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Autore: Ghost Writer TNCS    06/11/2021    3 recensioni
Da sempre le persone hanno vissuto sotto il controllo degli dei. La teocrazia del Clero è sempre stata l’unica forma di governo possibile, l’unica concepibile, eppure qualcosa sta cambiando. Nel continente meridionale, alcuni eretici hanno cominciato a ribellarsi agli dei e a cercare la verità nascosta tra le incongruenze della dottrina.
Nel frattempo, nel continente settentrionale qualcun altro sta pianificando la sua mossa. Qualcuno mosso dalla vendetta, ma anche dalla volontà di costruire un mondo migliore. Un mondo dove le persone sono libere di costruire il proprio destino, senza bisogno di affidarsi ai capricci degli dei.
E chi meglio di lui per guidare i popoli verso un futuro di prosperità e progresso? Chi meglio di Havard, figlio di Hel, e nuovo dio della morte?
Questo racconto è il seguito di AoE - 1 - Eresia e riprende alcuni eventi principali di HoJ - 1 - La frontiera perduta.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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2. Il piano di Havard

Bakhmiŝ era un villaggio di medie dimensioni costruito a ridosso di un ampio fiume navigabile. Gli abitanti, qualche centinaio, erano per almeno un quarto schiavi. Di questi, la maggior parte erano orchi pallidi che venivano utilizzati per coltivare la terra.

La principale attività del villaggio era l’allevamento. C’erano il pollame e i piccoli animali utilizzati per le uova e la carne, ma anche un nutrito branco di monoceratopi. Tali animali, forti e robusti, erano la cavalcatura più utilizzata dagli orchi per coprire le ampie praterie, per questo il loro allevamento era un settore molto redditizio. Questo li rendeva un bottino molto ambito per i predoni, perfino più degli altri orchi da vendere come schiavi, ma Bakhmiŝ aveva anche il pregio di essere facilmente difendibile: la tipica palizzata di legno era stata rinforzata più volte e la pianura circostante rendeva facile individuare eventuali minacce in arrivo. La foresta più vicina si trovava al di là del fiume, quindi il corso d’acqua avrebbe vanificato qualsiasi attacco a sorpresa dalla selva.

Havard, consapevole di tutto ciò, aveva scelto Bakhmiŝ come punto di partenza per il suo futuro regno. La posizione strategica e le risorse naturali lo rendevano il luogo perfetto, in più era fiducioso del fatto che gli orchi pallidi tenuti in schiavitù lo avrebbero visto come un liberatore e che quindi lo avrebbero appoggiato abbastanza facilmente. L’unico problema era che il villaggio contava decine di guerrieri abituati allo scontro, mentre lui avrebbe dovuto combattere da solo con il suo drago. O forse no?

Con il favore delle tenebre era atterrato nella foresta e ora stava osservando il villaggio, sicuro di non poter essere visto grazie al buio e alla vegetazione.

I fuochi accesi all’interno della palizzata illuminavano in maniera molto suggestiva il contorno del centro abitato, mettendolo in netto contrasto con la prateria circostante e con il cielo terso, dove brillavano le stelle e le due lune: una rossa e una azzurra. A completare quell’affascinante panorama c’era il riflesso del villaggio nel fiume: una riproduzione quasi perfetta, appena distorta dalle leggere increspature dell’acqua. Avrebbe potuto ammirare quel rilassante gioco di luci per tutta la notte.

«Visto da qui, sembra un luogo molto tranquillo.»

La voce di Nambera non lo colse alla sprovvista: aveva sentito i suoi passi leggeri farsi man mano più vicini.

«Tutto sommato lo è» annuì l’orco pallido, che stava giocherellando con il suo teschietto di corvo. «Ma non sarà così domani.»

«Sei preoccupato?»

«No. Non preoccupato. È tutta la vita che mi alleno per questo. Spero solo di riuscire a convincerli. Non ho dubbi che riuscirò a raggiungere il mio obiettivo, solo non so quanto ci metterò. O quanto mi costerà.»

