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Autore: Nao Yoshikawa    04/11/2021    2 recensioni
Seguito di "Concedimi",
Raj e Howard sono scappati e il matrimonio con Bernadette è saltato. Ma non si può fuggire per sempre e i due dovranno tornare a casa. Per Howard però è difficile fare i conti con l'idea che la sua vita da adesso cambierà e che non sarà facile.
«Lasciami.»
«No, Howard. Non finché non ti calmi.»
La stretta sul suo polso era stretta e Howard non osò fiatare, né provò a scostarsi. Si infilò in auto e colpì il volante, mentre Raj gli stava accanto, teso.
Non lo aveva mai visto così agitato.
«Qual è il problema?» domandò. Howard era strano da quando era fuggiti e aveva pensato che fosse per l’assurdità della situazione. Ora però era chiaro che ci fosse altro.
Howard, ricurvo su sé stesso, tornò a respirare, tremando ancora.
«Niente, ho solo perso il controllo.»
«Me ne sono accorto! Dimmi, questo è forse troppo per te?»
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bernadette Rostenkowski, Howard Wolowitz, Penny, Rajesh Koothrappali, Sheldon Cooper
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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The right way

Erano passati esattamente tre giorni da quando Raj e Howard erano andati via.
Erano fuggiti, il che era una cosa piuttosto irresponsabile e immatura, ma lo avevano deciso insieme.
Howard se ne stava seduto a fissare il vuoto. Adesso che sia lui che Raj stavano iniziando a metabolizzare quanto successo, si rendevano conto di non poter giocare ai fuggiaschi per sempre. Erano andati fuori città e per il momento alloggiavano in un hotel. Ebbene sì, il matrimonio con Bernadette era saltato e Dio solo sapeva cosa sarebbe successo al suo ritorno. Perché prima o poi sarebbe dovuto tornare.
Al contrario suo Raj era in piedi e passeggiava avanti e indietro, tenendo il telefono vicino all’orecchio. Howard poteva sentire la voce di Penny anche da quella distanza.
«Lo giuro, non sono più arrabbiata. Solo che, davvero, come avete potuto farlo senza dirci niente? E soprattutto Howard, quell’irresponsabile, quel…»
Raj alzò gli occhi al cielo. Il primo giorno entrambi avevano evitato di tenere i cellulari accesi per non ricevere centinaia di telefonate. Quando Penny poi era riuscita a contattarli, aveva fatto capire molto bene di essere sconvolta e confusa.
«Mi dispiace, avevo detto di non essere più arrabbiata, ed è vero! Solo che non pensavo sarebbe finita così.»
«In realtà nemmeno noi» Raj lanciò una rapida occhiata ad Howard. «Come… l’ha presa Bernadette?»
«E come vuoi che l’abbia presa? Male ovviamente, a nessuna sposa piace essere mollata all’altare. Soprattutto… insomma, voi due? Non l’avrei mai detto.»
«Stai parlando con Raj?»
Quella era la voce di Sheldon.
«Sì, ma… Sheldon, ridammi il telefono!»
«Raj, sono Sheldon.»
«Amh… ciao, Sheldon» lo salutò.
«Allora è proprio vero. Tu e Wolowitz siete una coppia adesso?»
«Insomma, ma com’è che questa cosa è già di dominio pubblico?!» sbottò ad un tratto Howard. Era successo tutto così in fretta, eppure i loro amici già sapevano.
«Sì, immagino di sì» sussurrò Raj.
«Ah, sì, capisco. Comunque, quand’è che tornate? Qui la situazione non mi piace, è troppo tesa ed è fastidioso. Ah, inoltre dì a Howard che se mai decidesse di sposarsi un’altra volta, potrebbe assicurarsi di farlo davvero? Sai, la gente ha i suoi impegni e…»
«Sheldon, dacci un taglio! Scusatelo, sapete com’è inopportuno a volte. Ad ogni modo, davvero… spero che torniate presto… non vorrete scappare per sempre, vero?»
Il tono di Penny si era addolcita. Dopotutto era solo preoccupata per lui.
«Non preoccuparti, torneremo presto. Adesso però devo andare. Salutami Sheldon.»
Dopodiché si voltò a guardare Howard e gli si sedette accanto, accarezzandogli un braccio.
Quella carezza, come ogni suo tocco, erano quelle cose in grado di riportarlo alla realtà.
«Stai bene?»
«Sì. No. Non lo so. Non fraintendermi, non sono pentito di nulla, ma adesso c’è… il resto ed è spaventoso.»
Sapeva che per Howard sarebbe stato molto più difficile. Era lui quello che aveva abbandonato la sua sposa il giorno del matrimonio. Ma adesso che stavano insieme, adesso che erano tutti gli effetti una coppia e non più dei semplici amanti, avrebbero dovuto condividere tutto, anche il dolore.
«Hai ragione, è davvero spaventoso, ma per me ne vale la pena» lo rassicurò. «Non ti lascerò più adesso, puoi ben dirlo.»
«Ah, aspetta» Howard sorrise. «Da quando hai questa sicurezza? Ti rende molto sexy»
«Ma insomma, io ci provo anche ad essere serio, se fai così però…!»
Howard lo zittì con un bacio. Forse prima di andare potevano prendersi ancora qualche minuto e fingere che non esistesse alcun problema.
 
