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Autore: Persage_    02/11/2021    2 recensioni
Storia Partecipante al Contest “I Will Go Down With This Ship” indetto da BellaLuna95 sul forum di EFP.
Sono passati due anni dell’ultima volta che Silvia ed Elia si sono visti.
Due anni senza un addio degno di questo nome.
Due anni senza poter andare avanti e dimenticare.
Quando Silvia prende un treno per raggiungere i suoi amici al matrimonio di Eva e Gio, si ritrova a condividere il viaggio con l'ultima persona al mondo che avrebbe voluto vedere.
Quello che Silvia ancora non sa è che, a differenza di quel che crede, non tutto il male viene per nuocere.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elia Santini, Silvia Mirabella
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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PACCHETTO: Creep-Radiohead 
PROMPT: Rimpatriata.
OBBLIGO: La storia deve contenere almeno un flash-back che parli della ormai passata e terminata adolescenza dei due protagonisti.


Di Treni e Scherzi del Destino


 

Silvia odia i treni e gli scherzi del destino, che poi a pensarci bene non fanno neppure ridere. 
Odia il fatto di essere bloccata su questo maledetto vagone con Elia, il rumore delle patatine che sta sgranocchiando ed il modo in cui i suoi lineamenti sono cambiati in soli due anni. 
Forse, a dirla tutta, odia anche Elia ed il fatto che ora sia un uomo fatto e finito, che se ne stia seduto di fronte a lei senza nessuna ombra di turbamento, mentre Silvia si sente di nuovo una bambina e cerca di farsi sempre più stretta sullo scomodo sedile del regionale che -finalmente- li porterà a Bologna. 

Ha ricevuto l’invito di Eva solo qualche mese fa: una cartolina bianca e dorata dove spiccavano il suo nome e quello di Giovanni.  
Quando l’ha stretta tra le mani, Silvia ha sorriso, perché nonostante le cose fossero andate male ad un certo punto per loro due, lei ha sempre saputo che in un modo o nell’altro sarebbero finiti insieme. 
Era destino. 
Il matrimonio non è stato una sorpresa comunque, non solo ha aiutato Gio a scegliere l’anello, ma la stessa Eva l’ha chiamata subito dopo la proposta, svegliandola nel pieno della notte con una videochiamata di gruppo alla quale sfortunatamente ha risposto solo lei e che  è andata avanti per ore.  
Il risultato è stato per Silvia un clamoroso ritardo a lavoro il giorno successivo ed un quasi-licenziamento che si è rivelato un’ incredibile presa di coscienza. 
Si è resa conto che forse non le sarebbe dispiaciuto più di tanto perdere quel lavoro e anzi, ritrovarsi a ventisei anni a sgobbare in un grande negozio, sottopagata e maltrattata tanto dai clienti quanto dai suoi superiori, non è mai stato il sogno della sua vita. 
E poi, con tutti i fallimenti alle sue spalle, uno in più non sarebbe stato un problema. 

Ci ha messo tre mesi per trovare un nuovo impiego, identico all’altro. Forse peggio. 
Quindi si, è stato un problema e pensarci bene neppure tanto piccolo. 
L’ennesimo errore da aggiungere alla sua lunga -immensa- lista. 

Però sta andando al matrimonio della sua amica Eva, certo è senza uno straccio di accompagnatore, rivedrà tutti i suoi compagni di scuola pienamente realizzati nelle loro incredibili vite ed è bloccata su un treno lento e puzzolente con l’ultima persona al mondo con cui vorrebbe avere a che fare, ma potrebbe andare peggio. 
Silvia lo sa.  
Può sempre andare peggio, non importa quanto le cose sembrino andare male. 

Come quando Eleonora, Eva, Sana e persino Luca si sono trasferiti e sono rimasti lei, Gio e Marti a consolarsi a vicenda. Poi un giorno anche Giovanni ha lasciato Roma per raggiungere da Eva a Bologna.

“Torno tra una settimana.”

Ma non è tornato mai e così la loro splendida, affollata città le è sembrata improvvisamente ancora più vuota. 
Negli anni se ne sono andati tutti silenziosamente, chi a Milano, chi a Parigi, chi a Londra. 
Silvia non immaginava sarebbe finita così, la gente non se ne va da Roma di solito, al massimo ci si trasferisce, eppure i suoi amici sono stati una dolorosa eccezione.  

