Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
Ricorda la storia  |      
Autore: Little Firestar84    30/10/2021    7 recensioni
Una ragazza normale: ecco cos'era, finalmente, diventata. Una ragazza che poteva benissimo innamorarsi di chi voleva, e magari, chissà, anche sposarsi.
Era una donna: una giovane donna che avrebbe finalmente obbligato Ryo a comportarsi da uomo.
Perchè voleva vivere quell'amore, che covava nel cuore fin da quando era solo un'adolescente... e vedere come sarebbe potuto essere, tra di loro.
Come coppia e chissà.... magari anche come marito e moglie!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Marzo, quell’anno, era stato molto magnanimo, le giornate erano già tiepide, e permettevano alle giovani di uscire in gonna e camicetta, al massimo un leggero giacchetto, e passeggiare per le strade di Tokyo godendosi la fioritura dei ciliegi, che con le loro gemme rosate impregnavano l’aria di un dolce aroma che risvegliava ben più di un tipo di appetito, facendo brontolare stomaci e battere cuori all’impazzata.

Lei si sedette sul basso muretto che circondava il parco di Shinjuku con le gambe penzolanti, ciondolando con i piedi sollevati da terra quasi fosse stata una bambina, e non una giovane donna di ventisei anni, il sorriso stampato in volto. All’improvviso, però, fu colta da un dubbio, e freneticamente aprì la borsetta che le poggiava sul grembo, il respiro mozzato: si era ricordata di prenderlo?

Fece passare, con occhi sgranati e dita tremanti, l’intero contenuto della borsa a sacco, e quando i delicati polpastrelli sfiorarono il freddo e duro materiale tirò un sospiro di sollievo, ed il suo cuore riprese a battere ad un ritmo normale.

C’era: non lo aveva scordato, né, caso peggiore, smarrito. Era ancora lì.

Tranquillizzata, socchiuse gli occhi ed alzò il viso verso il sole, permettendo che i raggi la accarezzassero, baciando la sua pelle di porcellana, dall’incarnato chiarissimo ed i lineamenti da giovane donna, i capelli neri che le solleticavano le spalle, diversi da allora.

Un leggero venticello percorse la strada, ed un petalo cadendo le accarezzò la guancia; aprì gli occhi, e prese a guardarsi intorno: coppiette, gruppi di amici e amiche, studenti, studentesse di ogni ordine e grado, universitari, fattorini, professionisti, operai, di tutto e di più… e nessuno di loro le prestava la benché minima attenzione.

Erano finiti i giorni in cui non poteva compiere nemmeno mezzo passo senza che frotte di giovani si accalcassero alle sue spalle, orde di fan in delirio  che desideravano anche solo poterla sfiorare per un battito di ciglia. La celebrità se n’era andata con la stessa velocità con cui era arrivata, ed i cuori di quelle persone, che l’avevano chiamata una idol, la più grande stella del Paese, erano salpati verso altri lidi, invocando il tradimento:  la promessa della fama internazionale, il trasloco in America, un singolo in Inglese, tante parole, ma alla fine la sua casa discografica si era sbagliata, ed il successo internazionale non era mai arrivato, solo stroncature.

Aveva scelto di tornare a casa con la coda tra le gambe, ritornare a fare ciò a cui era più abituata, ma ormai il danno era stato fatto; nel tempo in cui era stata lontana da Paese del Sol Levante era salita ai clamori della cronaca e delle classifiche un’altra stella, che l’aveva surclassata, facendola dimenticare a tutto e tutti: era stata rigettata dalla stessa macchina che l’aveva fagocitata, usandola e sfruttandola fino a che le aveva fatto comodo.

Ma non aveva abbandonato  quel mondo, che ormai le era entrato dentro; la sua casa ora erano i palcoscenici di locali con luci soffuse, con poltrone di velluto rosso impregnate di profumo francese, dove intellettuali con maglioncino neri a collo alto e occhiali dalla sottile montatura di acciaio si accompagnavano a donne magrissime dall’aria androgina, discutendo di tutto e nulla mentre lei accompagnava con la sua voce melodiosa e malinconica ballate blues oppure le eleganti e raffinate note di un pianoforte a coda.

Ma era meglio così, si disse: quell’anonimato le aveva permesso di vivere la sua gioventù come meglio voleva, farsi amicizie, e vivere la vita alla luce del sole, senza doversi fare troppi problemi… era diventata una ragazza normale, come tante.

Una ragazza che, se voleva, poteva benissimo innamorarsi… e vivere l’amore come tutte le sue coetanee, anche sposarsi, senza che nessuno avesse nulla da ridire o la criticasse, impicciandosi dei fatti suoi.

