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Autore: thors    10/11/2021    3 recensioni
Le vicende dei Sette Regni subirebbero di certo qualche cambiamento se Jaime Lannister non riuscisse a tornare ad Approdo del Re. Questa storia ipotizza per lui e per Brienne di Tarth un epilogo diverso da quello noto, un epilogo, però, che per entrambi non sarà facile raggiungere.
[Sesta classificata al Contest “I Will Go Down With This Ship” indetto da BellaLuna95 sul forum di EFP]
[Questa storia partecipa alla challenge "Quella volta in cui..." indetta da MissChiara sul forum di EFP]
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Jaime Lannister
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cavalieri d’inverno

 

 

“L’inverno sta arrivando.” Quel mattino, Jaime Lannister l’aveva sentito dire almeno una decina di volte dalla gente del Nord, e il sole non era ancora spuntato. Quelle parole, però, non avevano alcun significato per lui. I suoi pensieri, infatti, erano divisi tra due donne, l’una pura rappresentazione dell’onore, l’altra di quanto di più vile esistesse nei Sette Regni. E lui era consapevole di quale errore stesse commettendo nel lasciare Grande Inverno, ma quel che lo legava a Cersei era inciso troppo profondamente nel suo cuore per abbandonarla al destino che l’attendeva.

“È la scelta giusta”, si disse montando a cavallo e cercando di scacciare dalla mente il volto in lacrime di Brienne. “Aver ucciso un drago a tradimento le si ritorcerà contro. Mia sorella non ha idea di cosa possa fare uno solo di quei demoni e si farà bruciare viva dentro la Fortezza Rossa piuttosto di accettare la sconfitta.”

I draghi. Aveva visto già due volte le loro fiamme, l’ultima meno di un mese prima, mentre squarciavano la notte per fermare l’avanzata dei morti; ed era stato felice di trovarsi nelle file della regina Daenerys, almeno prima che l’armata del Re della Notte superasse le linee difensive. Ripensando a quella tremenda battaglia, un macello infernale dal quale non avrebbe mai creduto di poterne uscir vivo, per lui fu inevitabile guardarsi la mano d’oro e sorridere tristemente al pensiero di essersi dimostrato sostanzialmente inutile. Da quando gli avevano amputato il braccio destro, non era più stato capace di brandire una spada in modo decente: di certo non avrebbe potuto proteggere la sorella dagli Immacolati, ma poteva convincerla a mettere in salvo se stessa e la vita che portava in grembo. Per riuscirci, però, doveva assolutamente arrivare in tempo.

 

Percorso un tratto di tre miglia sulla Strada del Re, incontrò due cavalieri più lenti. Vestivano abiti logori e lo fissarono entrambi con sguardo truce mentre li affiancava per superarli. Un paio di respiri più tardi, avvertì un tremendo dolore poco sotto la spalla sinistra e vide una punta di metallo insanguinata fuoriuscirgli dal braccio. Tutta la sua esperienza da soldato non gli bastò per restar saldo in sella: agitò l’inutile mano di metallo senza riuscire ad agganciare le redini e rotolò rovinosamente sui sassi e sugli escrementi che i cavalli Dothraki avevano abbondantemente disseminato nella loro marcia verso Sud. Prima che potesse rialzarsi, un calcio lo centrò a una tempia, e lui ricadde piantando la faccia nello sterco ghiacciato.

«Ma guarda cosa ci hanno offerto gli dei,» disse una voce astiosa, «il leoncino dei Lannister. Sei stato gentile a venire al Nord, ma anche tremendamente stupido: il tuo fratello nano, almeno, non sta con la regina peggiore.»

L’altro lo colpì nelle costole con una scarpata, questa volta strappandogli un urlo violento. «Invece di un esercito, Cersei ha mandato il suo amante. Dovevi farle da spia? Una missione davvero pericolosa! Cos’è, la tua sorellina si è stancata di aprire le gambe per te?»

Il primo che aveva parlato gli piantò un ginocchio nella schiena e, armeggiando la mano d’oro per levargliela, gli disse: «Guarda, voglio farti un favore. Questa non ti serve, e ci prenderemo anche le monete e gli stivali, così sarai più leggero. Oh, sì, dovrai tornare a piedi dalla tua puttana, perché il tuo bel cavallo sta meglio nelle nostre mani che non in quelle di un maledetto Lannister.»

