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Autore: mattmary15    07/11/2021    0 recensioni
James Tiberius Kirk ha salvato il suo equipaggio con un gesto tanto eroico quanto disperato e ha battuto Khan al suo stesso gioco. Ora lo aspetta una buona convalescenza e il ritorno alla sua adorata Enterprise.
Probabilmente anche una medaglia e un picchetto d'onore. Questo almeno è quello che sperano Spock e Bones, gli amici sempre pronti a difenderlo. Sarà davvero così oppure una nuova avventura comincerà proprio dal punto in cui erano rimasti dopo l'ultima battaglia? La vita nello spazio non è facile, ma spingersi fin dove nessuno è mai stato prima si rivelerà piuttosto complicato. Jim, Spock e Bones dovranno andare oltre i loro limiti e, se possibile, riuscire a tornare indietro.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Spock
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Chiarimenti
 

L’ammiraglio Blackwell era una bella donna. Jim lo aveva sempre pensato. La maturità e l’uniforme la rendevano ancora più bella. Lo pensò quando la vide sorridergli sul ponte 4 della stazione spaziale orbitante di Giove che le era stata assegnata dopo la morte di Marcus.

La donna lo accolse con il saluto militare e poi gli tese una mano che lui afferrò in modo deciso.

“Benvenuto alla stazione spaziale orbitante di Giove, capitano Kirk.”

“Grazie, ammiraglio, sono lieto che abbiate ricevuto il messaggio.” Lei sorrise abbassando lo sguardo e indicando uno dei corridoi con la mano aperta. 

“Seguitemi,” spiegò facendo strada, “devo ammettere che quando l’addetta alle comunicazioni tenente Uhura mi ha tradotto la ricezione klingon, ho avuto forti dubbi sulla raccomandazione che Pike mi ha fatto per lei. Immaginare che un testo che apparentemente parlava di condizioni metereologiche fosse in realtà un sos, non è stato facile. Lei, tuttavia, è stata determinata ad insistere con la sua versione fino a che non mi ha convinta. Ha detto che il messaggio replicava esattamente quello sulla tempesta di fulmini che fu da preludio all’attacco a Vulcano.” Lo disse spostando lo sguardo su Spock. Il vulcaniano annuì e lei continuò. “E’ stato molto abile nel ricordare a memoria il testo in un momento critico, capitano.”

“Certe cose rimangono impresse, ammiraglio. Dov’è il tenente Uhura?”

“Il suo turno non è ancora terminato.” Jim superò la sensazione fastidiosa che ci fosse qualcosa di sbagliato nel fatto che lei non fosse andata a salutarli al loro arrivo e annuì. 

“Capisco.”

“Capitano, prima di tornare sull’Enterpise e fare alla fine ritorno sulla Terra, mi concederebbe un paio d’ore per fare due chiacchiere? Ci sono delle questioni che vorrei discutere con lei.” 

“Ma certo, ammiraglio.”

“Il comandante Spock può assumere il ruolo di facente funzione di capitano e preparare la nave alla partenza.” A lei non sfuggì l’espressione confusa di Jim e si affrettò a precisare. “Lei non è stato ancora reintegrato dopo gli eventi della Jupiter, capitano Kirk, quindi di fatto non può comandare l’Enterprise.” 

Jim sentì quella piacevole sensazione che aveva provato fino a quel momento svanire e una vena pulsare dalla base del collo fino alla tempia.

“Quando potrò di nuovo?”

“Quando sarà reintegrato. Dopo la cerimonia prevista per il suo encomio ritengo.” 

Neanche quella notizia ebbe il potere di rilassarlo. Si voltò a guardare Spock e Bones.

“Andate pure, vi raggiungo appena ho finito con l’ammiraglio.”

Leonard annuì. Spock esitò ancora un istante poi seguì il medico. Jim invece andò dietro all’ammiraglio Blackwell che lo condusse fino ai suoi alloggi.

“Si accomodi, capitano.” Jim si sedette su una poltrona di fronte a quella su cui si era accomodata lei. Improvvisamente sembrò nervosa.

