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Autore: Fiore di Giada    10/11/2021    0 recensioni
Le braccia di Ryu si strinsero attorno alle spalle di Fei Long.
– Che… Che fai? – domandò l’attore, stupefatto. Il suo amico nipponico era d’animo nobile, ma la sua indole era schiva.
Perché lo aveva abbracciato?
Gli pare di sentire il battito regolare del suo cuore contro le proprie orecchie…
– Fei Long… Permettimi di restarti accanto in questa giornata. – mormorò Ryu, pacato. Il rimorso del suo amico era penoso per lui.
Era il suo nobile animo la fonte della sua sofferenza.
Fei Long adorava la sua famiglia e si condannava per non essere riuscito a fare nulla, pur non avendo alcuna colpa.
L’amore gli impediva di perdonare se stesso in quella giornata.
Ma non poteva offrirgli parole logore e usurate.
L’attore cinese, senza alcuna parola, si appoggiò al petto del compagno. Si sentiva bene, cullato da quell’affetto puro, privo di affettazione.
– Ti ringrazio, amico mio. –
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fei Long, Ryu
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un denso fumo aromatico si levava dal bruciatore di ceramica e riempiva la stanza di intense note di sandalo e patchouli.
Fei Long, disteso sul letto, fissava il soffitto, gli occhi lucidi di lacrime. Quelle note vellicavano il suo corpo di un languido piacere.
Aveva bisogno di quell’effimero godimento, quando giungeva quel giorno doloroso.
A stento, frenò un singhiozzo. Cercava lo smarrimento dei sensi, ma non era totale.
Quegli aromi, pur da lui amati, non slegavano la sua mente dalla realtà.
Papà… Perdonami. E’ stata tutta colpa mia. – mormorò, sconfortato. I sensi di colpa riemergevano tumultuosi dalle nebbie dei ricordi.
Era cosciente della loro assurdità, ma la forza della sua mente era fragile, davanti ai moti del suo cuore.
Al compimento dei suo sei anni di età, suo padre, il coraggioso sindacalista Ning Peng, era morto, ucciso da un criminale, durante un furto in casa.
Fedele al suo credo, che gli imponeva la difesa dei diritti dei lavoratori, aveva denunciato le angherie subite dagli operai di una grossa azienda petrolifera.
Per questo, era stato condannato a morte ed era stato ammazzato.
Quei bastardi erano a conoscenza della sua esistenza e avevano deciso di aggredirlo, mentre passeggiavano.
Avevano deciso di sfruttare il suo profondo amore per lui.
Suo padre, fulmineo, si era posto tra lui e il pugnale del sicario.
La lama era affondata nella sua forte schiena, dilaniandola, e il sangue era sgorgato sulle sue mani.
Era morto per difendere la sua inutile vita.
 
La porta della stanza, ad un tratto, si aprì ed entrò Ryu.
Il lottatore nipponico aggrottò un sopracciglio. Due anni dopo la sconfitta di Bison, lui e quel giovane di Honk Kong si erano reincontrati.
Aveva avuto la possibilità di conoscerlo meglio e non se ne era per nulla pentito.
Il loro legame si era approfondito e si era tramutato in un’amicizia sincera.
Aveva imparato a rispettare l’indole schiva, ma gentile del lottatore cinese.
Accennò ad un sorriso. Forse, era più simile a lui di quanto pensasse.
Nel cuore di Fei Long, aveva scorto un’ombra, di cui non comprendeva la ragione.
Calmo, si sedette sul letto e lo scrutò. Aveva veduto, su un mobile, un bruciatore di essenze e aveva riconosciuto le note del sandalo e del patchouli.
Il peso del suo cuore era gravoso e tentava di scioglierlo, servendosi del potere degli aromi.
Ma il profumo non aveva liberato il suo animo.
 
Cauto, gli prese la mano destra tra le sue, quasi fosse un gioiello.
Fei Long, sentendo quel tocco, sussultò, poi si girò e i suoi occhi neri si rifletterono nelle iridi di Ryu.
Il suo corpo, prima irrigidito, si rilassò. Gli piaceva la compagnia silenziosa, ma attenta del guerriero nipponico.
Per questo, era sempre felice di ospitarlo, quando si fermava ad Honk Kong.
Il suo sguardo, ad un tratto, si adombrò. Forse, avrebbe dovuto chiedergli di tornare il giorno successivo.
In quella giornata la sua anima era avvolta dalla tenebra e aveva la gentilezza di uno spettro.
Ryu gli accarezzò la mano. Desiderava sapere la causa della sua tristezza, ma non era giusto costringere il suo compagno a parlare.
Doveva essere sua la scelta di aprire il suo cuore.
 
