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Autore: Serpentina    27/10/2021    1 recensioni
Londra, 2037
Il verdetto sulla morte di Aisling Carter, giudicata come tragico incidente, non convince Frida Weil, che nei misteri ci sguazza per passione e sospetta possa trattarsi di omicidio. Decide quindi di "ficcanasare", trascinando nella sua indagine non ufficiale William Wollestonecraft, forse perchè le piace più di quanto non voglia ammettere...
Un giallo con la nuova generazione dell'Irvingverse. 😉
Dal capitolo 5:
"–È vero che sei la figlia di Faith Irving, la patologa forense?
–Così è scritto sul mio certificato di nascita- fu la secca risposta di Frida, che storse il naso, a far intendere che quelle domande insulse la stavano indisponendo, e fece segno ad Andrew di risedersi.
–Ho voluto questo incontro perché, se ho ben capito, sostieni che tua madre abbia liquidato un po’ troppo frettolosamente la morte di mia sorella. Che razza di figlia non si fa scrupoli a sputtanare sua madre?
–Una dotata di un cervello funzionante. Meine liebe Mutter è fallace come qualunque essere umano, e i vincoli parentali sono nulla, in confronto al superiore interesse della giustizia. Ma non siamo qui per parlare di me. Se avete finito con le domande stupide, ne avrei una io. Una intelligente, tanto per cambiare: perché siete qui?"
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Bentrovati, miei prodi lettori!
Grazie, come sempre, ai lettori silenziosi e, naturalmente, a chi lascia un commento. * manda baci e abbracci * <3 <3
Avvertenze: le rivelazioni contenute nel capitolo potrebbero causare tachicardia, fiato corto, finanche shock. Si raccomanda di non intraprendere la lettura senza una comoda superficie di appoggio, una bevanda calda e, possibilmente, snack golosi e un gatto coccoloso.
Colonna sonora consigliata (soprattutto per la seconda metà del capitolo): “Can you feel my heart” dei BMTH (la versione originale, o l’ottima cover di Ai Mori feat. Halocene), e l’incommensurabile “Numb” dei Linkin Park.
 
Il braccio violento dell’amore
 
“Conosce l’amore solo chi ama senza speranza”.
Friedrich Schiller
 
Sebbene non fosse mai stato un tipo atletico, Andrew salì le scale a due a due, nella speranza di liberarsi il prima possibile di Frida. I pochi minuti trascorsi in sua compagnia, infatti, lo avevano persuaso della necessità, per salvaguardare la poca sanità mentale che gli rimaneva, di condurla da Aurora e poi accampare subito una scusa per dileguarsi. L’ingombrante  presenza della ragazza non gli procurava semplice ansia… bensì una sorta di timore reverenziale. I penetranti occhi di ghiaccio, la lingua tagliente, quel fastidioso atteggiamento di superiorità. Ogni secondo accanto a lei lo faceva sentire un supplice mortale al cospetto di una impietosa divinità.
Deciso, tuttavia, a non darle la soddisfazione di capire quanto lo mettesse a disagio, esalò, con fiato corto –Sono tre ore che mi fissi con quella strana espressione. Ti piaccio così tanto?- si sorprese nel constatare che, a quelle parole, l’irritante sorrisetto di lei si era allargato, e aggiunse  –No, perché, spiacente di deluderti, ma non sei il mio tipo!
La risposta di Frida fu una sonora risata, seguita dal divertito –Vorrei ben sperare! Liam, psicologo in erba, ha detto che non hai bisogno di una donna, quanto piuttosto di un surrogato di mammina amorevole che ti colmi dell’affetto e delle attenzioni che ti sono mancate quando eri piccolo; e a me non piacciono i bambini piagnucolosi.
Offeso dalla sincerità (sconfinante nella maleducazione) della Weil, Andrew mise a tacere la parte di lui che concordava con il profilo psicologico delineato da William, ricacciò a fatica il fiume di epiteti poco lusinghieri che avrebbe voluto rivolgerle, ed invece chiese –Cosa ti piace, allora?
Frida gli rivolse un’occhiata deliberatamente maliziosa, studiata per metterlo a disagio; peccato che, contrariamente all’atteso, invece di acuire il timore reverenziale di Andrew, gli risultò quasi comica, inducendolo a pensare che una persona così “fuori dal comune” - per non utilizzare espressioni ingiuriose o volgari - sarebbe sicuramente andata d’amore e d’accordo con Kenneth Rhys-Jones, il più “fuori dal comune” tra i compagni di merende di Aisling (e, non a caso, quello che meno poteva soffrire).
“Forse dovrei presentarli. Unire due anime gemelle potrebbe giovare al mio karma!”
–Ti ritengo abbastanza intelligente da non insultarti con una risposta. Ora, se hai finito di dare fiato alla bocca, avrei una domanda; una intelligente, tanto per cambiare. Come conosci meinen Freund1 Kevin?
A differenza della Weil, Andrew non era abile nel dissimulare le proprie emozioni: preso in contropiede da quella domanda diretta, venne colto dal panico, impallidì, iniziò a sudare freddo e balbettò qualcosa di incomprensibile, il tutto sotto lo sguardo sempre più divertito di lei.
“Si sta prendendo gioco di me, la stronza! Ma se crede che spiffererò tutto così facilmente, casca male!”
–Non so di cosa parli. Non conosco nessun Kevin.