“Ammiraglio, quali sono le cose di cui voleva parlarmi?” Chiese lui per toglierla da quello che a lui sembrava imbarazzo.

“La prima riguarda il tenente Uhura.” Jim si fece, se possibile, più serio. 

“Le è successo qualcosa?” L’ammiraglio scosse il capo.

“Era stata distaccata qui temporaneamente ma, circa una ventina di giorni fa, è venuta da me per chiedermi di parlare con Pike e intercedere perché accetti la sua richiesta di trasferimento in pianta stabile alla stazione nel ruolo che ricopre tuttora. La cosa, ovviamente, è sospesa in attesa che lei riprenda il comando. Per me è una risorsa preziosa, le sue capacità sono straordinarie ma se lei la rivuole a bordo, farò in modo che venga riassegnata.” Jim incrociò le dita delle mani e sospirò.

“Quando ho chiesto alla specialista Burnham di inviare un messaggio tanto contorto, l’ho fatto sapendo che qui lo avrebbe ricevuto e tradotto Uhura. Le sue qualità sono inferiori solo al suo coraggio. Per me è un elemento fondamentale del personale di plancia ma se lei non desidera tornare sull’Enterprise, non voglio che sia costretta. Chiedo solo di poterle parlare.”

“Certo. Tra breve dovrebbe terminare il turno e al porterò da lei.”

“E la seconda cosa?” Lei si schiarì la voce.

“Ha conosciuto il capitano Lorca.” La sua non era una domanda.

“Sì.”

“Cosa pensa di lui?” Jim si lasciò sfuggire una risata nervosa.

“Non è la prima che mi fa questa domanda. Spock e il dottor McCoy mi hanno invitato a riflettere sullo stesso argomento.”

“E cosa ha concluso?”

“Poco o nulla. Mi sono riservato di dargli una seconda occhiata. La prima è stata inconcludente.”

“Avanti, capitano, si sbilanci! Così potrò spiegarle perché gliel’ho chiesto.”

“Dico sul serio. Non appena l’ho conosciuto mi ha dato l’impressione di un grand’uomo. Tuttavia le sue visioni politiche non mi fanno impazzire. E’ coraggioso ma la missione, per lui, conta più di tutto. Anche più dell’equipaggio.”

“E’ ciò che dice il manuale del buon capitano della federazione.” Ironizzò lei, alzandosi e prendendo una bottiglia di liquore. Versò da bere in due bicchieri e ne porse uno a Jim. lui l’accettò e bevve un sorso.

“E’ buono!” Esclamò riferendosi al contenuto del bicchiere. “Mi ha lasciato comunque l’impressione di uno che sa il fatto suo. Fin troppo.” Concluse.

“Ecco, non era quello che volevo sentire ma lo definisce adeguatamente. Ora, per correttezza, manterrò la mia parola ma desidererei che tenesse la cosa riservata.”

“Lo farò.”

“Ho avuto una relazione con il capitano Lorca. E’ finita per incompatibilità legate ai nostri ruoli o ai nostri caratteri,” esitò un istante e proseguì, “forse a entrambi. Ad ogni modo, siamo rimasti in ottimi rapporti fino ad un mese fa. E’ accaduto un incidente. Abbiamo ricevuto una comunicazione dalla stazione orbitante di Yorktown in cui ci veniva richiesto supporto tattico. Un loro ricognitore era stato attratto dalla forza di gravità di una nebulosa in corso di studio e necessitavano di una nave con particolari risorse tecnologiche per recuperarla.”

“E voi avete mandato la Discovery?” L’ammiraglio scosse il capo.

“Abbiamo mandato la U.S.S. Duran. Era la nave di Lorca. La comandava da anni.”

“Era?” Chiese Jim un po’ perplesso.