Per fortuna è rimasto Martino.
L’ultima persona con cui pensava di poter condividere qualcosa di più che un'amicizia adolescenziale, di quelle che perdi strada facendo, è diventato non solo il suo coinquilino, ma anche il suo migliore amico. 
Sono simili, loro due, aggrappati ai bei tempi andati e senza un posto in un mondo dove tutti sembrano ottenere ricompense. 
Marti finalmente studia psicologia dopo aver provato altre 3 facoltà e si sente in ritardo, fuori tempo e già vecchio ogni volta che mette piede in aula, circondato di gente appena uscita dal liceo. 
Eppure ha solo ventisei anni e una vita davanti. 
Silvia vorrebbe dirgli che ha tutto il tempo di fare le cose con calma, ma la verità è che si sente esattamente come lui.
Hanno paura del futuro, per questo parlano spesso del passato, abbracciati davanti alla vecchia televisione del loro appartamento. 
Martino tira sempre fuori il nome di Niccolò e Silvia ogni volta vorrebbe morire, perché quei due nonostante gli anni si vedono ancora ogni tanto e da quegli incontri Rametta ne esce peggio di prima. 
È palese che siano ancora innamorati e forse in fondo lo sanno anche loro, ma vivono distanti e come dice sempre Marti : “La distanza è il più grande ostacolo per una relazione”. 
 Tutte scuse.

 Silvia aspetta solo il giorno in cui si renderanno conto che devono stare insieme.
A quel punto se ne andrà anche Marti però e lei non sa se sarà pronta a rimanere sola.  

“Ti manca mai?”  

Martino lo chiede spesso, sussurrando le parole come abbia paura di farle male. Non c’è bisogno di nomi, Silvia sa che parla di Luca.  
In cuor suo spera di spingerla a rendersi conto di quanto in realtà abbia bisogno del suo ex, ma la verità è che Silvia non sente la mancanza di Luca da tanto tempo ormai. 
Marti vuole che tutto torni come un tempo, quando erano giovani e spensierati e felicemente fidanzati. Vuole rivivere quegli anni, quando sembravano inseparabili ed invincibili. 
Si rifiuta di credere che siano cresciuti e che le cose abbiamo preso pieghe inaspettate per tutti, che abbiano scelto strade diverse e si siano inevitabilmente allontanati.  Così, quando sussurra quelle tre parole, Silvia legge nei suoi occhi scuri la risposta di cui ha bisogno, mormora che si, le manca e allora lui la stringe più forte e placa il suo dolore accogliendo quello di lei. 

Eppure Silvia ha un segreto, qualcosa che spinge tra le pareti del suo cuore, che scalpita per essere confessato ma che non ha la forza di affrontare. 
Quando risponde a quella domanda, non è a Luca che pensa.  C’è un nome che le ronza in testa fastidiosamente: Elia Santini. 


“Ne vuoi una?” Chiede il moro, avvicinando il pacchetto di patatine a Silvia. 
Lei scuote il capo e per un attimo riconosce un lampo di sospetto nel suo sguardo. Ha la gola improvvisamente secca e una gran voglia di scappare via quando i suoi occhi trovano quelli di lui. 
“Hai mangiato?” Incalza Elia, con meno delicatezza di quella che avrebbe voluto usare. 
Silvia alza gli occhi al cielo, più infastidita che offesa.  
Facile fingere di preoccuparsi per lei ora, dopo due anni in cui non si è degnato di farsi vedere o sentire, dopo averla abbandonata per scappare a Londra senza neanche un piano per il futuro e averle negato un addio degno di questo nome. 
“Da quando ti interessa?” Replica la bionda, tornando a guardare il paesaggio che si muove veloce fuori dal finestrino. 
Vorrebbe sorridere, perchè la Silvia di qualche anno fa non avrebbe mai risposto in questo modo a nessuno, tanto meno ad Elia. 
Avrebbe tirato fuori un tono melense, fingendo una stupidità che con lei non ha nulla a che fare e che non le appartiene, mostrandogli prontamente qualche foto di gattini e altre cazzate adatte alla svampita che ha sempre provato ad essere, giusto per svagare il discorso. 
Eppure non riesce a sentirsi fiera della sua nuova maturità, perché sa di essere stata ingiusta. Elia si è sempre preoccupato della sua salute, anzi è stato proprio questo ad avvicinarli tanto tempo fa. 