Komm, verarsch mich nicht2!- ruggì lei, facendolo trasalire per l’asprezza sia del tono di voce che delle parole. –Lo conosci eccome! Solo, non vuoi ammetterlo, e non capisco proprio il perché: cosa c’è di male nell’aver rimorchiato un bel moretto con l’aria da artista bohémienne? Personalmente, “una botta e via” è una formula che non mi si addice, ma non giudico- picchiettò l’indice sul mento con fare pensoso, e aggiunse –Aber, jetz wo ich darüber nachdenke3, ci sta che tu lo conosca sotto un altro nome: a volte usa degli alias, specie se non è interessato a ripetere l’esperienza.
Represso a forza l’istinto di curvare le labbra in un sorriso, lieto che Kevin avesse dimostrato sufficiente fiducia in lui da rivelargli il suo vero nome, Andrew ribatté, fingendosi schifato –Io rimorchio soltanto ragazze, Weil. Per la precisione, ragazze fighe. Non sono frocio, io! Chiaro? Mi sorprende che tu abbia degli amici, comunque.
Lei, lungi dal sentirsi oltraggiata, sbuffò una risatina di scherno e replicò, in tono pratico –Mi sorprende che ti sorprenda. L’essere umano è un animale sociale; io sono un essere umano, pertanto sono un animale sociale. È un sillogismo aristotelico, nel caso te lo stessi chiedendo.
–Non me lo stavo chiedendo.
–Oh, è semplicemente un tipo di ragionamento dimostrativo, teorizzato appunto da Aristotele, con cui si connettono tre proposizioni dichiarative in modo tale che dalle prime due, assunte come premesse, si possa dedurre una conclusione- ignorò l’espressione vuota di Andrew, che si era perso alla parola “sillogismo”, e proseguì come niente fosse. –Ah, un’altra cosa: künftig4, evita di utilizzare una certa parola che non sto a ripetere; offen gesagt5, la trovo riprovevole.
Ormai determinato a continuare la farsa, Andrew scosse il capo con condiscendenza, e sospirò –Il politicamente corretto è una cazzata, Weil: una rosa sotto un altro nome non muta il suo profumo- salvo poi cedere, di fronte alla luce vagamente omicida comparsa negli occhi di lei. –Però, se ti dà così tanto fastidio, cercherò di eliminare certe parole dal mio vocabolario. In che lingua devo ripetertelo, comunque? Non so chi sia questo Kevin, e di sicuro non me lo sono scopato!- un brivido gli percorse al contrario la spina dorsale nel vedere il lampo di furia omicida comparire nei suoi occhi una seconda volta, e non poté fare a meno di pensare che a una puritana come lei un giretto con Kenny avrebbe fatto senz’altro bene; peccato che, in un ennesimo colpo di coda dei suoi, negli ultimi tempi avesse adottato lo stile di vita del vicario di provincia, sia per essere di esempio al fratello minore Noah, sia per non intralciare le ambizioni politiche del padre. –Perché, mettitelo bene in testa: io non sono f… quello che credi! Ok?
La reazione della ragazza lo inquietò: invece di arrabbiarsi, come previsto, si limitò a sorridergli placida; un sorriso irritante, a labbra chiuse, che non si estendeva agli occhi, freddi e inespressivi.
Incurante di non essere compresa, sibilò in tedesco –Belüge dich selbst, wenn du willst, aber nicht mich. Nie mich.6 Se non hai passato la notte con Kevin, come mai indossi il suo bracciale, un bracciale che non si toglie nemmeno sotto la doccia?
–Tu sei pazza!- ruggì Andrew, paonazzo, maledicendo la pessima quanto impulsiva decisione di mettersi quel dannatissimo affare (neanche lui sapeva perché). La Weil era l’ultima persona al mondo alla quale avrebbe confessato le sue inclinazioni. “Negare, negare l’evidenza fino alla morte!” –Questo è mio! Mio, capito?
Per tutta risposta, Frida sollevò una manica del vestito a mostrare, al polso destro, un bracciale identico a quello indossato da Andrew, che rimase di sasso.
“Merda, merda, merda, MERDA!”
–Conoscendoti, ho quasi paura di scoprire che è il simbolo di una setta.
Unwissend und lügend.7 Andiamo bene! Devi avere doti nascoste, o non si spiega cos’abbia spinto Kev a lasciarsi rimorchiare da te! Für deine Information8, questo è un nodo gordiano, dall’antica città di Gordio. Secondo la leggenda era impossibile da sciogliere, e chi ne fosse stato in grado avrebbe regnato sull’Asia Minore; si narra che neppure Alessandro Magno ci riuscì e, frustrato dall’ennesimo tentativo infruttuoso, lo tranciò di netto con la spada… per poi partire alla conquista dell’Asia allora conosciuta. “Indissolubile, come la nostra amicizia”, così disse Kev. Fu lui a regalarli a me, Kimmy e Nate. Gli sono sempre piaciute le esternazioni di affetto eclatanti.
–Scusa, eh, ma questo non significa niente!
Frida giocherellò per qualche attimo con il suo bracciale, quindi esalò –Quante probabilità ci sono che due prodotti artigianali siano perfettamente identici? Forse ti sono sfuggite, ma io ho subito notato le intaccature sui cordini, e le unghiature nel cuoio accanto all’attaccatura del ciondolo.  Tutti segni degli sfoghi d’ansia di Kev. Allora, sei ancora intenzionato a negare l’evidenza?
Andrew fu tentato di darle ancora una volta della pazza (anche perché lo pensava), ma poi parve ripensarci, e rimase con la bocca socchiusa e l’indice della mano destra a mezz’aria. Un quadretto piuttosto ridicolo, che suscitò l’ilarità di Frida.  