“E’ esplosa. Lorca è stato l’unico sopravvissuto. Non abbiamo saputo più nulla dell’incrociatore. Il diario di bordo della Duran riporta di una richiesta di soccorso, della decisione di addentrarsi nella nebulosa, di un disturbo radio e di una comunicazione di Lorca alla Yorktown in cui parlava di una serie di anomalie della strumentazione. La nave è andata in avaria ma Lorca avrebbe individuato l’incrociatore e avrebbe deciso di soccorrerlo con un una navetta di supporto. Non è più tornato a bordo. Qualcosa ha fatto saltare la camera al dilitio della Duran. L’onda d’urto dell’esplosione ha scaraventato la navetta di supporto fuori dall’orbita della nebulosa e l’incrociatore è andato perso.”

“Wow,” commentò Jim, “ora capisco quell’aria da sopravvissuto. Non immagino cosa debba provare ogni giorno sapendo di aver perso tutto il suo equipaggio.”

“E’ questo il punto, capitano Kirk. Sono stata io a comunicargli cosa era accaduto quando si è svegliato. Ho voluto farlo perché, conoscendolo, ero certa che sarebbe stato un colpo durissimo per lui. Invece ha chiuso gli occhi e mi ha chiesto quando avrebbe potuto tornare in servizio.”

“Probabilmente sentiva di dover fare qualcosa per dare un senso ad una simile tragedia.”

“L’ho pensato anche io sul momento. Mi creda, non mi ha mai dato l’impressione di uno che avesse un conto in sospeso con il suo passato. Sembrava invece uno che avesse un appuntamento col destino. Non l’avevo mai visto tanto determinato a perseguire un successo dopo l’altro. In un mese è tornato al comando di una nave della flotta nonostante non siano state chiarite ancora del tutto le dinamiche che hanno portato alla distruzione della Duran e alla perdita di trecento vite.” 

Mentre concludeva il discorso, la Blackwell finì il suo bicchiere e lasciò andare un profondo sospiro. Jim guardò il liquore e fece l’unica domanda che per lui aveva senso.

“Chi ce lo ha messo? Se l’alto comando aveva dei dubbi, chi lo ha riportato in sella?”

“L’ammiraglio Marcus.” Rispose lei e Jim scosse il capo.

“Avrei dovuto immaginarlo.”

“Alla luce della sua eroica morte,” disse lei fermandosi un attimo e guardando Kirk dritto negli occhi, “Lorca ha acquisito ancora più considerazione tra gli ammiragli che condividevano le idee decise di Marcus. La cosa più assurda comunque è che prima di quell’incidente, Lorca e Marcus non erano mai andati d’accordo. Gabriel è sempre stato un uomo d’azione ma non ha mai condiviso la linea dell’ammiraglio.”

“Mi è sembrato piuttosto convinto che la guerra con i Klingon sia inevitabile.”

“Purtroppo è così. La maggior parte dell’alto consiglio è convinta che guidando una nave scientifica non costituisca un pericolo per la federazione. Credono di avergli tarpato le ali.”

“Le assicuro che non è così. La Discovery è una vera e propria nave da guerra.”

“Lo so, capitano Kirk. Lo so. Io e Christopher stiamo facendo del nostro meglio affinché la flotta stellare non smarrisca la sua identità. So che ha bordo della Discovery è stato scelto come ufficiale scientifico la sorella del suo comandante. Tutto ciò che le chiedo è di usare questo canale privilegiato per tenere sotto controllo le attività della Discovery. Sono certa che Pike sarà d’accordo.”

“Capisco il motivo di una simile richiesta e ne parlerò con Spock. Sono certo che non farà salti di gioia ma credo condivida i nostri timori.”

“Una guerra con i Klingon non è una buona cosa. Sono certo che lo pensa anche il comandante Spock.” Disse la Blackwell.

“Dopo essersi praticamente sdoppiato per evitare una guerra con i Romulani, sono certo che farebbe quanto in suo potere per impedirne una con i Klingon.”

“Grazie allora.” Disse lei alzandosi. “Il turno del tenente Uhura dovrebbe essere terminato. Vado a chiamarla.”

Jim le sorrise e si alzò mentre lei lasciava la stanza.

