Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: PerseoeAndromeda    05/11/2021    0 recensioni
Seiji deve portare in salvo Shin, che sta perdendo le forze.
Ma anche lui è stanco e ferito e si trovano in un luogo oscuro e sconosciuto, il tempo non è dalla loro parte
Genere: Avventura, Drammatico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cye Mouri, Sage Date
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Fanfic scritta per la challenge “Dammi tre parole” del gruppo Facebook Parole tra le dita
 
Autrice: PerseoeAndromeda, Heather-chan
Fandom: Yoroiden Samurai Troopers
Prompt: Ferita, disperazione, aiuto
Titolo: Ti riporterò a casa
Personaggi: Seiji e Shin
Generi: Angst, drammatico, scenari di guerra, hurt/comfort
Rating: Giallo
Note: Questa fanfic potrebbe diventare un frammento per un progetto di più ampio respiro al quale sto lavorando insieme a Dea della Pioggia
 
TI RIPORTERÒ A CASA
 
 
“Stai su, non mollare, non ancora Shin, forza!”.
Con un braccio, Seiji sorreggeva il nakama, così debole ormai che tutto il suo peso gravava su di lui.
L’altra mano era posata sul muro della grotta, perché sentiva le proprie gambe sempre più deboli, Shin sempre più pesante e stavano avanzando sul bordo di un precipizio il cui fondo si perdeva in tenebre impenetrabili.
Gli occhi di Seiji cercavano di non smarrire la strada nell’oscurità da cui erano circondati e, al tempo stesso, teneva Shin stretto a sé, nel tentativo di non farlo stare troppo vicino al baratro.
“Ce la faremo” ringhiò tra i denti, per dare coraggio a se stesso, ma anche per far sì che Shin udisse la sua voce e questa lo aiutasse a mantenere i sensi il più possibile vigili.
Era una speranza vana, perché in realtà la coscienza del giovane Suiko era già nebulosa e, a tratti, un gemito si levava dalle labbra inaridite.
“Ti porterò fuori di qui” mentre parlava, Seiji non si fermava neanche per un istante, non c’era tempo. “Ma tu devi aiutarmi, Shin… devi resistere”.
Gli rispose un lamento e il nakama oppose resistenza, i suoi piedi incespicarono, tanto che Seiji dovette fermarsi, trascinato indietro dal peso quasi del tutto inerme.
“Shin!”.
Il giovane Mori gli si aggrappò per un attimo, ma poi Seiji lo sentì scivolare tra le braccia e, per prevenire il rischio di vederlo precipitare nell’abisso sotto di loro, lo riafferrò più saldamente e si ritrovò in ginocchio con lui.
Cercò di sorreggerlo e farlo rialzare, ma il guerriero dell’acqua si stava trasformando in un fantoccio privo di consistenza: era chiaro che ogni residuo di linfa vitale stava abbandonando le sue membra.
Seiji si morse il labbro, lottò contro la disperazione che stava mettendo a dura prova il suo autocontrollo. La preoccupazione per Shin era sul punto di annullare la sua lucidità, temeva di non riuscire a portarlo fuori da lì, di percepire, istante dopo istante, il dissolversi di ogni alito di vita, già lo presentiva nel proprio cuore, così in sintonia con quello del nakama, Shin scivolava via, goccia dopo goccia, respiro dopo respiro.
Nel buio cercò il suo viso, ne intravvide l’insano pallore, attraverso le labbra si faceva strada un rivoletto di sangue e Seiji era consapevole di quanto fossero numerose le sue ferite e quanto gravi.
Gli occhi del giovane erano semichiusi in un’espressione persa, che lo faceva sembrare distante, sempre più distante da lui e dal filo che lo legava alla vita.
Nella gola di Seiji si formò un nodo, un groviglio di panico e angoscia, che cercò di sciogliere, perché mantenersi saldo era l’unica speranza per entrambi.
Soprattutto per Shin.
Se non avesse avuto Shin con sé, Shin da portare al sicuro, alla luce, alla vita, all’abbraccio dei nakama, forse si sarebbe già lasciato andare.
“Per favore” supplicò lottando contro quel groppo nella gola, che rendeva difficoltoso rendere nitide le proprie parole, “ti prego Shin… ti prego… resta con me”.
Farsi sentire disperato, perso, fare leva sull’amore che Shin aveva per lui, perché ritrovasse la forza e il desiderio di lottare…
Infatti, gli occhi di Shin si aprirono un poco, lo cercò con lo sguardo, segno che i richiami di Seiji avevano avuto la meglio sull’incoscienza… almeno per il momento.
“Se… i… ji…”.
Il guerriero di Korin si sforzò di sorridere, ma dannazione quanto era difficile fingere una stabilità che non aveva, perché vedere un nakama in quelle condizioni, un nakama che si stava spegnendo sotto i suoi occhi, era più di quanto anche lui potesse sopportare.
“Sì, Shin… sì. Resta con me, d’accordo?”.
Il giovane Mori si agitò, nel tentativo di ritrovare dentro di sé un briciolo di energia, annaspò con le mani, cercando di aggrapparsi a qualcosa che non trovava.
“Seiji, non… non ti vedo…”.
No, pensò Seiji, per favore, no.
Prese una di quelle mani smarrite nella propria, se la portò alle labbra:
“Sono qui pesciolino, non ti lascio”.
Si rese conto della propria voce incrinata, le lacrime premevano per uscire, ma sperò con tutto se stesso che Shin non se ne accorgesse.
Ma Shin si accorgeva sempre di tutto.
“Devi lasciarmi invece. Questo posto vuole inghiottirci entrambi, non deve privare te della luce… torna alla luce, almeno tu, Seiji”.
Quella voce sottile, quella dolcezza e quella tenerezza di cui ogni parola era intrisa…
La mano di Shin libera dalla stretta di Seiji sconfisse le tenebre e trovò il suo volto, trovò, nel proprio amore, la forza di posarsi salda, seppur tremante, sulla sua guancia:
“Riporta nel mondo la tua luce”.
Seiji non resistette oltre, lasciò via libera alle proprie lacrime, lo strinse a sé, infondendo in quell’abbraccio tutta la rabbia data dalla situazione e dal senso di possesso, perché non avrebbe ceduto il suo Shin neanche a un potere tanto ineluttabile come la morte.
“Smettila!” ringhiò e la sua voce divenne un ruggito, non rivolto a Shin, ma alle pareti di quella grotta, alle tenebre, al nemico ancora ignoto che, da qualche parte, attendeva la loro resa.
Mentre l’abbraccio si prolungava, sentì giungere la debolezza estrema che si impossessò delle membra di Shin, lo percepì dalle mani che abbandonavano il contatto con lui per scivolare lungo i fianchi, nel corpo che si lasciava andare completamente contro il suo, nel respiro che si faceva sempre più debole.
Seiji continuò ad abbracciarlo, affondò una mano nei suoi capelli, lo cullò come se avesse dovuto rassicurare un bambino spaventato.
Con la voce rotta dal pianto gli sussurrò dolcemente in un orecchio:
“Ti fidi di me, pesciolino?”.
Non gli servì una risposta a parole, Shin in quel momento non era in grado di rispondere, ma un battito più forte e unanime dei loro cuori in contatto l’uno con l’altro fu sufficiente.
“Lo sapevo” mormorò ancora Korin. “Allora resisti… io ti salverò Shin… ti riporterò a casa”.
   
 
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