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Autore: sabrinaebasta    27/10/2021    2 recensioni
Kirishima e Bakugo tornano entrambi nella propria città natale, per motivazioni differenti e si ricontrano dopo anni, il primo completamente diverso rispetto a prima, il secondo..beh è Bakugo
Peccato che entrambi siano nati a Lake View, una cittadina della Carolina del sud, con la mentalità retrograda e anche un pò bigotta. Un posto dove per sentirti libero e essere te stesso sei costretto a fuggire via, il più lontano possibile, cosa fatta da entrambi i nostri protagonisti ma la vita è stronza e alla fine che a te piaccia o no ti riporta sempre a casa...
Adesso Kirishima e Bakugo che faranno? Rimetteranno le loro maschere costruite da adolescenti..o sfideranno tutto e tutti essendo al 100% loro stessi?
E nel momento in cui la fama busserà alla porta di Bakugo che farà? Riuscirà a tenere separate la sua carriera e la sua vita privata?
Quirkless AU
Genere: Comico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza
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Kirishima

 

Monotona 

Questa è la parola che userei per descrivere la mia vita. Faccio sempre le stesse cose, vedo sempre le stesse persone, non succede mai nulla di diverso. Tutte le giornate sono uguali, lavoro, studio, mangio e dormo, ogni tanto esco con i miei “amici”, ma sinceramente non ho tanta voglia di stare con loro, fanno sempre le stesse battute, dicono sempre le stesse cazzate e io sono stufo di fingere, lo faccio da quando ho memoria, ho finto per anni di essere quello che non sono ma devo farlo, è questo il problema.

 

Monotona è anche la parola che userei per descrivere Lake View, un posto dove un ragazzo omosessuale come me deve sempre nascodersi, un posto dove sono stato costretto a tornare, perché nessuno sano di mente resterebbe qua, tutti una volta che si presenta la possibilità se ne andrebbero, infatti qua di inteligenza ce n’è ben poca visto che la mentalità è rimasta la stessa dal medioevo.

Ho sempre avuto una scarsa considerazione dei miei compagni del liceo e infatti sono rimasti tutti qua, tranne uno, l’unico intelligente non a caso, infatti, era sempre il migliore qualsiasi cosa facesse, ho sempre desiderato essere anche io come lui, figo, misterioso, intelligente, forte, virile e altri diecimila aggettivi positivi.

Si, avevo una cotta per lui, anzi è stato proprio lui a farmi capire di essere gay, è stato il primo ragazzo per cui abbia mai provato qualcosa, ovviamente non ha mai scoperto nulla, nessuno ha mai scoperto che fossi gay e innamorato di lui.

 

Riflettevo su tutto questo mentre andavo a lavoro, in quei 10 minuti di camminata completamente solo mi ritrovavo sempre a riflettere sulla mia vita e su quanto vorrei che avesse una svolta, proprio come lo è stata il college, l’ho scelto il più lontano possibile da qua non sarei mai tornato se non fosse per la malattia di mia madre, se lei non si fosse ammalata sarei a Stanford a finire i miei studi di medicina per poi iniziare il la specialistica, invece mi ritrovo a Lake View, una cittadina della Carolina del Sud, dove nessuno sa chi sono in realtà.

Avevo bisogno di qualcosa che mi spingesse ad andare avanti, a restare qua, a non desiderare ogni giorno di essere su uno stupido aereo per tornare alla mia vita di qualche settimana fà, si conducevo una vita molto faticosa ed ero sempre stanco, lavorare in un pub la sera ed alzarsi presto la mattina non era una vita molto leggera, avevo pochissimo tempo per studiare eppure riuscivo comunque a non essere eccessivamente indietro rispetto agli altri e a non addormentarmi a lezione, dormivo intorno alle 3 ore a notte eppure ero sempre carico ed energico, avevo sempre voglia di uscire, studiare o fare qualsiasi altra cosa.

Adesso l'unico motivo per il quale mi alzo dal letto la mattina è che ho scelto di lavorare nella biblioteca della città, quindi ho miliardi di libri tutti per me e nessuno a parte qualche signora per le associazioni storiche o qualche bambino per poter leggere Harry Potter senza essere scoperto, viene in biblioteca e a me andava benissimo così, avevo la possibilità di guadagnare qualche soldo potendo vedere il meno possibile le persone che vivono qua, un'occasione irripetibile.

