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Autore: Chiccaxoxo    28/10/2021    0 recensioni
Questa raccolta, a tema KisaIta; Kisame x Itachi canon, partecipa alla challenge Writober2021 organizzata dal sito Fanwriter.it. Tre parti Missing Moments in cui parlo dell'evoluzione del legame tra Itachi e Kisame. Per questioni di tempistica ho scelto solo tre prompt tutti dalla lista: Pumpword list.
• 17 ottobre prompt: Alew (un pianto di disperazione)
• 21 ottobre prompt: Noctiphobia (Paura della notte, dell’oscurità)
• 28 ottobre prompt: Conticeo (Sto zitto)
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Kisame Hoshigaki | Coppie: Itachi/Kisame
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Naruto Shippuuden
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Questa raccolta partecipa al Writober2021 di Fanwriter.it


Lista: Pumpword list

 

Prompt: Conticeo (sto zitto)

 

Numero parole: 1.492

 

 

Conticeo (Sto zitto)

 

 

“Kisame”

“Sì?”

“Vorrei che mi parlassi.”

“Uhm?”

L’uomo squalo fu colto impreparato. Si stavano dirigendo verso quello che era stato il covo segreto degli Uchiha, Itachi lo aveva preso a braccetto forse a causa della sua vista ormai molto precaria, pensava, o magari aveva bisogno di conforto decidendo di procurarselo attraverso il contatto fisico, tuttavia lui aveva deciso di stare zitto lasciandolo fare, erano gli ultimi istanti della sua vita e aveva diritto a trascorrerli come meglio credeva. Itachi era silenzioso e aveva sempre desiderato ritagliarsi degli spazi di quiete. Un po’ tanti, in realtà, le loro conversazioni durante gli anni che avevano trascorso come partner erano state decisamente poche. Kisame era stato sempre un tipo loquace e con la battuta pronta, sempre il primo a parlare, anche scherzare se trovava l’occasione propizia, tuttavia si era adattato a rispettare i silenzi del compagno. Itachi, dal canto suo, non gli aveva mai imposto di stare in silenzio, anzi, lo lasciava parlare anche per ore, era stata una sorta di tacito accordo con cui si rispettavano a vicenda. La prima volta che si erano conosciuti su quel pontile, Kisame era stato immediatamente attratto da lui, non conosceva ancora il suo carattere per questo aveva iniziato a parlare del più e del meno rivolto alla sua schiena incurvata sotto il peso del dolore. Vedendo che l’altro non considerava minimamente la sua presenza iniziò a sparare una serie di stupidaggini nel tentativo di attirare la sua attenzione. Pian piano aveva imparato a conoscerlo e a leggere i suoi silenzi e la sua sofferenza come fossero libri aperti. Per Itachi le parole parevano un’invenzione inutile perché lui comunicava con gli occhi. Kisame aveva sempre colto al volo quel grido d’aiuto lanciato da quelle pupille nere che diventavano lucide durante le crisi peggiori della sua malattia. Lo capiva al volo, non c’era bisogno che parlasse, come nell’occasione in cui Deidara annunciò di voler sfidare Sasuke, Itachi non batté ciglio, il suo respiro non subì la minima alterazione, i suoi muscoli non ebbero un fremito, una statua di cera; Kisame si era chiesto stupito come avesse fatto a mantenere un autocontrollo del genere sia pure udendo una notizia di tale portata. Itachi si esprimeva con gli occhi e lui era stato il solo ad averlo capito e il solo che poteva comprendere quella lingua unica al mondo. Un estraneo avrebbe potuto non vedere niente, ma l’uomo squalo si era allenato a cogliere ogni impercettibile fremito delle ciglia, qualunque minimo luccichio nell’ossidiana lucida delle pupille, ogni lieve tremito delle sue labbra. Era per questo che stare zitto non gli era mai dispiaciuto, anzi, si riteneva onorato di comprendere quel linguaggio valido solo per loro due; questo dimostrava, senza bisogno di parole, quanto il loro legame fosse speciale.

Ma ora Itachi aveva bisogno di udire la sua voce, che gli facesse compagnia, voleva assorbirne il suono per portarselo dietro ovunque si fosse risvegliato tra poche ore. Si era reso conto che Kisame aveva bisogno di parole come lui aveva bisogno del silenzio, per lo squalo era sgradevole e assordante in certe occasioni. Il moro era stato attanagliato dall’ansia di dover trascorrere i suoi ultimi minuti nel rimorso: quello di non salutare Kisame come si deve, nel modo in cui l’uomo squalo avrebbe desiderato, quello che aveva imparato da piccolo e da giovane quando la sua presenza e la vita non lo avevano ancora condizionato.

Scusa, Kisame, ho solo saputo rimproverarti e dirti che il tuo bene non lo volevo, ti ho fatto soffrire tenendoti lontano da me perché sapevo che questo giorno sarebbe arrivato e non volevo che tu ti affezionassi troppo, tuttavia il tuo enorme cuore ha scavalcato anche questa barriera che io avevo eretto.

