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Autore: Redferne    12/11/2021    3 recensioni
Tra Nick e Judy sta accadendo qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato.
E mentre Nick cerca di comprendere i suoi veri sentimenti nei confronti della sua collega ed amica, fa una promessa a lei e a sé stesso: proteggerla, a qualunque costo.
Ma fare il poliziotto a Zootropolis sta diventando sempre piu' pericoloso...
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 84

 

 

THE FANTASTIC MR. FOX – FURBO, IL SIGNOR VOLPE!

 

 

 

(TERZA PARTE)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si dice che i prodotti di animazione abbiano delle regole precise quanto inflessibili.

Per il semplice quanto determinante fatto che sono e ne rappresentano al contempo i dettami, i comandamenti sacri che stanno alla base del loro stesso funzionamento.

Se non ci sono, o se nonostante la loro presenza si decide che é meglio ignorarli e far finta di nulla e quindi non le si rispetta...l'incantesimo si rompe.

Eppure, ogni tanto si tenta lo stesso. Perché alle volte bisogna farlo, é necessario spezzare le regole.

Fa persino bene, in alcuni sporadici casi. E non si può che trarne giovamento, dal punto di vista del lavoro. Sia per l'autore che lo esegue, che per colui che ne fruisce.

Certe norme, certi statuti sono fatti per essere infranti subito dopo. Perché una volta fatti, si trova subito la gabola, l'inganno con cui fregarle distorcendole all'uopo e a seconda delle esigenze.

Perché sarà anche vero che frodarle e giocarle non é roba di cui andarne certo fieri o vantarsene in giro con amici e conoscenti vari. Ma non si può certo negare che se il cittadino modello, diligente ed onesto si limita ad osservarle e basta, l'astuto ed il disonesto cerca e quasi sempre ottiene il modo ed il sistema di adattarle e piegarle al proprio volere e alle sue necessità.

Astuto e disonesto. Per qualche strana quanto inspiegabile ragione é credenza comune ed accettata pensare che le due cose debbano andare per forza a braccetto e di comune accordo.

Che poi disonesto, o illegale...che brutte parole. Che gran brutte parole.

Disdicevoli, invero.

Prima di tutto andrebbe provato e dimostrato davanti ad un giudice con tanto di giuria che é davvero avvenuto un illecito. Inoltre, la cosa é senza alcun'ombra di dubbio soggettiva ed aperta ad eventuali interpretazioni. Di ogni genere e sorta.

Ciò che disonesto per gli altri non é detto che lo sia per me. Ed una cosa, se é tale per chiunque non l'abbia fatta, non é detto che lo sia per chi l'ha commessa.

Conta come lui la vede.

Non importa se una cosa é verde oppure no. E anche se non lo é...se io la vedo come tale, per me sarà verde a prescindere.

Capito, gente? E' tutto chiaro? Afferrato, il concetto?

See, come no. Gli avvocati ci sguazzano, in questi cavilli e vizi di forma e struttura processuali. E talvolta ci costruiscono sopra la loro fortuna, nel caso siano particolarmente abili.

L'accusato, il colpevole, se colto in flagrante può sempre affermare che non ha infranto alcuna legge di sorta. E che si é limitato a sfruttare le zone d'ombra e grigie della legge in questione. Le parti poco chiare, che vanno interpretate.

Ed é proprio questo, il guaio di alcune costituzioni.

L'interpretazione. Se non si ha l'accortezza di ideare, progettare e scrivere articoli che siano praticamente incontrovertibili ed incontestabili, nero su bianco, di fatto si dà la possibilità a qualunque cittadino di analizzare il suddetto articolo e di capirlo alla sua maniera. Ad ognuno di essi.

Di doverlo interpretare, per l'appunto. E se a certa gente gli si dà, gli fornisce questa opportunità con tutto il carico di tremendo potere e responsabilità che ne derivano, conseguono e scaturiscono...scoppia il dramma.

Se a certa gente la costringi a ragionare é un disastro. Una catastrofe. La fine. Poiché la obblighi ad usare il cervello. Sempre ammesso e non concesso che ne abbia uno, al posto del consueto ammasso di grasso adiposo e gelatinoso che di norma occupa la porzione di spazio tra le orecchie. E che si osa compiere il sacrilegio di nominare e di definire tale.