 

Spock aveva già impartito tutte le disposizioni necessarie per il decollo della Enterprise. Aveva lasciato Sulu sul ponte ed era tornato nella sua cabina.

I danni alla nave causati dallo scontro con la Jupiter erano stati riparati a tempo di record. Anche la sua cabina era stata rimessa a nuovo e i suoi effetti personali erano stati sistemati tutti sopra alla scrivania.

Sfilò dalla tasca il ciondolo che aveva regalato a Jim dopo il suo risveglio su Nuova Vulcano e lo osservò.  

La saldatura dei due pezzi gli riportò alla mente le terribili condizioni in cui aveva ritrovato Kirk dopo l’esplosione della Jupiter. Il suo risveglio gli aveva dato una gioia immensa. Aveva sentito il legame più forte che mai. Eppure era bastato un mese, un mese in cui le condizioni psichiche di Jim erano peggiorate almeno quanto il suo fisico migliorava per allentarlo di nuovo. 

La scelta era stata sua, non poteva prendersela con nessun altro. Lo aveva fatto pensando che la sua preoccupazione si sarebbe riflessa sulla mente di Jim facendolo peggiorare ulteriormente.

Poi era arrivata T’Pring e anche quella storia aveva avuto ripercussioni sul legame.

Infilò il ciondolo in tasca e uscì dalla sua cabina.

Avvisò Bones che sarebbe sceso di nuovo sulla stazione orbitante e lo fece incamminandosi verso la sala comunicazioni centrale.

C’era un’altra persona su cui le cose che non aveva rivelato sul suo rapporto con T’Pring avevano avuto effetto. 

Attese in piedi fuori dalla porta fino a che non la vide aprirsi. Uscirono quattro persone. L’ultima era Nyota Uhura.

Lei lo vide e si fermò davanti a lui.

“Che ci fai qui? Ho dato io stessa il via libera al decollo della Enterprise.” Disse guardandolo negli occhi con una buona dose di durezza nello sguardo.

“C’è un posto privato dove parlare?” Chiese Spock indicando con lo sguardo due membri del reparto tecnico che si erano fermati poco più avanti e li guardavano senza farsi notare troppo. “Ti devo delle scuse.” Concluse sperando che la donna si ammorbidisse.

“Seguimi.” Rispose Uhura incamminandosi lungo il corridoio di fronte a loro. Lo portò fino ad un ufficio che era adibito a sala ristoro. Si versò del caffè da un distributore automatico e gli fece cenno di proseguire.

“Come ho detto, ti devo delle scuse. Quando sei venuta a trovarmi su Nuova Vulcano non avrei dovuto essere così distaccato. Ma tu hai frainteso quel distacco. La colpa è comunque mia. Avrei dovuto spiegarti. Voglio farlo ora. Non ritenevo importante parlarti di T’Pring non perché tu non meritassi una spiegazione ma perché lei non era importante.” 

Uhura quasi sputò il caffè.

“Lei non era importante? E’ tua moglie!”

“Sul pianeta Terra la vostra cultura considera il matrimonio come un giuramento. Anche nelle culture non monogame, rappresenta comunque un vincolo sacro. Nella cultura vulcaniana questo rapporto è meglio definito dal legame che dal matrimonio. Lo scopo di un matrimonio è quello di garantire la procreazione. I vulcaniani si accoppiano ogni sette anni a seguito del Pon Farr, la febbre del sangue.”

“Febbre del sangue?” Chiese Nyota con evidente preoccupazione mentre lasciava la tazza sul ripiano del distributore.

“E’ uno squilibrio neurochimico che colpisce gli adulti della mia specie. Lo squilibrio è molto pericoloso. Può portare alla morte. Il modo più semplice di annullarlo è l’accoppiamento. Un tempo i maschi della mia gente lottavano fino alla morte per conquistare una femmina. Ora si preferisce combinare dei matrimoni. Questo è tutto. T’Pring è stata scelta da T’Paw e da mio padre per il mio Pon Farr. Lei non ha mai fatto parte della mia vita. Non come te.”