–Sai, Weil, credo di non averti mai sentita ridere così tanto. Preferirei che non fosse a mie spese, ma devo ammettere che ti rende più… umana.
–Di solito non lo sembro?
Imbarazzato per quella gaffe, Andrew si grattò la nuca, ridacchiando istericamente. Perché non si era morso la lingua, accidenti a lui?
–Ehm… beh… ecco… Sai che ti dico? Basta stronzate. Hai ragione: il tuo amico ha perso il suo bracciale nel mio letto, mentre…
–Risparmiami i dettagli, bitte!
–Scusa. Anche per averti mentito, prima. È che io per primo fatico ad accettare di essere... sì, insomma, che non mi piacciono solo le ragazze. Il fatto che i nonni uscirebbero di testa, se lo venissero a sapere, non facilita le cose. È terribile, non poter essere se stessi con le persone che, in teoria, dovrebbero volerti più bene al mondo- rispose lui, mentre sfogava il nervosismo tormentandosi le mani, dopodiché sfilò il bracciale e glielo porse. –Kevin sarà felice di riaverlo.
La ragazza gli sorrise sorniona, replicò –Volerà nell’iperuranio se sarai tu a restituirglielo, fidati- sbuffò una risatina, divertita dalla reazione di Andrew, che aveva assunto una decisa tonalità rosso pomodoro, e celiò, scrollando le spalle –Sono un’inguaribile romantica, non posso farci nulla!
Sconcertato da quell’affermazione - mai avrebbe pensato di accostare l’aggettivo “romantico” alla Weil - Andrew si limitò ad annuire, prima di avanzare verso la camera di Aurora, all’estremità opposta del corridoio. Dopo tre passi, però, venne sospinto contro il muro con bruta forza senza avere tempo e modo di opporre resistenza, e si ritrovò, come alla festa di Halloween, l’avambraccio di Frida premuto sul collo. Se non lo avesse liberato presto, avrebbe finito col soffocare.
–W-Weil… non… respiro…
Es ist mir egal.9 Devo assicurarmi che il messaggio penetri. C’è un numero limitato di vite a cui posso dare valore; Kevin rientra tra queste, tu no. Pensaci, prima di anche solo provare a fare lo Scheißkerl10 con lui. Intesi?
In quel momento, Andrew comprese pienamente la portata della lealtà di Frida: in tanti millantavano di essere disposti a tutto, persino uccidere, per le “vite a cui davano valore”; lei - glielo lesse nei due iceberg incastonati in quel volto dai lineamenti morbidi - ne sarebbe stata capace, senza battere ciglio. Era un braccio violento dell’amore.
La necessità di centellinare il poco ossigeno che la presa della ragazza gli consentiva di inalare monopolizzò la sua attenzione; quando, persuasa che la minaccia avesse sortito l’effetto sperato, Frida lo lasciò andare, Andrew si accorse di qualcosa che lo mise immediatamente in allarme.
–La porta della camera di Aisling… è aperta!
 
***
 
Alex, la sigaretta fumante stretta tra le labbra esangui e leggermente screpolate, camminava fissando il ragazzo biondo al suo fianco con il medesimo miscuglio di curiosità e diffidenza che un gatto randagio adottato riservava alla nuova casa. Nel poco tempo trascorso in sua compagnia, era giunta alla conclusione che quel tipo era strano. Molto strano.
Restava da vedere se avrebbe prevalso la curiosità o la diffidenza: se, da un lato, apprezzava la sensibilità mostrata nel non forzarla a parlare, limitandosi ad incedere lentamente, soffermandosi di tanto in tanto a rivolgerle un sorriso rassicurante o a scorrere le dita affusolate tra le foglie degli arbusti e degli alberi, sebbene fosse chiaro quanto stesse smaniando per inondarla di domande sul suo rapporto con Aisling; dall’altro, la disturbava il fatto - ancora più strano, quantomeno agli occhi di una fumatrice accanita come lei - che le avesse offerto una stecca senza accenderne una per sé.
Da persona senza filtri quale era, dopo aver aspirato e disperso nell’aria una boccata di fumo grigiastro dall’odore acre, gli domandò come mai non si fosse unito a lei nel godere del prototipo del piacere perfetto secondo Oscar Wilde.
La sua risposta confermò l’opinione che aveva di lui: era davvero strano.
–Io non fumo.
–Allora perché giri con stecche e fuochino portatile in tasca? Sei un piromane?
–Vorrei poter dire che le uso per rompere il ghiaccio con le ragazze- sospirò teatralmente, la schiena spalmata contro il tronco di un albero. –Ahimè, l’amara verità è che faccio da ricettatore per il mio amico Kevin. I suoi sono parecchio severi su certe cose, per cui è costretto a…
–Vivere di nascosto? Triste! Lo dico per esperienza.
–L’alternativa è una vita pressoché ascetica. Non mi sembra granché allettante. Comunque, dubito esista qualcuno che da adolescente - persino adulto - non abbia mai nascosto qualche vizio o cazzata ai genitori. È praticamente un rito di passaggio.  
Alex scrollò le spalle, tirò un’altra boccata di fumo, infine asserì, con assoluta serietà –Secondo me quando hai figli ti si resetta il cervello, cancellando i ricordi dei tuoi vecchi sotterfugi e cazzate.
William ridacchiò: quella ragazzina indurita prematuramente gli stava sempre più simpatica.