 

Ad interrompere il mio flusso di pensieri è il fatto che sono arrivato a lavoro, apro la porta e trovo come sempre il carrello dei libri da mettere a posto pieno, che sono stati presi da me ieri o i giorni prima per leggerli, infatti se non lo usassi come mia mini biblioteca personale portabile sarebbe sempre vuoto, lo è stato durante la prima settimana che lavoravo qua poi mi metteva troppa tristezza e ho deciso di metterci tutti i libri che mi incuriosivano, che volevo leggere o rileggere. 

Avevo questo vizio fin da quando ero piccolo, accumulavo libri di tutti i generi e tutte le lingue e li leggevo tutti, infatti su quel carrello si poteva passare da Shakespeare a Rick Riordan, da Orgoglio e Pregiudizio ad Hunger games.

 

Mancava ancora un'ora all’apertura venivo sempre presto, per due ragioni, uno potevo mettere la musica al massimo e due potevo leggere un oretta in santa pace senza che nessuno mi interrompesse, così prendo un libro a caso dal primo ripiano del carrello, mi è capitato la canzone di Achille, una delle mie storie d’amore preferita, amo le storie tragiche, le storie di un amore così potente da sconfiggere qualsiasi cosa, anche la morte, speravo di riuscire a provare un amore così anche io un giorno, anche se ne dubitavo, ho imparato fin da piccolo che ciò che leggi nei libri difficilmente si realizza anche nella vita vera, motivo per il quale ogni volta che posso mi rifugio nei libri, sono il mio posto sicuro dove posso essere me stesso, senza pregiudizi o paure, mi permettono di evadere da quel posto che m'incatena, soffocandomi, facendomi sentire un leone in gabbia e senza una via d’uscita.

Ed ecco che tornava la sensazione di claustrofobia che mi rende difficile respirare ed è sempre susseguita da un attacco di panico, così mi alzo ed esco velocemente all’aria aperta senza neanche posare il libro che avevo in mano, finiva sempre così, ogni volta che pensavo al fatto che ero incatenato lì avevo un attacco di panico, ne soffrivo quando andavo al liceo ma nel momento in cui me ne sono andato erano spariti e sono tornati il giorno in cui ricevetti quella telefonata. Mi chiamò mia nonna dicendo che a mia madre era stato diagnosticato un tumore al cervello e mi chiedeva disperatamente di tornare, perché da sola non ce l’avrebbe mai fatta, così una settimana dopo ero su un aereo che mi avrebbe portato nel posto che più odio al mondo.

Lo avevo fatto per lei e non me ne pento, è la persona più importante della mia vita, la persona che mi ha cresciuto e mi ha fatto diventare quello che sono, mollare tutto per prendermi cura di lei era il minimo che potessi fare. 

 

Ero riuscito a calmarmi giusto in tempo, poco prima dell’arrivo di Marian, la vera bibliotecaria, io ero solo il suo assistente, era la donna più bella che abbia mai visto, sulla trentina, pelle ambrata come se andasse al mare tutto l’anno, occhi marroni così profondi da poterli guardare per ore e ore, i lineamenti del viso perfetti, non aveva una sola ruga, i capelli castani lunghi e ricci che purtroppo teneva quasi sempre legati .Ogni volta che mi fermavo a guardarla rimanevo di stucco per la sua enorme bellezza, tutti in città si chiedevano perché facesse la bibliotecaria, sarebbe potuta diventare una modella o un'attrice di successo anche entrambe le cose tranquillamente ma lei detestava anche solo l’idea di esserlo, l’unico a sapere il perchè ero io, lei odiava essere considerata un bel faccino e basta, infatti faceva di tutto per non sembrare bella, legava i capelli in modo disordinato, non si truccava e tantissime volte l’ho vista girare per Lake View in tuta ma nonostante tutto rimaneva comunque bellissima.