I due uomini scoppiarono a ridere e continuarono a sghignazzare anche dopo, mentre infierivano senza pietà su di lui. Erano tentati dall’idea di ucciderlo subito per sfogare il rancore accumulato in anni di guerra, ma, alla fine, decisero di mantenere la promessa fatta e si limitarono a trascinarlo nella vegetazione a lato della strada, augurandosi che il freddo lo facesse morire lentamente.

 

***

 

Il cavaliere si svegliò in una stanza riscaldata da un fuoco acceso, dentro un letto che già conosceva. Dalla finestra filtrava la luce del pallido sole del pomeriggio, segno che il brutale pestaggio gli aveva già fatto perdere mezza giornata di viaggio. Era sofferente in ogni parte del corpo, principalmente al viso, al costato e al braccio che era stato passato da parte a parte, e non aveva più la mano dorata attaccata all’avambraccio. Cercò di mettersi seduto, ma una fitta al petto lo costrinse immediatamente a fermarsi. Non avrebbe potuto raddrizzarsi neanche stringendo i denti, perché la figura massiccia di Brienne gli si avvicinò, ed una mano lo spinse delicatamente sul materasso.

«È ancora troppo presto per muoverti», lo redarguì lei. «E anche per rimetterti a cavallo.»

«Ma io devo andare…»

Con voce dura, la donna lo interruppe: «No, non devi. Sei stato trovato alcune ore fa, privo di conoscenza e semi assiderato, eri più morto che vivo, ed è stato un miracolo se ti hanno visto. Ti spezzerò una gamba se cercherai di alzarti prima che tu ti sia rimesso in sesto. Io ti ho solo ripulito e fasciato alla meglio, ma bisognerà aspettare il medico per sistemare il buco che hai sul braccio. Forse hai anche qualche costola rotta.»

«Ho sicuramente qualcosa di rotto», rispose Jaime, debole e rassegnato. Poi, con aria confusa, domandò: «Perché… perché fai questo per me?»

«Perché tu, ora, sei un brav’uomo. E lo sai, nonostante quel che mi hai detto questa mattina. È vero, hai spinto un bambino giù da una torre. Forse hai strangolato tuo cugino, ma a Delta delle Acque non c’è stato alcun massacro perché c’eri tu a comandare l’esercito. E tu… tu sei venuto a lottare contro i morti perché era la cosa giusta da fare! Hai cercato di apparire spregevole ai miei occhi perché volevi che io ti disprezzassi! Se ci fossi riuscito… forse avrei anche potuto dimenticarti senza soffrire troppo, ma io… io so che quel che hai detto non è vero. Sebbene tu la ami… sei diverso da Cersei, sei migliore di lei.»

Jaime fissò incredulo il viso dignitoso ed emozionato di Brienne. Perché quella donna che si stava trattenendo dal piangere stava facendo tanto per un uomo inutile, privo di tutte le qualità che invece risplendevano in lei? Perché non odiava la spregevole persona che l’aveva abbandonata per un’altra donna?

“Non ti ho mentito, io sono davvero un uomo che merita di essere disprezzato”, avrebbe voluto dirle, invece sentì le labbra tremare e gli occhi inumidirsi. Voltò la testa per nascondersi e pianse in silenzio. Provava rabbia per quel fato contrario che gli stava impedendo di raggiungere la capitale e odiava se stesso per la miseria del proprio animo, per l’amore che ancora nutriva verso la persona sbagliata.

Si addormentò di nuovo e si svegliò il mattino successivo all’arrivo del medico. Il sudore che gli bagnava la camicia gli fece comprendere di avere la febbre; le leggere pressioni che l’anziano venuto a visitarlo gli praticò sull’addome, invece, lo costrinsero ad ammettere quanto il suo corpo fosse malridotto.

«Sopravvivrete, di questo non c’è dubbio», sentenziò il vecchio. «Certo non siete malridotto come i reduci che tra poco andrò a vedere. Quelli sono in bilico tra la vita e la morte, dalla notte della battaglia. L’incertezza o l’impossibilità della guarigione, forse anche l’orrore di ciò che è accaduto, hanno spinto alcuni a farla finita anzitempo… ma voi dovrete solo pazientare e riposare, finché le ossa non si saranno saldate.»