Nambera gli poggiò una mano sul braccio. Lo fece con delicatezza, come se non volesse disturbarlo.

«Vuoi prenderlo da solo?» gli chiese l’orchessa dopo un po’. «Tu e il drago, per lo meno.»

Havard continuò a muovere tra le dita il teschio di corvo che portava al collo. «Potrei, ma credo che sfrutterò un po’ di aiuto.»

Di nuovo tra i due calò un rilassato silenzio.

«Vuoi che faccia il primo turno?» gli chiese l’anziana.

Il pallido le sorrise. «Credo che il nostro nuovo amico basterà per tenere alla larga i seccatori.»

Nambera sorrise a sua volta, rendendosi conto di aver posto una domanda superflua. «In effetti non hai tutti i torti.» Si preparò per tornare indietro. «Comunque vedi di non fare tardi.»

«Certo, mamma» ironizzò Havard. «Ma anche tu non sforzarti: sbaglio o quella ruga è nuova?»

L’orchessa non si scompose. «Ho capito, non vuoi la colazione domani.»

Havard si svegliò prima dell’alba e si incamminò per la foresta ancora semibuia con il suo bastone d’ossa. Aveva bisogno di alleati, e sapeva che nella foresta ne avrebbe potuti trovare alcuni.

Trovò delle tracce e cominciò a seguirle, ma i rumori della foresta gli fecero capire che erano stati loro a trovare lui. Intravide delle ombre, delle sagome muscolose, ma continuò ad avanzare.

Il branco uscì allo scoperto all’improvviso. Erano una quindicina di ordogue[5], dei massicci canidi privi di pelliccia. La pelle coriacea, le mascelle potenti e la forza del gruppo li rendevano dei formidabili predatori.

Havard li osservò rapidamente: sembravano tutti robusti e in buona salute. Se fosse riuscito a domarli, sarebbero diventati degli ottimi mastini da guerra.

Gli ordogue lo avevano circondato e si stavano avvicinando emettendo dei ringhi gutturali, pronti ad attaccare, ma l’orco pallido non si fece intimorire.

Il controllo degli animali era uno dei primi incantesimi che Nambera gli aveva insegnato.

Havard stava osservando la doppia fila di piccoli insetti simili a formiche a otto zampe con la curiosità genuina che contraddistingue i bambini di quattro anni. Da una parte c’erano gli esemplari che stavano trasportando piccoli pezzi di cibo alla colonia, dall’altra c’erano i loro simili che facevano il percorso opposto.

Non molto distante c’era un altro insetto un po’ più grande simile a un bruco che stava mangiando placidamente una foglia. Sarebbe stata una preda facile per le formiche-ragno – il piccolo orco ne era certo – eppure le piccole operaie lo stavano completamente ignorando, preferendo continuare nella loro opera di raccolta.

«Attaccate il bruco!» ordinò Havard con infantile autorità. «Vale molto di più di quelle stupide briciole!»

Le formiche-ragno, incuranti delle sue parole, continuarono a procedere in file ordinate.

«Vi ho detto di attaccare il bruco! Siete tanti, vincerete sicuramente!»

Di nuovo i piccoli insetti lo ignorarono.

Il bambino grugnì con stizza e scattò in piedi. «Nambera!» urlò, «Questi stupidi insetti non mi ascoltano!»

L’anziana orchessa, che stava preparando il pranzo, smise subito di tritare le foglie verdi e profumate, e si pulì rapidamente le mani. «Avete bisogno di qualcosa, sommo Havard?»

«Ho detto a quelle formiche-ragno di attaccare il bruco, ma non mi ascoltano!» esclamò il bambino, stizzito. «Perché non mi ascoltano?!»

«Sono solo insetti, non sono in grado di capire la vostra lingua» gli spiegò Nambera in tono paziente.

«Io voglio che mi ascoltino!»

La vecchia orchessa rifletté un momento.

«Voglio che mi ascoltino!» ripeté Havard, impaziente.

