Colore: giallo (per leggero turpiloquio).
Note: nessuna.
“Ti amo più della mia stessa vita” disse lei alla sua anima gemella e imperitura. E quando gli rivelò di
essere
in
stato interessante, lui la strinse di più a sé, frapponendo tra di loro, tra due cuori furiosi d’amore, come
a
volerlo proteggere, il frutto della loro unio-
Il saiyan aggrotta le sopracciglia alla forma scura che gli invade l’occhio sinistro e gli impedisce di leggere
la
fine del paragrafo. Alla sua destra, sua moglie è un fagottino che respira a ritmo regolare e che si indovina
appena
sotto alle spesse coperte. È in corso una minaccia al loro pianeta? Dovrebbe svegliarla, scappare via?
Ignorando l’inquietudine che deriva dall’ignoto, il saiyan mette da parte il libro elettronico e cerca di
concentrarsi, nella penombra della camera da letto, sul segnale interstellare che gli proietta sulla retina i
contorni e i parametri vitali di una misteriosa figura.
***
Silenzioso come un predatore notturno, il saiyan si sporge dal materasso per frugare tra il contenuto del
comodino.
Brancola con la mano fra pacchetti assortiti di mentine, fazzoletti e preservativi prima di stringere le dita
attorno al traguardo del suo rovistare. Lo sfila dal cassetto respirando a zero decibel di rumore, se lo
assicura
all’orecchio e con l’indice ne preme il pulsante d’accensione sulla scocca.
Quando un beep seghettato graffia l’aria e Bulma si gira verso di lui in un fruscio di lenzuola, a lui
sfugge
un’imprecazione sottovoce e deve ingoiare l’impulso di scaraventare l’aggeggio e i suoi propositi fuori dalla
finestra. Attende, in arresto respiratorio e coi nervi che galleggiano fra perline di sudore.
Bulma non dà altri segnali di veglia.
Scongiurando un’altra reazione da parte sua, ben più esplosiva, se dovesse subodorare i suoi intenti, il saiyan
non
si permette nemmeno un sospiro di sollievo liberatorio. Armeggia di nuovo con il dispositivo per attivare la
fotocamera
a infrarossi e si sposta con l’occhio fino a inquadrare al centro del campo scarlatto l’oggetto della sua
curiosità,
ora visibile in tutta la sua gloria. Non trattiene uno spasmo di stupore che per un attimo gli fa schiudere la
bocca, prima di tornare serio.
Un’altra pressione dell’indice, per attivare il rilevatore. Tsk. Sa già come finirà. Lascerà al
processore dello
scouter tutto il tempo di calcolo che gli occorrerà, sempre che, in via del tutto eccezionale, il rilevatore non
gli
esploda in faccia per superamento dei limiti di funzionamento… i vecchi modelli, d'altronde, non sono tarati per
raccogliere i dati dei combattenti prodigio, progenie di principi guerrieri… Il saiyan si esibisce in un
sorrisetto
autocompiaciuto subito prima di corrugare un sopracciglio quando il conteggio del dispositivo si ferma, dopo una
manciata scarsa di secondi, a 22. Appena a 22.
Sta per strapparselo di dosso - dopo anni di mancato utilizzo, il gingillo è indubbiamente fallato -
quando d’un
tratto l’obiettivo si agita al centro del fuoco, Bulma si volta ancora, dandogli le spalle, e il valore schizza
in
alto con un picco di curva rilevato di 1230.
Il saiyan ora sì che rilascia un sospiro. Si spinge a ridacchiare, perfino: è tutto nella norma, se non di
più.
Stira le labbra in un ghigno, dandosi una metaforica pacca sulla spalla. Ben fatto, vecchio lupo.
Si avvicina alla perfetta rotondità del ventre avvolto dalla coperta e di cui lo scouter coglie tutti i segreti.
Nella penombra privata della stanza, si permette di sussurrare dolcezze per cui, se ci fosse qualcun altro in
ascolto oltre alla diretta interessata, si farebbe scarnificare vivo. «Ti chiamerò Eschalot.»
Buon sangue non mente mai.
Ma non passa un secondo che il principe dei saiyan vorrebbe rimangiarsi il pensiero, disintegrare lo scouter e,
soprattutto, massacrare di botte lui.
«CONGRATULAZIONI, VEGETAAA!»
La voce gli trapana il timpano destro in uno sfrigolio di circuiti. Si scava la strada fino al centro nevralgico
del
cervello, dove rintrona in onde concentriche che provocano a Vegeta fitte di dolore da liquefargli la faccia e
arricciargli le punte dei capelli.
Chiude gli occhi lacrimanti e si preme le dita sulla tempia offesa per massaggiarla, prima di riaprirli - oh,
cazzo
- su una Bulma che si sta sfregando il torpore dal viso con aria confusa.
«Che… che è stato?» biascica lei,
schermandosi
la bocca con una mano per coprire uno sbadiglio. «E...» Lo fissa, una scintilla cosciente che si accende negli
occhi
assonnati nello stesso istante in cui una delle sue mani si allunga sull'interruttore della abat-jour,
illuminando
il colpevole in flagranza di reato. «Cosa diamine stai facendo?!»
Nello scouter che puzza di bruciato, Tarble borbotta un “Uh oh” e pigola una rapida scusa prima di chiudere la
sua
estremità del canale di comunicazione e dileguarsi con la coda tra le gambe come la scimmia vigliacca che è
sempre
stata.
Maledetto! Come ha potuto dimenticare che questi aggeggi infernali possono trasmettersi dati dagli
antipodi
dell’universo?!
