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Autore: Alarnis    01/11/2021    3 recensioni
"Quel giorno fu lei a restare ferita, solo ora se ne rendeva conto."
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 29  Della Paura

 
 
“No! Non vi è altra strada per entrare!” rispose categorico Braccioforte, quasi a mettergli il cuore in pace. La voce tenuta bassa per non farsi udire se non da lui: Malia poteva non essere arrivata da sola.
Leale alle confidenze di Ludovico, l’amico continuò ammonendolo serio “Non pensare nemmeno di fuggire ora!”; conciso ricordò “Spartiamo un segreto.”. L’onore era motivo ben più importante che rammentare a Moros quanto pericoloso fosse stato un tempo anche solo ipotizzare di conoscere l’esistenza del passaggio segreto, per chi non appartenesse alla famiglia reale.
“Non pensavo di fuggire.” si giustificò immediatamente Moros, quasi il piagnisteo di un bambino sgridato. “Potrei tentare un’altra via.” ribatté poi agguerrito, mordendosi le labbra per non alzare troppo la voce: dibattuto da mille alternative, tutte onestamente irrealizzabili quanto sciocche.
Scalerò le mura…  Era un’idea tanto semplice quanto azzardata: non avendo le dovute competenze avrebbe unicamente rischiato di finire nel vuoto; come un imbecille.
Mi travestirò… Sì! Poteva essere un buon piano.
Certo! Come no? Avrebbe funzionato, solo se avesse dovuto semplicemente entrare dentro le mura. In quel caso sarebbe stato fattibile. Tuttavia lui doveva raggiungere Nicandro nelle stanze padronali di Rocca Lisia, sorvegliate da guardie a cui la sua faccia non sarebbe passata inosservata, visto che un tempo era stato loro compagno. Con Vittorio e Ottavio ne aveva avuto la prova: l’avevano riconosciuto subito e senza troppi complimenti l’avevano attaccato. Perciò, trovarsi davanti al reggimento al completo non sarebbe stata un’allegra rimpatriata tra amici. Sapete ragazzi, avevo voglia di rivedere mio cugino, passavo di qua, così mi son detto perché non vado a salutare tutti? Perciò, Salve! Un discorso spavaldo che avrebbe potuto essere invero il suo ultimo.
Forse la sua faccia esprimeva limpidamente questi pensieri, perché Braccioforte lo guardava dubbioso, o meglio rabbuiato in volto, prima di prenderlo d’impeto al braccio sinistro, ferreo “Non vi è altra via! Al meno non prima di aver parlato con Ludovico!”. Il principe meritava spiegazioni prima di essere lasciato: era chiaro il pensiero dell’amico. A dopo travestimenti, scalate e tutte le ulteriori idiozie che la sua giovane mente vaneggiante avrebbe partorito.
“Ma se Ludovico volesse avvelenare Gregorio… i soldati…”non osò paventare la morte del cugino, coinvolto nella vendetta del principe.
Giustificazioni, solo giustificazioni che volevano frenarlo nell’agire di affiancare Ludovico nella ripresa di Rocca Lisia.
“Non lo sappiamo con certezza!” lo frenò Braccioforte, dando il beneficio del dubbio a Ludovico o forse concedendogli la possibilità di rinunziare a quel proposito vile e quasi indegno per un principe; poi più pragmatico “Come non sappiamo cosa potrebbe intossicarli!”. Era sbagliato lasciare i cavalieri in questo momento, rischiando di invischiarsi nel loro inganno, ignorando cosa avrebbe veicolato il veleno.
Moros ribatté “Farò in tempo… Basterà portare via Nicandro.”; lasciare Ludovico adesso gli avrebbe fornito un ragguardevole vantaggio rispetto all’uso del veleno. Non è così sbagliato tentare.
“Anticipare le mosse di Ludovico è ciò che vuole anche Gregorio” ironizzò Braccioforte “Tu potresti esservi già compreso, dopo l’incontro con quei due soldati!” sembrò cercare di mettergli paura. Gregorio si aspettava il ritorno di Ludovico e sicuramente anche il suo!
“Hai solo una via sicura per entrare, ma sembra tu non voglia usarla?” si sentì rimproverare e, Moros riconobbe fosse quella la verità.
La prima volta che Braccioforte aveva cercato di metterlo a nudo aveva cercato di ignorarlo, ma ora gli era impossibile continuare a farlo. “Non pensare nemmeno di fuggire ora!”quanto erano vere e crude le parole usate dall’amico e, pensandoci non era la prima volta che se le sentiva calare addosso. La paura era come una pioggia che gli scrosciava addosso, che lo inzuppava fin nelle membra ma a cui non sapeva reagire. Restava là, fermo a prenderla. Si faceva bagnare e non osava correre per ripararsi, neppure allungando le mani alla testa per coprirsi, indifferente pure alla vergogna, perché lui non la riconosceva tale. Era solo pioggia. Era solo tentare altre alternative. Era solo separarsi per un po’ da Nicandro...
In fondo era già successo…
Era semplice uscire di scena, facendo finta che nulla in fondo dipendesse da lui. Era facile fingere non gli importasse degli altri, fossero amici appena conosciuti come Braccioforte, un principe a cui s’era detto leale nella comunanza di un obbiettivo o un cugino che avrebbe dovuto lasciare com’era già successo in passato…