–Teoria interessante. Spiegherebbe molte cose- il pensiero andò ancora una volta a suo padre; si chiese quali e quante stronzate avesse combinato alla sua età, magari con la complicità del fratello, lo zio che gli era stato tenuto nascosto, lo zio che non avrebbe mai conosciuto e che, proprio per questo, gli sarebbe piaciuto immaginare attraverso i ricordi di chi invece lo aveva conosciuto. D’istinto strinse i pugni e digrignò i denti, scosso da un tornado di rabbia che, lo avesse avuto davanti, avrebbe sfogato sul genitore; pur essendo stato bullizzato, non aveva mai alzato le mani su nessuno, nemmeno per difendersi, perché andava contro il suo senso dell’etica (una volta, non a torto, la Weil lo aveva definito “novello Gandhi”), ma in quel caso avrebbe fatto volentieri un’eccezione.
Quel repentino mutamento d’umore preoccupò Alex, che si affrettò a domandargli se stesse bene.
–Senza offesa, ma la tua faccia è passata in un nanosecondo da boy scout dell’anno a potenziale serial killer. Devo avere paura?
Recuperata la calma, William scosse il capo e disse –Non oggi. Esilarante, comunque, come la gente nutra l’assurda convinzione che premettere o concludere un’affermazione offensiva con “senza offesa” possa valere come scusa- scorse una panchina poco lontano, ma esitò ad avvicinarsi: la sua interlocutrice tendeva a chiudersi a riccio e rizzare gli aculei con chiunque si avvicinasse troppo; non voleva metterla a disagio confinandola tra due braccioli. Rimase perciò a debita distanza, mollemente poggiato al tronco di un platano. –Tranquilla, sto scherzando. Non me la sono presa.
La replica di Alex, niente affatto impressionata dall’eloquenza dell’australiano, fu il secco –Non me ne può fregare di meno. Ora, per favore, possiamo andare al punto? Come sai di me e Aisling?
–Ho letto i messaggi che vi scambiavate- rispose William con semplicità, facendola arrossire. –Molto poetici i tuoi. Complimenti. Anche se, forse, il merito va agli autori dai quali hai attinto.
Lungi dal sentirsi malamente smascherata, Alex, persa ogni traccia di rossore sul viso, confessò con una punta d’orgoglio –Ling era molte cose, ma non una letterata. Tanto valeva approfittarne, no? Prévert, Neruda e Garcìa Lorca approverebbero.
–Che tu abbia spacciato le loro opere come tue? Ho i miei dubbi. A nessuno piace che altri si approprino dei frutti della propria creatività. Oltretutto, se Aisling non possedeva tutta ‘sta gran cultura, a che pro barare?
–Perché Ling, sebbene non abbia mai letto niente di più complesso dell’etichetta dello shampoo - per citare una delle migliori battute al vetriolo di Kenny - era sensibile al fascino delle belle parole. Si eccitava tutta a sentirmi declamare quando stavamo insieme- alzò una mano a censurargli il volto, e sbraitò –Oh, piantala di guardarmi così, Mr. Moralità! Non puoi farmene una colpa: tutti bariamo in amore. Nessuno si mostra mai per come realmente è.
William alzò le mani in segno di resa, e preferì cambiare argomento.
–A proposito del buon vecchio Faccia da cavallo - lo chiamo per nome, tanto ormai siamo amici del cuore - secondo te diceva sul serio, prima? Nutre dubbi sulla morte di Aisling? Perché, ad essere sincero… non sarebbe l’unico.
Alex rimase pietrificata, incapace di credere alle proprie orecchie: era già abbastanza doloroso elaborare il suicidio della persona amata in silenzio, senza alcun conforto; non aveva bisogno di gettare sale su delle ferite che faticavano a rimarginarsi (e forse mai lo avrebbero fatto).
–Kenny è un idiota, non darei peso alle sue parole. Gode nel provocare; è il classico tipo che appicca il fuoco e getta via il fiammifero, per poi guardare tutto ardere intorno a lui. Poco fa voleva semplicemente infastidirmi… e ci è riuscito- finì di consumare la sigaretta e la spense, prima di riaprire bocca. –Cos’è ‘sta storia che Ling non si sarebbe tolta la vita? So che il patologo non ha trovato roba sospetta sul corpo, e la polizia ha archiviato il caso.
William ponderò accuratamente la risposta: non poteva tenere del tutto all’oscuro dei fatti Alex, se sperava di indurla a collaborare; d’altro canto, in quell’indagine ufficiosa in cui tutti erano potenziali sospettati, non poteva neppure rischiare di rivelare troppo.
–Il patologo ha fatto il suo lavoro, cioè individuare l’epoca, la causa e i mezzi del decesso; non si può esigere che conduca le indagini al posto degli inquirenti. Aisling è deceduta per un politrauma da precipitazione, ossia un gran numero di lesioni gravi a ossa e organi dovute alla caduta. E, diciamocelo, pensare che si riescano a trovare segni inequivocabili di un aiutino esterno in un simile sfacelo, sarebbe come pretendere di risalire al numero esatto di uova osservando una frittata. Però, ecco, la mia, uhm, socia Frida ritiene che la dinamica degli eventi sia poco, ehm, compatibile con la tesi del suicidio, o del tragico incidente: Aisling era stata in ospedale, poche ore prima di morire, e il medico l’aveva riempita di tranquillanti, rinvenuti anche all’esame del sangue; come avrebbe fatto ad alzarsi nel cuore della notte, raggiungere la finestra e lanciarsi nel vuoto?
