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Autore: tixit    01/11/2021    1 recensioni
E qui tocca che ti spieghi: sono cresciuta in un villaggio operario. Che c'entra? c'entra c'entra, ma andiamo con ordine: devo assolutamente dirti chi ho incontrato stamattina!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Niente di definitivo
E così trascino Paola alla macchinetta, ché, tanto, siamo parecchio in anticipo – anche oggi abbiamo abbandonato all’alba i figli recalcitranti, mentre fuori piove un nevischio inutile che attacca solo sui sensi di colpa.
L’ufficio è quasi tutto buio: il gruppetto di colleghe con baby-sitter e part-time non arriverà prima delle 9 – Dio è con loro, la Tarchetti pure. A noi, le inossidabili full-time, giocoliere che, oltre al pubblico pagante, ne hanno a casa uno non pagante e pure parecchio esigente, resta il caffè. Giusto per scaldare le dita.
Mentre armeggiamo con le monetine, le racconto di stamani: ero sul tram ed ecco che a un certo punto una vecchia mi sorride. Una vecchia? Si, si, hai presente? Denti da cavallo malconcio, e quelle spalle… da sconfitta non so se mi spiego. Non una vecchietta. Una vecchia.
Penso che mi abbia scambiato per un’altra, così preparo il sorriso, ma quella mi sorprende: sa il mio nome.
La osservo per bene e di colpo la vedo: la signora Cislaghi!
E qui tocca che ti spieghi: sono cresciuta in un villaggio operaio - case di tre quattro piani, persiane verdi, operai e impiegati assieme, un giardino enorme… i Cislaghi abitavano lì, lei aveva tre figli. La più grande, Veronica, portava i capelli fino alla vita. Giocavamo sempre assieme.
Le nostre mamme correvano fuori casa con malagrazia, tornavano dal lavoro pure peggio. Severe. Noiose.
La signora Cislaghi no, non lavorava e aveva pure un aiuto in casa. Beveva il tè coi biscottini appena sfornati – ricette segretissime – con tazzine più belle di quelle delle bambole. Si era appropriata di un pezzo di giardino comune, fregandosene delle occhiatacce, e ci piantava i suoi fiori. Portava i jeans ricamati… la adoravamo tutte, noi con la gonna scozzese e le calze di filanca, l’uniforme delle bambine obbedienti.
Poi un giorno la cassa integrazione. Non è come ora che in un condominio può esserci qualcuno in cassa e il problema è solo suo: in un posto del genere è uno tsunami che travolge tutti e ribolle di famiglia in famiglia. Nel marasma al signor Cislaghi viene offerto il trasferimento in una filiale, una botta di culo.
E lei disse che non poteva. Però che loro andassero. Tutti.
Le nostre mamme bisbigliavano con occhi enormi, Veronica non aveva mai voglia di giocare, e casa sua si era riempita di zie dalla faccia severa e cartoni per il trasloco.
La signora Cislaghi aveva trovato l’Amore e non intendeva lasciarlo. Così disse.
Seppi poi, da grande, che l’Amore era il signor Leonetti, quello con la moto, una fichissima Guzzi Ambassador. E una moglie, dettaglio mica da ridere.
Per anni l’ho immaginata circondata da fiori, elegante come sempre, anche sulla moto. Diversa dalle persone attorno a me. Perfetta. Quella che certe sere avrei voluto essere io, invece di essere sempre la solita, col balcone che sembra una discarica.
La storia è ritrita – l’indirizzo dell’Amore non era quello dove il signor Leonetti voleva il suo domicilio fiscale. Paola sbuffa, pratica “tre figli piccoli di un altro… figurati se l’Amore si piglia il pacchetto completo…ma dai!”
Quanto a Veronica… non andava d’accordo con le zie così l’avevano messa in collegio, altri tempi, poi era tornata a casa, che non ci resisteva, e poi canne e ragazzi più grandi – finché a un certo punto avevamo smesso di scriverci.
Lei mi racconta che Vero fa l’inserviente in una rsa, e intanto va alle serali: tra un anno si diploma.
E lei? Lei fa la colf, nel salutarmi mi dà la mano; la sento ruvida e mi viene da piangere. Veronica, da grande, voleva fare la pediatra. Altri tempi, meno moderni, ora sarebbe diverso. Forse.
Paola mescola il caffè “Gran cosa la libertà. La verità è che puoi scegliere come ti pare, ma c’è sempre un conto e qualcuno che paga.”
Annuisco – Paola, una laurea in fisica, ha un figlio dsa, che è un po’ come aver pescato l’asso di fiori (picche è esagerato), e fingere che sia un jolly. Giustamente eh! Ma a volte non viene bene.
È che arriva un giorno in cui non sei più una foglia libera nel vento ma sei diventata il ramo, il noiosissimo ramo su cui stanno attaccate altre foglie. Tutto sommato una faccenda semplice.
 
Mio marito mi chiama sul cellulare, mi dice che mi vede stanca ultimamente, è tutto ok? D’impulso gli chiedo se ha voglia di una pianta di arance. Per il balcone.
   
 
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