“Allora sei pronto?” aveva sorriso Lavinia a Nicandro. Il nasino di lei puntiglioso, i capelli composti in una lunga treccia perfetta, vestita come una dea della caccia, in pantaloni sagomati sulle gambe sottili; spavalda e sicura, imperiosa come ci si aspettava fosse nel giorno che l’avrebbe ricondotta alla loro vera casa: Montetardo.
Moros restava solitario in disparte in quella sala, dal soffitto a cassettoni e le pareti tinteggiate di rosso ocra, che avrebbe fatto da cornice al loro commiato. Davanti ai suoi occhi un dipinto spennellato in quell’istante in tinte chiaroscuro, in cui le mani di Lavinia raccoglievano quelle di Nicandro come fossero preziose, alzandole unitamente alle sue.
Moros si stupì di quel tenero gesto rivolto a suo cugino, come non se l’aspettasse da lei.
“Dobbiamo andare..” la voce di Lavinia indulgente, sovrastata da quella indispettita di Gregorio che si informava “Non dirmi che ci hai ripensato?” mentre inclinava la testa incuriosito; la sua figura più alta, di ventenne, torreggiante sulla sorella quindicenne e il fanciullo che avrebbe fatto parte della loro famiglia.
Quasi a rimarcare il proprio territorio, Moros era avanzato in quel momento, solo di qualche passo, “Mi raccomando non metterti nei guai.” aveva sbottato infastidito, puntando solo il cugino, volendolo mettere alle strette perché rispondesse veloce. Di’ che vai con loro! Me ne farò una ragione!
Un incerto “Io…” in risposta. Come se Nicandro potesse tornare indietro dalla decisione di seguire il capofamiglia Guglielmo, tutore di Lavinia e Gregorio e presto anche suo. Quasi dicesse Per te potrei rinunciarvi.
Così sembrò. Così fu.
Nicandro sembrò tornare sui propri passi, correndogli incontro come se tutto fosse nuovamente facile: la certezza di restare assieme!
Quella sola richiesta: “Vieni con me!”. L’abbraccio stretto di Nicandro alla vita, quasi lo volesse in trappola e solo là lo conducesse.
Gli occhi del cugino che si alzavano a ricercare i suoi. Li rivedeva nel loro colore acquamarina.
“Diventa un soldato!”. Non si era aspettato quelle parole: una richiesta dalle lucide labbra di Lavinia, un’intromissione che l’aveva portato ad allontanare il cugino da sé, quasi fosse lo strumento di un inganno.
“Rimani con Nicandro. Ne sarà felice.”. Il sorriso di Lavinia vittorioso. A lui risuonarono Hai forse paura di diventare un soldato? pronunciate con una sottile voce da strega, accompagnata dalle lusinghe di Gregorio “Saresti il benvenuto tra i miei soldati.”, degno miagolante gatto nero.
“Non ho bisogno di seguire come un’ombra mio cugino, se l’affido a voi!” disse con freddezza, accrescendo l’ego di Gregorio che sembrò soddisfatto di toglierselo dai piedi; del resto aveva intuito quanto tra lui e Lavinia non scorresse buon sangue.
“Mi mancherai!” la confessione di Nicandro: crudele, nel tentativo di smuoverlo.
“Matilda ha bisogno di me!” s’era giustificato “Se venissi con te..”
“Come scudiero saresti ben pagato!”  aveva incalzato Lavinia, denigrando l’aiuto che paventava alla madre; sorvolando arrogante sul fatto che gli sarebbe diventata signora; più di quanto già non fosse possedendo Raucelio, con le terre e le vite che conteneva.
Sì! Certo! s’era detto, avrebbe seguito Nicandro per vederlo Signore del castello , quanto a lui sarebbe toccato il ruolo di soldato, mettendo costantemente a rischio la vita. Sai che guadagno!
Diplomatico le sue parole erano state “Per il futuro potrei prendere in considerazione la tua proposta”.
“Ma oggi no!” aveva sorriso Lavinia, mentre Ubaldo entrava avvisando fosse ora di partire.
“Fate buon viaggio!” aveva augurato in commiato, mentre il biondo Ubaldo si era soffermato a osservarlo, finché soli aveva contestato “Sul serio non ti importa? Scommetto che è la paura a parlare per te.”. Lui s’era mosso di un quarto di giro, sbottando grintoso “Per me possono andare dove vogliono i Montetardo!”, vedendo il soldato allargare le braccia mentre un sorriso sghembo gli appariva in viso “Infatti, possono farlo. Quanto a te, ritorna pure dove preferisci!”.
Moros era diventato paonazzo, ma per Ubaldo non avrebbe mai rappresentato un problema una contesa con lui “Francamente non interessa a nessuno!”.
Moros aveva stretto i pugni ma non s’era mosso.
“Se la paura ti frena, allora hai già perso!” aveva concluso Ubaldo.
Com’era vero! Stava già rinunciando. Si era dato un obbiettivo: doveva portarlo avanti senza scusanti.


NdA: Ciao a tutti
E' un periodo difficile, perciò mi scuso se non sarà uno scritto perfetto.
La scrittura spero mi darà sollievo e forza.
Grazie a tutti.
   
 
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