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Autore: _Cthylla_    29/10/2021    1 recensioni
|Contesto generale/vago sebbene si rifaccia a certi fumetti della IDW|
Il giovane e tendenzialmente ansioso mech di nome Odysseus incontra qualcuno infinitamente più disgraziato di quanto sia lui.
Dal testo:
''«Non farmi male…» fu tutto quel che disse l’altro.
«Te l’ho detto, non ti faccio niente» ribadì Odysseus, il quale iniziava ad avere il dubbio che quella povera creatura ormai fosse in grado di pronunciare solo quelle poche frasi che aveva sentito «N-non sarei in grado nemmeno volendo, in effetti… e non solo perché sei più grosso di me, amico».
«Amico» ripeté il mech arancione, e il modo in cui disse quella parola la fece suonare quanto di più alieno possibile «“Amico”… io non ho amici. Nessuno di quelli come me ne ha. Siamo… scarti. Disgustosi… inutili… le mie mani… le mie mani…»"
Genere: Dark, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Tarn
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Generation I, Transformers: Prime
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- Questa storia fa parte della serie 'The Specter Bros'- la serie'
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Epilogo
 
 
 
 
 


 
 
 
 
«No, no, NO, voglio tornare indietro, fatemi tornare indietro-»
 
«Glitch, falla finit- AAAH!»
 
«Windcharger!... Trailbreaker, campo di forza, fermalo!»
 
«Ho detto che voglio tornare indietro! Toglietevi di mezzo!»
 
L’ultima esclamazione di Glitch causò una sensazione estremamente spiacevole all’altezza della Scintilla di Skids, il quale crollò a terra quando il suo sistema di ventilazione smise di funzionare per qualche attimo.
Sempre meglio di quando fosse andata a Windcharger, comunque, che era stato toccato da Glitch e ora si trovava a terra svenuto.
 
«Lo tengo, Skids! Fai qualcosa!» esclamò Trailbreaker.
 
Glitch emise un lamento rabbioso, in larga parte per una forte emicrania. «Lasciatemi andare! Lasciami…»
 
Una delle braccia nerastre di Trailbreaker iniziò ad andare in pezzi. L’outlier urlò, l’espressione terrorizzata quanto dolorante.
 
«… andare!» esclamò Glitch «Devo tornare, devo tornare indietro, devo, Odys-»
 
Il mech aranciato, nonostante il mal di testa peggiore mai avuto in tutta la sua esistenza, era ancora abbastanza lucido da sentire qualcosa colpirlo due volte alla base del collo.
 
«I miei pronostici sull’abilità utilizzabile a distanza si sono rivelati veritieri» disse una voce profonda.
 
Glitch crollò in ginocchio. Quel che l’aveva colpito era un tranquillante.
 
«Ma continuare a sforzare il tuo sistema in questo modo, senza un’adeguata preparazione, e rischiare danni difficilmente riparabili sarebbe alquanto…»
 
“Odysseus, Odysseus, devo tornare da loro, Scylla, Charybdis, Odysseus-
 
«Illogico».
 
L’espressione totalmente impassibile di Shockwave -un mech che si vociferava avesse praticato lo shadowplay* su se stesso- e i suoi sensori ottici rossi furono l’ultima cosa che vide. Poi, buio.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
«… andato! C’è stato un lampo di luce e poi non c’era più Scylla, non c’era più, l’hanno portato via, dobbiamo fare qualcosa!» gridò Odysseus, tremante e coi sensori ottici pieni di lacrime «L’hanno portato via, p-potrebbero stargli facendo del male, potrebbero-»
 
«Potrebbero, o magari no. In ogni caso non possiamo fare nulla per lui, Odysseus, noi non abbiamo una macchina del tempo» disse la femme, con aria estremamente cupa «Credo che non ce ne sia una funzionante da nessuna parte, non in questo periodo storico».
 
Il giovane jetformer, fin troppo conscio del fatto che la sorella maggiore avesse ragione, crollò a sedere sulla cuccetta piangendo. Scylla per una volta non disse nulla a riguardo.
 
“Spero che tu stia bene… o che tu ora abbia abbastanza forza mentale per cercare di difenderti, Budino”.
 