Ed il fatto che di norma, a parte e fatta debita e dovuta eccezione per qualche per somma fortuna sporadico caso, venga dato in dotazione ad ogni individuo sin da ancor prima della sua nascita non sta certo a significare che l'individuo in questione sia in grado di utilizzarlo. E nemmeno che abbia adeguata coscienza, conoscenza e consapevolezza della presenza dell'organo in questione e della sua relativa funzione. Nonché funzionamento.

E non si può nemmeno sperare che possa trarre giovamento, consiglio o supporto dagli altri. Men che meno dritte, esempi o suggerimenti che possano risultare validi in qualunque modo. Per il semplice quanto determinante fatto che é molto probabile che chiunque gli stia attorno, intorno e vicino abbia subito la stessa tragedia. E che abbia finito col cadere e cascare nel medesimo quanto terribile equivoco.

E' questo, il guaio. Nessuno viene preparato. E nessuno prepara come si deve.

Perché nessuno é in grado di farlo, ecco come sta la questione.

Si dovrebbe fare una bella cosa.

Chi o chi per esso stabilisce quando una persona viene alla luce e dà inizio alla propria esistenza, dovrebbe fare in modo di fargli avere alcuni oggetti in dotazione.

Una serie di attrezzi, o di dispense. O dei prontuari. Già forniti direttamente dal primo momento della nascita.

O almeno un libretto di istruzioni, non si pretende poi tanto o chissà che o chissà cosa. Con la posizione precisa ed i principali nonché più validi metodi e sistemi di utilizzo ed impiego di ciò di cui sta parlando. In modo che si capisca subito su cosa si può contare.

E poi...ma sì, si aggiungano pure un certificato di qualità ed un sigillo di garanzia. Giusto per convincere in modo definitivo anche i più dubbiosi e scettici, a tal riguardo. Quelli che ancora insistono e si ostinano a continuare a voler mettere in discussione la genuinità e l'efficienza del prodotto che viene così gentilmente offerto loro. E senza costi aggiuntivi.

Anzi, proprio gratis, a volerla dir tutta. E a sua completa disposizione, discrezione e piacimento.

A patto di saperlo usare, s'intende. O di imparare a farlo. O almeno provarci, che comunque é e resta pur sempre meglio di niente. Anche se di poco. Veramente molto poco.

Servirebbe davvero una guida. Un manuale con tutte quante le indicazioni e le spiegazioni del caso. E che servano. E di cui si possa avere necessità e bisogno.

Altrimenti...sono problemi. Rogne. Grane. E pure belle grosse, anche.

Nel'eventualità che avvenga il caso contrario, e che cioé pur avendolo non si sappia e si ignori rispettivamente dov'é di preciso e cosa se ne debba fare o farsene...si va un confusione.

E si prende per buona qualsiasi altra parte del corpo mettendola a farne le disgraziate, disgraziatissime veci. Affidandogli ed affibbiandogli compiti per cui non é stata ideata, pensata, progettata e realizzata. E confidando in capacità e caratteristiche che non ha. E che non potrà nemmeno mai avere, dato che non é quello il suo ruolo.

Non é lì, che deve giocare. Ok?

E così abbiamo gente che ama col cervello. Che potrebbe anche andar bene, se non fosse che in genere sono talmente perfetti, inquadrati e precisi da risultare noiosi.

Certo, sono una garanzia. O un usato sicuro, nel caso ci sia già passato qualcheduno o qualcheduna. Ma chi vuole davvero una vita sempre uguale, paragonabile ad una macchina che va sempre a passo di mammifero bipede non superando mai le dieci miglia orarie indipendentemente dal tipo e genere di strada su cui può venirsi a trovare, per timore e paura di avere incidenti o di finire fuori strada?

Ma chi mai la vuole una vita piatta senza ricevere magari unostupore? O una sorpresa? O il semplice brivido mischiato con la suspence dell'inatteso, dell'imprevisto e dell'inaspettato?

Ah, si? Davvero?

Quante zampe alzate, tra di voi. Beh...spiace.

Spiace, davvero. Ma spiace proprio veramente.