Raj strofinò il viso contro il suo petto. Non si era ancora abituato all’idea di non doverlo vedere scappare dopo aver fatto l’amore.
«Howard.»
«Mh?» chiese lui mezzo addormentato.
«Qual è la cosa che ti fa più paura?»
Quella domanda lo svegliò completamente. Poggiò la fronte alla sua, non ebbe nemmeno bisogno di pensarci troppo.
«È che questa situazione è nuova per me. Intendo… stare con un uomo. Non è… diverso che stare con una donna?»
«No, non lo credo. Non cambia nulla, davvero.»
Sì, forse aveva ragione. Che amasse un uomo o una donna, quale sarebbe stata la differenza?
«Bene, allora… sei pronto a tornare?» chiese ad un tratto Howard. «Io non lo sono, ma se aspetto di esserlo, non tornerò mai.»
Raj gli posò un bacio sulle labbra.
Per quanto difficile, andava fatto.
 
La loro era stata una corsa in auto, probabilmente avevano rischiato più di una volta di fare un incidente. Ma almeno lo avevano fatto. Erano proprio fuggiti insieme come nei migliori film romantici.
«Hai spento il cellulare?» domandò Raj.
«Assolutamente sì. Non posso credere che io l’abbia fatto, ma l’ho fatto!» Howard ansimava ancora per la foga e sempre per la foga lo afferrò, baciandolo con passione.
Aveva proprio perso la testa ed era perfetto così.
«Mh… Howard…Howard… mi manca il respiro» gemette, non riuscendo però a staccarsi da quel bacio. Ansimò, poggiando una mano sul suo petto.
«Va bene… va bene, almeno entriamo in hotel, prima che diventi difficile staccarsi.»
Howard si rese conto che aveva ragione, ma nello stesso istante in cui uscì dall’auto divenne preda dell’ansia e dell’angoscia. In realtà il seme di quella paura era stato presente sin da quando aveva scelto di mandare tutto all’aria, ma adesso iniziava ad essere insistente e fastidiosa.
Lui e Raj adesso stavano insieme, non come due amanti, ma come una vera e propria coppia. In meno di ventiquattro ore la sua vita era cambiata e doveva ancora metabolizzare il fatto che stesse con un uomo.
Preferiva non interrogarsi sul proprio orientamento sessuale. Di sicuro non era gay, le donne continuavano a piacergli, quindi forse era bisessuale, ma non credeva avesse tutta questa importanza. D’importante c’era (ed era anche la cosa che più lo terrorizzava) il come approcciarsi a quel cambiamento.
Raj era più sicuro.
Raj gli stava vicino anche in pubblico. Lui non si staccava, non lo avrebbe mai fatto, ma per tutto il tempo rimaneva rigido. Sapeva come funzionava il mondo e lui stesso, in passato, si era lasciato andare a commenti infelici quando aveva visto coppie di uomini baciarsi o semplicemente tenersi per mano. Adesso dall’altro lato si trovava lui e si chiedeva se sarebbe stato abbastanza forte da resistere ai commenti negativi che avrebbe ricevuto.  Non conosceva le proprie reazioni e questo lo mandava in panico. Ma non avrebbe detto nulla a Raj, non avrebbe rovinato quel momento, né avrebbe complicato una situazione già difficile.
 