Nonostante il dolore lancinante al braccio, Jaime gli afferrò la manica. «Dottore, quanto dovrò aspettare prima di mettermi in viaggio?»

L’uomo si massaggiò la barba, pensieroso. «L’inverno sta arrivando. Cadrà molta neve prima che siate in grado di partire, ed io vi consiglierei caldamente di non avventurarvi da solo sulla Strada del Re.» Dopo un momento raccolse la borsa di cuoio con la quale era arrivato e disse: «Passerò domani, o dopo domani, per cambiarvi la fasciatura al braccio e per controllare che la ferita non si sia infettata. Voi pensate solo a rimettervi in sesto. Scusatemi, ma ho molto da fare. Buona giornata.»

Mentre lo guardava uscire dalla porta, Jaime si accorse che Brienne non era nella camera e fu grato della sua assenza, perché non voleva sapesse che stava ancora pensando a Cersei. La donna di Tarth fece il suo ingresso nella stanza poco dopo, si piazzò con la schiena davanti al fuoco e disse con tono duro: «Devo assicurarmi che i miei uomini non si infiacchiscano, perciò ho trovato una donna che si prenderà cura di te mentre io non ci sono.»

«Mi dispiace,» replicò Jaime, triste e con sguardo spento, «non avrei voluto darti tutte queste preoccupazioni.»

«Già, ma preferisco sapere che sei vivo. Se avessi tenuto nascosta la tua mano dorata con un guanto, forse saresti riuscito ad arrivare ad Approdo del Re. Più probabilmente, però, non avresti neppure raggiunto la città: l’assedio è ormai imminente, e i soldati di Daenerys ti avrebbero catturato prima.»

Il guerriero mostrò un sorriso sconfitto. «La Madre dei Draghi mi avrebbe ucciso qui a Grande Inverno, già al mio arrivo, se non fosse stato per te. Se la dovessi incontrare ancora… forse il mio sangue potrebbe placare un poco la sua sete di vendetta, ma di sicuro neppure mio fratello potrebbe convincerla a risparmiarmi. Ma adesso il problema non si pone più. La capitale potrebbe essere già caduta per quando io sarò in grado di cavalcare di nuovo, e comunque non ho più nulla: né denaro, né un cavallo. Tutto perché sono il più stupido dei Lannister.»

«Scusami, non avrei dovuto farti pensare a queste cose», rispose Brienne, abbassando lo sguardo.

E la camera si riempì di un silenzio troppo pensante perché il crepitio del fuoco potesse scalfirlo.

 

***

 

Quando Jaime le aveva confessato come vedeva se stesso e si era messo in viaggio per Approdo del Re, Brienne era scappata in lacrime, ma poi aveva creduto che il suo ritorno a Grande Inverno non fosse stato un evento fortuito, bensì un segno della della benevolenza e della volontà degli dei. Contrariamente a quel che pensava di se stesso, lei riteneva Jaime degno del titolo di cavaliere, e doveva farglielo comprendere, per evitargli di ricadere nel disonore. Di certo era questo che desiderava il Guerriero. Se ci fosse riuscita, era certa di poter ottenere qualcosa di più, qualcosa di cui lei aveva disperato bisogno, qualcosa per cui la Fanciulla le avrebbe forse sorriso.

Doveva la vita, e anche più di questo, all’uomo che ora giaceva come un relitto nel suo letto. L’aveva salvata a caro prezzo dall’onta dello stupro e le aveva fatto scoprire la parte più femminile di se stessa, quella parte del suo essere che nessun altro – ad eccezione, forse, di Renly Baratheon – aveva intravisto in lei. E ora poteva sperare di ricreare con lui quell’intimità che era cresciuta notte dopo notte, per disintegrasi il mattino in cui lui aveva deciso di tornare da Cersei.

Se era sicura che lui fosse davvero cambiato rispetto a quando era realmente un uomo privo di virtù, era anche devastata dalla folle attrazione che ancora lo legava alla sorella. Sentiva continuamente il cuore in tumulto, talvolta si sentiva uno straccio esposto alla tempesta più furiosa, un vortice sferzante fatto di paura, rabbia e gelosia. E lei non era abituata a nessuno di questi sentimenti.

