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Autore: Lady_Crow    10/11/2021    1 recensioni
Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. Ma di cosa sono fatti i sogni? Cosa significa: “Vissero per sempre felici e contenti”?
 Isabeau e Navarre sono finalmente insieme, ma i loro guai non sono finiti. Marquet, il Capitano della Guardia al servizio del Vescovo, è ormai stato sconfitto; tuttavia, a Roma, suo fratello Leroy preme perché gli vengano assegnati degli uomini, in modo da poter riconquistare Aguillon e vendicarsi.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Etienne Navarre, Imperius, Nuovo personaggio, Philippe Gaston
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando le porte della sala da pranzo vennero aperte, Philippe sospirò incredulo: stando al profumo, l’agnello che stavano servendo doveva essere buono almeno quanto quello che gli cucinava la piccola Berta, pur non essendo condito da alcuna salsa verde. Il lungo tavolo era stato apparecchiato per quattro: di certo la notizia dell’arrivo di Philippe e Imperius aveva viaggiato veloce fra la servitù, che non si era preoccupata di fingersi ignara; l’avrebbe fatto, ai tempi del Vescovo, ma adesso non si correva più il rischio di ingiuste e crudeli punizioni per futili motivi, anzi, se solo Navarre e Isabeau non fossero stato troppo stanchi per la giornata appena trascorsa e preoccupati dal fatto che i due ospiti non portassero buone notizie, avrebbero notato e apprezzato il gesto di ospitalità nei confronti dei loro amici.

“Sediamoci e mangiamo” esortò Isabeau “sono certa che a pancia piena le notizie che portate non sembreranno poi tanto terribili” concluse scoccando un’occhiata divertita e speranzosa a Philippe, il quale – con giocoso imbarazzo – abbassò lo sguardo.

“Lo spero tanto, Isabeau…” gracchiò Imperius lasciandosi andare in maniera goffa su una delle sedie posizionate sui lati lunghi del tavolo “Mia regina, intendevo dire!” si corresse poi.

Isabeau, che si era seduta un’attimo prima di lui – e in maniera decisamente più aggraziata – sorrise e sollevò una mano in cenno di dissenso “‘Isabeau’ va benissimo, padre”.

Navarre fu il primo a servirsi della carne; forse avrebbe dovuto aspettare che lo facesse qualcuno dei suoi servi, ma non gl’interessavano le cerimonie e soprattutto stava morendo di fame. Il suo stomaco sembrava non essersi accorto che avesse smesso di trasformarsi in lupo durante la notte.

“Isabeau e io siamo molto lieti di avervi qui, ma mi domando che notizie portiate” tagliò corto il sovrano di Aguillon, mentre i due ospiti si servivano prendendo del cibo dal piatto d’oro al centro della tavola imbandita, anch’essi troppo stanchi e affamati per preoccuparsi dell’etichetta; l’unica ad aspettare di venir servita fu Isabeau, talmente ansiosa di sapere quali nuove portassero il monaco e il ladro da aver quasi scordato di essere affamata.

Philippe si avventò sull’agnello; Imperius fu sul punto di fare lo stesso, ma poi desistette, rendendosi conto di aver tenuto Isabeau e Navarre già fin troppo sulle spine, e non volendo raccontare loro il sogno a bocca piena.
Etienne chiese alla servitù di lasciarli, e una volta rimasti soli nella sala – che oltre alle candele era illuminata e scaldata dal camino in cui la legna scoppiettava – il monaco vuotò il sacco. Tutti ascoltarono in solenne silenzio il racconto del sogno, Philippe incluso, pur avendolo già udito; nonostante la presenza di una dama a tavola, il monaco scese nel dettaglio, rivelando anche i particolari cruenti del momento in cui uno dei due fratelli veniva sbranato, e lo fece per rispetto, perché riconosceva che la dama in questione avesse vissuto in passato una realtà ben più cruenta delle immagini del suo sogno. A dire il vero, talvolta aveva provato ad immaginare come fosse stata per lei, nata e cresciuta nel privilegio nonostante l’indole violenta del padre, la vita ai margini della dannazione condotta di notte nei boschi; come risultato aveva dovuto ammettere davanti a se stesso che la forza d’Isabeau quasi gl’incuteva timore.