Gran brutta vita, quella che avete scelto e che vi aspetta.

Poi non venite a piagnucolare e ad insinuare che non vi si era avvertiti, dando così la colpa per quanto vi sta succedendo ed accadendo a chi aveva cercato con tutte le sue forze di farvi evitare tutto ciò.

E questo é sicuramente il meno peggio tra i tanti esempi di casi sbagliati. Il classico in cui se avete la scalogna di imbattervi dovete ritenervi tutto sommato fortunati.

Come se doveste morire e invece di raggiungere qualunque ipotetico aldilà vi ritroviate, una volta che avete riaperto gli occhi da schiattato, all'interno della medesima stanza o locale dove un istante prima avete tirato le cuoia. E davanti a voi vi ritrovate un tizio che non conoscete, vestito di tutto punto e con un librone dalle ampie falde in mano. E dal peso di svariate libbre, a giudicare dalla stazza e dalle dimensioni del tomo appena descritto. E che vi guarda con aria accusatoria, inquisitoria.

E poi il tizio in questione, con fare solenne e con evidente tono di riprovazione, vi annuncia che si limiterà a leggere tutti i vostri peccati che avete commesso in vita. Uno dopo l'altro. E che quando avrà terminato l'elenco...ricomincerà da capo. Giusto per star sicuri che li abbiate imparati e memorizzati bene. E che lui ve li abbia inculcati a dovere.

E poi aggiunge che si andrà avanti così PER L' ETERNITA', grossomodo. E che voi non potrete assolutamente farci NULLA, se non stare fermi ed immobili dove siete.

Ad ascoltare. PER SEMPRE.

Dopodiché inizia a leggere. Lentamente. E non si ferma più

Non si fermerà MAI PIU'.

Nel caso accada...vi si vuol dare un suggerimento.

Prima di cominciare a disperarsi, che tanto non servirebbe a niente o giù di lì, provate a guardarvi intorno.

Chissà. Magari noterete la bottiglia il cui contenuto é andato dentro nel vostro stomaco a far debita e dovuta compagnia alle pasticche di un'intera confezione familiare di sonniferi, nel momento in cui avete deciso di FARLA FINITA. E di SUICIDARVI.

Con tutta quanta la probabilità gran parte del contenuto l'avrete già ingollata. Ma se la sorte vi va in buona e in grassa...ne é avanzato ancora un po'.

Un BEL po', alle volte. Si sa mai. Ma i porre limiti alla provvidenza.

Mettiamola così. Per lo meno e male che vada e che vi vada...avrete del buon vino con cui rilassarvi.

E scusate se é poco.

Vi sembra poco, dunque?

Basta solo che la bottiglia la usiate per bere direttamente dal collo o per versarne il suo contenuto dentro ad un calice o in un bicchiere. Che se la usate per darvela ripetutamente sulla testa nel tentativo di fracassare sia lei che la capoccia, otterrete sì di stordirvi ugualmente, ma senza lasciarvi nel palato quel bell'aroma e retrogusto che ogni buon vino d'annata possiede e che sa regalarvi ed elargirvi ad ogni sorsata.

E fin qui ci si é andati ancora leggeri. Ora osserviamo i casi limite.

Abbiamo nell'ordine gente che pensa con il cuore, il che non sarebbe nemmeno poi questo gran male. Se non fosse che il cuore é buono di natura.

Ingenuo, sognatore, utopista. Che vede sempre il buono douvunque e comunque, ed in ognuno.

E alle volte sa anche essere ombroso e impetuoso. E gira come e peggio di una banderuola mossa e fatta ondeggiare dal vento.

Ogni due secondi cambia e si sposta. Muta continuamente rotta, porto e punto di arrivo perché devia e sostituisce un'idea con un'altra idea che le sembra migliore o anche peggiore e non é mai sicuro di quel che fa. Ma lui é fatto così e non ci può fare niente, perché lui é buono e gentile e premuroso in un mondo impazzito, barbaro e selvaggio senza più certezze né punti di riferimento.

Gente così é completamente persa, stralunata e spaesata. Perennemente in bambola. Esce di casa e non sa quel che trova. E finisce col pigliarsela in saccoccia ed in quel posto da praticamente chiunque. Anche se il più delle volte finisce per fregarsi praticamente da sola, e con le proprie forze e zampe.

