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Autore: Shily    03/11/2021    1 recensioni
James Adams ha ventisei anni, troppi straordinari alle spalle e due solide, ferree convinzioni.
La prima è che l'amore è la tomba della passione, la seconda è che deve sempre affidarsi al suo insistinto per non finire nei guai.
Quando però una sera, complici un temporale e un paio di birre, si trova stretto sul divano della migliore amica di sua sorella, con i calzini zuppi d'acqua e i riscaldamenti al massimo, l'intuito si rivela inevitabilmente un pessimo consigliere.
Ma soprattutto, James non fa sesso con una ragazza dalla bellezza di otto mesi, due settimane, quattro giorni e dodici ore - non che tenga il conto, eh - e lui l'astinenza non l'ha mai saputa praticare. Si troverà così a fare i conti con Annabeth, cresciuta a pane e favole Disney - lui, invece, è il classico cinico per tradizione - , oltre che con quei famosi fantasmi del passato di cui tanti parlano.
E mentre il mondo sembra premere perché lui superi il bivio di una vita, crescere o non crescere, con lei si ritroverà a fare la più grande delle sue cazzate.
Probabilmente a prendersi un raffreddore e tornare a casa sotto la pioggia si sarebbe evitato molti problemi.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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01. Non esistono donne brutte, dipende dalla Vodka 
 

"Buonasera anche a lei," mi chiusi la porta della pizzeria alle spalle e tirai fuori il cellulare dalla tasca.
Mi ero fatto una doccia veloce a casa di Robert, che mi aveva lasciato le chiavi sotto il tappetino così che non dovessi farmi quaranta minuti di moto per tornare alla mia.
Sospirai. Non vedevo l'ora che fosse pronta la mia personale, indipendente e centrale casa. Avevo passato quasi un anno alla ricerca di quella perfetta: economica, non troppo distante, piccola ma non troppo e soprattutto in fitto.
Alla fine con qualche aiuto di mio zio Benji ce l'avevo fatta, ottenendo anche un piccolo prezzo di favore. Peccato che la casa fosse inutilizzata da anni e, prima di renderla abitabile, ci fossero voluti dei mesi: i pro e i contro di aver pagato poco, così aveva detto mio zio. Adesso però i lavori erano quasi alla fine e io non ne potevo più di aspettare.
Anelavo indipendenza e, soprattutto, un bagno mio e non sempre occupato da mia sorella Leanne.
Con le pinze in bilico nella mano cominciai a scorrere le numerose chat che mi affollavano la schermata, tutte appartenenti a gruppi che avevo rigorosamente silenziato: i colleghi di lavoro, gli ex studenti del collegio, la famiglia, i fratelli, la famiglia senza adulti, quei tre disadattati dei miei amici, quei tre disadattati senza Bob perché boh... ma quello che più mi straniva era un gruppo in cui gli unici membri eravamo Dave e io; nonostante i mille sforzi non riuscivo proprio a capirne l'utilità.
Finalmente, dopo almeno due minuti di ricerca, trovai la chat che mi interessava e scrissi un messaggio veloce a mia cugina Rebecca:
Pizze ritirate, cinque minuti e sono lì.
Accesi la moto, il grande amore della mia vita, e sistemai le pizze nello scompartimento. Gli occhi mi bruciavano per le troppe ore che avevo passato sveglio senza dal loro un attimo di tregua e, per impedire di addormentarmi in moto, mi diedi uno schiaffo sul viso.
Un lieve formicolio si diffuse lungo la guancia e mi sentii nuovamente sveglio.
Salii in sella alla moto e partii. Neanche cinque minuti dopo, come predetto, ero sotto il palazzo di Rebecca e con un numero esorbitante di pizze in mano: in famiglia eravamo decisamente troppi. Avevo rischiato di farle cadere almeno tre volte nel tragitto, dovendomi così fermare per sistemarle.
Suonai il campanello, tenendo i cartoni e il casco in bilico nella stessa mano. Pochi istanti dopo un rumore elettronico attirò la mia attenzione, subito seguito dalla voce di mia sorella Leanne.
"Chi è?"
"Io," risposi con uno sbuffo. Precisare chi l'io fosse era ovviamente superfluo, chi mai doveva essere?