Alex parve prenderla bene: a parte un lieve tremore alle mani e gli occhi sgranati, nulla, della sua persona, lasciava trapelare il turbinio di emozioni contrastanti che le stavano squassando mente e anima.
–Capisco. Quindi è per questo che mi hai avvicinata. Tu e la tua… socia pensate sia stata io?
“Pressure test superato. Peccato, speravo in una reazione meno composta! Vediamo come reagisce a un’accusa diretta.”
–Avresti potuto guidare fin qui, intrufolarti in casa mentre tutti dormivano, trascinare Aisling fuori dal letto e scaraventarla giù. Era di corporatura esile, e mezza stordita dai farmaci, non avrebbe opposto resistenza. 
Alex incassò anche quel colpo con ammirevole aplomb; ostentando indifferenza ribatté, con voce atona –Non ho la patente. A parte questo, plausibile, devo concedertelo. Movente?
Ripensando alla guida spericolata della Weil - roba che avrebbe fatto impallidire Dominic Toretto - per un istante William fu tentato di ribattere che non era necessario avere uno stupido rettangolo di plastica rosa per essere dei bravi guidatori. Fortunatamente, rinsavì prima che la sua lingua lunga mettesse lui e Frida nei guai.
–Un crimine passionale. L’amore si tramuta in odio così facilmente! Forse, ti sei scocciata di stare nell’ombra; volevi vivere la vostra storia alla luce del sole- gli parve di scorgere un fugace velo di panico negli occhi da cerbiatta di lei, e, determinato a cavalcare l’onda montante - oltre che a darsi un tono - si lanciò in un’ardita citazione. –“Odio e amo”, cantava il poeta. “Forse chiederai come sia possibile; non lo so, ma mi tormenta”. Più o meno. Una roba del genere.
–Lascia riposare in pace Catullo, per carità!- gnaulò la ragazza, coprendosi gli occhi con le mani, inorridita dal becero trattamento riservato a quei versi immortali. –Hai appena macellato uno dei carmi più belli mai scritti, te ne rendi conto? Probabilmente no. Ah, per rispondere alla tua ridicola accusa: amavo Ling, non le avrei mai fatto del male! Sì, dovermi accontentare di incontrarci in segreto cominciava a pesarmi, ma capivo che uscire allo scoperto avrebbe nuociuto al suo successo. Il popolo del web è quantomai volubile, nello scegliere le proprie divinità.
–O forse, hai pensato di essere tu il problema, che Aisling si vergognasse di te. E ti sei arrabbiata.
–Ti sembro tipo da infuriarsi e dare di matto? Non avrei fatto niente che potesse farmi rischiare di perdere Ling! Non dopo aver rinunciato a tutto, per lei… compresa la mia identità.
Anche se, in fondo, aveva già intuito la risposta, William non poté fare a meno di chiederle, esibendo una mancanza di tatto degna di Frida –Nel senso che Ling non amava te, ma il tuo essere la sorellina copia sputata di Nita?
Aveva sperato in uno sprazzo di emotività, ed eccolo servito: Alex prese a sussultare, singhiozzante, mentre copiose lacrime le rigavano le guance, per poi precipitare sul terreno come foglie in autunno.
–Però! Perspicace!- gracchiò, la voce arrochita dal pianto. –I miei complimenti. Ci hai messo meno di me a capirlo.
–Non è stato difficile- asserì William, tronfio per le proprie capacità deduttive. “Beccati questa, Weil! Chi è il vero genio, qui?” –È bastato unire i puntini: la relazione segreta con Aisling, l’incredibile somiglianza tra te e Nita e, dulcis in fundo, il commento di Faccia da cavallo sulla tua inversione a U stilistica. La gemella del mio amico Kevin sostiene, secondo me a ragione, che la moda è un mezzo di comunicazione: tramite quel che ci mettiamo addosso veicoliamo, più o meno consapevolmente, un messaggio; perciò, cambiare look equivale ad urlare al mondo “adesso sono così”. Nel tuo caso, “Io non sono Nita, capito? Sono Alex! E per dimostrarlo, comincerò a vestirmi da maschio, per discostarmi il più possibile da lei, che è iperfemminile.”
–Acci, sei bravo! Sembri Hannibal Lecter… meno la parte cannibale.
William ridacchiò –Per carità! Oltre ad essere rivoltante e antietica, l’antropofagia è malsana: batteri pompatissimi dagli antibiotici, virus, prioni… la carne umana è un pulciaio! Dite no al cannibalismo, e sì alla soia!- prima di tornare serio. –Cazzate a parte: mi dispiace per come ti abbia manipolata Aisling, senza riguardo per i tuoi sentimenti. Deve fare male.
–Tu come ti sentiresti, se ti rendessi conto che alla persona che ami, e che credi ricambi, non importa un fico secco di te? Anzi, ti sta solo usando come sostituta di tua sorella?
–Uno schifo.
–Sbagliato!- latrò lei, asciugandosi le lacrime. –Più o meno. Nel senso: fa male adesso; la consapevolezza di essermi annullata per Ling avvelena ogni bel ricordo che avevo di lei, impendendomi di voltare pagina. Lì per lì, però, mi andava bene così. Non mi importava di essere usata, non mi importava che Ling non mi amasse; avrei amato io con tanta intensità da essere sufficiente per tutte e due! Ero talmente disperata, talmente smaniosa di avere tutta per me, da accettare di essere null’altro che la sua bambolina. Non potevo rischiare che si stancasse di me e mi rimpiazzasse.