Persone così sarebbero capaci di innamorarsi perdutamente di una narcospacciatrice prezzolata e da sbarco. O di una trafficante di organi freschi di mammiferi al mercato nero, con specializzazione in cuori di cuccioli appena nati. A voi la scelta. Ma che loro, sia in un caso che nell'altro, vedrebbero e scambierebbero come una modella impegnata nel sociale e nella beneficienza. Che poverina, fa quel lavoraccio infame perché bisogna pur vivere, ma ha promesso di cambiar vita perché il destino ha voluto che si incontrassero é poi stavolta é diverso. Con loro é diverso, perché a loro hanno detto che quella vita gli fa peggio che schifo, e che sono stufe e che non ne possono più. E che sarebbero disposte a voltare pagina, se mai un giorno incontrassero per puro caso o miracolo la persona giusta.

E loro, guarda caso e hai detto mai nella vita, sono proprio la persona giusta che stavano così spasmodicamente cercando senza trovare.

Ne sono convintissimi, stra – convinti. Sicurissimi ed arci – sicuri. Più che certissimamente certi.

E poi quando si danno appuntamento al bar lei si presenta sempre già con due tazzine tra le zampe. Capite? Due tazzine! Si vede che ci tiene. E tanto, anche...

E così tipi del genere finiscono per donare ai soggetti in questione tutto il loro cuore, lo stesso cuore che usano per ragionare e prendere decisioni. Insieme a qualche cosa d'altro. E di altrettanto sacro, che secondo al loro punto di vista va dato alla persona giusta. O meglio, che ritengono giusta. Per loro. Che, beninteso e per la cronaca...non é affatto quella che hanno davanti.

Quasi mai. Per niente.

Ma gli daranno lo stesso tutto, perché per loro é quella giusta. Deve esserlo. Per forza. Non può essere altrimenti. Con l'unico risultato che l'altro prenderà ed arrafferà tutto quanto senza tante cerimonie e senza fare tanti complimenti, insieme al resto che di norma e regola compone in genere l'assetto esistenziale e di autostima di un individuo. E se lo metterà sotto alle piante delle zampe inferiori o delle suole delle proprie scarpe, dopo averle opportunatamente fatte riempire ed imbottire di chiodi e di spilloni. E ne farà poltiglia, strisciole e listarelle. Per poi titurarne e macinarne i resti ed usarli allo scopo di stuccare le piastrelle e la pavimentazione del proprio gabinetto. Con particolare predilezione per quelle che si trovano vicino ai sanitari ed al waterclò.

Perché la verità é che qua e là, sia fuori che dentro, tutto quanto intorno ed in tutto il resto del mondo é pieno di matti.

Ma pieno zeppo, proprio. Di pazzi da legare.

Di gente che ha due anime e sei religioni. Di gente che va in barca ed é convinta di andare invece in aereo.

Ed il guaio, il grosso e grossissimo guaio é che ci si innamora e si perde la testa, la bussola, la tramontana, il cervello e la tebisonda anche per quelli.

Persino dei pazzi. Al punto di accorgersi nemmeno quando hanno già cambiato bandiera.

Nemmeno quando é in genere ormai troppo tardi.

Non ci si accorge che quelle che ci stanno dicendo all'orecchio non sono parole d'amore sussurrate, ma insulti tirati dietro e urlati da un megafono. Mentre con una ruspa ci stanno letteralmente demolendo la casa e distruggendo e radendo al suol ed al macero i nostri oggetti più cari.

Finito? Ma certo che no. Ma neanche e nemmeno per sogno.

Poi abbiamo quelli che per decidere scelgono di andare di ventre. Di trippe. Di budella.

Di pancia, come si suol dire oggi. Peccato solo che da quelle zone non escano ragionamenti, ma solo e soltanto due cose.

Flatulenze ed escrementi. Ed in entrambi i casi...il risultato non é che sgradevole quanto maleodorante.

Finito? Ancora no.