"Cosa?" chiese e alzò la voce. "Ragazzi, non sento niente: abbassate la voce!"
Una serie di urla seguirono quelle parole e fui costretto ad allontanarmi per non essere stordito dal suo urlo. Come se non fossi già in una posizione precaria...
Con una smorfia suonai nuovamente il citofono per ricordarle che ero ancora lì.
"Scusa Jim," fece lei e seguì il suono d'apertura.
Finalmente! Diedi un calcio al portone e, con un movimento veloce, entrai nel palazzo prima che si richiudesse.
"Ragazzi," la voce di Robert si diffuse per le scale prepotentemente. "È arrivato Felix Aggiustatutto con le pizze."



 
🍓



"Non è giusto," urlò Danielle, la più grande delle mie cugine, sbattendo il pugno sul tavolo. "È stato Marcus a dirtelo sennò neanche te ne accorgevi."
"Non mettermi in mezzo," esclamò il ragazzo e incrociò le braccia al petto.
"Danielle, devi pagarmi," Leanne si alzò e allungò una mano verso i soldi della cugina. "Eliston road è mia e tu ci sei finita sopra."
"Se tu sei distratta non è colpa mia, Noah ha tirato i dadi. Ormai è tardi."
Seduto a qualche sedia di distanza, mi passai una mano sugli occhi stancamente mentre le due ragazze si fronteggiavano ai lati opposti del tavolo.
Avevamo deciso di giocare a Monopoly sotto le insistenze di Rebecca e Josh, e nonostante il mio malcontento: non ero mai stato capace di tenere i soldi per più di due giri.
C'era solo da sperare che non avrei dimostrato la stessa attitudine anche nella vita reale.
"Che dici, finisce come il Natale del 2010?" sussurrò Robert, mio compagno di squadra, alludendo a quando Leanne e George avevano litigato così tanto da non parlarsi per più di una settimana.
La causa era stata uno scambio di contratti non andato a buon fine, conclusosi con Josh che buttava tutto per l'aria esausto e Rebecca che correva dalla madre in lacrime.
"Lo spero proprio," risposi rammaricato. "Se passiamo di nuovo sulle proprietà di Logan andiamo in banca rotta."
Mio fratello Noah si sporse verso di noi e mi guardò dubbioso. "Credi che dovremmo intervenire? Leanne sa essere davvero competitiva."
"Nah," mi strinsi nelle spalle. "Lascia che ci pensi Ethan, sennò a che serve? Diamogli un'utilità dopo tanti anni di onorevole servizio."
"Hai ragione, facciamo così."
Proprio in quel momento Ethan, ormai storico fidanzato di Leanne e a detta mia inguaribile masochista, decise di prendere in mano la situazione.
"Stellina," posò una mano sul braccio alzato di mia sorella. "Sono solo cento euro, non fa niente."
"Ma potevo comprarci un'altra casa," mormorò Leanne e puntò gli angoli della bocca verso il basso.
Ethan sorrise con molta pazienza e le lasciò un veloce bacio sui capelli. "Prometto di passarci io."
Che vi avevo detto?
Era proprio un santo! Cosa avesse fatto lei per incastrarlo proprio non lo capivo.
"Nelly," s'intromise Logan, marito di Danielle. "Tu non vuoi chiedere scusa a Leanne per non averla pagata?"
"Scusa, Leanne," borbottò contrariata lei e sbuffò.
Le due ragazze si scambiarono un ultimo sguardo di sfida e tornarono ai propri posti. Vidi con la coda dell'occhio mia sorella tirare un pugno sul braccio del fidanzato, colpevole di non averla difesa, e tirai fuori il cellulare dalla tasca. Digitai la password e sbloccai lo schermo, trovando un paio di messaggi nuovi: la maggior parte erano di Dave, che mi invitata a raggiungerlo subito perché c'erano delle ragazze troppo da sventola, l'ultimo invece era del mio vicino di casa Daniel che mi invitava a prendere un caffè prima della sua partenza. 
"Ehi," Robert mi fece gomito, "Indovina chi mi ha scritto?"
"Non lo so," replicai curioso. "Chi?"
"Jennifer tette da paura."
Le sopracciglia mi slittarono verso l'alto in segno di meraviglia: lei sí che aveva due tette stratosferiche, di quelle che non si scordano facilmente.