–Ovvio! L’amore è un costrutto sociale basato sull’egoismo mascherato da abnegazione, e sull’illusione. Tu ti illudevi che, prima o poi, Aisling ti avrebbe amata per come sei, mentre lei si illudeva di aver coronato il suo sogno- sentenziò William con saccente acrimonia, impallidendo nel sentirsi rispondere –Non sarò brava quanto te in psicologia, ma ho idea che tutto questo cinismo abbia nome e cognome. Santo cielo! Io sarò pure triste e sconsolata, ma tu sei messo peggio: disilluso e miserabile. Ti compatisco.
Punto sul vivo, l’australiano sbottò –Dammi le informazioni che cerco, invece di sprecare tempo a compatirmi!
–Ho toccato un nervo scoperto, eh?- lo schernì Alex con un pizzico di sadica goduria. –Mi domando quali oscuri segreti nascondi dietro quegli occhi blu. E… basta, non ce la faccio, mi sento ridicola. Uffa! Perché non riesco a reggere la parte dell’irritante rompicoglioni per più di due secondi?
–Chiedi consiglio a Faccia da cavallo: lui ci riesce benissimo!
Lieto di averle strappato una risata, William la incalzò per ottenere da lei, che conosceva intimamente Aisling, qualche elemento utile alle indagini.
–Informazioni utili. Vediamo… L’ultima psicologa che ebbe in cura Ling - non ricordo il nome, forse Andrew lo sa - usò l’ipnosi per aiutarla ad elaborare il trauma del suicidio della madre e del tentato suicidio di Rory. Accadde… circa un anno fa. Poi Ling interruppe bruscamente le sedute, e si rifiutò di tornare in terapia. Guarda caso, fu allora che riprese a soffrire di incubi notturni, ubriacarsi e fare uso di robaccia. Chiaramente, quali che fossero, i ricordi riemersi durante quelle sedute erano talmente scioccanti da spingerla ad autodistruggersi, pur di annegarli nuovamente. È un’informazione utile? E senti questa: il giorno prima di morire Ling si è dichiarata a mia sorella. L’ha persino baciata! Ovviamente, ha ricevuto un rifiuto. Nita non ha occhi che per quel mollusco senza carapace di Andrew, il che la dice lunga sulla sua totale mancanza di buon gusto.
Sinceramente stupito, William rispose –Finora avevi la mia curiosità, ora hai la mia attenzione. Eri presente, quando hanno discusso?
–No, ma la mia perfetta sorella mi ha riferito tutto con notevole dovizia di particolari. Oh, era una furia: entrò in casa sbattendo la porta, addirittura corse a sciacquarsi la bocca col sapone per eliminare quel “sapore immondo”. I sentimenti di Ling la orripilavano. Stupida, stupida Nita! Come ha potuto disprezzare tutto ciò che io ho sempre desiderato?
–Ehm… Scusa la domanda: perché queste cose le stai dicendo a me, adesso? Perché non dirle alla polizia?
–La polizia non me le ha chieste. Perché avrebbero dovuto? Tutto fa pensare a un suicidio, e, comunque, io sono soltanto la sorellina di Nita. Nessuno di importante.
–Alexis- intervenne William dopo un breve silenzio, appellandola col nome di battesimo per mettere in chiaro che non scherzava. –Ti rendi conto di avere appena fornito un movente sia a te che a tua sorella?
–Non ti seguo.
Ormai calato nel ruolo di versione giovane, aitante e australiana di Poirot, William espose le proprie personali considerazioni. Se la Weil fosse stata presente, probabilmente lo avrebbe tacitato con un’occhiataccia delle sue; ma la Weil non era lì, per cui poté esibirsi senza il timore che gli rubasse la scena.
–Davanti a me si aprono due diversi scenari, entrambi plausibili. Numero uno: Nita propone a Aisling di vedersi per chiarire il bacio scottante, oppure è Aisling stessa a cercare un confronto. Le due trascorrono la serata insieme, poi Nita riporta Aisling a casa; vuoi per una parola di troppo di Nita, vuoi per una, uhm, avance di Aisling, la situazione degenera, e…- mimò uno spintone, sotto lo sguardo perplesso di Alex. –Numero due: Nita torna a casa, disgustata dalla scoperta che la sua amica d’infanzia ha una cotta per lei. Racconta tutto a sua sorella, senza sapere che questa si vede segretamente proprio con Aisling. Delusa e amareggiata, la sorella di Nita si fionda a chiedere spiegazioni. Quelle spiegazioni la fanno esplodere, e…- mimò una seconda volta una violenta spinta.
Alex smontò il suo teatrino in un colpo solo.
–Ipotesi convincenti… come trama di un romanzo giallo. La vita vera è un’altra cosa. Nella vita vera la gente non litiga di notte; si aspetta il mattino, per discutere a mente fredda. Inoltre, conosco mia sorella: è un po’ uno struzzo, nasconde la testa sotto terra, piuttosto che affrontare i problemi- allungò una mano e chiese –Di’, non è che posso prendere un’altra stecca?
William decise di averla torchiata abbastanza, e acconsentì alla richiesta con un sorriso.
–Serviti pure.
Alex non se lo fece ripetere due volte: afferrò il pacchetto di sigarette e l’accendino con la letizia di un bambino che scarta i regali di Natale, ne accese una, tirò un paio di boccate, ringraziò William, infine esclamò –Ci voleva! Niente di meglio di una sana stecca della felicità per rimediare alla gola secca. Dannazione a te e alla tua capacità di mettermi a mio agio, straniero: mi hai fatto cantare come manco i fringuelli di mia nonna!