Dovevano tornare a casa, il momento era arrivato e nessuno dei due era molto in vena di parlare. Raj se ne stava seduto in auto, si muoveva e si aggiustava, aveva la nausea.
«Raj, dai. Non stiamo andando in guerra» disse Howard, altrettanto nervoso.
«Preferirei la guerra a questo. Non so perché sono nervoso. Qual è la cosa peggiore che potrebbe succedermi? Bernadette potrebbe uccidermi. O-oh no, lo farà di sicuro» ansimò, dimenticandosi di respirare.
«Ehi, ehi! Non andare in iperventilazione, respira. Non verrai ucciso, quello è un destino che tocca a me, al massimo. Comunque… possiamo fermarci un attimo prima di tornare, se vuoi.»
Howard sperò che quella non risultasse una scusa per non tornare, anche se effettivamente si trattava proprio di ciò.
Raj annuì, rendendosi conto che iniziava ad avvertire un po’ di fame. Poiché si trovavano in autostrada, dovettero aspettare un po’ prima di arrivare ad una tavola calda, anche piuttosto affollata e piena di bambini schiamazzanti. Dopo aver mangiato, Raj era andato fuori, vicino il parcheggio. Aveva freddo ed era quasi sera, ma aveva bisogno di respirare. Aveva sempre saputo che non sarebbe stato facile e non era pentito. Ma si era cacciato in un bel guaio, un carico emotivo non da poco. Howard lo raggiunse poco dopo, passando davanti un gruppo di ragazzini che stavano fumando e ridendo.
«Ehi, sei scappato. Non hai freddo qui?»
«Un po’, ma mi fa bene. Howard, tu sei pentito?»
«Io? No. Sono solo un po’ stravolto, ma non posso essere pentito» ed era sincero.
Aveva perso fin troppo tempo ad essere due semplici amanti quando meritavano di essere molto di più. Raj si fece vicino, portò la mano dietro la sua schiena e lo attirò a sé.
«Sei il mio migliore amico, Howard Wolowitz. E sei anche l’uomo che amo, questo non cambierà mai.»
Howard era arrossito davanti ad una dichiarazione così inaspettata e sentita.
Alle volte si sentiva proprio uno stupido.
«Oh. Anche tu sei il mio migliore amico e… l’uomo che amo» sussurrò a bassa voce. Raj chiuse gli occhi e lo baciò, facendolo gemere. Howard era rimasto rigido, tuttavia lo strinse in una morsa quasi possessiva.
«Howard» Raj rise. «Non vado da nessuna parte.»
Lo spero, lo spero davvero.
Forse non doveva avere paura.
Forse.
«Uuuuh! Non pensavo ci fosse un night club per gay, qui dietro!»
Raj sgranò gli occhi, assumendo un’espressione imbarazzata e mortificata, ma non si era allontanato da Howard.
Gli adolescenti di poco prima ce l’avevano con loro.
«Howard…?» lo chiamò, capendo dal suo sguardo quale reazione avrebbe avuto.
Si staccò dal suo braccio. Non era certo da lui dare inizio ad una rissa o a un litigio con degli sconosciuti.
«Ce l’avete con noi?» domandò ad alta voce. Quelli lo guardarono, forse non si erano aspettati una sua reazione.
«C’è qualcun altro?» chiese uno di loro con l’aria divertita.
Adesso Howard sapeva qual era la sua reazione. Una rabbia cieca.
Raj lo prese per mano.
«Howard, lascia perdere, non è importante.»
«Invece è importante.»
«Dovresti dare retta al tuo ragazzo, sembra più assennato. Ma se dovete fare certe cose andatevene a casa vostra, non in pubblico.»
Raj sentì il viso andargli a fuoco.
Lui aveva fatto i conti con ipotetiche situazioni del genere. Ma Howard.
«Cazzo, lo uccido» sibilò Howard. E a giudicare dalla sua espressione avrebbe potuto farlo. Raj lo afferrò per un polso, tirandolo indietro.
«Lascia stare, lascia stare. Ce ne andiamo.»
«Lasciami.»
«No, Howard. Non finché non ti calmi.»
La stretta sul suo polso era stretta e Howard non osò fiatare, né provò a scostarsi. Si infilò in auto e colpì il volante, mentre Raj gli stava accanto, teso.
Non lo aveva mai visto così agitato.
«Qual è il problema?» domandò. Howard era strano da quando era fuggiti e aveva pensato che fosse per l’assurdità della situazione. Ora però era chiaro che ci fosse altro.
Howard, ricurvo su sé stesso, tornò a respirare, tremando ancora.
«Niente, ho solo perso il controllo.»
«Me ne sono accorto! Dimmi, questo è forse troppo per te?»
Perché Raj doveva avere l’abilità di capirlo così facilmente?
Evitò di guardarlo, mentre si voltava dall’altra parte. Il mondo era pieno di gente cattiva e omofoba, lo sapeva bene e bisognava avere una certa forza per riuscire ad andare avanti. Non poteva fare a meno di chiedersi se lui potesse farcela.
«Senti, Raj, dammi tregua. Forse per te sarà più facile, ma io devo abituarmi a certe cose!»
Si rese conto troppo tardi di aver formulato la frase nel modo sbagliato. Come succedeva sempre, del resto. Raj, indispettito, gli afferrò il braccio e lo costrinse a guardarlo.
«No, ora sentimi tu. Per me non è più facile, niente è più facile. Credi che a me non dia fastidio? Magari avrò tanta gente contro, magari anche la mia famiglia, ma… chi se ne frega, d’accordo? E mi dispiace darti una brutta notizia, a certe cose non ci abitua ma. Quindi se pensi che sia troppo, faresti meglio a dirlo adesso.»
Howard aveva scorto un tremolio nella sua voce e si odiò. Si era ripromesso di non farlo più soffrire e invece ecco che faceva tutto nel modo sbagliato.
