Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Captain Riddle    11/11/2021    0 recensioni
Nel magico regno di Expatempem sono comparsi dei mostri dalla morte degli ultimi discendenti del temuto Re della Morte. Dopo la misteriosa morte del nuovo re, quando salirà al trono suo figlio, questo scatenerà una serie di eventi catastrofici a catena, che rischieranno di causare la distruzione del regno se qualcuno non dovesse intervenire. Scoprite la storia del regno magico attraverso gli occhi di sette protagonisti, dilettatevi con gli intrecci e tenete alta la guardia perché il pericolo è sempre dietro l'angolo.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Pov:Aurilda

Il castello di suo zio Favian era vicino, Aurilda e Ser Zalikoco avevano attraversato il confine che divideva la Provincia del Ghiaccio da quella dell'Aria già da qualche giorno e a giudicare dal volto soddisfatto del cavaliere e dal poco che ricordava Aurilda della strada, dovevano essere quasi arrivati. Aurilda non aveva più tentato di fuggire, il timore per la famiglia continuava a opprimerle il petto con forza, ma la ragazza aveva deciso che la cosa migliore da fare fosse lottare, vendicarsi e far tornare alto l'onore della famiglia Tenebrerus. Doveva sforzarsi di pensare a quelle cose, Aurilda non voleva scappare nuovamente, doveva rimanere ferma in quella decisione, decisa come era sempre stata e andare avanti nonostante il dolore, anche se era difficile, alcune volte il peso della rimembranza era insopportabile.

Da quando il cavaliere le aveva parlato Aurilda aveva sentito che qualcosa era tornato apposto tra di loro, ovviamente le cose non erano tornate come prima, era impossibile che tornassero tali perché troppe cose erano mutate, ma forse c'era qualcosa del loro legame di amicizia che poteva essere salvato con un po' di impegno da parte di Aurilda. Ser Zalikoco infatti si era sempre dimostrato disposto ad aiutarla, nonostante l'umidità dei boschi in quelle sere di fine inverno che di sicuro causava fastidi alle vecchie osservare del cavaliere e la scomodità del viaggio. C'era stato un momento in cui i due compagni di viaggio avevano veramente temuto per le loro viti, appena qualche giorno prima. Stavano proprio attraversando il ruscelletto che segnava il confine naturale alle due province quando tre demoni del fuoco li avevano aggrediti.

Aurilda e Ser Zalikoco ancora portavano le scottature, che fortunatamente erano superficiali e stavano guarendo lentamente. Nonostante fossero stati solo tre i demoni di fuoco erano molto veloci, li avevano accerchiati e avevano terrorizzato i cavalli, riuscendo persino a dare fuoco a una piccola radura dove l'erba era secca poiché la neve già da giorni si era sciolta. Quando avevano provato a distruggerli con le spade con uno aveva funzionato, poi però la spada era diventata incandescente e Ser Zalikoco l'aveva buttata a terra per non ferirsi ulteriormente. Fortunatamente Aurilda era riuscita a rompere la gamba a uno dei due mostri, questo era caduto nel piccolo ruscello e si era disgregato essendo già fragile a causa delle temperature ancora piuttosto rigide, cadendo nell'acqua fredda non aveva resistito oltre, finendo per essere riassorbito dalla terra che lo aveva generato, restando un ammasso di rocce e cenere. Ser Zalikoco aveva spinto anche l'altro a cadere nell'acqua con uno stratagemma e così si erano salvati. La mano del cavaliere però era piena di piaghe che si stavano assorbendo lentamente a causa delle ustioni che aveva subito tenendo in mano la spada incandescente per troppo tempo, mentre Aurilda aveva appena delle strisciate leggere sul dorso della mano che in qualche altro giorno sarebbero sicuramente guarite del tutto.

Dopo quel brutto incontro con i demoni fortunatamente era andato tutto bene, la fanciulla e il cavaliere avevano cercato di usare le mani ferite il meno possibile, probabilmente la cosa migliore da fare per il cavaliere sarebbe stata quella di fasciare le mani per aiutare le ustioni a guarire prima, ma non avevano delle fasce e Ser Zalikoco minimizzava, rifiutando la stoffa strappata dal mantello. Insomma erano tutti e due molto grati per essere quasi giunti alla loro destinazione, l'unica cosa che voleva Aurilda era farsi un bel bagno caldo che durasse anche un'ora, desiderava infatti lavarsi via la terra e il freddo dalla pelle, la fatica e poi un'altra cosa che desiderava intensamente era sdraiarsi su un bel letto morbido e dormire, perché dormire sul terreno le stava distruggendo la schiena.