"Intendi quella figa che vi consegna gli alcolici?" s'intromise Josh, catapultandosi in mezzo a noi e avido di informazioni.
Ma eravamo anche noi così a ventitré anni?
No, mi rassicurai, no di certo. Io ero James Adams, non ne avevo bisogno.
"Non sei piccolo per queste cose?" lo prese in giro Roberto e gli picchiò indice e medio sulla fronte.
"E voi non siete troppo grandi per dare ancora dei soprannomi alle ragazze?"
Tutti e tre ci voltammo all'unisono verso colei che aveva parlato: Annabeth  - alias la migliore amica di mia sorella, alias membro acquisito della famiglia, alias l'unica ragazza non consanguinea con cui riuscivamo a essere senza filtri - ci squadrava da dietro le lenti degli occhiali con espressione contrariata, le labbra premute l'una contro l'altra e un sopracciglio levato verso l'alto.
Trovandomela di fianco e con la sua miglior aria di rimprovero abbozzai un sorriso, inarcando uno solo degli angoli. "Direi più che sono apprezzamenti, Annie."
"Ve l'hanno mai detto che siete disgustosi quando fate così?"
"L'hai fatto tu," rispose Josh tranquillo, "A me almeno una volta al giorno da quando ci conosciamo."
Annabeth alzò gli occhi al cielo e nascose un sorriso. Si avvicinò a noi con aria curiosa e appoggiò il mento sul palmo della mano, lasciandomi perplesso a seguire ogni suo movimento:
"Non pensate mai che a una di queste ragazze potrebbe dare fastidio?"
Robert la guardò confuso. "Ma non diciamo mica che sono brutte, lo sanno tutti che su di loro non si deve infierire. Ci ha già pensato la vita a farlo."
Lei, a quelle parole, lasciò che la mascella l'abbandonasse definitivamente, troppo sorpresa da quello che aveva sentito. Io, di riflesso, nascosi il volto tra le mani, scosso da un prepotente attacco di risa.
Mio cugino era proprio una specie da preservare.
"Ma dici sul serio?" Josh lo guardò allibito e ammirato allo stesso tempo.
"Certo, perché non dovrei?" si mise comodo, pronto a spiegare il suo punto di vista. "Ammettiamolo, tutti noi se vediamo una brutta ragazza lo pensiamo. E non provate a mentire, che tanto lo so," nessuno di noi provò a ribattere. "Allora non vedo il motivo per cui dovrei dire che invece è solo una ragazza particolare e tutte quelle altre stronzate. Io se fossi brutto preferirei che qualcuno me lo dicesse, invece che dirmi che sono interessante a modo mio."
Mi voltai al mio fianco, incontrando l'espressione divertita di Annabeth: ci scambiammo il medesimo sguardo, indecisi su come replicare.
"Non fate quelle facce," Robert si sporse verso la bottiglia di birra e la portò alla bocca. "Mica vado da un ragazza e le dico che è brutta, però a me piacciono belle," ci guardò pensieroso, per poi ritrattare: "Belle e con una quarta di seno."
"Stavi andando quasi bene," Annabeth lo guardò con biasimo, ripresasi velocemente dallo stupore iniziale.
"Già," convenni, "Ti sei rovinato all'ultimo."
"Un gran peccato," Josh gli strinse una spalle, "Sembravi quasi un ragazzo profondo."
Lui buttò la testa all'indietro e scoppio a ridere. "Cercavo solo di giustificarmi con Annabeth. Allora lo volete sapere o no di Jennifer belle tette?"
Josh e io annuimmo contemporaneamente e avvicinammo le sedie senza remora alcuna, Annabeth ci seguì poco dopo:
"Tanto Leanne e Danielle stanno discutendo di nuovo," minimizzò per giustificarsi.
"Non si può mai giocare con loro," fece Josh, "Finisce sempre così."
Lo zittii con una mano, invitando Robert a cominciare il racconto. Almeno uno di noi aveva ancora una vita sentimentale degna di essere chiamata tale, non come me che l'ultima volta che avevo condiviso il letto con una ragazza era stato con Leanne.
Mi facevo tristezza da solo.
"Allora, come vi dicevo l'altra giorno ho ricevuto un messaggio e..." Robert si lanciò in una lunga e attenta descrizione della conversazione tra lui e Jennifer, soffermandosi con attenzione su quelli che per lui erano i punti più importanti.
