Ehi, tu. Ma non hai proprio un cazzo di meglio da fare che guardarmi mentre mi seviziano il culo? Sei uno di quelli a cui piace guardare, forse?”

Probabilmente sa di avere quel tipo di carnagione che non maschera neanche il benché minimo rossore.
Il coglione aggrotta il viso, distoglie lo sguardo in un miscuglio di imbarazzo e disgusto. Non risponde.
Almeno questa soddisfazione, Levi se la prende.

“Moblit è esattamente dove dovrebbe essere.” Interviene, Erwin. La mano con cui gli pettina i capelli all'indietro diventa irritante più di quanto avrebbe fatto il semplice rimprovero. “Sei stato tu, con la tua mancanza di collaborazione, ad esserti giocato qualsiasi prospettiva di riservatezza, lo sai.”

Levi sfiata un sospiro pesante, lo spettro di una rabbia che impiegherà ancora molto tempo a smaltire.

Ripensa alla quattrocchi che si presenta nella sua camera pimpante come una cazzo di fatina, con una bacchetta magica più lunga del solito, un blaterare insensato e volgare che crea nella sua mente l’esatta immagine di quanto sta vivendo adesso– e fanculo.
Fanculo, non immaginava avesse la chiamata ai rinforzi così facile, quella psicopatica del cazzo.
Levi sospira, e sospira ancora.
I pezzi di rabbia da esalare però, si appiccicano ai suoi polmoni come fuliggine: tossisce un po’, ma non si scollano.


“Va bene, dovrebbe essere sufficiente così.” La sensazione che produce il termometro nell’abbandonarlo è ancora più disgustosa di quanto lo sia stato nell’introdursi. Il suono, gli provoca direttamente un conato.

“Vediamo, vediamo—”

“Posso rialzarmi?” cade inascoltato sotto i gridolini di gioia della psicopatica.

“Trentanove! La tua temperatura è di trentanove gradi esatti!”

Levi si sforza a considerarlo consolante. Lo sforzo diventa maggiore quando nota che la mano di Erwin continua a restare piazzata sulla sua nuca.

“Posso rialzarmi adesso?”  
Prova a ruotare il bacino, ma tutto ciò che ottiene, è uno Sshhh’ arrotondato, soffiato con la leggerezza di chi non vive il dramma in prima persona, e il braccio di Erwin che si accomoda sotto al suo petto, lo cinge, sfrega piano le sue costole sporgenti. “Non correre.”, dice.

Non vede cosa Hange stia cercando alle sue spalle, e questo è fastidioso.


“Moblit, mi raccomando, appunta tutto. Affianca le note da qualche schizzo, se necessario. Non omettere alcun dettaglio.”

“Sì, Caposquadra.”

Un tappo di sughero casca sul pavimento. Non comunica niente di buono.

Ancora di meno buono comunica il fatto che psicopatica di merda abbia di nuovo le dita scortesi tra le sue natiche

“I calcoli sono esatti, Moblit. Sono esatti. Devono essere esatti. Sarà una scoperta sensazionale,” balbetta; la voce si incrina dall’emozione, a stento articola tutto il resto.
Il riverbero di tanta eccitazione, Levi lo ritrova trova anche sui polpastrelli che molesti, vanno di nuovo lì ad imbrattare suo orifizio con uno dei suoi luridi impiastri maleodoranti, e…

“Che diamine stai facendo, quattrocchi di merda?!” grida, la disperazione gli salta addosso come Erwin Smith aveva fatto tra le fogne prima di bloccare i suoi polsi.
E di Erwin Smith, adesso ne porta anche il volto.

“Levi, stai fermo.” Ed è incredibile come riesca a spegnere qualsiasi suo muscolo con la sola voce, il solo sguardo, il solo arco tra pollice e l’indice sotto il suo mento.

“Hange sta solo somministrando il medicamento che ha preparato per te.”

“E lo fa continuando a stuprarmi il cu—ah!

“Rilassati!” rimprovera la stronza, di fronte alla resistenza dei suoi muscoli serrati in protesta. “Diamine, ma perché ti è così difficile farlo?”

“Difficile?!”

Shhhh, Levi. Non innervosirti. Ci vuole solo un attimo—”

Sotto la camicia che ha appena fatto ritorno sulla sua schiena, le mani di Erwin producono un fruscio strano, come un linguaggio cifrato rivolto solo ad alcuni elementi seppelliti in profondità dentro di sé.

Il suo cuore rallenta; il suo corpo lo tradisce di nuovo.

“Moblit, segna: una volta a contatto con le mucose il composto perde compattezza in un arco di circa 5 secondi – dobbiamo impegnarci a farli più resistenti.”

“Signorsì”

“Allora, Levi. Riproviamoci con più serietà.”

Levi stringe i pugni quando sente di nuovo qualcosa premere, le dita di Erwin si chiudono sul suo costato.
Le altre, sui suoi polsi.