Si portò le dita sulle tempie doloranti. Non voleva essere ancora codardo, si era spinto così oltre.
«Scusa. È solo che non avevo pensato a questo lato della cosa. Possibili giudizi negativi, intendo. Volevo solo dire che a te non importa quello che la gente pensa, ma a me sì. Mi da fastidio essere giudicato e odio non riuscire a fare niente per difendere me, noi. Ma perché ti sorprendi? Che tu sia il più forte mi pare chiaro.»
Raj si rilassò, addolcendo appena la sua espressione. Gli accarezzò la spalla, risalendo poi sui capelli.
«Se sei qui forse non sei poi così debole. Ma Howard, queste cose ci saranno sempre. Il mondo è pieno di stupidi, ma anche pieno di persone buone. Se questo però è trop-»
«No, no, non dirlo! Dannazione, trovarsi dall’altra parte è davvero difficile» sorrise e poi scosse la testa. «Ascolta, io voglio tornare indietro. Sto morendo di paura, ma devo farlo. Non è che potremmo parlarne dopo?»
Raj annuì. Era meglio affrontare una cosa per volta.
Durante il viaggio non si fermarono più fino a quando non giunsero all’appartamento di Leonard, dove i loro amici si trovavano. Almeno in mezzo a loro Howard non doveva sentirsi a disagio. O forse un po’ avrebbe dovuto, visto che non si era comportato nel migliore dei modi.
Quando li vide, Leonard fece un cenno, in imbarazzo.
«Ciao, siete tornati.»
«Eh, già. Ci sono tutti?» domandò Raj. Senti poco dopo la voce di Penny, che in pochi attimi gli si era avvicinata per abbracciarlo.
«Stupidi, idioti, sconsiderati. Non provate mai più a scappare, non è giusto!» sussurrò, sembrava sull’orlo del pianto e Raj la strinse. Preferiva che non piangesse nessuno, per quanto possibile.
«Mi spiace, ma ora siamo qui» cercò di scusarsi. Sheldon sembrava il più tranquillo.
«Sono molto contento che siate tornati. Non sapete che caos in questi giorni.»
«Sheldon, ti dispiace?» lo rimproverò Leonard.
«Dispiacermi di cosa?»
«Vi dispiace… abbassare la voce? Mi sento ancora stordito» li pregò Howard.
Era contento di essere tornato, ma doveva ammettere che era strano, non si sentiva molto in sé.
«Amh» disse ad un tratto Penny. «Sentite, prima che vi rilassiate…»
Howard non ci aveva pensato neanche per un secondo a rilassarsi, ma non si aspettava neanche che la situazione degenerasse così all’improvviso.
Bernadette era davanti a lui, l’espressione stravolta e gli occhi arrossati di chi di lacrime ne aveva versate tante. Raj desiderò sparire ma non ebbe la forza di muoversi. E Howard, lui invece si era congelato.
«Aaaamh» sussurrò Penny. «Bernadette. Sì, gli stavo giusto dicendo che…»
Bernadette fu più veloce delle sue parole. Andò incontro a Howard e lo colpì in viso.
Lui incassò il colpo senza neanche gemere. Pensava di meritarlo.
«Sei un bastardo» sibilò.
«Avevamo detto niente violenza!» Leonard alzò la voce.
«Non lo ucciderò di certo, quindi silenzio!» esclamò lei. «Tu sei un bastardo, un verme, un… ah! Come hai potuto fare questo a me? E il giorno del nostro matrimonio!»
Sheldon iniziava a mostrare i primi segni di disagio. Sembrava addirittura dispiaciuto.
«Possiamo risolverla in maniera più diplomatica?» tentò infatti, ma non appena Bernadette lo guardò, si rinchiuse nel suo mutismo.
«Non so cosa potrei dire. Ho sbagliato i modi» Howard era fermo, non si agitava, non sarebbe servito a niente.
«Hai sbagliato tutto! E poi… per lui? Per il tuo migliore amico? Sei gay? Da quando? E guardami negli occhi, accidenti!»
Cercò di colpirlo di nuovo, Raj questa volta se n’era accorto in tempo. Così si era alzato, mettendosi in mezzo.
«Per favore, questo no» disse duramente. «E poi, prenditela con entrambi, io non sono migliore di lui.»
Bernadette rimase con la mano sospesa a mezz’aria. Essere violenti con Raj risultava difficile, anche in casi come quelli.
«Come avete potuto farmi questo?» gemette lei all’improvviso. «Gli hai fatto il lavaggio del cervello? Perché proprio a lui? Se volevi rovinare tutto, ci sei riuscito.»
Quelle parole dure scossero Howard dalla sua immobilità. Bernadette poteva prendersela con lui quanto voleva, ma non con Raj.
«Qui l’unico che ha rovinato tutto sono stato io» pian piano riuscì a tirare fuori la voce. «Come ho detto, ho sbagliato i modi, io ho sempre sbagliato il come. E per la cronaca, io non sono gay, in realtà non so cosa sono e in questo momento non me ne importa nulla. So solo che sono innamorato di Raj, non mi ha fatto nessun lavaggio del cervello, al massimo mi ha fatto aprire gli occhi. Quindi d’accordo, colpiscimi ancora se ti fa stare meglio, accusami di essere un traditore. Ma il fatto che io ami lui non è una colpa, né l’ho scelto, è successo.»
Nessuno si era aspettato che Howard reagisse. In realtà nessuno si era aspettato che si sarebbero ritrovati lì, con un matrimonio saltato, Bernadette quasi blu in volto che apprendeva una volta e per tutte i sentimenti di Howard, che non erano per lei.
E questo nessuno avrebbe potuto cambiarlo.
 