Una delle sue più grandi qualità era che gli basta osservare qualcuno per un pò e subito era in grado di capire la sua natura o che tipo di persona è, se invece conosce la persona gli basta uno sguardo per capire come sta. Questa è una cosa che odio di lei ed infatti quella mattina le è bastato guardarmi un attimo per capire che non stavo bene.

 

«Buongiorno Eijiro, oggi siamo di pessimo umore» dice facendomi uno dei suoi più belli sorrisi

«Buongiorno Dottoressa e no, sto bene grazie» rispondo sforzando un sorriso in modo che sia più realistico possibile 

«Quante volte devo dirtelo di non chiamarmi dottoressa, mi fa sentire vecchia e poi direi che la musica e il libro che tieni in mano dicono il contrario» mi guardò alzando un sopracciglio 

«Oh è solo una coincidenza, lo sa che la mattina pesco i libri a caso dal carrello magico»

«Lo so, ma io ti ho sempre detto che i libri ti mandano messaggi, più precisamente l’universo attraverso di essi ti avverte o cerca di guidarti nella giusta direzione» dice lei aprendo la porta 

«si me lo avrà ripetuto 300 volte, solo questo mese» alzo gli occhi al cielo senza farmi notare 

Non ci credevo al fatto che l’universo mandasse messaggi e probabilmente mai ci avrei creduto, perché non capivo il motivo per cui l’universo dovesse mandare messaggi proprio a me e se può farlo allora perché non mi ha avvertito della malattia di mia madre oppure per il tradimento del mio ex, invece no ha deciso di avvertirmi solo ora alle mie orecchie quindi sembravano solo un mucchio di stronzate.

«Ho capito, come sempre non vuoi parlarne» mi fece un piccolo sorriso 

«Sul serio sto bene, non so perché continua a chiedermelo sempre» risposi io un pò stufo di fare la stessa conversazione tutti i giorni, perché si me lo chiedeva tutti i giorni, sapeva della malattia di mia madre e era anche l’unica a sapere del mio odio verso quel posto, anche perché qui erano tutti abbastanza patriottici e non potevi andare in giro a dire “questo posto fa schifo” o ti avrebbero linciato vivo e subito dopo avrebbero attaccato con il solito discorso sull’importanza storica che ha avuto quel luogo per la guerra civile, cosa che sapevo benissimo visto che l’unica storia che si studiava al liceo era quella.

«Perché mi preoccupo per te mio piccolo apprendista e sono sicura che arriverà il giorno dove ti pentirai di non aver accettato i miei preziosissimi consigli» disse mentre entrava nel suo studio o come la chiamavo io la sua Batcaverna, non aveva nulla di particolare era un normalissimo studio, almeno agli occhi di tutti sembrava così, ma agli occhi di uno appassionato di storia o di letteratura no, lì dentro erano contenute tutte le antiche cartine della città, i libri più antichi della biblioteca e persino qualche lettera risalente alla guerra civile, credo, principalmente le lettere di due innamorati separati dalla guerra, una storia d’amore così bella e tragica al tempo stesso.

Entravo raramente là dentro, non perché Marian non volesse, ma semplicemente perché quel posto mi ricordava i miei anni di liceo, dove mi rintanavo lì dentro a leggere quelle lettere o qualche libro ritenuto blasfemo o non consono per gli standard della cittadina, ossia sono banditi tutti quelli che contengono la magia, perché ovviamente incitano alla stregoneria, i libri con coppie gay o personaggi queer o appartenente a qualsivoglia categoria della LGBTQ+ e infine i libri con morti troppo cruente perché potrebbero traumatizzare troppo i poveri e piccoli bambini e ragazzi di Lake View, gli stessi ragazzi che il sabato sera vanno a fare festa a casa di qualcuno e si scolano litri e litri di alcol e gli stessi bambini che giocano a Fortnite sulla play, ovviamente tutto questo di nascosto dai genitori che li credono piccoli angeli perfetti.

Un altro motivo era che quella era una stanza isolata e lontana dalla porta e quindi se ci chiudevamo entrambi lì dentro non avremmo mai sentito o visto se qualcuno entrava non che fosse una cosa che accadesse spesso però quando accadeva farci ritrovare entrambi chiusi lì dentro non sarebbe stata una buona pubblicità.