Era quasi sera e i due erano assaliti da un interrogativo: meglio attraversare il bosco che li separava dal castello di corsa per presentarsi al sorgere della luna, oppure tenere duro ancora per una notte e arrivare all'alba? Ser Zalikoco non aveva dubbi a riguardo, sarebbe stato scortese presentarsi al castello a quell'ora tarda di notta, la buona educazione imponeva chiaramente di non presentarsi oltre il tramonto, perciò alla fine Aurilda si rassegnò all'idea di dover restare un'ultima notte nei boschi, d'altronde un'altra sera poteva farcela a dormire per terra. Smontarono da cavallo mentre la prima stella brillava nel cielo che loro non videro, coperti com'erano dagli alberi e poi si prepararono per l'ultima volta ad accendere un piccolo falò per cucinare il cibo, facilitati dalla neve che si era sciolta e dal vento che aveva potuto asciugare la legna "Immagino che sarete felice di mangiare qualcosa di diverso domani" disse Ser Zalikoco passandole uno scoiattolo. Aurilda sorrise "Effettivamente l'idea di fare un pasto vero mi rende molto felice" ammise lei.

Ser Zalikoco rispose al sorriso "Quale sarà la prima cosa che vi farete preparare?" Domandò, andandosi a sedere davanti al timido fuoco "Potrà sembrare strano ma credo che mi farò preparare una torta" rispose Aurilda, con l'acquolina in bocca "Ho bisogno di mangiare qualcosa di dolce, perché è davvero tanto tempo che non la mangio". Il Ser annuì e i suoi pensieri probabilmente si focalizzarono sulla torta di cui parlava Aurilda "Sarebbe fantastica una torta, inoltre pochi giorni fa è stato il vostro genetliaco e non avete potuto festeggiare" ricordò l'uomo, fermandosi per ingoiare il boccone "E credo siano trascorsi anni dall'ultima volta che ho mangiato una torta". Aurilda ingoiò, ignorando appositamente le parole riguardanti il suo compleanno avvenuto il quattro del mese da poco giunto di vigesio, perché il pensiero di averlo trascorso senza la sua famiglia rendeva il dolore più intenso, invece si focalizzò sulle restanti parole del cavaliere e lo guardò sorpresa "Ma al castello le facevano spesso" ricordò con le sopracciglia corrugate "Perché non ve ne siete mai preso una fetta? Ricordo chiaramente che mio padre e mia madre ve la offrivano spesso durante la merenda".

L'uomo annuì col capo "Certo" rispose "Ma non ho mai voluto accettare" "E perché no?" Domandò ancora Aurilda, senza comprendere "Non vi piacevano le torte del castello?" "Certo che mi piacevano" affermò lui "Solamente, non ritenevo che fosse opportuno per me, un semplice cavaliere, mangiare delle pietanze preparate appositamente per i signori che servivo, ma soprattutto preferivo che foste voi e le vostre sorelle a mangiarle, le torte rendono più felici un bambino o un ragazzo piuttosto che un vecchio come me". Aurilda scosse il capo "Il cibo, quando è buono ovviamente, può rendere felice chiunque. I vostri pensieri sono stati molto gentili e premuroso nei nostri confronti, ma dovete promettere che domani mangerete la torta che prepareranno insieme a me. La mangeremo noi due e poi sicuramente il mio cuginetto Evral, magari anche mio zio e mia zia si uniranno a noi".

Il volto di Aurilda si addolcì al pensiero di poter far merenda serenamente nel salotto del castello con suo zio, sua zia e suo cugino "Promettetemelo" disse poi, tornando a guardare l'uomo "Se proprio ci tenete tanto farò questo sforzo per compiacervi" rispose l'uomo con un sorriso, vagamente ironico. Aurilda annuì, soddisfatta "Altri cibi che gradirei mangiare sono frutta e verdura" rifletté Aurilda "E' da tanto che non ne mangio. Oh, e i legumi ovviamente, quanto mi mancano i fagioli, le lenticchie e i ceci, sento ancora il sapore delle zuppe di Zenobia. Ricordo anche quando al castello preparavano una buonissima zuppa di legumi, Nomiva e Selina litigavano sempre con i nostri genitori perché non volevano mangiarla".

Il cavaliere vide il sorriso di Aurilda spegnersi dopo aver parlato di quel doloroso ricordo, similmente alla luce flebile di un fuoco durante una tempesta che si spegne con rapida violenza. La ragazzina abbassò gli occhi e riprese a mangiare in silenzio, staccando piccoli pezzi e mangiando senza più voglia. Per quella volta l'uomo preferì non aggiungere altro, desiderava continuare a parlare e dire qualcosa per consolare la sua giovane amica, ma un'altra parte del suo animo sapeva di aver finito le belle parole di consolazione, ormai l'unica cosa da fare era sperare che il tempo potesse alleviare almeno un po' il dolore, per rendere il trascorrere della vita almeno sopportabile. "Non volevo rattristarvi, mi dispiace" le parole di Aurilda sorpresero molto il cavaliere, a dire la verità Aurilda parò in quel modo più per tentare di tirare su sé stessa, perché sentiva uno spiacevole vuoto allo stomaco, un opprimente senso di malinconia tentava di soffocarla in una morsa ferrea e se fosse rimasta in silenzio le cose non sarebbero certamente migliorate, tutto l'opposto "Avete tutto il diritto di pensare alla vostra famiglia" rispose subito lui, con gli occhi azzurri velati di tristezza e pietosa consapevolezza.