Quando passava in rassegna i soldati rimasti a Grande Inverno e mentre li spronava a migliorare nel combattimento, non pensava ad altro che a tornare da Jaime, ma, quando finalmente era con lui, non trovava le parole necessarie per penetrare l’oscura corazza che lo rivestiva. Lo vedeva giacere nel letto, con lo sguardo spento e avvilito; e lei, che non sapeva come scuoterlo, se ne stava in silenzio in un angolo, del tutto a disagio.

 

Un mattino uscì dalla camera col cattivo umore che ormai le era abituale e, giunta al cortile, quasi andò a sbattere contro la carrozzina di Bran.

«Scusami,» disse imbarazzata, «non mi ero accorta…»

«Può capitare quando si è presi dai pensieri di questo mondo», rispose il ragazzo col suo sguardo indecifrabile.

“Mica starà pensando a quel che provo per Jaime”, si chiese Brienne, turbata e perplessa. Decise che non era possibile e che era meglio per lei andare a svolgere i propri compiti. «Scusami ancora, adesso devo andare.»

Il Corvo con Tre Occhi sembrò non averla sentita. «Brienne di Tarth, l’inverno è arrivato e ci metterà tutti alla prova, perché ciascuno deve compiere il proprio ruolo.»

Lei rimase immobile a fissarlo, aspettandosi una spiegazione, invece il ragazzo mise mano alle ruote della carrozzina e se ne andò senza aggiungere altro, lasciandola da sola a cercarsi una risposta.

“Vallo a capire”, pensò. “Non è da lui interessarsi ai problemi degli altri, non dopo esser diventato quel che è: uno strano ragazzino privo di emozioni. È indubbio che ciascuno abbia il proprio ruolo, ma perché me l’ha ricordato? Forse perché so qual’è il mio, ma non sto combinando niente? Non potrei dargli torto. Bene, se si tratta di una prova, è giunto il tempo di rimboccarsi le maniche per superarla. Sono in una situazione di stallo, quindi bisogna cambiare strategia.”

Tornò sui suoi passi con una determinazione tale da sorprendere anche se stessa, risalì in camera e, trattando il suo apatico ospite come un soldato svogliato e indisciplinato, gli ordinò: «Avanti, Jaime, alzati da quel dannato materasso! So che il braccio e le costole ti fanno male, ma le gambe ti funzionano ancora e tu devi iniziare a muoverti. Oggi verrai con me ad ispezionare le mura. E dovrai darmi il tuo parere su come procedono i lavori di ricostruzione.»

«Faccio fatica anche solo ad abbassarmi le brache per pisciare», rispose lui stancamente. «Ti rallenterei soltanto.»

«Sarà un sacrificio accettabile, per me, se ti aiuterà a somigliare un po’ di più al cavaliere che era giunto sin qui per combattere ai miei ordini. E poi passeremo anche dal fabbro, così potremo forgiarti una mano nuova.»

Jaime la fissò coi suoi occhi privi di luce. «Perché ti impegni tanto per me? Non sono mai stato un cavaliere, non lo ero neppure quando sono venuto a combattere i morti per onorare un impegno preso. Ma adesso… Perché non vuoi capire che non merito nessuna delle tue attenzioni?»

Un’ondata di rabbia le fece bruciare il petto. Il cavaliere era ancora lì, lei lo sapeva, ma sommerso da uno spesso strato di paure e menzogne nelle quali si era avvolto. Capì, però, che mirare a quello sarebbe stata una menzogna: non le bastava un nobile guerriero, lei rivoleva l’uomo di cui si era innamorata. Lo rivoleva perché ne aveva bisogno per sentirsi viva, perché sapeva già quale dolore le avrebbe trafitto il cuore se lo avesse perso per davvero, e perché credeva di meritare quella felicità che aveva iniziato a conoscere. Divenuta conscia di tutto questo, decise che lo avrebbe scosso dal suo torpore e che avrebbe fatto tutto il possibile per riuscirci.

«Se una volta rimesso in sesto vorrai ancora cercare Cersei, io ti accompagnerò anche a costo di congedarmi da Sansa. Ma dovrai fare quel che ti dico se vuoi che mantenga la mia promessa.»

«Io…» fece lui, rimanendo però a bocca aperta.

«Non ho tutto il giorno per aspettarti!» esclamò Brienne con voce dura. «Ce la fai da solo o ti devo tirar giù dal letto?»