Elia ha visto quello che agli altri passava inosservato e nel suo rapporto con il cibo e con il suo corpo è riuscito a capirla più di quanto abbia mai fatto Luca. 
Silvia ricorda bene il giorno in cui Elia l’ha trovata chiusa in bagno a vomitare durante il viaggio della maturità. Era la sua prima ricaduta. 
Ricorda che per il resto della vacanza, quando si rifiutava di andare al mare fingendo un malore, lui rimaneva con lei. 
Non faceva domande, si limitava a cucinarle il pranzo migliore di cui fosse capace e controllare che non corresse in bagno a punirsi per averlo mangiato, ma non ha mai menzionato, neanche per sbaglio, i suoi disturbi. 
Ha aspettato che fosse lei a fidarsi abbastanza per parlarne.

Elia sembra ferito dalle parole di Silvia, tiene le mani strette tanto che le nocche si sono fatte bianche e ha una faccia da cane bastonato che le fa solo venire voglia di stringerlo.
Ma Silvia ha imparato a non  lasciare spazio alla compassione, non è lui la vittima in questa storia. 
“Sei ingiusta, lo sai che mi è sempre importato di te. Mi importa ancora.”  
Lascia scappare una risata. 
“Si, certo, in questi due anni di silenzio me ne sono accorta quanto ci tieni.” 
 “Allora avevano ragione quando ti dicevano che sei scema Silvié.”  Elia alza la voce più del dovuto, attirando gli sguardi curiosi degli altri passeggeri e si pente immediatamente di quello che dice, ma inaspettatamente non c’è ombra di delusione nei grandi occhi verdi della ragazza. Rimane in silenzio e lo studia. 

“Ho sentito più Luca di te.” Quello di lei è un sussurro calmo e freddo. “Per quanto ne so dovrebbe odiarmi dopo quello che gli abbiamo fatto, eppure ho sentito più lui di te.”
“Non gli abbiamo fatto niente Sil. Lui lo sa.”
Ah no? Abbiamo tradito la sua fiducia.” Silvia è lapidaria, stringe i denti e indurisce le mascelle, mentre una tensione nuova si impossessa di lei. 
Non è mai stata in grado di perdonarsi per aver lasciato un ragazzo perfetto che la amava  e che lei a sua volta adorava, solo per buttarsi in questa storia dolorosa, tormentata e difficile con Elia. 
Luca non le ha fatto mai mancare nulla, Elia le ha portato via il sonno, il respiro ed un pezzo di cuore, oltre che incasinarle la vita e le amicizie.

I primi tempi nessuno riusciva a capire come fossero finiti insieme. Pensavano fosse un capriccio e in lei non riuscivano più a vedere la loro amica, ma solo una stronza che aveva ferito il più innocente degli uomini.
Sul fatto che fosse stata una stronza forse avevano ragione, ma quello che provava per Elia era sincero e travolgente. In poco tempo se ne erano resi conto tutti. 
Anche Luca. 

“Ci siamo innamorati Silvia, non è che avessimo molta scelta.” 
Silvia sgrana gli occhi, li spalanca fino a farli diventare grandi come due palloni ed Elia la trova buffa, divertente e gli sembra di rivedere la ragazzina di qualche anno fa, quella che alle cose ci arriva sempre dopo, un po’ perché  vive in un mondo tutto suo, un po’ perché si è cucita addosso il ruolo della stupida e non sa come uscirne. 
Elia lo sa che non è il momento e non vorrebbe ridere, ci prova davvero con tutte le sue forze a trattenersi, ma poi non ce la fa più e scoppia in una risata fragorosa che rimbomba per tutto il vagone. 
Di nuovo gli occhi di tutti sono su di loro. 