"Cioè voi avete..." Josh spalancò la bocca, "E lei era d'accordo?"
"Sesso telefonico, sì," gli andai incontro mentre, al mio fianco, Annabeth afferrava una manciata consistente di patatine.
"Non proprio telefonico," corresse Robert, "Direi più... messaggistico? Si può dire?"
"Non mi sono mai posto il problema," risposi, facendo cadere la domanda.
"Ma così?" fece Josh, "Senza neanche vedervi? Sei un grande!"
"Ma no, eravamo stati insieme un paio di volte un po' di tempo di tempo fa, poi si era messa con un tatuatore e sai com'è."
"E ora uscirete?" chiese Annabeth curiosa e si appoggiò alla mia spalla per arrivare alla birra. "Me la passi? Non ci arrivo."
"Certo," mi sporse verso il tavolo e le passai una bottiglia, soffermandomi inevitabilmente sulla sua scollatura nel mentre. No! Mi diedi una botta mentale in testa e mi riscossi. "Allora," mi rivolsi a Robert, "Quando vi vedete?"
"Non lo so, non c'è fretta, Jim. Il tatuatore aveva due spalle così," allargò le braccia, "Voglio essere sicuro che tra loro sia finita, sai com'è."
"Mi sembra giusto," convenne partecipe Annabeth mentre io guardavo freneticamente per la stanza pur di non dovermi voltare di nuovo verso di lei. 
Dio solo sapeva cosa sarebbe successo se mi avesse beccata a guardarla.
"Ma ti ha inviato qualche foto?" chiese invece Josh, curioso di sapere di più.
A essere sinceri anche io morivo dalla curiosità e sapevo che mio cugino, una volta soli, non mi avrebbe risparmiato dai dettagli. Motivo per cui decisi di mettere su la mia miglior espressione beffarda, limitandomi ad ascoltare la conversazione come se già sapessi tutto.
"Dì un po'," Annabeth mi richiamò, distraendomi dal racconto di Robert e rendendomi difficile ignorarla. "Ma davvero le ha così grandi?"
Bene, non si era accorta di niente. 
Ora, James, rilassati e non fare la ragazzina in preda all'attacco di panico... oddio, parlavo con me stesso in terza persona.
Strizzai gli occhi, cercando di ricordare la ragazza ma con scarsi risultati. "Lui esagera, lo sai com'è."
"Ah ecco, mi sembrava strano."
"E voi?" Josh ci richiamò e sventolò una mano nella nostra direzione. "Si o no? Risposta secca."
"Ma di che stai parlando?" portai una gamba sul ginocchio, mettendomi comodo.
"Del sesso telefonico. Lo fareste o no?"
"Non mi dispiace," ammisi candidamente, "Però non mi fa impazzire, sai. Non ha niente a che vedere con quello vero e proprio."
"A me invece piace," rispose lei con tono incurante. "Certo, devi essere bravo, sennò è una noia. Un paio di anni fa, per esempio, stavo con uno che non era per niente capace," prese una pausa e inclinò la testa da un lato, pensierosa. "In realtà non era bravo a prescindere, ma questa è un'altra storia. Perché mi guardate così?"
Mi voltai verso i miei cugini e incontrai uno specchio della mia stessa espressione: labbra socchiuse, occhi spalancati e braccia abbandonate lungo i fianchi.
Hai capito la piccola Annabeth.
"Voglio saperne di più," esclamò Robert, il primo a riscuotersi. Prese una mano della ragazza tra le sue e vi poggiò la fronte, "Ti prego, illuminami la vita."
"Perché io non ne sapevo nulla? Scommetto che a Leanne hai detto tutto," Josh imbronciò le labbra. "Ti riferivi a Kyle, vero? Scusa, ma perchè non ti confidi con me?"
Annabeth si voltò verso di me con un sorriso in volto e gli occhi che trasmettevano il suo divertimento. "Tu non dici nulla?"
Vagliai mentalmente tutte le risposte che avrei potuto dare ma, ignorando la curiosità che mi tempestava, feci quella che premeva di più:
"Come hai fatto a stare con uno che si chiama Kyle?"