Per questo era finalmente tornata, mantenendo la promessa che si era fatta da ragazzina: ora che i dieci anni erano passati, che era divenuta una donna nel corpo e nella mente, avrebbe obbligato anche  lui a fare lo stesso.  Non pretendeva certo il matrimonio – non subito, almeno, quello, ne era certa, sarebbe arrivato poi – ma ora desiderava vedere cosa sarebbe successo. Come sarebbero potuto essere stare insieme. Essere una coppia come tutte le altre.

“Ah, ah, ah! Davvero? Ma non mi dire!” Appena sentì quella voce in lontananza e quella risata schietta, onesta, Nagisa saltò in piedi con uno scatto, e uscì dall’ombra dei ciliegi, pronta a raggiungerlo.

Dieci anni: eppure era esattamente come lo ricordava, quasi si fossero visti per l’ultima volta solo pochi giorni prima.

Dieci anni: e sentirlo le faceva ancora battere il cuore all’impazzata, la emozionava, la faceva arrossire. Era una donna: eppure, con lui si sentiva ancora quella ragazzina di quei tempi andati.

Percorse lenta, su gambe che le tremavano, i pochi passi che li separavano, e si nascose dietro ad un palo, a guardarlo da lontano, chiedendosi se avrebbe avvertito la sua presenza, se si sarebbe accorto di essere spiato… in dieci anni, Ryo era cambiato poco o nulla, era sempre aitante e muscoloso, non aveva rughe e nemmeno un capello bianco, era ancora bello come un Dio greco.

E quando Nagisa si rese conto che non era solo, si sentì avvampare per l’imbarazzo: con lui c’era la sua segretaria- assistente, o qualunque cosa fosse stata…. Qual era il nome, Kreta, Kara?

No, non Kara, ma qualcosa di simile… forse, forse…

Kaori!

Nagisa si dette una scrollata: sì, era certa che fosse quello il nome della donna. Quando l’aveva velocemente incontrata, nel periodo in cui Ryo l’aveva protetta, doveva essere stata ancora molto giovane, perché in dieci anni era cambiata parecchio- ed in meglio.  Diverso era il suo modo di vestire, con abiti femminili ma pratici, e scarpe con un discreto tacco. I capelli si erano allungati leggermente, arrivando a sfiorare le spalle, e perfino i suoi lineamenti, e la linea del corpo, si erano aggraziati ed armonizzati, quasi addolciti.

“Sai, devo ammetterlo, non pensavo che saresti stata in grado di resistere a quel tipo, e invece gliel’hai proprio fatta nel sacco!”  Mentre camminavano l’uno a fianco dell’altra, Ryo le spettinò una ciocca ribelle, e Kaori scacciò quella mano impertinente, sbuffando.

“Ma per favore, lo dici sempre anche tu che City Hunter sono anche io… e poi adesso sono quasi dodici anni che lavoriamo insieme, qualcosa lo avrò pure imparato, no… anche se, diciamoci la verità, fosse dipeso da te io me ne sarei stata tutto il tempo chiusa in casa a mettere a posto e cucinare. Se ho imparato qualcosa il merito non è certo tuo, ma di Falcon e Miki… e Mick!”

Così dicendo, Kaori fece uno scatto in avanti, e fece la linguaccia a Ryo. Nagisa non sapeva quanti anni Kaori avesse – forse quattro o cinque più di lei – ma sembrava una ragazzina con lui. Era decisamente diversa dalla Kaori di allora, molto più disinvolta e divertita, più aperta e dolce nei suoi modi con Ryo.

Ryo, che aveva messo il broncio quasi fosse stato un bambino petulante.

“Lo sai che detesto quando dici il nome di quello!” Lui grugnì, le mani in tasca. “Ti ronza troppo attorno!”

“Ma dai, sarai mica geloso!” Kaori lo prese in giro. Nagisa si fermò a guardarla per un istante: era di una bellezza luminosa, sembrava emanare pace e serenità.

“Sì, e allora? Mi sembra il minimo!” Ryo ammise, leggermente imbarazzato, grattandosi il capo con una mano e abbassando gli occhi. “Tu sei stata il suo primo amore, e adesso lui è tornato single, e tu no… e Mick ha sempre adorato le sfide! Per lui far capitolare una donna impegnata è una questione di principio, e, ecco…. “

“Cosa, non ti sorprenderesti se io fossi tentata da un uomo di classe, bello, elegante e benestante, solo perché tu non sei esattamente un esempio di fulgida virtù  e sei perennemente squattrinato e senza un’oncia di stile in corpo?” Lei lo prese in giro. Stava davanti a lui, il viso sorridente rivolto verso il sole, e nonostante i passanti passassero loro accanto, sembrava che loro due non se ne accorgessero nemmeno, che esistessero solo loro due, in una loro personalissima bolla. “Quanto sei scemo, Ryo, lo sai che amo solo te!”