Spock parlò con calma ma con grande determinazione. Uhura non ebbe dubbi sul fatto che avesse detto la verità.

“Perché non mi hai detto queste cose allora? Sono venuta a trovarti perché mi mancavi.” Spock unì le mani dietro alla schiena. Nyota capì che tentennava e gli fece cenno di non fermarsi.

“Ero emotivamente compromesso e non sono stato in grado di affrontare un tema delicato e così privato come questo.”

La donna gli tese le braccia al collo e lo abbracciò. Spock prima rimase immobile poi chiuse gli occhi e si concesse di stringere Nyota. Lei gli sussurrò all’orecchio.

“Eri preoccupato per Jim. Sei legato a lui. Non t’importa davvero nulla di T’Pring. Ti sono grata per aver parlato con me.” Spock si staccò da lei e la guardò negli occhi tenendola per le braccia.

“Ho scoperto dal diario di bordo dell’Enterprise che vuoi lasciare la nave. Davvero restare qui è ciò che desideri? Perché in questo caso rispetterò la tua scelta. Ma se così non è, sappi che l’Enterprise è la tua casa, la tua famiglia. Sarò io a lasciare la nave. Tornerò a Nuova Vulcano ed entrerò all’Accademia delle scienze.”

Gli occhi di Nyota si allargarono per lo stupore. 

“No,” disse piano e poi più forte, “no! Non è questo che voglio. Lasceresti Kirk?”

“Il legame non è più forte come quando l’ho usato per ritrovarlo nello spazio.” La voce di Spock uscì debole, afflitta. Una lacrima cadde dagli occhi di Uhura.

“Sciocchezze. Forse tu puoi pensarla così ma il capitano Kirk non si arrenderà mai con te.”

“Non si arrenderà mai neppure con te.” Gli disse lasciandola andare. 

In quel momento la porta si aprì e l’ammiraglio Blackwell comparve sull’uscio.

“Tenente Uhura, il capitano Kirk ha chiesto di parlare con lei prima di partire. Vorrei che lo ascoltasse prima di rinnovarmi la sua richiesta di trasferimento. Comandante lei non doveva preparare l’Enterprise?” Spock sorrise. 

“Ogni cosa è già al suo posto. Mancano solo il capitano e l’addetto alle telecomunicazioni, signora.” Dicendo questo si congedò mentre Uhura s’incamminava verso gli alloggi dell’ammiraglio dove Jim la stava aspettando.

 

Mentre aspettava, il bel discorso che Jim si era preparato e con il quale pensava che avrebbe convinto il tenente Uhura a tornare sull’Enterprise cominciò a sembrargli poco sensato.

Poteva davvero far breccia nel risentimento della donna adducendo le cose che aveva saputo da Micheal? Se le avesse detto che si trattava solo di un matrimonio combinato e non consumato, la cosa avrebbe fatto differenza per l’affascinante tecnico delle comunicazioni?

Improvvisamente pensò che non avrebbe dovuto affatto parlare di Spock. Avrebbe dovuto fare riferimento semplicemente alla nuova missione che aveva ricevuto e a quanto era stata brava a tradurre quel messaggio di soccorso. Le avrebbe detto che aveva bisogno di lei, delle sue innate e uniche capacità.

Sorrise. Questa era la via giusta. Udì il rumore di passi e la porta si aprì.

Nyota entrò con passo sicuro e lo fronteggiò. La Blackwell gli sorrise ma non entrò e li lasciò subito da soli.

“Salve, capitano.”

“Salve, tenente. Sta bene?”
“Mai stata meglio.”

“Intende dire che sta meglio qui che sull’Enterprise?” 

“Sempre diretto, vedo!”

“Sono morto, Nyota, non mi va di perdermi in chiacchiere.”

“Questo posso capirlo.”

“Allora vuoi lasciare la mia nave?” Disse rompendo ogni formalità.
“Ho fatto domanda, sì.”