Con gesti impacciati delle braccia, lui si tolse di dosso la pesante coperta che lo teneva al caldo e, nel contempo, rispose: «Ce la faccio… ce la faccio…» Portò le gambe verso il bordo del letto e cercò di mettersi seduto, ma a quel punto si fermò. «Però… se mi dai una mano è meglio.»

Mostrando un mezzo sorriso, la donna lo afferrò sotto le ascelle con tutta la delicatezza di cui fu capace, gli alzò il busto e, dopo averlo vestito con calzoni, scarponi e mantello, lo condusse per scale e corridoi facendogli da stampella.

Non appena furono usciti dal castello, irrigidendosi, Jaime disse con falsa allegria: «Mi mancava l’aria fresca del Nord. Dannazione, non pensavo che all’esterno facesse così freddo.»

«Ti sei rammollito standotene sempre a letto», rispose Brienne, bruscamente, guidandolo verso quel che un tempo erano le mura di Grande Inverno, e che ora erano soltanto mucchi di macerie. «Qui, la gente non ha neanche il tempo di lamentarsi, quindi cerca di adeguarti. Chiunque sia in grado di muoversi è impegnato nell’approvvigionamento di cibo, nella ricostruzione di ciò che è andato distrutto, nella fabbricazione di armi o nelle esercitazioni militari.»

Anche dalla camera Jaime sentiva l’incessante martellare sulle incudini e le voci di gente irritata o impaziente, ma non in modo tanto vivo quanto standoci in mezzo, come era in quel momento.

«Perché tutta questa fretta?», chiese, sorpreso dal fitto e continuo viavai di gente affaccendata.

«Perché non crediamo che Daenerys possa essere sconfitta, ma a volte accade anche l’impensabile. Così vogliamo essere pronti, nel caso tua sorella mandi un esercito per annunciarci l’arrivo della primavera. In più c’è anche il Popolo Libero, sicuramente il problema più immediato. Tormund voleva farli tornare oltre la Barriera, invece si sono stabiliti nel Dono di Brandon perché hanno capito che, quando la neve sarà alta, già qui sarà difficile trovare qualcosa da mangiare.»

«Quindi vi servono soldati anche per difendervi da loro?»

«Per scoraggiarli dal compiere qualche stupida scorribanda, sì.»

Osservando un bambino di forse nove anni che trascinava un cesto carico di pietre, lui rispose: «Allora comprendo tutta questa agitazione.»

 

***

 

Ci vollero altre quattro settimane prima che Jaime fosse in grado di usare nuovamente la sinistra con il vigore necessario per maneggiare una spada, ma, ora che era di nuovo in grado di cavalcare, non aveva più la volontà di compiere il viaggio verso Sud. Il lungo inverno era davvero iniziato; e, per quanto Sansa avesse cercato di garantire la sopravvivenza a tutto il popolo il Nord, non era prudente muoversi sulle strade coperte di neve: nessuno aveva la certezza di avere cibo a sufficienza per vedere il disgelo, e anche un cavallo poteva suscitare l’interesse degli affamati. Queste, però, non erano difficoltà che gli avrebbero impedito di mettere in gioco la propria la vita, e neppure lo avevano dissuaso gli ultimi messaggi portati dai corvi, secondo i quali Approdo del Re era ormai ridotto a un cumulo di macerie fumanti. Quel che lo aveva davvero dissuaso dal montare in sella e cercare il cadavere di Cersei era la promessa fattagli da Brienne, quella stessa promessa che gli aveva dato la forza di uscire dalla camera dopo esserci rimasto chiuso dentro troppo a lungo. Lei non si sarebbe mai rimangiata la parola data, e Jaime non poteva sopportare l’idea di metterla in pericolo, non dopo tutto quel che già aveva fatto per lui.

In parte legato al precedente, vi era anche un altro importante motivo: aveva finalmente iniziato a considerare Cersei sotto un’altra luce. La sorella lo aveva rinnegato quando le aveva detto di voler andare a combattere i morti e si sarebbe sposata con Euron o con chiunque altro, se questo l’avesse aiutata a restare saldamene sul trono. Brienne, invece, continuava ad amarlo nonostante le avesse detto di desiderare un’altra donna e avrebbe rinunciato a tutto, anche a servire la sua Regina, pur di stagli vicino.

Finalmente aveva fatto chiarezza nel proprio cuore, eppure questo ancora non bastava: avrebbe voluto rendere felice Brienne di nuovo, ma purtroppo non se ne sentiva più capace.