La ragazza annuì e riprese a mangiare, senza parlare per qualche minuto. Solo quando ebbero finito la cena Aurilda tornò a parlare " Voi cosa avete intenzione di fare adesso?" domandò sospirando. L'uomo spalancò gli occhi "Perché mi porgete una domanda del genere?" "Perché pensavo che aveste dei progetti" rispose Aurilda "Pensavo che magari aveste pensato di ritirarvi per vivere serenamente gli ultimi anni della vostra vita" concluse Aurilda, stringendosi nel mantello a causa di un improvviso vento stranamente freddo. "Io..." disse l'uomo piano e sembrava confuso "Io devo essere giustiziato per il tradimento a vostro nonno, non lo ricordate più?" Aurilda parve irrigidirsi, spalancò gli occhi e lo fissò, trattenendo il fiato. "No" mormorò poi, restando immobile.

"No?" Ripeté il cavaliere confuso, con il volto vagamente grave "Non sarete giustiziato" si decise Aurilda "Ma come no?" Rispose subito l'uomo stravolto e, perché no, contrariato "È giusto che io venga punito, sono un traditore e mi sono nascosto per troppi anni senza pagare. Devo essere giustiziato per rendere onore alla memoria di vostro nonno e perché è la cosa giusta da fare, quello che merito" "Ho detto di no!" Ripeté Aurilda con ostinazione. Guardò negli occhi l'uomo e sentì un brivido all'idea di perdere anche lui "So che avete sbagliato" rispose piano dopo aver deglutito a fatica "Ma forse non serve una punizione così dura. Avete scontato una grande parte della vostra punizione servendo con vera fedeltà la nostra famiglia durante tutti questi anni, salvato tante vite.... Il vostro buon servizio verso mio padre e la lealtà che avete dimostrato a me è la prova del vostro sincero pentimento, quindi ho deciso che non verrete giustiziato" concluse Aurilda, sentendosi incredibilmente più leggera dopo aver detto quelle parole. I due restarono a guardarsi negli occhi, Ser Zalikoco aveva gli occhi azzurri che brillavano di gratitudine, probabilmente anche di commossa gioia e senza parlare sorrise e chinò il capo in segno di ringraziamento.

Aurilda non aggiunse altro, si limitò solo a sorridere debolmente, poi di comune accordo spensero il piccolo fuoco e si prepararono a dormire per l'ultima notte sulla fredda terra, avvolti dall'umidità del bosco tornato verdeggiante. La ragazza si mise come al solito di lato, con la guancia sul palmo della mano per tentare di stare più comoda. Durante la cena si era alzata una brezza fredda, invernale nonostante l'inverno stesse volgendo al termine, il che era abbastanza strano ma più che altro era triste. Aurilda aveva sperato che l'arrivo della primavera potesse portarsi via tutte le disgrazie che erano capitate a lei e alla sua famiglia e quindi era stata molto felice del clima tiepido degli ultimi giorni, adesso però sembrava tornato il freddo e Aurilda lo collegò immediatamente all'incontro con Adelynda avvenuto sotto la neve al freddo, l'incontro che aveva cambiato tutto.

Ser Zalikoco era steso poco lontano dal punto in cui era lei e sembrava fosse già profondamente addormentato, mentre Aurilda era costretta a fare i conti con i consueti problemi con il sonno, accentuati dai ricordi tristi e dal freddo. Si girò sull'altro fianco e cercò una posizione comoda per dormire; oltre al freddo improvviso quella sera le sembrava quasi che il terreno si fosse fatto più duro e inospitale del solito. Aurilda si pentì presto per non aver insistito di più e di aver assecondato Ser Zalikoco, se era vero che l'educazione chiedeva di fare visita non oltre il tramonto, era altrettanto vero che le sue ossa stanche chiedevano di riposare decentemente subito.

Ma ormai era fatta, pensò, non poteva fare altro che aspettare il sorgere dell'alba, attendendo che il sonno sopraggiungesse per recarsi finalmente al castello. Aurilda sbuffò piano nel buio, irritata, la luce della piccola falce di luna filtrava debolmente attraverso i rami fitti degli alberi, impedendole di vedere più lontano di cinque o sei metri dal punto in cui era distesa. Aurilda chiuse gli occhi con stizza ma subito li riaprì, per tirarsi su il mantello che era scivolato giù. Irritata più che mai decise di alzarsi a sedere e si coprì i piedi con la mascella serrata, sbuffando ancora per il nervosismo. Stava per rimettersi giù, imponendosi di calmarsi e dormire quando aguzzò la vista, pensando di aver visto qualcosa muoversi poco lontano tra gli alberi. Restò immobile, non voleva svegliare Ser Zalikoco e allarmarlo per nulla, ma sentiva ugualmente che restare vigile fosse la cosa più saggia da fare.