Ti chiedo scusa, Ryu… Questo è un giorno doloroso per me. Non sono ospitale come dovrei. – mormorò il cinese, dispiaciuto.
Le labbra di Ryu si sollevarono in un sorriso pieno di comprensione.
Stai tranquillo. Non è con me che ti devi scusare. – gli rispose, pacato.
L’attore chiuse gli occhi e, per alcuni istanti, tacque. Il suo amico asiatico non aveva mutato il suo tono.
Non era irritato dal suo silenzio.
Nella sua voce, aveva percepito una nota preoccupata, che aveva prevaricato il suo carattere discreto.
Ryu desiderava capire le ragioni del suo dolore, ma non osava forzarlo a rivelazioni inopportune.
E di tale delicatezza gli era grato.
Aprì gli occhi. Purtuttavia, non poteva esimersi da un dovere di onestà verso il suo compagno.
Gli costava uno sforzo non indifferente, ma era un dovere imprescindibile.
 
Ryu… Quando ho compiuto nove anni anni, in questo giorno, è morto mio padre. – cominciò Fei Long.
Il lottatore nipponico sbarrò gli occhi, ma continuò a sfiorargli la mano. Cominciava a comprendere la ragione della malinconia dell’attore.
Avvertiva la mancanza di una figura genitoriale, perduta ad una età troppo precoce.
Avrebbe voluto esprimere la sua vicinanza, ma gli sembrava insensato esprimere generiche parole di conforto.
Anche egli aveva conosciuto la condizione di orfano, ma non era legato ad una tragedia repentina.
Vedi, mio padre era un sindacalista coraggioso. Per lavoro e per ideale ha sempre difeso gli interessi degli operai. Per questo, era odiato dai potenti. Perché non si faceva fermare dalle loro minacce. Il suo senso dell’onore era ferreo. – dichiarò, gli occhi lucidi di commozione.
Ti ha insegnato lui le arti marziali? – chiese Ryu.
Fei Long, sentendo questa domanda, gli lanciò uno sguardo stupito.
La tua voce è quella mia e del mio amico Ken, quando parliamo del nostro maestro Gouken. E, come lui, anche tuo padre era un valido guerriero. Perché tu sei un valido combattente. Grandi maestri forgiano grandi guerrieri. – dichiarò il guerriero asiatico.
Il viso di Fei Long s’imporporò e, d’istinto, reclinò la testa sulla spalla destra. Ryu aveva troppa stima delle sue capacità.
Ma non poteva fargliene una colpa.
Cosa avrebbe pensato, se avesse conosciuto la sua storia nella sua interezza?
E’ vero. Fu lui a darmi i primi insegnamenti nelle arti marziali. Ha imparato il kung fu per difendere se stesso e quello a cui teneva. Non voleva essere un uomo disarmato, davanti alle ingiustizie. – continuò e un debole sorriso sollevò le sue labbra.
Pochi istanti dopo, però, le sue labbra si piegarono in una linea diritta, amara, mentre le lacrime strisciarono sulle sue guance.
Ma fece un errore: si fidò troppo di me. E io l’ho tradito. L’ho tradito. – ripeté il divo, lo sguardo fisso davanti a sé.
Il nipponico aggrottò la fronte, stupito. La voce di Fei Long si tingeva d’un forte rimorso e non ne comprendeva la ragione.
Il suo animo era limpido e fermo, come la lama d’una spada.
Quale angoscia tormentava il suo animo?
I suoi nemici sapevano che amava passeggiare con me… E non hanno esitato ad aggredirlo in un momento di guardia abbassata. Hanno colpito me, per colpire lui. E io non ho saputo difendermi da solo… Ho lasciato che morisse, senza riuscire a fare nulla. – confessò, amareggiato.
Si interruppe e, per alcuni istanti, fissò il soffitto, attraverso il velo delle lacrime.
Mia madre, a causa di quella sciagura, è caduta nel vortice dell’alcolismo ed è morta a causa della cirrosi epatica. E’ colpa mia se sono morti… – sussurrò e la sua voce si spense in un tenue mormorio.
 
Le braccia di Ryu si strinsero attorno alle spalle di Fei Long.
Che… Che fai? – domandò l’attore, stupefatto. Il suo amico nipponico era d’animo nobile, ma la sua indole era schiva.
Perché lo aveva abbracciato?
Gli pare di sentire il battito regolare del suo cuore contro le proprie orecchie…
Fei Long… Permettimi di restarti accanto in questa giornata. – mormorò Ryu, pacato. Il rimorso del suo amico era penoso per lui.
Era il suo nobile animo la fonte della sua sofferenza.
Fei Long adorava la sua famiglia e si condannava per non essere riuscito a fare nulla, pur non avendo alcuna colpa.
L’amore gli impediva di perdonare se stesso in quella giornata.
Ma non poteva offrirgli parole logore e usurate.
L’attore cinese, senza alcuna parola, si appoggiò al petto del compagno. Si sentiva bene, cullato da quell’affetto puro, privo di affettazione.
Ti ringrazio, amico mio. –



   
 
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