Anche io però avevo una sorta di studio era una stanza vetrata su tre lati, posta accanto all’ingresso, in teoria era uno spazio dedicato a coloro che volevano leggere lontano dagli altri, in realtà avevo reclamato la sua proprietà da anni ormai, infatti quando leggevo libri “normali”, tipo il giovane Holden mi sedevo sempre lì così potevo vedere chi entrava e avvertire Marian o qualsiasi altra persona ci fosse a fargli da assistente, dentro allo studio c’era una semplicissima scrivania con tre cassetti per ogni lato, una poltrona ed una sedia di fronte, sull’unico muro della stanza era appeso un mappamondo, con delle X segnate sopra, erano segnati tutti i posti che volevo visitare di cui avevo letto nei libri, la prima volta che lo avevo visto, un sorriso spontaneo si era formato sulle mie labbra, lo aveva conservato per tutti quegli anni, così come si era ricordata che quello era il mio posto preferito e quindi aveva deciso di renderlo il mio studio, era stata la cosa più bella che qualcuno avesse mai fatto per me 

 

Questa è Lake View un posto dove puoi essere solo come gli altri vogliono, conforme alle regole non scritte di questo posto e se non lo sei ti etichettano, ti isolano e ti trattano come un reietto insomma tutte le tipiche cose che fa una cittadina con la mentalità bloccata nel 1600.

 

La giornata di lavoro fu tranquilla e il tempo passò così veloce che non mi accorsi neanche che la giornata fosse finita, salutai Mariam e mi incamminai verso casa, lei restava sempre dopo l’orario di chiusura per finire un progetto, non ha mai voluto parlarne con me, anzi che io sappia non ne ha mai parlato di questa cosa con nessuno.

 

Mentre tornavo a casa decisi di mettere di nuovo la stessa playlist della mattina e mi ritrovai di nuovo perso nei miei pensieri, anzi nei miei ricordi e mentre nelle cuffiette suonava Happier, una canzone che mi riportava alla mente brutti ricordi, che avrei voluto dimenticare, chiudere in qualche cassetto e gettare via la chiave.

“But she's beautiful, she looks kind, she probably gives you butterflies” 

Olivia ma come diavolo fai a esprimere perfettamente i miei sentimenti così perfettamente senza neanche conoscermi, mentre ascoltavo quelle parole però un ricordo specifico si fece spazio nella mia mente

 

“Erano davanti ai miei occhi a baciarsi, no direi che si stavano mentendo le rispettive lingue l’uno nella gola dell’altra e in quel momento il mio cuore andò in mille pezzi, un dolore lancinante all’altezza del petto e le lacrime minacciavano di uscire dai miei occhi, avrei voluto tanto correre via eppure le mie gambe erano immobili, non riuscivo a spostarle come se qualcuno mi tenesse incatenato lì anche se io volessi scappare via.

Nessuno si accorse di me, erano tutti troppo concentrati a guardare quella scena e ha fare fischi, battutine e risatine, ma anche se lo avessero fatto nessuno avrebbe mai immaginato la vera motivazione dei miei occhi ludici, avrebbero pensato che ero l’ennesimo ragazzino sfigato che aveva preso l’ennesima cotta per Nejire, ma nessuno sarebbe mai arrivato al fatto che io stessi quasi per piangere per lui cosa che comunque non avrei mai fatto, non avrei mai pianto davanti a tutti, una volta tornato a casa, chiuso nella mia stanza, avrei lasciato uscire tutta la frustrazione e il dolore perché la mia stanza era l’unico posto dove potevo essere libero... ”

 

Mi scese una lacrima a ricordare quella giornata, la peggiore di tutta la mia vita, il primo momento in cui ho capito che la vita non è giusta, che questo posto fa schifo, fa troppo schifo, per stare bene sarei dovuto andare il più lontano possibile da lì e così ho fatto. Peccato che la vita sembra si diverta a prendersi gioco di me, avevo tutto, degli amici che mi apprezzavano, stavo studiando per fare ciò che avevo sempre desiderato, ero perfino riuscito a trovare un fidanzato ma poi improvvisamente, come un fulmine a ciel sereno, sono dovuto tornare qua a fingere.

 
  
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