Attaccata all’avambraccio destro, aveva una nuova mano di metallo, non più lucente d’oro ma grigia d’acciaio temprato. Era forse anche più resistente di quella che gli era sottratta, tuttavia egualmente inutile: era perfetta solo per una rissa tra ubriaconi, non certo per un duello all’arma bianca. Si riteneva inutile come quella mano e indegno di una donna tanto nobile. Di conseguenza, ambedue passavano le notti nello stesso letto, senza neppure sfiorarsi.

 

Un mattino, mentre facevano colazione con qualche misero pezzo di pane, Brienne gli chiese: «Ti va di aggiungerti ai miei soldati per scortare i cacciatori?»

«Cosa?» domandò Jaime, rivolgendole uno sguardo sorpreso. «Scortare i cacciatori?»

«Ieri sono state trovate le orme di un grosso branco di lupi. Siccome le prede iniziano a scarseggiare, potrebbero assalire anche gli uomini, perciò da oggi affiancheremo i cacciatori per fornir loro qualche arco in più. Tu sei in grado di usare una balestra e potresti unirmi al mio gruppo.» Dopo un momento, Brienne aggiunse: «Te lo sto chiedendo perché ne ho davvero bisogno. La mia squadra è quella più ridotta di numero, e mi farebbe comodo un altro cavaliere.»

Lui mandò giù l’ultimo pezzo di pane, bevve un sorso d’acqua dal boccale e rispose: «D’accordo, verrò.» Poi, dopo aver piegato le labbra in un teso sorriso, aggiunse: «Ma commetti un errore se fai troppo affidamento su di me. Probabilmente anche il peggiore dei tuoi uomini è migliore del cavaliere che hai davanti.»

Poco tempo più tardi, assieme ad una dozzina di soldati ed altrettanti cacciatori, Brienne e Jaime si inoltrarono nella foresta camminando a fatica sulle racchette da neve. Grazie alla mancanza di precipitazioni nei giorni precedenti, il bianco manto che avvolgeva ogni cosa era ben compatto, ma in alcuni tratti arrivava fino alle ginocchia. La compagnia procedette unita e in silenzio per alcune miglia; poi, giunti in un ampio spiazzo libero dagli alberi, i cacciatori presero metà delle slitte che avevano trascinato sin lì e si allontanarono a coppie per cercare prede, mentre i soldati restavano in quel che era stato scelto come campo base.

Rivolta ai suoi soldati, Brienne li istruì: «Un bel fuoco ci consentirà di riscaldarci e aiuterà a tener lontani i lupi. Noi aspetteremo qui finché la caccia non sarà finita, nel frattempo i cacciatori ci porteranno le bestie catturate.» Con voce più dura, continuò: «Mi raccomando, pretendo da voi la massima attenzione, perché quel che dovremo difendere potrebbe attirare bestie anche peggiori dei lupi.»

«A cosa ti riferisci?» chiese Jaime andandole vicino, mentre i soldati si davano da fare per accendere un falò.

«Sono state avvistate delle orme più grandi, potrebbero essere di un meta-lupo.»

«Ottimo», bofonchiò il cavaliere. «Speravo di non vederne altri, ma è indubbio che il Nord sia la loro terra.»

Mantenendo uno sguardo attento sugli uomini al lavoro, Brienne rispose: «Non per nulla sono il simbolo della Casa Stark, ma pare non ce ne siano molti nelle foreste attorno a Grande Inverno.»

Per il resto della mattinata, i cacciatori continuarono a portare la selvaggina uccisa, prevalentemente lepri e uccelli. Si fermarono a mezzogiorno per consumare un pasto veloce, quindi ripresero gli archi in mano e tornarono nel folto del bosco. Tutto sembrava andare per il meglio, quando si udì un possente ululato che mise tutti i soldati in agitazione. Incapaci di stabilire da dove provenisse, le sentinelle si fecero più attente nel loro compito e, proprio quando sembrava non ci fosse alcun pericolo, diversi lupi magri e spelacchiati si affacciarono guardinghi allo spiazzo, tenendosi, però, fuori dalla portata delle frecce.

«Non sembrano intenzionati ad andarsene», fece Jaime imbracciando la balestra.

«No,» rispose Brienne con la spada già sguainata, «e ci hanno circondati.»