Aurilda restò acquattata nelle tenebre come una lince prima di attaccare, tentando di penetrare l'oscurità con la sola flebile luce che la luna le offriva. Aveva ancora gli occhi fissi verso il lato destro del bosco quando un rumore più forte la fece scattare in piedi "Ser Zalikoco, c'è qualcuno!" si avvicinò all'uomo e lo scosse piano, allarmata e tesa "Siamo in pericolo?" domando assonnato il cavaliere, sforzandosi di tornare vigile e ben attendo nonostante la stanchezza "Non so lo" sussurrò in risposta Aurilda, sentendo i brividi dal freddo e a causa di quell'inquietudine che sentiva all'altezza dello stomaco "Allora la cosa più saggia da fare sarà recarci al castello, nonostante l'ora tarda" decise il cavaliere. L'uomo si tirò su un po' a fatica, dimenticando l'elmo vicino alle radici del grosso l'albero che gli stava vicino "Prendiamo i cavalli e andiamo" disse ancora il cavaliere ad Aurilda che annuì senza esitazioni. Aurilda slegò le briglie da un grosso ramo basso a cui erano legate e tirò i cavalli verso l'uomo "Saliamo" mormorò, sentendo un nuovo brivido lungo la schiena.

E proprio mentre montavano in sella li videro, erano simili a uomini ma più massicci, formati da blocchi di ghiaccio e sarebbero sembrate delle statue a chiunque se non fosse stato per gli occhi di un blu innaturale. Era sempre quello il modo per accertarsi di essere in presenza di un demone dei quattro elementi, i loro occhi erano di colori innaturali, ad esempio quelli che avevano davanti essendo demoni di ghiaccio avevano gli occhi di un azzurro intenso, mentre i demoni del fuoco avevano occhi di brace. Solo il Re della Morte sembrava avesse avuto gli occhi di un azzurro quasi identico a quello dei demoni che adesso avevano davanti, lui e poi tutti i suoi discendenti.

Aurilda e Ser Zalikoco vedendoli non persero altro tempo, spronarono i cavalli e partirono a tutta velocità, con il solo scopo di mettere più distanza possibile tra loro e quei mostri "Ecco perché faceva così freddo!" sussurrò Aurilda, comprendendo improvvisamente la causa dei suoi brividi "Dobbiamo andare più veloci, dobbiamo andare al castello" "Ma signorina, i cavalli come faranno a correre rapidamente nel bosco, di notte per giunta?" domandò legittimamente Ser Zalikoco, senza aspettarsi una risposta "Non lo so e non mi importa!" esclamò Aurilda spaventata "Ma dobbiamo trovare un modo per scappare".

Così continuarono ad andare, avanzarono correndo maldestramente nel bosco, impigliandosi qualche volta ai rami più sottili degli alberi che non riuscirono a vedere a causa della notte densa e poi finalmente videro le torri del castello di suo zio sulla collina lì vicino, il luogo che significava salvezza. Aurilda sorrise e si preparò a uscire dal bosco, pronta finalmente a riposare dopo tanta paura e tanta stanchezza. Continuarono a spronare i cavalli fianco a fianco e proprio quando erano giunti all'ultima fila di alberi che li separava dalla radura che portava alla collina, Aurilda si sentì sbalzare giù. Il cavallo l'aveva disarcionata un'altra volta, lei era rotolata lungo il prato e la spada le era caduta dal fodero, rimanendo poco lontana, mentre la luna si rifletteva nella lama come una fanciulla vanitosa che si specchia.

Aurilda si rialzò dolorante, sentendo il ginocchio destro e il fianco dove era caduta dolere particolarmente, voltandosi subito per assicurarsi che Ser Zalikoco stesse bene. Il vecchio cavaliere era poco distante da lei, a quanto pareva anche lui era stato disarcionato ed era caduto appena dopo gli ultimi alberi, sul limite del bosco. Aurilda guardò i cavalli, erano caduti a terra a causa di alcune ferite alla gola che li avevano uccisi. Aurilda fu scossa da un nuovo brivido di paura che si mescolò a uno di freddo, i cavalli erano stati uccisi da delle lame di ghiaccio che gli erano state conficcate nel petto. Aurilda corse indietro, inciampando nel vestito mentre camminava sulle ginocchia riprese la spada e poi si alzò per raggiungere il cavaliere. Stringendo i denti dalla disperazione aiutò l'uomo a rialzarsi "Dobbiamo andarcene" disse Aurilda e la sua voce tremava, mentre la bocca era secca.