 
🍓



"Ragazzi, io sono stanca morta," Leanne si alzò dalla sedia e, portando le braccia verso l'alto, si stiracchiò. "Andiamo?"
"Subito, Stellina. Ma guai se ti addormenti in macchina, questa volta non ti prendo un braccio," Ethan la seguì e le passò un braccio intorno alla vita, lasciando che gli si appoggiasse contro. "Annabeth, vieni con noi?"
"No, non vi preoccupate," rispose lei con un sorriso. "Allungheresti di molto, chiamo un taxi."
"Non dire sciocchezze," rispose Leanne, raccogliendo telefono e portafoglio dal tavolo. "Non è mica un problema per noi."
Nel frattempo io controllai il telefono assicurandomi che Dave fosse ancora al locale di cui mi aveva parlato quella mattina e inviai l'indirizzò a Robert.
"Davvero," insistette mia sorella, "Non farti rispondere male, Annie, e sali in macchina."
Diedi un ultimo sguardo alla posizione inviata, assicurandomi di ricordare il tragitto, e prestai attenzione alla conversazione:
"La posso accompagnare io, passo più o meno per casa sua."
"Sei sicuro?" s'informò lei e mi guardò incerta.
"Non vieni a casa?" s'informò Noah, passandomi accanto.
"Al cento per cento, Annie. Altrimenti non lo proponevo," rassicurai e mi rivolsi a mio fratello: "Dave mi aspetta in centro, forse rimango a dormire da lui così sono vicino al cantiere."
"Va bene, ricordati di lasciare la moto nel suo garage, così domani prendi tu la macchina," rispose, alludendo alla divisione settimanale che avevamo organizzato quando avevamo acquistato insieme la macchina.
"Stasera glielo dico," confermai. "Annabeth, tu sei pronta?"
La ragazza scattò in piedi, raccolse la borsa e con un saluto generale mi seguì fuori dalla stanza.
"Ci vediamo direttamente lì," mi salutò Robert, "Accompagno George così mi tengo la macchina e arrivo."
"Fammi un messaggio quando arrivi," annuii. "Andiamo, Annie."
"Sí, eccomi," avanzò il passo per raggiungermi.
"Fammi un messaggio quando sei a casa," le urlò dietro Leanne.
Rebecca ci accompagnò fino all'ingresso salutandoci con un veloce abbraccio e dandoci appuntamento per la settimana dopo.
"Sì, ci sentiamo per pranzare insieme domani," le diedi un bacio sulla guancia e aprii la porta.
"Ehi, James," Annabeth avanzò il passò per riuscire a starmi dietro. A quella vista rallentai per permetterle di raggiungermi. "Grazie per il passaggio, Ethan e Leanne hanno sempre poco tempo per stare insieme con i turni in ospedale di lui, mi dispiaceva farli allungare."
"Non ti preoccupare, davvero sei di passaggio," tirai fuori le chiavi della moto e mi bloccai sul posto. "Dì un po', mica hai paura vero?"
"Per chi mi hai presa?" scherzò e mi superò. Mi persi un momento nel movimento delle sue gambe fasciate dai jeans, prima di ridestarmi e raggiungerla.
Ma cosa mi passava per la testa? Era già la seconda volta che succedeva quella sera, era imbarazzante. Dovevo assolutamente conoscere qualche ragazza in discoteca o la situazione mi sarebbe definitivamente sfuggita di mano.
Avevo guardato il sedere della migliore amica di mia sorella: era inaccettabile oltre che fuori dal normale. 
Annabeth era... Annabeth.
"Ecco, prendi," le porsi il casco di riserva. "Mica è largo?"
Annabeth agitò la testa per provarlo. "Non troppo," rispose e si issò sul cavalletto.
Un tuono attirò la nostra attenzione, portando entrambi ad alzare lo sguardo in l'alto, verso il cielo coperto da un manto di nuvole. 
"Sbrighiamoci o ci beccheremo un acquazzone, e con la moto non è l'ideale" misi in moto e partii.
 






A piè di pagina:
Eccoci qui!
Sono stata davvero contenta anche di aver visto che James è piaciuto. Lui è un po' come quel figlio su cui hai tanti dubbi perché hai paura che possa fare danni mondiali... Sono un po mamma chioccia, insomma.
   
 
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