Allo stadio e passo successivi , visto che si menzionavano e si parlava di sanitari...ci sono quelli che per ragionare usano una parte che si trova qualche spanna più sotto, e situata per l'esattezza e per la precisione sul retro, Nel didietro, visto che é proprio del didietro che si sta parlando. Oppure, peggio ancora, la parte che gli sta disposta davanti, in parallelo e messa specularmente. Quella che in linea d'aria le dista giusto qualche decina di centrimetri, con lo spazio che li separa adeguatamente riempito da organi adibiti alle funzioni corporali. Alle deiezioni. Alla minzione e alla...beh, ci siamo capiti, dai.

E a qualche altro tipo di spurgo e di eruzione. Altrettanto volgari oppure nobili. E lì dipende dal contesto. O a seconda del fatto che ci si voglia mettere di mezzo la passione o i sentimenti, oppure no. O addirittura altro, tipo il vile denaro. Per mercimonio. Per guadagnare ed ottenere qualche spicciolo vendendo o meglio svendendo sé stessi e la propria virtù, o almeno quel che ne é ormai rimasto. Per strada, o in un angusto quanto lurido tugurio sfruttando gli ultimi, penultimi, terzultimi o definitivamente vetusti ritrovati della tecnologia come cineprese, telecamere, videocamere e micro – camere a mano o piazzate su appositi supporti, webcam per live o streaming o dispositivi incamerati ed incorporati dentro agli ultimi o più vecchi modelli ed esemplari di telefonini, cellulari, smartphone, tablet o palmari. Che le stanze asettiche e sterilizzate con i comodi quanto più o meno immacolati letti o divani coperti di lenzuoli e trapunte e dotati di cuscini, o magari i tavoli e le sedie in legno massiccio o massello li si lascia per forza di cose alle produzioni di stampo professionistico. Dal budget a disposizione senz'altro più elevato con attori, attrezzisti, tecnici e registi sicuramente più esperti, navigati e referenziati. E ben più pagati. E dove le macchine, comperate o noleggiate con fior a suon di palanche, vanno giù di zoom e di grandangolo sui particolari più spinti, sconci ed eccitanti che é una bellezza. Come se non ci fosse un domani.

E lì, signore e signori, se ne vedono davvero delle belle. Ve lo assicuro.

Oh, sì. Quando la gente per ragionare, decidere e tirare e giungere a conclusioni usa la parte del corpo dalla cintola in giù, accadono cose davvero turche.

Inaudite.

Qui abbiamo davvero i fuoriclasse della stupidità.

Tipo un tale che si teneva una pistola sparachiodi sul comodino mentre dormiva per difendersi da eventuali attacchi o aggressioni notturne da parte di non meglio precisati malintenzionati, dato che non gli era riuscito di ottenere il porto d'armi.

Chissà come mai.

La teneva vicino al telefono. E una notte, quando quello si é messo a squillare, nel buio ha impugnato la pistola convinto che fosse la cornetta e si é sparato alla tempia.

Fece giusto in tempo a dire “Pronto?”. E la povera moglie, che gli dormiva a fianco, confessò di essere rimasta alquanto sconcertata.

Più sconcertata che addolorata. E non ci si stupisce affatto, a crederle.

Come diavolo si fa a provare dispiacere o compassione per un simile IDIOTA?

Oppure una altro genio che spese tutti i sui soldi per farsi costruire una casa totalmente sigillata.

A tenuta stagna, dato che era ossessionato dai germi. E una volta dentro prese una decisione che la si potrebbe definire senz'alcuna ombra di dubbio stoica dato che scelse di nutrirsi unicamente dei fagioli, dei cavoli e delle verze che lui stesso coltivava dentro la casa stessa, dato che a detta sua erano gli unici alimenti al mondo non trattati.

Beh...com'é, come non é, per farla breve si suicidò con le sue stesse emissioni intestinali, giusto per riprendere un argomento che si é finito di trattare poc'anzi. E pure piuttosto spiacevole.

Tirare fuori la salma da quella che si era tramutata in un'autentica via di mezzo tra una camera ed un'autentica trappola a gas non fu certo una passeggiata.

No, non fu per niente facile, dato che l'aria era talmente satura delle sue puzze da intossicare all'istante chiunque osasse avventurarsi all'interno della magione, o anche solo chi avesse provato malauguratamente ad avvicinarvisi.