L'uomo strinse la sua mano ma la sua non fu una stretta forte, non fu la stretta pronta di chi era grato per l'aiuto appena ricevuto, fu piuttosto la stretta di chi saluta i cari prima della morte. Aurilda lo fissò con gli occhi spalancati e le mani tremanti, comprendendo le intenzioni del cavaliere ancor prima che avesse proferito parola "Andate" disse infatti l'uomo, guardandola negli occhi senza la minima esitazione sul volto "Penserò io a loro, voi correte al castello e salvatevi. Vi prometto che li ucciderò o almeno li tratterrò per tutto il tempo di cui sarò capace, ma voi promettetemi che correrete come mai avete corso prima d'ora". Il volto del cavaliere era serio, ma Aurilda notò con grande rispetto che non aveva la minima paura, non per sé stesso almeno.

Questo però non bastò per calmare Aurilda che scosse il capo terrorizzata e sconvolta "No" disse velocemente "Come no!?" replicò subito il Ser, guardandola con un'espressione severa "Non capite che dovete scappare? Stanno arrivando e io non so quanti sono e neppure per quanto tempo sarò in grado di trattenerli!" "Ho detto di no!" ripeté Aurilda, urlando terrorizzata e disperata "Non capite che non posso lasciarvi qui!?" disse, sentendo il fiato farsi corto e gli occhi colmarsi di lacrime "E perché no? Volete morire!?" domando lui, tentando di dissuaderla dal restare "Io sono vecchio, ho vissuto la mia vita e inoltre ho un conto in sospeso con la vostra famiglia. Vi prego di ascoltare le mie parole, scappate, cerca almeno di salvarvi la vita!"

Aurilda tremava da capo a piedi per il timore, il respiro quasi le mancava e la testa le girava per la forte, asfissiante paura. Avrebbe voluto gridare e piangere, distruggere ogni cosa e scoprire che tutto quello era un incubo tremendo in cui era scivolata da tempo, eppure non era così e lo sapeva bene e sapeva bene anche che avrebbe rischiato di perdere la vita se fosse rimasta al fianco di Ser Zalikoco e solo gli dèi potevano sapere quanto la terrorizzava quell'idea. Allora perché non fuggiva come diceva il cavaliere? Perché Aurilda aveva paura persino di scappare, inoltre adesso che si erano riappacificati l'idea di abbandonare lì l'uomo, quasi certamente condannandolo a morte la faceva sentire colpevole esattamente come si era sentita quando le avevano detto della morte delle sue sorelle. "Voi non capite, non è vero!?" urlò finalmente con il poco fiato rimastole, sentendo la gola andare in fiamme "Ho già perso abbastanza membri della famiglia, ne ho condannati abbastanza per la mia salvezza, non lascerò morire anche voi, non permetterò che per il mio bene si sacrifichi un altro membro della mia famiglia! Farò tutto quello che è in mio potere pur di aiutarvi e raggiungeremo il castello insieme." Ser Zalikoco sguainò la spada e la guardò, questa volta nei suoi occhi brillavano vere lacrime di commozione "Aurilda" sussurrò, in un ultimo tentativo disperato di farla desistere dal suo proposito "Io non vi lascio solo" ripeté lei, sentendo una lacrima solitaria rigarle la guancia destra. L'uomo la accarezzò con la mano libera dalla spada, asciugandole il volto "Non voglio che moriate" disse lui con la voce rotta "E allora non moriremo" rispose lei a voce bassa, sorridendo mentre una nuova lacrima le rigava il volto.

I due si guardarono negli occhi e poi si prepararono, impugnarono saldamente i manici delle loro spade "Ricordate quello che vi ho insegnato" disse l'uomo e si percepì la tensione nella sua voce bassa "E quello che vi ha mostrato Omalley". Aurilda annuì e strinse le mani tremanti più saldamente intorno al manico della spada che proprio il cavaliere le aveva regalato appena un anno prima. Aurilda sospirò lentamente con l'inutile tentativo di calmarsi, vedendo i mostri arrivare di corsa tra gli alberi. Era con molta probabilità la fine quella, lo sapeva bene anche lei, era per questo che aveva così tanta paura. Morire sì, era propri quello che sarebbe successo se non fossero riusciti a distruggere quei demoni maledetti. Se avessero potuto sentire i suoi pensieri o solo guardarla negli occhi o ancora tenerle la mano per sentire quanto tremava, chissà cosa le avrebbero detto se fossero stati dotati di raziocinio o anche solo dell'uso della parola.

E pensare che sino a pochi giorni prima Aurilda si era detta pronta a morire nella capitale, dopo essersi consegnata a Morfgan. Che stolta era stata, che ingenua, che pazza! Si era mostrata così decisa, così coraggiosa, anzi, così impavida e temeraria, quasi sprezzante della morte. E invece ora? Lo aveva detto sì, aveva affermato di essere pronta a morire ma la realtà era molto diversa, perché Aurilda era terrorizzata all'idea di morire, la sola idea la faceva paralizzare, impedendole di muovere i muscoli per il terrore intenso che le scuoteva le viscere. Ma doveva farlo, doveva almeno provare a sopravvivere, a combattere. Se fosse andata male avrebbe rivisto sua madre, suo padre, ma soprattutto avrebbe rivisto Nomiva e Selina, mentre se fosse andata bene avrebbe rivisto gli zii.