“C’è qualcosa che posso fare per farti cambiare idea?”

“Tutto quello che si poteva fare, è stato già fatto.” Rispose lei unendo le mani davanti al busto.

“Capisco,” rispose Jim fissando quelle mani, “dal canto mio vorrei dirti che penso di essere responsabile di questa tua decisione e che ne sono addolorato perché la mia nave perde il miglior addetto alle comunicazioni esistente e io perdo un’amica preziosa. Probabilmente tu ci guadagnerai. Non sarò mai in gamba neanche la metà della Blackwell. Buona fortuna, tenente.”

Nyota lo vide sorridere e porgergli una mano. La sua espressione era davvero triste però.

“Non sei tu il responsabile della mia decisione di chiedere il trasferimento, capitano.” Jim ritirò la mano e parlò senza guardarla negli occhi.

“In qualche modo ho interferito nella tua relazione con Spock.”

Nyota pensò che questo era Jim Kirk. Diceva sempre le cose come stavano. Le fece rabbia e tenerezza insieme.

“Dire che ha interferito è minimizzare. Tuttavia non è dipeso da te. Non solamente. Spock ha la maggior parte di responsabilità. Era lui quello impegnato, non credi? E non solo con me, a dirla tutta. La storia che i vulcaniani non mentono è vera solo a metà.”

“A quanto parte anche il matrimonio è vero a metà.” Nell’udire quelle parole, Uhura piegò appena la testa di lato.

“Tu lo hai accettato?”

“Accettato?” Esclamò Jim. “Neanche lontanamente! E non lo capisco! Forse però Spock ha il diritto di spiegare e francamente T’Pring non mi sembra affatto il tipo di persona che Spock terrebbe al suo fianco.”

“L’hai conosciuta?”

“Si è presentata. Non mi è piaciuta per niente.” Nyota rise. “Sei mille volte meglio di quella T’Pring.”

“Ne sono più che sicura.”

“Allora perché vuoi mollare? Non ho mai pensato che ti saresti data per vinta.”

“Non puoi costringere nessuno ad amarti.” Kirk abbassò lo sguardo.

“Lo so, ma se sono delle incomprensioni a dividerti da lui, non dovresti almeno provare a capire?”

“E finire con l’essere rifiutata ancora?”

“Meglio il rimpianto o il rimorso?” Le chiese lui. Uhura sorrise bonariamente.

“Ho già scelto.”

“Allora, a quanto sembra, ho finito.”

Kirk stava per lasciare la stanza quando lei lo richiamò.

“Non ho mai pensato che ti saresti dato per vinto!” Lui si voltò e scosse appena le spalle.

“Insistere ancora, non offenderebbe la tua intelligenza?”

“Sì, ma solleticherebbe il mio ego.” 

Kirk mise le mani sui fianchi e scosse la testa.

“Tenente Uhura, sei l’ufficiale addetto alle comunicazioni migliore che conosca. Il fatto che comprendi qualunque lingua tranne quella che parla Spock ti rende preziosissima per me. Vorresti riconsiderare la tua decisione di rimanere di stanza qui e tornare sull’Enterprise?”

“Per tua opportuna conoscenza, parlo anche la lingua del comandante Spock e questo mi renderà ancora più preziosa a bordo dell’Enterprise!”

“Tu avevi già deciso prima di farmi implorare!” Esclamò comunque sollevato Jim.

“Spock è venuto a parlarmi e si è scusato. Credo che abbia ancora bisogno di me dopotutto.” 

Jim rimase sorpreso da quelle parole ma non ebbe modo di indagare oltre perché l’ammiraglio Blackwell entrò di nuovo nella stanza e stavolta sembrava contrariata.

“Capitano, mi scusi ma devo interrompere. Ho ricevuto una comunicazione dall’ammiraglio Pike. Ho bisogno che lei mi segua. Tenente, lei cos’ha deciso?” La donna si mise sull’attenti.

“Mi dispiace averle fatto perdere tempo, ammiraglio. Vorrei essere riassegnata all’Enterprise.” La Blackwell annuì.