Ricordò il momento in cui avevano parlato del fatto che forse la domanda giusta da farsi non fosse “da dove” veniva Glitch, piuttosto “da quando”, e nel farlo si rese conto che l’immagine del mech in questione cominciava già a farsi un po’ confusa nel suo processore. Di che colore era il suo sensore ottico? Azzurro o verde? Non riusciva a focalizzarlo.
 
Giustamente: Glitch finendo lì aveva perso i ricordi del proprio tempo, e adesso che l’avevano riportato indietro stava portando con sé anche i loro -i ricordi relativi a lui.
 
Non avevano un video né una fotografia, perché Glitch, col suo rapporto estremamente conflittuale con la propria immagine per ovvi motivi, non ne aveva mai voluti, ed era una cosa che loro avevano rispettato. Forse era stato uno sbaglio, perché mantenere vivo almeno il ricordo del Budino di casa -che a modo suo aveva dato molto anche a Odysseus rendendolo un po’ meno codardo in alcune cose- sarebbe stato dovuto. Almeno quello, dato che non potevano, né forse avrebbero mai potuto, fare nient’altro per lui.
 
Guardò Odysseus, rannicchiato a piangere sulla cuccetta.
 
“Erano molto legati, dunque magari impiegherà più tempo di me, ma arriverà un momento in cui la sua amicizia con Glitch non gli sembrerà altro che una fantasia articolata. Arriverà un momento in cui inizierà a vedere Glitch come uno dei classici sconosciuti che compaiono durante i sogni, uno di quelli di cui si cerca di tenere a mente le fattezze… finendo inevitabilmente a dimenticarle, presto o tardi”.
 
Fece un gesto per lei estremamente inconsueto: si sedette sulla cuccetta e strinse a sé il fratello, il quale non si oppose minimamente.
 
“Ma a volte ricordare è una maledizione, soprattutto quando sei del tutto impotente. Dimenticare Glitch per lui significherà anche dimenticare il motivo per cui sta soffrendo. Cerca di mantenere quel po’ di coraggio che hai acquisito, Odysseus, ma quanto al resto…”
 
«È meglio così» disse, molto piano, a un fratello troppo pieno di dolore perché potesse sentirla.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Nascosto sotto le coperte dell’infermeria, Glitch aprì per l’ennesima volta quel carillon dalla forma strana.
 
Le note dell’Empyrean Suite, una melodia che aveva sempre amato, tornarono a risuonare vicino ai recettori uditivi. Tornare dal viaggio nel tempo -nei giorni che erano trascorsi gli avevano detto che era reduce da uno di essi, e la sua stanchezza rivelava che non si era ancora ripreso- lo aveva messo sottosopra, e non ricordava come avesse avuto quell’oggetto, né da chi.
Le sensazioni che provava nel toccarlo, nell’esaminarlo e nell’ascoltarlo riprodurre musica però gli erano estremamente chiare: la nostalgia profonda di qualcosa al quale il suo processore non riusciva a dare forma, il dolore, il rimpianto, e soprattutto un confortante senso di
calore che prima di allora non aveva mai provato in vita sua.
 
Era una croce, era una delizia, come lo era sognare se stesso a guardare la neve da una finestra posta chissà dove, la stretta gentile di braccia amichevoli, e delle lanterne luminose volare nel cielo; e come lo era stato, più di una volta, ritrovare in sogno il candido sorriso rivoltogli da un giovane mech sconosciuto con ottiche di diverso colore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

*Lo shadowplay è per i cybertroniani è un processo che altera la personalità di un individuo rendendolo del tutto (o quasi) incapace di provare emozioni. Era utilizzato tanto come punizione, quanto come "mossa politica".

È finita!

Avevo detto che questo sarebbe stato l’epilogo, e tal è.
 
Per chi se lo stesse domandando, sì, il regalo di Odysseus a Glitch esiste ancora: al momento è negli appartamenti di Tarn (e se Scylla lo vedesse riconoscerebbe il marchio che Odysseus apponeva sulle proprie creazioni). Idem per il biglietto scritto da Glitch a Odysseus che, nonostante siano passati vorn su vorn su vorn, è ancora da qualche parte in casa di Scylla.
 
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e apprezzato questa breve storia. A presto (spero) su The Specter Bros’ 2!
 
_Cthylla_
 
   
 
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