“Respira,”

L’aria che ha bloccato in gola fuoriesce in piccoli tocchi. Qualunque cosa la quattrocchi abbia infilato dentro di sé insieme a una o due delle sue falangi, il suo corpo l’ha già accettata.

“Ascoltami, Levi – vorrei che tu adesso mi descrivessi esattamente che sensazione ti dà. Fa male? Se sì, che tipo di dolore? È più un bruciore, una fitta o un prurito?”

“Hange, per favore—”

“Ho bisogno di saperlo, Erwin. È importante. Mi serve per poter valutare la scelta della formulazione di rivestimento ed eventualmente, migliorarla.”

“Valuta tutte le formulazioni che vuoi, ma fallo dopo che avrai tirato fuori il tuo cazzo di dito dal mio culo!” La mano di Erwin sulla schiena cerca di dissuaderlo dal contrarre e agitare in quel modo le anche.

“Ancora un paio di secondi.” cantilena lei, fermamente ancorata. “Meglio essere prudenti. Annota anche questo, Moblit.”

“A-agli ordini, Caposquadra.”

E i secondi scorrono, scorrono le dita di Erwin sulla sua pelle, scorrono come i vari ‘è tutto finito,’, ‘ancora un attimo,’, ‘presto starai bene’, ‘guarirai presto’. E un’altra serie di inutilità che spezza il suo corpo tra dignità e orgoglio, che gli dicono di non voler sentire nulla di tutto ciò, e tutto il resto, che invece, stupidamente, tentenna.

“Fatto!”

Il suono di quella frase mette tutti i suoi sensi d’accordo. Li mette a tal punto da soprassedere anche alla nuova pacca che la quattrocchi di merda ha giocosamente voluto consegnare alle sue natiche tese prima di raddrizzare la schiena e avvicinarsi al lavamani in un angolo della camera.

Levi preme sui gomiti, torna a sedere prima ancora che Erwin finisca di riportare per lui l’elastico dei pantaloni al suo posto.

“Evita di evacuare per almeno un paio di ore o i risultati verranno falsati.”

“Dunque, prima di andare a cagare, dovrò chiederti il permesso?!”

Hange si asciuga le mani, controlla il suo orologio da taschino.

“Se da qui alle prossime tre ore, sì. O a me o a Moblit. Lo trovi nel laboratorio qui di fianco. Verrà ogni ora a prenderti la temperatura.”

“Ascellare. Prenderò quella ascellare, capitano.” Si affretta a specificare l’uomo, a palmi sollevati e dita tese come le zampe di un pollo appeso.

Levi sospira. Ha i sapori della nausea in gola, i brividi di febbre che tornano a chiedergli il conto di tutto quel casino, e un fastidio; un prurito che prima non c'era.

Erwin ha abbottonato per lui la camicia del suo pigiama: non si fa ripetere due volte l’invito del comandante a tornare sotto le coperte.

Quando la psicopatica abbandona la sua camera armeggiando e trafficando con gli appunti dell’altro smidollato, e le sue membra tornano a percepire il familiare peso di Erwin su un angolo del materasso come confortante, Levi sente il proprio corpo tornare al mittente, riacquistare ordine e appartenenza.

“Come stai?”

Sa che non è una domanda di circostanza. Si volta su un fianco, rifugia lo sguardo sull’intonaco scrostato che ha di fronte a sé, ove esseri strani di un mondo distante prendono vita e lo trascinano via.

“So che sei arrabbiato, ma è stato per il tuo bene."

“Anche farmi infilare dentro le porcherie dalla quattrocchi psicopatica di merda? Ho il culo in fiamme!”

Erwin ridacchia, “Sì, se serve a rimetterti in salute.”

Levi chiude gli occhi, lascia che il fanculo che ha sulla punta delle labbra muoia insieme a qualsiasi altra protesta. Ha solo voglia di respirare, e la colonia di Erwin è pure meglio dell’ossigeno.

È così vicino quando gli poggia quella pezzuola sulla fronte, che se continua a restare ad occhi chiusi, gli sembra quasi di averlo disteso lì, sul letto accanto a lui, in quell’universo scrostato in cui la grande mano fresca che preme sulla guancia rimane immobile lì, per lui, per sempre.

 

Fine

 

 

Note: NON BETATA, NON CORRETTA. Ambientata un mese dopo No Regrets.
Può essere considerata anche un sequel della mia Il sole, prima che sorga ma in realtà, è un lavoro indipendente.
Scritta per il Writeptember del gruppo Hurt/Comfort Italia; parole chiave #Culofic #NonCorrere – venite a trovarci!

È una di quelle che io chiamo affettuosamente culofic, e lo è in piena regola.

Non ho scuse per giustificare questo disastro. Ma poi, perché mai dovrei giustificarmi? V_V
Spero vi abbia divertiti!

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: Snehvide