Un nuovo ululato, che le fermò il respiro e vibrò nelle sue ossa, annunciò l’attacco, e lei dovette ordinare in tutta fretta: «Prendete un tizzone e stringetevi attorno al bestiame! Frecce finché son lontani, poi lance e spade!»

Erano una trentina di lupi, ma talmente furiosi che la loro carica travolse i soldati e scompaginò la formazione. Mentre le zanne cercavano disperatamente di trovare un varco nelle corazze di cuoio e acciaio per far sgorgare il sangue dalla più morbida pelle, un meta-lupo dal pelo nero balzò tra i soldati, ne gettò a terra uno come fosse una bambola di pezza e ne addentò un altro, facendogli lanciare delle urla agghiaccianti che sovrastarono righi, guaiti e ogni altro rumore della battaglia. Brienne, con un fendente, tagliò a metà il lupo che aveva cercato di azzannarle un braccio, poi si diresse verso il capo del branco, sapendo che quella bestia enorme andava abbattuta al più presto.

Mirò al fianco, ma le racchette da nave le intralciavano i movimenti, così, complice anche l’incredibile agilità della belva, il primo assalto andò a vuoto, e quattro artigli affilati le ghermirono la schiena, squarciando le placche di cuoio e spezzando gli anelli della cotta di maglia sottostante. Fortunatamente non era stata ferita in modo grave, però l’impatto l’aveva scagliata contro un altro soldato, col risultato di farle perdere l’equilibrio. A terra, indifesa, vide il meta-lupo piegarsi per balzarle addosso, quando una lancia gli si conficcò nella folta pelliccia, poco sotto la spalla, salvandola da morta certa. Chi reggeva l’arma, invece, non ebbe tempo di rimettersi in posizione di difesa, perché una rapida zampata gli spezzò il collo. Brienne si rimise in piedi, urlò di rabbia e si rifece sotto con l’intenzione di squarciare il muso grondante di sangue che la fissava, neppure questa volta centrò il bersaglio, tuttavia riuscì ad aprire un taglio profondò su una zampa. Un latrato spaventoso le raggelò il sangue e, come rispondendo ad un ordine imperioso, tutte le belve superstiti si scagliarono sulla donna. Lei riuscì a uccidere le prime due, poi crollò a terra con un lupo avvinghiato ad ogni arto ed un altro sul petto che cercava raggiungerle il collo. Le sue forze erano ormai allo stremo quando uno spadone ed un pugno di ferro vennero a darle man forte; e Brienne, con le braccia nuovamente libere, liquidò facilmente i suoi ultimi assalitori, ancora impegnati a lacerare i gambali. Quando alzò la testa, fu sconvolta nel constatare che solo Jaime e altri due soldati erano ancora in piedi a combattere, ma anche felice di vedere che il suo amato, nonostante una brutta ferita al viso, stava bene.

«Avanti! Manca solo il bestione!» urlò il cavaliere con tono autoritario, prendendo il comando. «Lo tengo a bada io! Voi recuperate gli archi!»

Tenendo lo spadone con la sinistra e il braccio destro proteso in avanti, Jaime sfidava il meta-lupo a morderlo e, nel contempo, faceva attenzione a essergli sempre di fronte, per non farsi prendere di lato.

“Rischia di farsi ammazzare”, pensò Brienne scattando avanti, più rabbiosa che preoccupata. Gli si avvicinò stringendo l’elsa con la forza di un maglio e lo raggiunse proprio mentre scivolava, giusto in tempo per colpire la bestia prima che lo azzannasse.

Una freccia affondò nel petto del meta-lupo ed un’altra lo centrò al collo; a quel punto la bestia ringhiò più minacciosa di prima e compì un ultimo balzo disperato verso Jaime, gettandolo a terra e schiacciandolo con la sua mole.

Tutto si era svolto così velocemente che Brienne non aveva avuto il tempo per far nulla, ma non perse un solo attimo a disperarsi. Vibrò un fendente sul collo del meta-lupo, tranciandolo a metà, poi gettò la spada sulla neve rossa di sangue, usò tutta la sua forza per far rotolare via il pesante animale e urlò col cuore in gola: «Jaime! Jaime! Sei vivo?»