“Che cazzo ti ridi?” Chiede lei, con una punta di veleno nella voce e le sopracciglia inarcate. Si sente presa in giro perchè Elia, quelle due parole, non gliele ha mai dette. 
Silvia si è convinta, per necessità e sopravvivenza, che infondo lui non l’abbia mai amata e che lei, povera ingenua ragazzina, abbia scambiato una cotta per qualcosa di più profondo. 
Ci siamo innamorati. 
Le parole rimbombano nella sua mente come un tarlo. 
È durata anni tra loro, tra un tira e molla e l’altro, tra una rottura, una lite, una ricaduta di Silvia, una cazzata di Elia ed uno scrupolo di troppo. 
Si sono presi e lasciati per così tanto tempo che quel sentimento sbocciato un po’ per caso nell’alba dei loro diciannove anni è durato fino ai ventiquattro. 

Poi Elia ha deciso di andare via e nonostante tutto quello che hanno condiviso non ha proposto a Silvia di seguirlo.  
Così lei si è fatta piccola piccola, non ha chiesto nulla, non ha preteso spiegazioni né scuse. 
Silvia lo ha lasciato andare ed è stata la cosa più difficile della sua vita. Qualcuno potrebbe vederlo come il gesto più romantico del mondo, rinunciare a lui per amore, lasciarlo libero di realizzarsi come individuo e di trovare i suoi sogni, e Silvia vorrebbe essere stata così coraggiosa e altruista, ma la verità è che l’unico motivo per cui non si è esposta e non l’ha implorato di scegliere lei è stato perché ha avuto paura che lui la rifiutasse. 
Il dubbio le è sembrato a quel tempo una scelta ben più ragionevole. 

Ovviamente si sbagliava. 

Ora lui ripiomba nella sua vita, prende un treno per Bologna sapendo di trovarla sola,  perché tutti i loro amici sono partiti già da giorni, e si siede di fronte a lei come niente fosse. 
E lei lo odia.  
Perché non è niente, questo viaggio, eppure è tutto e sente il cuore scoppiare ad averlo così vicino dopo tanto tempo, quasi le pare un allucinazione. 
Vorrebbe toccarlo per sapere che non sta sognando ma ha paura e non si ricorda neppure come si fa ad accarezzare qualcuno che si ama. 

“Scusa.” Dice lui. È che lo sai, quando fai quella faccia stupita mi uccidi. Non riesco a trattenermi sei troppo buffa.”
“E tu sei tutto scemo.”  

Silvia non vuole, non vuole davvero, ma il suo tono la sta tradendo. 
Sente che si sta addolcendo, che si sta lasciando andare e non può. 
Non può. 

“Concentrati su qualcosa che ti faccia arrabbiare.” Si ripete. 

“Perché sei qui?” Chiede. 
“Devo andare al matrimonio dei miei amici.” Risponde lui con scrollando le spalle, come fosse scontato.  
“Perché sei su questo treno, Elia?”
Lui rimane in silenzio, si morde il labbro inferiore come faceva a scuola quando si presentava impreparato ad interrogazione, guarda fuori dalla finestra in cerca di un appiglio. Forse non è cresciuto poi tanto.  Ma come può spiegarle che andarsene è stato il suo più grande errore? 
Come può confessarle di essere vigliacco a tal punto da essere rimasto a Londra, con due amici in croce e una carriera che lo rende infelice, solo  per evitare di confrontarsi con lei? 
Come le spiega che, per la prima volta dopo tanto tempo, ha di nuovo paura e, allo stesso tempo, finalmente prova qualcosa?

“Perché?” Incalza ancora lei.
“Perchè Luca, che è nostro amico e non ci odia per quello che è successo, mi ha detto che saresti partita dopo tutti gli altri visto che hai avuto problemi a lavoro e Martino mi ha suggerito di venire con te, sai, per non lasciarti sola.”
Silvia si sente confusa e disorientata. 

Martino? Lo stesso Martino che parla solo di Luca? 

 Non ha mai nominato Elia, neanche per errore, e Silvia ha sempre pensato che nel sogno perfetto del suo amico lei dovesse stare con Luchino. In fondo a nessuno è mai piaciuta molto la sua storia con Santini e ha sempre creduto che in qualche modo Marti volesse rimuoverla dalla memoria tanto quanto lei. 
Evidentemente sbagliava.
Non solo Rametta ha imparato a conoscerla più di quanto credesse, ma forse, a quella stupida domanda, al suo continuo “
Ti manca mai?” è sempre stata lei a voler credere la cosa più semplice. 