L’uomo squalo era uno che amava parlare, avrebbe persino inventato nuove parole se fossero servite, ora Itachi voleva omaggiare il loro rapporto, quella persona che si era presa cura incondizionatamente del suo corpo debole per anni al contrario di altri che avrebbero preferito abbandonarlo a morire da qualche parte da solo. Kisame negli ultimi anni si era accollato tutte le loro missioni più impegnative dal momento che lui non ce la faceva più, aveva persino catturato Roshi da solo. Kisame aveva bisogno di parole per alleggerire la sofferenza mentre lo stava accompagnando verso la sua ultima meta, ora Itachi non desiderava altro rammarico, già ne aveva avuto abbastanza nella sua vita.

“Itachi, lo sai che io non mi sono mai fatto problemi a dire le cose in faccia a chiunque se c’era bisogno, l’ho fatto sempre anche con te.”

“Parlami degli anni che abbiamo passato insieme, delle nostre parole mai dette, di noi.”

Itachi aveva rivolto i suoi occhi offuscati nella sua direzione rendendosi conto di non averlo mai guardato e ascoltato abbastanza.

Tu il modo di ascoltarmi lo avevi trovato, invece, e non ti ha mai tratto in inganno.

Itachi desiderava che lui ora parlasse del loro rapporto per questo Kisame cominciò dall’inizio, dalla prima parola mai detta: pianto. Era passati più di dieci anni ormai, trascorsi fianco a fianco sotto la pioggia, al freddo, soffrendo per la mancanza di cibo e per la fatica delle lunghe marce, eppure una domanda era rimasta ancora senza risposta dal primo giorno in cui Itachi era stato reclutato in Akatsuki, quando loro non erano stati ancora designati come partner. Kisame non aveva mai capito se Itachi quel giorno si fosse accorto mentre piangeva disperato sotto le coperte, del suo lieve massaggio per cercare di consolarlo.

Si fermarono un attimo, Itachi rivolse il suo viso verso l’altro che lo stava guardando intensamente, sorrise, la luce lo illuminò così tanto da farlo sembrare un angelo. I sorrisi di Itachi erano così belli e rari che avevano il potere di cancellale tutto il resto, così come ora aveva eliminato l’angoscia della sua imminente perdita dal cuore di Kisame.

“L’ho sempre saputo, Kisame, e perdonami se non ti ho mai ringraziato. Nessuno mi aveva mai dato del contatto fisico a parte in delle rarissime occasioni, tu mi hai fatto riscoprire che esistono delle cose che rendono la vita degna di essere vissuta, la mia finisce oggi, ma non sarebbe valso a niente campare cent’anni senza di te.”

Itachi stava sempre zitto, era stato capace di farlo per intere settimane, ma quando decideva di usarle, le parole, era in grado di andare a prendere le più sublimi e rare che siano mai state scritte, sembrava che fossero state inventate apposta per lui e che non dovessero essere degne di uscire da una bocca diversa dalla sua.

Itachi aveva chiesto a Kisame di parlare di fatti che li avessero legati, ecco perché all’uomo squalo era venuta in mente la luna piena, il buio e la notte. Cercava di metterli in modo che sembrassero belli, descrivendo le stelle e le serate d'estate trascorse sdraiati sulla sabbia sperando di vederne una cadere. Narrava di lune talmente luminose da rendere agevole il cammino come se fosse giorno, di lune giganti e arancioni…

“Lo sai, Itachi? Il fatto che la luna ci sembri più grande quando sorge è solo un’illusione ottica, succede perché la confrontiamo con gli oggetti che ha intorno, le case, gli alberi…”

“E la paura” la voce di Itachi era stata talmente suadente e gentile da far sembrare gradevole persino quella parola: “Un’altra delle nostre parole mai dette, che io non ho mai pronunciato ma che tu hai capito al volo, come sempre. Io ho paura del buio, ma tu sei stato la mia luce, Kisame.”

Kisame arrestò un istante la sua marcia per abbracciarlo dolcemente come aveva fatto quella notte per farlo smettere di tremare e per consentirgli di riaddormentarsi tranquillo tra le sue braccia capaci di proteggerlo da tutti i suoi mostri notturni. Avanzavano così, stretti l’uno all’altro, attraversando quel viadotto in rovina. L’uomo squalo avrebbe voluto allungarla all'infinito quella strada. Itachi aveva comunque poco da vivere, tuttavia se quel viadotto fosse durato per sempre avrebbero potuto stare insieme un po’ di più. Si fermarono nel punto in cui la via era crollata rimanendo ad osservare un mare verde di alberi sotto di loro.

“Kisame, da quando ti ho conosciuto, dal giorno del mio reclutamento, quando entrando in quella stanza ti scorsi spalancare la bocca cercando di nasconderti sotto il mantello, tu per me sei stato tutto, mi hai dato ogni cosa di cui ho avuto bisogno, scusa se io non ho fatto lo stesso con te.”

L’uomo squalo non fece in tempo a replicare, Itachi era già sparito correndo incontro al suo destino. Avrebbe voluto gridare miliardi di parole ma era rimasto zitto. Stavolta era stato Itachi a parlare e lui non era stato capace di esprimersi.

Almeno una parola io devo dirtela, bisogna che tu la sappia assolutamente prima di andartene, sarà l'unico vocabolo capace di fare la differenza nella nostra vita. Ora fermerò la squadra di Sasuke come desideri e poi correrò da te per dirtela, dovesse essere l’ultima cosa che faccio.

Ti amo, non posso più stare zitto.

   
 
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