–Si chiama empatia, e non sei la prima di dirmelo.
–Sono almeno la prima a dirti che sei pericoloso?
–Pericoloso? Io?
–Oh, sì! Assolutamente! Tu comprendi le persone, sei capace di indurre chiunque ad aprirsi in modi che…- rabbrividì. –In pratica, credo tu riesca a penetrare nelle menti degli altri con una facilità disarmante, e spesso e volentieri col loro permesso. Spero sia davvero il bravo ragazzo che appari, o c’è da avere paura di come potresti usare le informazioni che ottieni.
Il cervello è un sadico bastardo: di tutti i ricordi che avrebbe potuto riportare a galla, in associazione a quel commento, selezionò uno tra i più dolorosi per William, che infatti lo teneva relegato nelle profondità dell’ippocampo, consentendogli di tormentarlo solo quando ascoltava musica deprimente.
Si rabbuiò, in maniera non dissimile da quando, poco prima, aveva ripensato al padre, al che Alex - un po’ per deriderlo, un po’ per svegliarlo da quella sorta di trance - violando le sue personali regole sul distanziamento (a)sociale, gli si avvicinò quel tanto che bastava per scuoterlo.
–Ti è venuta di nuovo la faccia da serial killer. Sicuro di non essere pazzo?
–Tutti i migliori sono matti- rispose lui sogghignando. –Scherzo! Sono un bravo ragazzo, fidati. Anche se non saprei dire se ciò sia un pregio o un difetto. Per la mia ex, era un difetto.
–Aha!- ruggì Alex, e agitò il pugno, trionfante, catapultando in aria fumo e cenere. –Lo sapevo! Lo sapevo che c’entrava una ragazza! Nessuno diventa così miserevole senza un valido motivo. Che è successo? Ti ha friendzonato male? Mollato per tuo fratello? Ha scoperto la religione? Oppure, come me, si è scoperta dell’altra sponda?
–Mi ha tradito- esalò William senza guardarla. –Con Bill Sanders, il mio bullo di fiducia. Hai sentito bene: potrai non crederci, ma venivo bullizzato male perché mi piace disegnare, adoro i fumetti e… sono un cagasotto, che è scappato urlando quando è stato preso di mira da un koala, che lo ha inseguito bellicoso per tutta la riserva.
Il residuo di ingenua immaturità in Alex si manifestò nella sua replica infantile: rivolgere al povero William parole di conforto avrebbe dimostrato maturità; irriderlo, una certa cattiveria. Lei, invece, se ne uscì con –Ti ha cornificato con un tizio col tuo stesso nome? Che trash!
–Già. E poiché al trash non c’è mai limite, i due stronzi si sposeranno perché lui l’ha, come si dice dalle mie parti, fertilizzata.
–Mi prendi in giro!
–No, no!- le assicurò William, mulinando le mani per rafforzare il messaggio. –Sono serissimo, giuro! Uno dei motivi per cui sono stato felice di venire qui è che non avrei più rischiato di imbattermi in loro mano nella mano nei corridoi della scuola, o che facevano i piccioncini a mensa, o che slinguavano nel cortile, o…
–No, intendevo: in quale posto barbaro si dice “fertilizzare” riferito a una donna?
–In Australia.
–Che Paese di merda!- sentenziò Alex, salvo poi aggiungere la formula magica che tutto rendeva perdonabile e, per buona misura, scroccare un’altra sigaretta. –Senza offesa!
 
***
 
Frida si appropinquò alla camera di Aisling con circospezione, invitando Andrew a fare altrettanto, non per rispetto della memoria della defunta, quanto piuttosto per incrementare le probabilità di cogliere di sorpresa chiunque vi fosse entrato.
–Dobbiamo proprio?- gnaulò Andrew. –Non metto piede lì dentro da quando… beh, hai capito.
–Sono sicura che ad Aisling non dispiacerà.
Entrambi rimasero straniti nel trovare Evan Conworthy, che credevano intento ad accudire la moglie, inginocchiato sul pavimento a rovistare nei cassetti della biancheria borbottando –Dov’è? Dove l’ha messo, quella maledetta?
“Che fine ha fatto il vecchino distrutto dal dolore?”, si chiese Frida. L’uomo che aveva davanti si muoveva con agile veemenza. Se non fosse stato contrario alla logica, avrebbe pensato che un demone si fosse impossessato di lui, oppure che potesse trattarsi di un sosia.
In una prova di idiozia che le fece levare gli occhi al cielo, Andrew palesò la sua presenza sporgendosi sulla soglia per domandare al nonno –Cosa ci fai qui? Non dovresti stare con la nonna?
Evan si irrigidì all’istante, lasciando cadere il paio di calze che teneva in mano, si girò di scatto e, con un sorriso che forse sperava risultare rassicurante, ma che invece fece rizzare ogni pelo sfuggito all’estetista sul corpo di Frida, rispose –La nonna ha avuto un tracollo nervoso, Andy. Avrei dovuto immaginare che questa giornata sarebbe stata troppo per lei. Vorrei che riposasse, ma continua ad agitarsi, così ho pensato di darle un po’ delle pillole di Aisling. Per caso ricordi dove le teneva? Non mi riesce di trovarle da nessuna parte!
Se Frida accolse quella dichiarazione storcendo il naso, Andrew diede in escandescenze.
–Sei forse impazzito? Hai un attacco di senilità? Non puoi dare degli psicofarmaci a qualcuno così, come caramelle! Rischi di spedire la nonna ovunque si trovino Aisling e la mamma!