Era quello il pensiero su cui focalizzarsi, sarebbe andato tutto bene comunque, qualsiasi cosa fosse accaduta. Quello in fondo era solo un gioco, un allenamento per testare le sue abilità come spadaccina, ma per il resto era solo un gioco. Di certo Aurilda non se lo sarebbe mai immaginato, mai avrebbe pensato che un giorno sarebbe stata costretta a pensare alla sua vita come un gioco per riuscire a muoversi. Ecco cos'era veramente la paura, quella era la disperazione e Aurilda avrebbe tanto voluto avere il coraggio di fuggire o magari il coraggio di buttare a terra la spada e lasciarsi uccidere, lasciare che tutto finisse subito. Invece la speranza maledetta l'aveva imprigionata in un limbo che l'avrebbe uccisa lentamente dal timore di non farcela. Dannata speranza!

Così Aurilda si impose di scacciare quei pensieri dalla mente e alzò la spada, tenendola alta al fianco di quella di Ser Zalikoco, guardando i demoni che gli venivano incontro. Ne uscì uno, poi ne uscì un secondo, poi un altro e infine un ultimo. Erano quattro quindi, quattro mostri di ghiaccio si frapponevano tra lei e la vita. I demoni non persero tempo quando li ebbero raggiunti, si scagliarono verso di loro e li travolsero. Ser Zalikoco subito scattò in avanti, la sua lama saettò e con una serie di colpi sapienti il mostro si frantumò in cristalli di ghiaccio "Il loro ghiaccio scheggia le lame, non so quando potrebbero resistere!" disse il cavaliere, preoccupato dalla sua scoperta.

Aurilda se ne trovò uno difronte, iniziò a muovere prima la spada a casaccio, terrorizzata com'era, poi tentò di ragionare lucidamente e iniziò un vero duello con quel mostro. Il demone la ferì al braccio sinistro, il sangue della ferita le colorò l'abito ormai logoro ma fortunatamente quel taglio non era così profondo e sarebbe guarito facilmente, tuttavia questo non significava che non facesse male. Aurilda strinse i denti ma continuò a combattere, non poteva lasciarsi fermare da un graffio, ne valeva della sua vita. Ser Zalikoco intanto stava duellando con un altro demone, quello che aveva fatto a pezzi prima era stato riassorbito dal terreno, ma non era semplice frantumare il ghiaccio spesso con cui erano fatti i demoni e inoltre non sapevano le loro lame quanto avrebbero resistito prima di distruggersi.

Aurilda con un colpo finalmente fece volare via la testa del demone e quando questa cadde a terra il corpo piombò tra l'erba e si sciolse velocemente. Un ghigno compiaciuto e trionfante illuminò il viso di Aurilda, ma subito la vista della lama spezzata della sua spada di manifattura inferiore rispetto a quella del cavaliere la fece temere, però si era staccato solo un pezzo, la parte mancante era sommariamente piccola quindi c'era ancora speranza. Aurilda non ebbe il tempo di pensare altro perché si voltò e fu costretta a iniziare un duello con l'ultimo mostro. Ser Zalikoco intanto era impegnato in uno splendido duello con uno dei demone, combattevano già da diversi minuti e ad Aurilda dispiacque di non poterlo osservare.

Presto lo perse dal campo visivo ma Aurilda sapeva che Ser Zalikoco era dietro di lei. Guardò negli occhi il suo avversario, Ser Zalikoco infatti le aveva sempre detto che guardando l'avversario negli occhi era possibile anticipare le sue mosse, ma Aurilda pensò che o lei era un disastro a capire le mosse che aveva in mente l'altro oppure quegli occhi azzurri erano indecifrabili. "Ah!" il gemito di dolore di Ser Zalikoco le fece trattenere il fiato "Siete ferito!?" domandò Aurilda, riprendendo a tremare visibilmente.

L'uomo non le rispose e Aurilda temette il peggio, tentò di voltarsi per controllare ma il demone non glielo permise e lei fu costretta ad affondare la spada in avanti per allontanarlo, tuttavia la lama si spezzò ancora come un misero ramoscello, facendola cadere a terra. Aurilda riprese il pezzetto di spada che le era rimasto e strinse forte l'impugnatura, voltando un secondo lo sguardo a destra per guardare Ser Zalikoco. E allora lo vide, il demone sfilò la lama dal corpo dell'uomo mentre teneva sotto i blocchi di ghiaccio che erano i piedi la spada di Ser Zalikoco, mentre il sangue colava dal ghiaccio della lama che il demone teneva in mano.