Kaori fece uno scatto in avanti, e mettendosi in punta di piedi lasciò un bacio sulla guancia di Ryo, che arrossì, e si sfiorò la pelle che lei aveva toccato con aria trasognata, stupita – quasi non potesse credere che fosse vero, che stesse effettivamente accadendo. Sembrava un bambino – anzi, sembrava un ragazzino che sperimentava il vero amore per la prima volta.

Nagisa si voltò appiattendosi contro il tronco dell’albero, facendosi piccola, piccola mentre sentiva le gote andarle a fuoco per l’imbarazzo, quasi li avesse sorpresi a letto,  in un attimo di intimità: anche lei era stata così, all’epoca? Anche lei aveva guardato Ryo come ora lui guardava Kaori?

Quasi impaurita, però vergognandosi allo stesso tempo, Nagisa si fece forza e continuò a guardare la scena, incapace di distogliere lo sguardo dalla bellezza e dalla pace emanata dalla coppia. Ryo sorrideva a Kaori, e la stava stringendo tra le braccia, il mento appoggiato sui capelli rossi, e le sussurrava qualcosa all’orecchio. Kaori si allontanò tanto bastava per poterlo guardare dritto negli occhi, e scoppiò a ridere. Ryo le offrì il suo braccio, e lei si accoccolò contro il suo fianco, stringendolo forte, e si incamminarono verso, Nagisa immaginava, casa. Continuò a seguirli con occhi gonfi fino a che non vide Ryo chinarsi nuovamente su Kaori: le rubò un bacio a fior di labbra, e al contempo, con una mano, le sfiorò in modo del tutto naturale e con estenuante dolcezza il ventre – un tocco rapido, quasi casuale, che forse tanti altri non avevano notato, ma lei sì.

Quel gesto poteva significare una cosa sola: chiunque lo avrebbe capito. Ryo e Kaori non erano solo una coppia, erano una famiglia, che si stava ingrandendo.

Nagisa abbassò le spalle, e si mise a fissare le mattonelle usurate della pavimentazione urbana, sentendosi una bambina sciocca ed immatura: davvero aveva creduto che Ryo l’avrebbe attesa – nonostante lui le avesse ripetuto fino alla nausea che era tutta una finta, che non l’aveva mai amata?

Davvero aveva perso tutto quel tempo, fantasticando di un uomo, di un amore impossibile?

Scosse il capo rabbiosa, maledicendosi, e sbattendo i piedi per terra si incamminò nella direzione opposta a quella in cui erano andati i due City Hunter. Con la coda dell’occhio vedeva solo coppiette innamorate, famigliole passeggiare per il parco: sembrava essere una maledizione.

Mentre guardava una di quelle coppie, andò a sbattere contro qualcosa di caldo e solido, e rovinò a terra, sbattendo il sedere sul marciapiedi mentre la borsa, ancora aperta, si svuotava del suo contenuto in modo disordinato. Si massaggiò il fondoschiena a denti stretti, maledicendo qualunque cosa fosse accaduta, e poi si rese conto di una cosa, una mano che le veniva offerta per aiutarla ad alzarsi.

Nagisa alzò lo sguardo, ed incontrò occhi neri, vispi, su di un viso dolce e simpatico, che tuttavia sembrava emanare forza e determinazione, e che un po’ le ricordò Ryo.

“Tutto bene? Si è fatta male?” le domandò. Il giovane uomo la aiutò ad alzarsi, e le strinse la mano, arrossendo, per più tempo del dovuto: era incapace di distogliere lo sguardo da quella presenza che lo emozionava in modo smisurato, accendendogli il cuore.

“No, no, sto bene…” La ragazza raccattò le sue cose da terra, e si dette una spolverata alla gonna; lui le fece l’inchino, e le chiese ancora scusa, quasi vergognandosi.

“Posso offrirle un caffè per farmi perdonare?”  le domandò. “Così le lascio i miei dati, voglio che mi chiami dopo che ha portato la gonna in tintoria, desidero ripagarla…”

“Oh, ma… non è necessario…” le tentennò, guardandolo timida ed imbarazzata, il cuore che le batteva all’impazzata. Abbassò gli occhi, e si morse le labbra, comprendendo che nessuno avrebbe ceduto, e poi, con voce melliflua. “Ma se proprio insiste, allora accetto. Ma solo il caffè: sono io che non stavo attenta!”

I due presero a camminare, e mentre parlavano, e ridevano, sorridenti, Ryo si fermò, e si voltò, facendo schioccare la lingua contro la guancia, nell’istante in cui il sole colpiva il tirapugni di Nagisa, lasciato ai margini della strada, facendolo risplendere, mentre la sua proprietaria si incamminava nella direzione opposta, verso il futuro e nuove opportunità.

   
 
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart / Vai alla pagina dell'autore: Little Firestar84