La menzione della figlia parve ricondurre Mr. Conworthy alla ragione. Si afflosciò come uno straccio logoro, scusandosi per “la follia di un vecchio”.
–Sono vecchio e stanco. Tu non puoi saperlo, perché sei sempre via, e non vieni mai trovarci; ci hai abbandonato, Andy. Me, tua nonna, Aurora… ci hai lasciati soli. Forse raggiungere Marlene non è una cattiva idea.
–Marlene era mia madre- bisbigliò Andrew a Frida, celata dietro la porta, per poi avvicinarsi al nonno e cingerli le spalle con un braccio. –Che ne dici se andiamo a vedere come sta la nonna? Dai, vengo con te.
Per lei fu impossibile rimanere nascosta; abbozzò un sorriso di circostanza - stupendosi del panico che per un fugace momento attraversò il viso di Evan, al vederla - e accampò la prima scusa credibile che le venne in mente, ovvero che cercava il bagno.
–Oh, è facile: in fondo a destra- rispose Andrew, indicando però con la testa una porta all’estremità sinistra del corridoio. Dalla strizzata d’occhio che Frida gli rivolse, capì che aveva capito, e si affrettò ad allontanarsi insieme al nonno per lasciarle campo libero. Inizialmente scettico, stava cominciando a pensare che quella strana, terrificante liceale detective potesse avere ragione: ora che aveva in mano i pezzi di quel macabro puzzle, si era reso conto che molti non combaciavano; se solo fosse stato meno egocentrico, meno preso dall’autocommiserazione, se ne sarebbe accorto prima.
“Ma meglio tardi che mai, giusto?”
 
***
 
Nonostante le migliori intenzioni e gli sforzi di chi li progetta, raramente le stanze d’ospedale hanno un aspetto accogliente. La camera di Aurora Carter, però, a dispetto dell’arredamento e delle pareti, di un bianco abbacinante, che sembravano mettercela tutta per spersonalizzare l’ambiente conservava ancora tracce del suo passato da nido di una ragazzina che aveva lottato strenuamente per non lasciarsi travolgere da una slavina di eventi più grandi di lei.
Giaceva supina, lo sguardo fisso sul soffitto, la bocca semiaperta, i lunghi capelli caoticamente sparsi sul cuscino. Il primo pensiero di Frida fu che sembrava la Bella Addormentata (dopotutto, si chiamava Aurora); una versione un po’ futurista, magari, sommersa com’era da quella marea di tubicini, che collegavano il suo corpo a macchinari ronzanti e bippanti e infusori di farmaci. E chissà, forse le sarebbe piaciuto davvero, scivolare in un sonno profondo, lontano da quella realtà squallida, fatta di giorni sempre uguali.
Si avvicinò al letto lentamente, per non spaventarla, poi, spinta dall’irrefrenabile propensione a ficcanasare che la contraddistingueva, esaminò il contenuto di una scatola lasciata incustodita sul comodino. Emise un verso di disappunto nell’appurare che era piena zeppa di fiale di morfina.
“Roba da denuncia!”
A un tratto, udì dei “bip” sempre più veloci, indicativi di un aumento della frequenza cardiaca: Aurora aveva spostato l’attenzione dal soffitto a Frida.
Questa, dal canto suo, la osservò con placida curiosità, mentre tentava di tranquillizzarla, assicurandole di essere amica di Andrew, e di non avere cattive intenzioni.  
–A differenza del decerebrato che ha lasciato in giro della morfina. Dico, si può essere più idioti?
Il rientro nella norma del diametro pupillare e della frequenza cardiaca e respiratoria le suggerì che Aurora, una volta constatato che non le avrebbe fatto del male, si stava abituando alla sua presenza. Forse sarebbe riuscita a interrogarla, dopotutto… restava solo da stabilire come.
Na komm, Frida! Se ci è arrivata Aisling Carter, puoi arrivarci anche tu, e in metà tempo!”
La missione avrebbe potuto rivelarsi impossibile, ma ebbe un inaspettato colpo di fortuna: Aurora sbatté le palpebre, e lei sorrise: aveva finalmente trovato un modo per comunicare.
 
Note dell’autrice:
Will e Frida sono sempre più invischiati in una rete di inganni e verità nascoste… riusciranno a scoprire cosa è successo davvero quella fatidica notte? Lo scoprirete solo leggendo (i prossimi capitoli, che arriveranno col contagocce)! 😉
Vi è piaciuto il confronto William/Alex? Volevo che emergessero appieno le rispettive personalità. Spero di esserci riuscita, come spero che Alex vi abbia fatto venire voglia di abbracciarla e di prenderla a ceffoni allo stesso tempo. In quel caso, saprei di aver fatto bene il mio lavoro.
E che dire del nonno di Aisling? Frida non si inquieta facilmente, eppure stavolta un brividino l’ha provato.
Si è capito che adoro le dinamiche psicologiche complesse? XD
Alla prossima!
Serpentina
PS: è quasi certo che revisionerò pesantemente il capitolo, ma ci tenevo a pubblicarlo adesso. Mi attendono molte scadenze al lavoro, per cui dovrò, a malincuore, accantonare la scrittura per un po’.
1Il mio amico
2Andiamo, non prendermi in giro!
3Però, ora che ci penso…
4In futuro
5Francamente
6Menti a te stesso, se vuoi, ma non a me. Mai a me.
7Ignorante e bugiardo
8Per tua informazione
9Non me ne frega
10Stronzo
   
 
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