Svennero in dieci, per portare via e lontano da lì i poveri resti di quell'emerito cretino.

Oppure abbiamo, last but not least, ultimo ma non certo per importanza...il gestore di un piccolo negozio di sali e tabacchi con ricevitoria annessa e dedicata ai gratta e vinci e alle varie lotterie nazionali.

Tutta roba per spennare i gonzi e i vecchi bacucchi col miraggio di grosse vincite, e spingerli a giocarsi e bruciarsi mezzo stipendio e mezza pensione, a seconda dei casi. Se non del tutto.

A parte quando ad uno di loro capita una volta su cento, su mille, su di un milione se non addirittura su un miliardo la gran botta di fondo di vincere per davvero.

Sul serio. E pure una grossa somma.

La cosa peggiore é quando accade con un vecchio. Lì ci si rende conto, proprio malgrado e con una feroce quanto vistosa punta di giustificata invidia, che la fortuna é davvero cieca.

Cosa accidenti se ne può mai fare di tutti quei soldi una vecchia mummia incartapecorita con una zampa e pure l'altra dentro alla fossa, e che é ormai più di là che di qua?

Che ci si creda o no...é quello che deve aver pensato anche il gestore del negozio visto che per tutta risposta ha arraffato il biglietto, si é precipitato a rinchiudero al volo dentro ad una cassetta di sicurezza senza rivelarne l'esatta ubicazione e poi é corso dritto filato all'aereoporto più vicino. E da lì si é diretto per un viaggetto di sola andata verso uno di quegli atolli che oltre ad essere veri e propri paradisi anche dal punto di vista fiscale oltre che turistico, non permettono l'estradizione forzata dei residenti o di chiunque vi metta piede, indipendentemente dalla ragione.

Nemmeno per motivi di stampo giudiziario.

Furbo? No, scemo. Per non voler dire di peggio.

Perché aveva architettato tutto da tempo, e con estrema cura. Aspettava solo l'occasione buona.

Ma non aveva calcolato che in caso di furto con relativa denuncia i biglietti vincenti vengono invalidati all'istante.

Ha fatto tutto pensando di essere diventato ricco sfondato,e invece non aveva in mano che un pugno di mosche.

Se mai a qualcuno venga qualche dubbio sull'intelligenza mammifera, o sul fatto che esista il suo corrispettivo opposto ovvero la turgida quanto lampante deficienza...si tengano a mente queste tre belle quanto illuminanti storielle.

Tsk. E poi ci si stupisce se una volta un eminente studioso, alla domanda su cosa o chi o come gli sarebbe piaciuto rinascere in una vita successiva, candidamente rispose che gli sarebbe piaciuto tanto rinascere come virus di una malattia di cui nessuno aveva ancora scoperto il vaccino o la cura.

In modo da sterminare il maggior numero possibile di suoi simili, prima che potessero sviluppare gli opportuni anticorpi con cui neutralizzarlo e debellarlo in via permanente e definitiva.

Chissà che il suo sogno o desiderio non si sia avverato per davvero, visto che lo scienziato in questione é venuto a mancare già da parecchi anni orsono...

Non ci sono certezze, insomma. Non vi é alcuna garanzia a cui potersi aggrappare o anche solo appellare, a questo mondo.

L'incertezza sembra essere l'unica, sola, vera certezza.

Certo, non é che le norme e le leggi diano poi questa gran zampa, sotto ad un certo punto di vista.

Spesso ai truffati, una volta subito il torto o l'ingiustizia, non viene nemmeno data la soddisfazione di vedere riconosciuti i propri diritti di vittima, e neanche un adeguato indennizzo o risarcimento che li possa almeno in minima parte compensare di quanto hanno patito. Così come i truffatori che li hanno adescati e raggirati spesso non subiscono né ricevono una sacrosanta pena o punizione commistionata ai reati commessi.

E' innegabile che talvolta i disonesti vengono in gran parte agevolati dalla dabbenaggine di chi hanno danneggiato. Che il più delle volte é solamente buona fede mal interpretata o rivolta alla persona sbagliata.

Ma la stupidità, specie se aggravata...andrebbe considerata pari ad un REATO.