Raj non avrebbe saputo dire se il peggio fosse passato, forse quello non era che l’inizio. Ma adesso, vicino la finestra era più facile respirare. Penny lo aveva raggiunto poco dopo aver calmato Bernadette.
«Beh, almeno non ci sono stati omicidi» disse per stemperare l’atmosfera.
«Aspetta a dirlo. Io non volevo rovinare niente» Raj si sentiva in dovere di giustificarti.
«Lo so, tesoro. Non posso certo giudicarti.»
Lui si lasciò andare ad un sospiro e in quel momento fu come se tutta la tensione accumulata volesse esplodere.
«Perché le cose non possono mai essere facili per me?»
Penny avvolse un braccio attorno alle sue spalle.
«Non lo so. Ma se siete arrivati fin qui, forse ne vale la pena, non pensi?»
«Certo che lo penso. È solo che non voglio essere un peso per lui.»
Forse se fossero rimasti amanti che si fingevano amici sarebbe stato tutto più facile, per Howard almeno.
«Howard sta solo affrontando un grande cambiamento. L’ho notato, sai? Tu tiri fuori la parte migliore di lui, il suo coraggio. In situazioni normali non avrebbe mai reagito in quel modo.»
Questo era vero e a volte se ne dimenticava. Era così abituato a vivere nell’incertezza che avrebbe dovuto imparare a fare tutto da capo.
 