 “Non dovevi.” La voce di Silvia non ha colori, né sfumature. 
Guarda Elia senza vederlo, persa nel limbo dei suoi pensieri e dei suoi dubbi. 
“Ma ti pare mi fa piacere.” 

Lui non capisce come sempre e si muove lentamente per alzarsi dal sedile e spostarsi accanto a lei. 
“Non hai capito Elia, non dovevi.” Adesso lei è più risoluta e quando Elia si siede al suo fianco, il suo sguardo lascia trapelare un fiume di emozioni che travolge il ragazzo con una forza inaspettata. 
Elia la vede finalmente. 
Per la prima volta da quando è salito su questo treno vede davvero Silvia e il suo legittimo terrore di essere ferita di nuovo, di essere abbandonata, di ricominciare di nuovo a star male ed essere l’ombra di se stessa proprio ora che sta imparando ad anestetizzare il dolore. 
“Invece si.” Le afferra la mano e lei lo scansa, gli dà le spalle.  Non vuole toccarlo. 
Non sa più toccarlo. 

Come si fa? Come si fa? Come si fa?

 Vorrebbe urlare, vorrebbe spaccare il finestrino e lanciarsi dal treno in corsa pur di scappare via, vorrebbe costringere Santini a scendere alla prossima fermata e non vederlo mai più. 
“Mi hanno detto che sei stata male ultimamente.” 
Elia esita, la mano tremante a pochi centimetri dai suoi capelli color grano.
Vorrebbe accarezzarla, ma in questo momento gli sembra di vedere un cucciolo ferito e maltrattato e l’idea di essere stato lui a farle questo lo uccide.  
Con quale coraggio più pensare di stringerla a sé?

“Sono due anni che sto male Elia.”
Da quando te ne sei andato.

Sente che le parole di lei si spezzano, come stesse per piangere ed Elia non ce la fa più. Passa una mano tra i suoi capelli lunghi e la fa scendere lentamente lungo le spalle, la afferra, la stringe e la fa stendere con la schiena contro il suo petto.
Lei si dimena senza troppa convinzione prima di lasciarsi andare contro di lui, cullata dalle sue braccia forti. 
“Mi dispiace Sil. Sono stato un cretino.” 
Silvia rimane in silenzio e lo guarda. 
C’è stato un tempo lontano in cui in quella stessa posizione sono stati felici. 

Avevano diciannove anni appena compiuti e lo ricordano come fosse ieri. 
Silvia stava bene, sdraiata contro il suo petto a ripararsi dal caldo afoso di un’estate infinita sotto l’ombra di un albero al centro di Villa Borghese, con gli occhi scuri di Elia che vagavano nervosi, preso dal terrore cieco di veder comparire all’improvviso qualcuno dei loro amici. Elia si sentiva in colpa per quello che stavano facendo, anche se non c’era nulla di male, anche se non s’erano mai baciati ed erano solo due amici seduti sotto un albero, anche se si stava vedendo con Silvia esclusivamente per aiutarla con i suoi disturbi alimentari. 
La verità è che lui aspettava quegli incontri come un bambino aspetta il Natale e non riusciva a guardarla in volto, perché sentiva uno strano calore nel petto, qualcosa che lo faceva stare male e a cui non sapeva dare un nome. 
E poi, a guardarla in faccia, Elia si rendeva conto che quella stessa fastidiosa magia la percepiva anche lei e allora, al posto dei lineamenti di lei, comparivano presto quelli di Luca. Il suo amico Luca. 
 Non poteva fargli un’ infamata del genere. 