Ad un qualsiasi altro reato.

Ma resta e rimane il fatto che un danno andrebbe sempre risarcito, indipendentemente dalla causa o dallo svolgimento dei fatti. E un crimine andrebbe sempre perseguito, e condannato.

Perché se non si fa così...allora di fatto equivale ad autorizzarle, quelle azioni e quegli atti così meschini e riprovevoli.

Li si giustifica, se pur in qualche aberrante modo. E di conseguenza, si perde progressivamente fiducia nelle istituzioni.

Il mondo non dev'essere dei furbi, e non dev'essere vero che chi si lascia ingannare é sempre destinato a perdere.

E' così, ma bisognerebbe fare in modo che non lo sia. E che non lo diventi mai più.

Cose simili non devono mai più accadere. Non di nuovo.

Non una seconda volta, appena ci si rende conto del problema. E che in passato si é allegramente quanto colpevolmente passati sopra e sorvolati sulla cosa, dandogliela vinta a chi il problema in questione lo aveva generato e causato. E che continuava a ripeterlo e reiterarlo impunemente ancora oggi.

Bisogna far parte dei buoni. Perché di cattivi ce ne sono già fin troppi...

Così sosteneva una nota coniglietta dagli occhi di ametista e dal pelo grigio e screziato di chiaro.

Coraggiosa quanto ingenua. Determinata quanto sognatrice.

Una coniglietta per la quale un'altrettanto noto esemplare di maschio di volpe rossa aveva perso letteralmente la testa. E a cui aveva rubato il cuore.

Per sempre. E lui era stato ben felice di farselo sottrarre.

Glielo avrebbe gentilmente offerto e donato, se soltanto glielo avesse chiesto. Insieme alla sua stessa vita.

Sempre per prendere ed usare a prestito le parole di quella famosa quanto tenera coniglietta, anche se erano guai a darle della tenera...la vita reale e quotidiana, così come il mondo, sono una cosa delicata. Ed estremamente complicata.

Persino troppo complicata, alle volte. Inutilmente complicata. Fino all'eccesso.

Il mondo delle storie, delle fiabe, delle favole...il mondo della fantasia é infinitamente più semplice, senza tutte queste pesanti complicazioni di mezzo. Senza tutte quelle tante, troppe bardature che lo limitano e lo impediscono ad ogni pié e zampa sospinti.

Perché tutto lì si basa su di un meccanismo efficace e rodato da anni. Da decenni. Anzi, da secoli. Addirittura da millenni.

Da che esistono i mammiferi, sono sempre esistiti pure i racconti.

Sembra proprio che da quando siano al mondo, e si siano resi conto di esserci, come prima cosa abbiano dovuto per forza trovare un modo per adattarsi e sopravvivere, piegando quello stesso mondo su cui avevano cominciato a posare le loro orme ed impronte. E che subito dopo si siano resi conto di non poter fuggire o scappare da quel mondo, quando hanno visto che nonostante tutti i loro impegni e sforzi non sarebbe mai diventato come volevano e desideravano.

Non potevano andarsene, anche se non gli piaceva com'era. Li erano e lì restavano. E lì sarebbero rimasti.

Per sempre, sino alla fine dei loro giorni e delle loro vite. E allora...

Allora presero ognuno a crearsi un loro mondo immaginifico ed immaginario. Dentro alle loro teste e ai loro cervelli. Il mondo perfetto che fuori potevano solo sognare, e che non avrebbero mai potuto avere.

Il mondo dove loro stessi, che ne erano i creatori, ci stavano dentro e ci sguazzavano e ci si sollazzavano alla grande. Dove ci vivevano da imperatori, re e da papi.

Il mondo creato per liberarsi ed affrancarsi dall'unica cosa che non gli era riuscito di modificare del mondo vero e reale, in modo da potersi così affrancare da esso. Ed essere così liberi.

Ecco. La libertà. La capacità di decidere da soli di sé stessi e della propria vita. E di riuscire a realizzare da grandi quel che si voleva fare tanto da piccoli. E che purtroppo nella realtà di tutti i giorni non si può mai riuscire a fare.