Il cavaliere si accasciò a terra e il demone riassorbì la lama, mentre la spada del Ser restava a terra. Il volto di Aurilda si contorse in una maschera di dolore e divenne di un pallore spettrale e subito dopo un grido di dolore e rabbia le uscì dal petto "No!" strillò disperata, mentre l'assassino del suo amico le si avvicinava velocemente, pronto a uccidere anche lei, proprio come l'altro demone contro cui stava combattendo Aurilda, quello che si stava avvicinando con calma, come se provasse piacere nel vederla così terrorizzata.

Aurilda strinse ancora i denti, mentre le lacrime per Ser Zalikoco le rigavano il volto. Doveva morire come avrebbe voluto lui, combattendo, il problema era solo scegliere l'avversario, continuare con quello contro cui stava duellando prima o sostituirsi al Ser? Optò per finire il lavoro che aveva iniziato, si alzò per andare incontro al demone quando l'altro, che stava sempre avanzando verso di lei, venne ucciso. Ser Zalikoco gli si era aggrappato alle spalle e lo aveva ucciso alle spalle, esattamente come avrebbe fatto Omalley.

Il demone scoppiò in mille cristalli di ghiaccio e Aurilda rivide il cavaliere un'ultima volta, era pallido e stanco ma incredibilmente coraggioso e fiero, onorevole e leale. La guardò con un dolce sorriso "Aurilda" sussurrò un'ultima volta e poi si accasciò a terra, esanime, lasciandola definitivamente sola alla mercé dell'ultimo mostro. La ragazza però non poté corrergli vicino per piangerlo, perché l'ultimo demone l'aveva raggiunta. Come prima cosa la colpì sul volto e lei con un istintivo gesto della mano riuscì a coprirsi l'occhio con due dita, sentendo il sangue colare da sopra al sopracciglio sinistro, poi dalle dita della mano che le avevano protetto l'occhio e per buona metà della guancia.

Aurilda si asciugò la ferita sul sopracciglio, sperando che il sangue non le colasse nell'occhio e non la ostacolasse durante il combattimento. Ma non ci fu tempo, prima che se ne fosse resa conto il demone le aveva conficcato una grossa lama di ghiaccio nella parte destra del ventre, ferendola irrimediabilmente. Aurilda trattenne il fiato per il dolore, digrignò i denti e restituì il colpo al demone, conficcandogli l'ultimo pezzettino di spada nel petto. La ragazza vide così scoppiare in mille cristalli anche l'ultimo nemico, l'ultimo di quei quattro maledetti demoni.

Stremata Aurilda si accasciò a terra di fianco al cadavere di Ser Zalikoco. Con la mano si asciugò nuovamente il sangue che colava sopra l'occhio sinistro, sorreggendo la testa dell'uomo e carezzandogli il volto, mentre il sangue brillava sul collo del cavaliere, in contrasto con la pelle pallida. Aurilda si sentiva male, guardando l'uomo le veniva da piangere per la tristezza, lui era un'altra parte della sua famiglia che se n'era andata, un altro che aveva visto andare via senza poter fare nulla per evitarlo. Sentì le lacrime bruciare negli occhi, erano lacrime salate, le lacrime di chi ormai non aveva più niente da perdere. Tanto valeva piangere adesso, si disse, perché non ci sarebbe più stato altro tempo per piangere. Ma in realtà non era solo la morte di Ser Zalikoco a farla piangere dal dolore, la lama di ghiaccio ancora conficcata nel suo ventre non aiutava di sicuro, le faceva talmente male che Aurilda faticava a respirare per il dolore. Guardò il castello dello zio arroccato sulla collina poco lontana, circondato da pini alti, poi distolse lo sguardo. Non ci sarebbe mai arrivata, anche se ci avesse messo tutte le forze che aveva e se anche ce l'avesse fatta Aurilda sapeva perfettamente che non sarebbe ugualmente servito a nulla perché non c'era infuso in grado di guarire la sua ferita.

Tornò la forte, asfissiante, paura che si impadronì di lei, unita a quella che orami era una certezza: sarebbe morta, sarebbe morta lì ai piedi del castello di suo zio senza poterci fare nulla, senza vedere l'alba di un nuovo giorno. Tutto finiva lì, in quella notte fredda e solitaria, senza conforto. La paura e la disperazione stavano per vincerla, quando la famigliare rabbia la pervase. L'idea che lei sarebbe morta lì e gli assassini dei suoi genitori, delle sue sorelle e di buona parte della sua famiglia no la rendeva furiosa. Il dolore e la rabbia combattevano senza riuscire a prevalere l'uno sull'altra, con il rischio di causare una battaglia. Poi Aurilda guardò ancora il volto pallido del suo compagno di viaggio e lo baciò sulla fronte, sapendo cosa dovesse fare.