«Dunque, in meno di una settimana è saltato un matrimonio, siete scappati, poi siete tornati e abbiamo quasi scampato un omicidio. Forse.»
Sheldon non taceva mai. Da un lato, Howard non riusciva più a tollerarlo, dall’altro lato gli impediva quantomeno di pensare troppo.
«Grazie, Sheldon, mi serve proprio un reso conto.»
«Ma perché sei così teso? Il problema è risolto, no?» gli domandò.
«Il problema sono io, quello che penso. Mi sento come se fossi diverso e poi…» forse era sciocco pensare di confidarsi con lui, ma d’altro canto Sheldon a volte sapeva dare buoni consigli. «Stare con Raj sarà più difficile di quanto sarebbe stato essere sposato a Bernadette. Vorrei che non fosse così, ma lo sarà.»
Sheldon lo ascoltò in silenzio.
«Temi il giudizio altrui?»
«Non lo temo, mi infastidisce. Forse è un po’ difficile da comprendere.»
«Difficile? Oh, andiamo. Io sono io, sono strano di default, capisco bene cosa vuol dire essere soggetto a giudizi. Ma non me ne importa niente e nemmeno a te dovrebbe importare. Se tu e Raj vi amate non dovreste guardare nient’altro. Almeno, io farei così, credo. In amore dovresti essere più esperto di me.»
E proprio come aveva immaginato, Sheldon gli aveva dato un buon consiglio. Stava per dirgli che la sua intenzione era proprio quella di imparare a non badare a giudizio altrui, quando vide Raj avvicinarsi.
«Ciao» sussurrò. Sheldon alzò gli occhi al cielo.
«Sì, va bene, me ne vado. Se dovete fare qualcosa, state lontani dal mio posto.»
Howard arrossì e lo maldisse in silenzio. Raj invece aveva sorriso.
«Howard, stai bene?»
«Sono un po’ scosso. Lo schiaffo non ha fatto male, c’è di peggio. Grazie per avermi difeso.»
«No, io… grazie a te per aver ammesso di amarmi. Non è così scontato.»
Howard sospirò e afferrò la sua mano. Sapeva che c’era qualcosa di molto più grande della sua paura dei giudizi o delle difficoltà, ed era il suo amore per Raj.
Lo stesso amore che lo aveva portato a quel punto.
«Mi dispiace…» iniziò a dire. «Perdonami per tutte le volte che ho sbagliato e che sbaglierò. Se ce la fai, sii paziente, dammi un colpo in testa ogni tanto. Perché io non sono bravo ad incassare e ad andare avanti, lo hai visto anche tu. Ma Raj… Io ti amo, faccio schifo a dimostrarlo, ma ci proverò.»
Certo che quelli erano giorni piene di sorprese per entrambi.
«Oh, Howard» il suo tono era dolce. «Io ti conosco e non ho dubbi, di nessun tipo. Se sarà difficile cammineremo a fianco nella stessa direzione, se lo vorrai. Affronterei qualsiasi cosa per te. Questo forse è un po’ troppo melenso?»
«No, no. Non lo è. E io lo voglio, lo giuro» Howard si alzò, prese il suo viso tra le mani e lo baciò.
Fino a quel momento avevano corso, senza mai fermarsi, senza potere respirare. Ma ora erano tornati e potevano fermarsi per poi ricominciare, con tutte le difficoltà nel caso. Giudizi, dolore, difficoltà, tutto sembrava niente.
Ora che avevano preso entrambi la giusta direzione.
 
Ci siamo persi per riprenderci
Ci siamo scelti per non sceglierci.
 
[Il bacio di Klimt, Emanuele Aloia]

 
Nota dell'autrice
Questo seguito è rimasto in sospeso per mesi e qualche giorno fa mi è venuta la voglia di scrivere. Mi rendo conto che è molto diversa dalla storia precedente, ma mi serviva affrontare alcune tematiche e in qualche modo chiudere certe cose. Howard me lo immagino a reagire abbastanza male a giudizi e commenti omofobi e siccome il mondo è un po' quello che è, non sarà facile, però arrivati ad un certo punto anche chi se ne importa. Spero che questa storia vi sia piaciuta.

Nao
   
 
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