«Forse c’è un modo, ma non so se siete abbastanza grande…»

«Io posso fare tutto! Sono il figlio di Hel!»

«Certo, sommo Havard. In tal caso, potete provare con un incantesimo di controllo della mente. Questi insetti sono animali molto semplici, quindi sono sicura che con un po’ di esercizio riuscirete a controllarli. Per cominciare, scegliete un insetto e concentratevi su di lui.»

Il bambino scelse una formica-ragno e fissò i suoi occhi verdi su di lei.

«Pensate intensamente a quello che volete che faccia e cercate di trasferire la vostra volontà verso la sua mente. Cercate di stabilire una connessione. Con calma, senza fretta.»

«Non… funziona…!» si lamentò l’orco pallido.

«Non preoccupatevi, è la prima volta. È una tecnica complicata: dovrete allenarvi per riuscire a padroneggiarla.»

«No! Ferma, stupida!» sbottò il bambino cercando di bloccare la formica-ragno con la mano. «Fermati! Fermati!»

«No, non così» provò a correggerlo Nambera. «Dovete avere pazienza…»

«Stupida formica!» imprecò Havard. Sollevò una mano e la schiacciò con rabbia, uccidendo sotto il suo palmo almeno altri tre insetti.

«Sommo Havard, che state facendo?!» Nambera gli prese il braccio prima che potesse schiacciarne altre. «Non dovete fare così!»

«Lasciami, stupida! Sono il dio della morte! Posso uccidere chi mi pare!»

L’espressione dell’orchessa si indurì di colpo. Lo tirò su con una determinazione che prima non aveva nemmeno fatto intravedere e lo lasciò solo per potergli tirare un ceffone con la mano sana. «E ringrazia che tua madre non è qui, o chissà cosa ti avrebbe fatto!»

Havard si portò una mano alla guancia colpita e sollevò l’altro braccio in posizione di difesa. Lacrime di dolore cominciarono a scendere lungo i segni neri che gli scavavano la pelle. «Ti odio! Stupida! Metterò la tua anima nel posto peggiore dell’inferno!»

Corse via piangendo e insultandola, incredulo per quella punizione che riteneva ingiusta.

Nambera sospirò. Si sentiva in colpa per aver colpito il figlio della dea a cui era stata devota, ma non poteva sorvolare sulle parole del bambino. Non tanto per l’insulto, ma per ciò che aveva detto dopo.

Aveva promesso che si sarebbe presa cura di lui, e ciò includeva insegnarli come diventare un dio della morte degno di essere venerato.

Bastò un abbaio gutturale del capobranco e gli ordogue scattarono come molle. Havard rilasciò l’incantesimo e l’energia mentale si diffuse dal suo bastone d’ossa come un’esplosione, insinuandosi nella psiche dei canidi.

Gli animali si immobilizzarono. Dapprima confusi, uno dopo l’altro chinarono il capo davanti al loro nuovo padrone. Perfino il capobranco si prostrò davanti ad Havard, riconoscendolo come suo superiore.

«Andiamo» ordinò l’orco pallido, «abbiamo un villaggio da conquistare.»


Note dell’autore

Ciao a tutti!

Il piano di Havard procede, in particolare dopo il drago di foresta ha anche domato un branco di ordogue. Ora non gli resta che fare la sua mossa per prendere il controllo di Bakhmis. Riuscirà nell’impresa?

In questo capitolo abbiamo anche un flashback su Havard da piccolo, che come vediamo era molto più arrogante della sua controparte adulta XD La stessa Nambera lo trattava in modo diverso, ma avremo modo di capire meglio l’evoluzione del loro rapporto nei prossimi capitoli ;D

Ecco intanto il disegno chibi di Havard ^.^

Havard (AoE-2)

L’avventura dell’orco pallido è solo all’inizio, quindi non perdete il prossimo capitolo (tra due settimane).

A presto ^.^


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[5] Il nome deriva da “orco” e “dogue”, il sottogruppo di molossi anticamente selezionati come cani da guerra.

   
 
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