Lui tossì un paio di volte, quindi rispose: «Sarei morto soffocato se mi avessi lasciato un altro po’ là sotto.» Afferrò la sua spada, la cui lama era entrata fino all’elsa dentro il corpo del meta-lupo, si tirò lentamente in piedi usandola come appoggio, accarezzò il fitto pelo della belva e continuò: «Neanche questa volta sono sicuro di avere tutte le costole intere, ma sono stato fortunato. Mi è andata meglio che non sulla Strada del Re, e lì non si trovano pelli simili. Quasi quasi ne faccio un mantello.»

«Ti starebbe benissimo», rispose Brienne abbracciandolo. Piangeva per la forte emozione che stava prorompendo in lei dopo la tensione della battaglia, ma anche perché aveva sentito, nella voce del suo amato, quel tono scherzoso e beffardo che le era tanto mancato.

«Sto bene, tranquilla», la rassicurò lui, mal interpretando le lacrime che gli bagnavano una guancia. «Pensiamo ai feriti, adesso.»

Scostatasi da lui, Brienne si concesse un ultimo, breve sorriso, si asciugò gli occhi e annuì.

Mentre aspettavano il ritorno dei cacciatori, i soldati seppellirono sotto un grosso cumulo di neve i quattro compagni caduti, perché portarli indietro sulle slitte sarebbe stato un problema e la selvaggina, in un periodo come quello, aveva la precedenza.

«Torneremo a prenderli domani», promise Brienne, seria e triste, quando fu il momento di marciare verso Grande Inverno. «Dobbiamo loro un degno funerale.»

 

Quella notte, la donna di Tarth e il figlio maggiore di Tywin Lannister fecero di nuovo l’amore. Era stata questione di un solo sguardo, mentre entrambi si spogliavano per mettersi a dormire. Imbarazzati, si fissarono per un lungo istante, poi, comprendendo l’uno il desiderio dell’altra senza bisogno di parole, sorrisero e si infilarono nudi sotto le pesanti coperte.

Al di là della finestra, una fitta nevicata stava nuovamente ricoprendo il cortile, i tetti, le strade e i sentieri. Maestro Wolkan prevedeva che il maltempo sarebbe durato per diversi giorni, perciò non sarebbe stato possibile recuperare i morti tanto presto, ma a Brienne, mentre stringeva e baciava Jaime, questo non interessava più. Recuperando la sua allegria, un po’ pacata e un po’ sfrontata, lui era tornato ad essere l’uomo che l’aveva conquistata.

“Quanto sono stupidi gli uomini”, pensò contenta mentre gemeva sotto di lui. “Fino a ieri si riteneva inutile, ma ora che ha ammazzato un meta-lupo si sente di nuovo un guerriero. Meglio così…”

Una volta saziati i desideri carnali, Brienne sorrise all’idea che ora più nulla poteva portarle via Jaime. Era soddisfatta per aver compiuto il proprio ruolo ed era sicura che sarebbero rimasti insieme nel castello, almeno finché il lungo inverno non fosse finito.

Distogliendola dai suoi pensieri, lui sussurrò: «Anche oggi ci siamo salvati la pelle a vicenda. Inizio a credere che per noi sia destino stare insieme.»

«Io sono convinta che deve esserci un motivo se gli dei ti hanno riportato ancora vivo da me. Forse dovevo rimetterti in sesto perché il futuro ha ancora qualcosa in serbo per te. O forse…»

«O forse riserva qualcosa per noi due insieme», l’interruppe Jaime. «Siamo fatti l’una per l’altro.»

«Dici davvero?» chiese Brienne, sentendo il cuore batterle furiosamente in petto.

Jaime la baciò con foga, facendola fremere e togliendole il respiro, quindi le rispose: «Sì, dico davvero. Per qualche ragione mi sento attratto da te. Follemente, direi. Io… io voglio avere te al mio fianco.»

Piangendo di gioia, Brienne lo strinse a sé, dimenticandosi del tutto di ogni altro cosa, felice come mai lo era stata prima.

 

 

Note dell’autore

 

In questo racconto non sono rispettati gli eventi dell’ultima stagione de “Il Trono di Spade”, perché Jaime non ha subito alcun attacco sulla Strada del Re, il Popolo Libero ha preferito le condizioni proibitive che solo la regione oltre la Barriera può offrire e l’inverno è arrivato in modo (spero) molto più netto.
Vi sono sicuramente anche altre distorsioni, forse alcune non volute da me. Per queste ultime, mi scuso con i lettori.

   
 
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