“Comunicherò a Pike la sua riassegnazione alla NCC-1701. Vada ora.”

Jime la vide lasciare la stanza e poi si rivolse all’ammiraglio.

“Che succede?”

“Mi segua.” Rispose lei facendo strada fino ad una stanza che sembrava adibita a riunioni di una certa importanza. Accese la strumentazione che era vicino al tavolo e l’ologramma dell’ammiraglio Pike comparve di fronte a loro.

“Margaret, grazie per la premura. Jim è bello vederti in piedi.”

“Grazie, signore.”

“Puoi parlare liberamente Christopher, la comunicazione è riservata.”

“Ero nel pieno della preparazione della cerimonia in tuo onore, Jim, quando ho avuto modo di esaminare alcuni file che aveva chiesto da diverse settimane. Avevo incontrato delle difficoltà che definire tecniche è riduttivo. Alla fine sono riuscito ad ottenere i piani di volo della Jupiter nel periodo intercorso tra il varo e la sua distruzione. Non ne emerso niente di significativo. Così mi sono concentrato su altre piste. Inutile dirvi che cercavo la nave che ha sconfinato nella zona neutrale. Nessuna nave della federazione ha sconfinato. Me ne sono accertato raccogliendo i dati di tutte le stazioni orbitali dei quadranti.”

“Quindi i Klingon hanno mentito?” Chiese Jim. 

“No, uno sconfino c’è stato ma di un velivolo molto più piccolo. Un incrociatore. Un modello che definirei obsoleto. Uno di quelli che si utilizzavano per gli abbordaggi quando le navi non usavano ancora il teletrasporto.” La Blackwell si sedette al grande tavolo e poggiò entrambi i gomiti sul ripiano con fare pensieroso.

“La richiesta di soccorso della Yorktown, quella per cui è stata mandata la U.S.S. Duran, parlava di un ricognitore modello trasporto persone tra base e navi di tipo Intrepid. Diciamo che non mi ha stupito che sia rimasta bloccata nella nebulosa. Due incrociatori così vecchi che saltano fuori in circostanze tanto particolari a distanza di pochi giorni? Devo credere ad una coincidenza?”

Jim esaminò su un pad la rilevazione mostrata da Pike e quella segnalata dalla Blackwell.

“Sembrano lo stesso incrociatore e, di certo, è strano che siano in circolazione due di questi macinini. Però sono troppo distanti per essere lo stesso incrociatore. Dubito che sia dotato di una tecnologia come quella della Discovery!” 

“Non credo, no. Però potremmo avere più dati se scaricassimo i file delle mappe della nebulosa dalla stazione orbitante di Yorktown.” Jim sorrise.

“Vuole che sia io a procurarmele, vero?”

“Non mi fiderei di nessun altro.” Rispose Pike. La Blackwell si alzò.

“Abbiamo solo un problema. Di fatto il capitano Kirk non è stato ancora reintegrato.”

“A questo ho rimediato io. Per fare in modo che partecipino quanti più membri dell’alto consiglio, ho spostato la cerimonia per insignire Kirk dell’onoreficenza della federazione, sulla base spaziale di Yorktown. L’ammiraglio Paris è un’amica. Ci aiuterà.”

“Molto bene!” Esclamò Margaret. “Dunque hai una nuova missione capitano Kirk!”

“Cercherò di essere utile.”

“Però fa attenzione. Sei ancora convalescente. Il dottor McCoy ha già stilato il certificato di idoneità al comando?” Chiese Pike.

“Sono certo che lo abbia già pronto!”

“Buona fortuna, Jim.”

“Grazie.”

L’ologramma di Pike sparì e Jim si lasciò indietro la Blackwell. Si chiese se davvero Bones avesse predisposto già le scartoffie che gli avrebbero consentito di tornare a guidare l’Enterprise.

Si fece coraggio e raggiunse l’hangar. La nave era lì, meravigliosa e luminosa come una stella.

Prese un respiro e salì a bordo.

  
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