Non servirà a nulla imbastire scuse. Vegeta sa di essere al di là di qualsiasi tentativo di riconciliazione,
perché
la donna è dannatamente intelligente e non approva certi test prenatali e non c’è difesa che tenga di fronte
all’attacco micidiale che sta per arrivare in sua direzione.
«Niente, niente!» esclama, ma non riesce a fermare il calore che gli risale le guance e i palmi aperti che
solleva
davanti alla faccia, più che un appello alla clemenza, sono un invito a farseli sbranare dall’entità in
vestaglia
acquamarina che dall’altro lato del letto lo tiene nel mirino con due siluri scintillanti al posto degli occhi.
Solo
a questo punto Vegeta prende nota di avere ancora quel dannato affare appeso alla tempia, a smentire le sue
parole.
Lo scouter finisce nel cassetto a una velocità inversamente proporzionale a quella con cui lo ha
recuperato e
agganciato all’orecchio. L’acqua sta ancora vibrando nel bicchiere sul comodino quando Vegeta sotterra
l’imbarazzo
di essere stato sgamato sotto a tre strati di coperte e si risolve a dare a lei la schiena perché teme quello
che
giungerà a breve e la morte, stasera, a dispetto della sua natura impavida di saiyan, non ha proprio intenzione
di
continuare a guardarla in faccia.
E la morte parla e ha la voce di sua moglie.
«Tu… stavi… forse... misurando il ki di nostra figlia?»
Quando sente qualcosa stringergli la spalla scoperta, Vegeta non sa dire se siano delicate dita di donna o
artigli
adunchi di rapace.
***
Millecinquecentotrentuno. Millecinquecentotrentadue. Millecinquecentotrenta...
«Vegeta, vieni fuori. Subito.»
Vegeta interrompe l’ennesima serie di flessioni e si rialza da terra con un grugnito, asciugandosi la fronte su
un
avambraccio. Il volto di Bulma, ingigantito di dieci volte sullo schermo dell’interfono della camera
gravitazionale,
è cento volte più sinistro e, dopo il terremoto forza nove di ieri notte, con epicentro al terzo piano della
Capsule
Corp, mille volte più persuasivo.
«Arrivo.»
La raggiunge in giardino. Il primo dettaglio che coglie, prima ancora del vento che gli asciuga il sudore dalla
pelle (e che è da imputarsi all’allenamento solo in parte, ma lui stamattina non ammetterà mai di avere
particolare
soggezione della moglie), è il furgoncino bianco parcheggiato in strada e che getta ombra sul cancello d’entrata
della proprietà.
Un furgoncino bianco con il portellone posteriore spalancato da cui salta giù un individuo bassotto e sgraziato,
dalla pelle color chewing-gum e dagli inquietanti capezzoli sporgenti sotto a un’attillata tutina verde
pistacchio. Il testone di Monaka è nascosto dietro a un pacco enorme che lui regge su braccini scossi da spasmi e che gli
piega
le ginocchia tremolanti mentre copre incerto la distanza fino al vialetto.
Di pacchi così ce ne sono già a decine sull’erba, constata Vegeta mentre si guarda attorno disorientato. Ne
afferra
uno, lo solleva, lo scuote. Tintinnio di vetro. Un altro pacco, più leggero, si produce in un fruscio di carta.
Su
entrambi, su tutti, è stata appiccicata un’etichetta a suo nome: Vegeta, Capsule Corp, Città dell’Ovest, Pianeta Terra,
Sistema
Solare, Via Lattea, Gruppo Locale, Superammasso della Vergine.
«Spiègati» gli intima Bulma, il corpo ritto come un fuso e due braccia conserte sul petto.
Vegeta ingoia a vuoto. «Io non...»
Quando vede Monaka tendergli una lettera, quasi gliela strappa di mano dall’urgenza di aprirla. All’interno c’è
solo
un bigliettino. Registra un'infamante macchia rossa, prima ancora del nome.
T & G
P.S. Il segreto del tuo cuore tenero è al sicuro con noi! ❤️
Pappe. Pannolini. Biberon. Babbucce. Un passeggino smontabile a levitazione magnetica di evidente manifattura extraterrestre. E poi giochi, per Trunks che è già qui e per lei che è previsto che arrivi fra un paio di settimane.
Vegeta non sa se sentirsi mortificato - dannazione, ha sentito tutto! - o soffocato da quella manifestazione di sentito e sgradito affetto. Nell’aprire l’ennesimo colle gli è sfuggito il bigliettino di mano, bigliettino che ora Bulma stringe fra le dita affusolate. «Cuore tenero?»
Vegeta si ghiaccia nell’atto di sollevare un pacco per portarlo dentro casa. «Non so di cosa stia parlando» risponde, senza guardarla negli occhi. Tra sé e sé, pensa che prima o poi farà una capatina da Tarble per ringraziarlo e pestarlo, rigorosamente in quest’ordine. Prima il dovere, poi il piacere.
«Ha a che fare con ieri sera, vero?»
Si decide a guardarla, ora, lungo il corridoio dove lei l’ha seguito. Ha assottigliato gli occhi, ma sorride a un angolo della bocca e con una mano si accarezza la stoffa della maglietta di cotone che le copre il ventre prominente. Non potrà sapere (né lui glielo permetterà mai), ma con la sua testolina affilata può benissimo raccogliere gli indizi già per strada e intuire cosa possa essere accaduto, perché lei è l'unica a cui abbia permesso di vedere oltre l'armatura. E lei gli si avvicina quel che basta perché la pancia lo sfiori.
«Insegnale la perseveranza dei saiyan, se lei vorrà» gli dice, sorprendendolo, prima però di alzare un dito ammonitore. «Ma se pensi che ti dia carta bianca per il nome, caro mio, ti sbagli di grosso!»
~fin~
Angolino d’autrice:
Bulma sta già correndo all'anagrafe.