A questo punto, il monaco e la dama erano gli unici a non aver ancora toccato il cibo nei propri piatti. Lo stomaco d’Isabeau si era quasi chiuso, non per l’aspetto cruento del sogno, ma per quanto temeva potesse significare; ciononostante si sforzò d’iniziare a mangiare, perché sospettava che Imperius non si sarebbe sentito libero di cominciare fin quando non l’avesse fatto lei. Il profumo del buon cibo si mescolava a quello della legna che bruciava; un odore davvero gradevole, ma lei avvertiva una leggera nausea.

“Imperius” chiamò infine Navarre spezzando il pesante silenzio che gravava sulla tavolata “significa ciò che credo che significhi?”.

Il monaco annuì con un cenno del capo abbassando lo sguardo mentre, rumorosamente, masticava un boccone “Temo proprio di sì, Navarre: Roma sta inviando qualcuno per vendicare il Vescovo”.
Etienne sospirò senza perdere la sua compostezza “E immagino tu sia sicuro del fatto che anche questo sia un sogno profetico”.
“Temo proprio di sì” rispose Imperius lanciando un’occhiata al calice stracolmo di vino alla sua destra, temendo però di essere preso meno seriamente qualora avesse cominciato a bere “Vedi…” sospirò a sua volta cercando le parole adatte “L’intensità spirituale di questo sogno, persino la luce in cui vedevo le cose accadere, era esattamente la stessa del sogno che mi rivelò la possibilità di spezzare la vostra maledizione.” afferrò il calice perché sentiva la gola troppo secca, e presto avrebbe cominciato a tossire qualora non avesse in qualche modo placato l’arsura “Proprio come ero certo che avremmo visto una notte senza il giorno e un giorno senza la notte, ahimè, mio buon Navarre, sono certo del fatto che il nemico si prepari a colpire”.
Questa volta fu Isabeau a sospirare “Saremo pronti” disse poi con una fermezza che stupì Philippe, ma non Imperius e Navarre “però abbiamo bisogno di sapere chi ci stia attaccando, o perlomeno quanti uomini siano diretti verso Aguillon”.

“Andrò io” si offrì quasi senza darle il tempo di finire Philippe, che incredulo sentì quelle parole pronunciate dalla propria voce prima di avere il tempo di pensare davvero a tutte le implicazioni di quanto stava proponendo.

Navarre lo guardò di traverso, quasi a voler valutare se stesse scherzando o se fosse serio.

“Forse non sarò un indomito cavaliere con una gemma da conquistare per l’elsa della propria spada” iniziò con tono quasi offeso dall’incredulità di Navarre, tralasciando bellamente la propria “ma se avete bisogno di discrezione e di velocità… Beh, in fondo mi chiamano ‘il Topo’ per un motivo”.
Etienne serrò le labbra riflettendo su quanto appena detto dal ladro; infine annuì “E sia”.

Isabeau sgranò gli occhi; non voleva contraddire Navarre, ma neppure voleva che il suo amico corresse un rischio tanto folle “Non andrai da solo, però” si limitò dunque ad aggiungere.

“Mia signora, da solo correrò meno rischi di essere scoperto” rispose lui col suo tono più devoto.
“Sceglierai tu chi portare con te, Philippe: qualcuno di abbastanza silenzioso e veloce da non metterti a rischio… Ma non dormirei sapendoti là fuori senza nessuno con cui contare”.
“Va bene” acconsentì il giovane sorridendo per l’affetto che gli veniva dimostrato, ma non avendo affatto idea di dove trovare qualcuno col passo abbastanza leggero da non rischiare di costargli la pelle.

   
 
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