Si prometteva di smettere di vedere così spesso la Mirabella, di fermare l’incendio nel suo petto, ma puntualmente non ci riusciva e rifugiandosi dietro la scusa dell’amico preoccupato -anche se poi, preoccupato, lo era sul serio- la chiamava di nuovo, per l’ennesima volta. 
Silvia non rifiutava mai però. 
“Stai bene?” Aveva chiesto lei, toccandogli la guancia con la punta delle dita.
Quel contatto lo aveva fatto trasalire, aveva abbassato lo sguardo solo per trovare lei, sorridente e magnifica sdraiata sulle sue gambe, con i capelli sparsi e quel vestito bianco che lasciava intravedere il reggiseno e che per un attimo lo aveva mandato fuori di testa.
Aveva scosso il capo, cercando di riprendersi. 
Silvia non meritava di essere guardata così, era una sua amica, era la ragazza di Luca. 
Era off-limits e lui non la doveva guardare in quel modo. 
“Si.” Aveva risposto con voce rauca. 
Lei si era alzata di scatto, per ritrovarsi alla sua altezza e lanciargli un'occhiata ben poco convinta. 
Aveva sospirato, profonda ed esasperata.  
“Lo so qual'è il problema.”  Aveva avvicinato ginocchia al petto per appoggiarci la testa sopra e rannicchiata così Elia si era reso conto di quanto fosse spaventosamente piccola e di quanto desiderasse farle scudo con il suo corpo da tutte le cose del mondo che sembravano farle del male. 
“Ah si?” Anche se non voleva darlo a vedere, Elia sentiva il proprio cuore battere furiosamente nel petto. 
“Tu ti annoi con me.” 
Era scoppiato a ridere, improvvisamente tutte le sue paure sembravano essere scemate via, passate in secondo piano davanti a quella stupida convinzione di Silvia, che a quanto pare non aveva capito nulla. O forse fingeva. 
Elia stava imparando a capire che molto di quello che Silvia faceva era una recita, un modo come un altro per proteggersi. 
Se non era mai se stessa, se rimaneva solo la bionda svampita della 5B, poi quello che le succedeva non la toccava mai davvero. 
Tanto quella non era lei, era un’altra che non le somigliava neppure. 
Silvia-quella vera- era intelligente, brillante in un modo tutto suo. A lui questo piaceva. 
Piaceva davvero. 
Le aveva afferrato il viso tra le mani e ridendo l’aveva costretta a guardarlo. 
“Tu sei la persona più divertente che conosco Silvia Mirabella.” 
Così lei si era sporta versa di lui,  quel tanto che bastava per rubargli un veloce bacio sulle labbra e ritrarsi immediatamente, fingendo che nulla fosse successo, lasciando Elia a bocca aperta e con la nuova consapevolezza che, qualsiasi cosa stesse succedendo, non poteva più tornare indietro. 

Tornare indietro. 

Ora Elia vorrebbe farlo davvero, disperatamente. Si venderebbe l’anima pur di cancellare gli ultimi anni. 
Posa un bacio tra i capelli di Silvia, si domanda se stia facendo bene, se sia giusto avvicinarla a sé dopo tutto il male che le ha fatto. 
“Non dovevi venire, ma sono felice tu lo abbia fatto.” Elia sorride, amaro. 
Non si merita queste parole e lo sa, eppure non può far a meno di accoglierle come il migliore dei regali. 
“C’è speranza allora?” 
“Chi ti dice che non ho un ragazzo, Santini?” Rimbecca lei.
“Guarda che è vero che sono due anni che non ci vediamo, ma io non ho mai smesso di preoccuparmi per te. So tutto. E se proprio vuoi saperlo ho sempre tenuto uno zainetto di emergenza chiuso nell’armadio, per correre da te se solo avessi saputo di un altro nella tua vita.”
Ed è vero.Non le dice però che è lo zaino che gli ha regalato per il loro viaggio a Barcellona.
Da quando si sono lasciati non è mai riuscito a toccarlo.  
Non le dice neppure che non è una questione di possesso o di gelosia, che Elia è sempre stato pronto a tornare, al di là di tutto, ma che semplicemente è sempre stato un gran fifone. 
“Bella merda, mica sono una tua proprietà. Se devi tornare, devi tornare perché ti manco non perché sono felice.”
“E pensi che non mi manchi? Mi sei mancata ogni secondo.”
Silvia non vorrebbe credergli, anzi, vorrebbe mandarlo al diavolo, ma ha imparato a conoscere gli occhi di Elia abbastanza da sapere che non è mai stato tanto sincero in vita sua. 
“Ho bisogno di tempo.” Sussurra. 
“Io non vado da nessuna parte, Silvia. Rimango qui.” 

Rimango qui. 
E forse per adesso questo le basta.

 
   
 
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