Si rialzò barcollando e prese qualcuna delle rocce più piccole che erano sul prato, adagiandola intorno al corpo di Ser Zalikoco fino a formare un cerchio con le poche forze rimastele in corpo, non senza fatica. Vedeva a tratti nero, il prato e il cielo vorticavano intorno a lei e il dolore lancinante al fianco era talmente forte che Aurilda temette di perdere la ragione. Si costrinse però a restare concentrata ancora per poco, dopo avrebbe pensato a quello che sarebbe accaduto. Inginocchiata malamente a terra accese un fuoco a fatica e poi lo adagiò sulla pelle del cavaliere. Il fuoco iniziò a divorarlo, lasciando l'armatura intatta. Aurilda chinò il capo in preghiera, tentando per quanto possibile di ignorare il dolore lancinante al fianco "Miei dèi" disse, parlando a voce bassa e dolorante "Vi prego di ascoltare le mie parole. Quest'uomo ha sbagliato, tradì la famiglia che serviva ma poi trascorse il resto della sua vita servendola. Io vi prego quindi di perdonarlo, perché io, in nome della famiglia Tenebrerus, lo perdono. Che possa riposare in pace e avere la gloria che merita poiché è sempre stato un cavaliere leale e coraggioso e un uomo nobile e buono. Che Ser Zalikoco Lonor possa riposare in pace per l'eternità."

Aurilda chiuse gli occhi per pochi secondi, poi li riaprì, trattenendo a stento le lacrime "Inoltre vi chiedo, maledite gli assassini della mia famiglia! Io commisi un errore, ma i miei cari erano innocenti!" Aurilda aveva preso a urlare, in parte per la rabbia, in parte per il dolore, con gli occhi lucidi "Hanno ucciso degli innocenti e io vi prego, perché so che deve esistere una giustizia! Uccideteli! Fate morire quegli assassini!" Aurilda si sentiva sempre più debole, si lasciò cadere all'indietro con il sedere sui talloni, mollemente "E in fine vi prego" disse parlando in un sussurro strascicato, lasciando che le lacrime cadessero "Perdonatemi per tutti gli errori che ho commesso. Accoglietemi ora che morirò e fatemi riabbracciare la mia famiglia!"

Tremava, ogni parte del suo corpo tremava per il dolore, per il freddo e per la paura. Aurilda si guardò il fianco ferito con lo sguardo appannato dalle lacrime, il sangue continuava a imperlarle le ciglia dell'occhio sinistro, come la rugiada sulle foglie. La disperazione più assoluta si impadronì di lei, si portò le mani sul volto e pianse forte, rumorosamente, gridando persino. Non voleva morire, lei voleva vivere, aveva paura, ma come poteva impedire al destino inesorabile di compiersi? Ormai era in fin di vita! Si tolse le mani dal volto e le guardò, erano sporche di terra, umide di lacrime e macchiate dal suo stesso sangue. Aurilda le guardò e pianse ancora, gridando forte. Era tutto finito, non ci sarebbe stato altro. Si odiava per essere una codarda, era spacciata e il dolore al fianco era insopportabile ma pur di non finirsi preferiva soffrire, pur di restare viva ancora un po' preferiva torturare in quel modo atroce il suo corpo stremato.

Tremava convulsamente e il cielo, gli alberi e il prato vorticavano fortemente intorno a lei, dandole la nausea. Doveva smetterla di indugiare oltre, non sarebbe servito a niente. Aurilda tirò un profondò respiro con l'intento di calmarsi ma fu inutile, così guardò il cielo, la luna serena. Pensò ai volti di Nomiva e Selina, pensò che la stessero aspettando. E così Aurilda si decise, con mani tremanti e con gli occhi chiusi afferrò la lama di ghiaccio che aveva nel fianco e la estrasse. Cacciò un ultimo gridò di dolore, poi pianse, tenendo un attimo la lama stretta in mano. Scosse il capo in lacrime, non doveva aspettare oltre, Nomiva e Selina si ripeté, Nomiva e Selina. E fu così che Aurilda mentre le lacrime e il sangue le rigavano un'ultima volta le guance pallide si conficcò con forza la lama di ghiaccio che le aveva torturato il fianco nella parte sinistra del petto, proprio sopra al seno, all'altezza del cuore, prima di perdere il coraggio.

Aurilda riaprì gli occhi per l'ultima volta, piangendo sino all'ultimo attimo della sua vita, ammirando il castello poco lontano di suo zio, con la bocca schiusa e il volto contratto dalla disperazione più totale. Fu così che si tolse la vita trafiggendosi il cuore e non appena la lama ebbe raggiunto il suo cuore, Aurilda sentì le forze abbandonarla rapidamente mentre una lacrima le restava impigliata tra le ciglia. Il nero la avvolse dolcemente, come fa il sonno dopo una lunga giornata faticosa, poi la ragazza chiuse gli occhi per l'ultima volta e il suo corpo si afflosciò all'indietro, cadendo come un burattino senza fili, mentre il fuoco dalla pira di Ser Zalikoco sfidava il nero della notte e il fumo saliva alto nel cielo, per consegnare l'anima del cavaliere agli dèi.

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Captain Riddle