Raramente ci si riesce. Quasi mai, a volerla dir tutta. Perché si vive e si occupa un posto dentro ad una società sclerotica, immoblie e in mano a vecchi bacucchi e ottusi che non capiscono più nulla e niente del mondo che li circonda perché ormai quello stesso mondo é andato avanti. Ad una velocità vertiginosa, al punto che non ce l'hanno più fatta a tenere il passo e sono rimasti indietro.

Quel mondo che governano o meglio, tentano di governare e controllare ha scoperto un bel giorno che ha potuto andare avanti benissimo senza di loro. E che di tutti loro poteva fare tranquillamente a meno.

Vecchi barbogi a cui non rimane più tanto da vivere, e che spesso hanno più di mezza zampa dentro alla tomba, insieme ad una considerevole quanto cospiqua parte del loro corpo ormai consunto e decrepito. Ma roba che si fermano per più di mezzo secondo il terreno sotto di loro si apre e dalle viscere del sottosuolo fuoriescono nugoli di vermi pronti a ghermirli per trascinarli via con loro. E portarli nell'unico posto che ancora gli spetta, e dove avrebbero già dovuto finire da un bel po'.

Nella bara.

Vecchi a cui ormai interessa e frega solamente tirare a campare. Che non hanno più alcuna forza, energie, volontà di provare a cambiare e migliorare le cose. Men he meno interesse. E che ciò nonostante si permettono ancora di continuare a riempire impunemente ed immeritatamente posti di comando e di rilievo, e a dettare legge. E ad abbaiare e sbavare ordini.

Ecco, quelli sono i VERI criminali. Quello, il loro, é un autentico comportamento criminale.

Prima di colpire i delinquenti in mezzo alla strada, si vada a prendersela con loro. Che tanto sono facilissimi da trovare. Se ne stanno tutti belli e comodi comodi seduti nelle riunioni, nelle assemblee, nei parlamenti e nei senati. E nelle magistrature, talvolta.

Ma non é facile. Per niente. E quindi...si prefersice rifugiarsi nel proprio mondo immaginario.

Un mondo dalle meccaniche semplici quanto efficaci, su cui é meglio e decisamente consigliabile non intervenire e non interferire. Altrimenti si inceppa tutto, e poi la gente si sveglia.

E quel che credeva essere un sogno si rivela invece un autentico INCUBO. E allora sì che dopo sono veramente guai.

In realtà vi é solo una regola assoluta, che andrebbe osservata in ogni situazione.

Da rispettare sempre, comunque e quantunque. Che é la regola dell'affabulazione.

L'affabulazione. Ecco la parolina magica. Perché, sotto sotto e a conti fatti, sempre di una sorta e forma di magia si tratta.

Il tacito, quanto sottinteso, ma comunque indissolubile legame che si viene a creare tra chi la storia la narra e chi invece la sta ascoltando. L'affidarsi totalmente con fiducia, gioia e gratitudine a chi sta raccontando, quasi fosse un privilegio riservato a pochi solo il fatto di avere la fortuna di poter essere, stare e trovarsi lì, in quel dato e preciso momento, a sentire quel che egli sta dicendo.

Senza fare domande o obiezioni, per tutta quanta la sua durata. Come se fosse un sermone, una predica od un'omelia. O un'autentica messa svolta in chiesa.

Un vero atto di fede. Come quando si studiano i tomi antichi e divini, e le altrettanto sacre scritture.

Tradotto in soldoni...io mi impegno a raccontarti una bella storia, o almeno una storia che io giudico bella e valida. Perché l'ho fatta io. E tu, per tutta quanta la sua durata e per il resto che rimane ancora da rivelare, ti prendi l'impegno e prometti di startene buono e zitto e di non rompere o scocciare con cavilli inutili quanto fastidiosi. E solo alla fine mi dirai se l'hai gradita o meno.

Se l'hai adorata, oppure no. Se ti é piaciuta, oppure ti ha fatto schifo.

Se ti ha lasciato qualcosa...tanto meglio. Se invece non ti ha lasciato nulla, oppure ne sei rimasto impermeabile o indifferente...va bene lo stesso. Poco importa.

Il mio scopo era quello di raccontare la storia. La MIA storia. Quella che mi é costata tempo, fatica, sudore e notti insonni. Indipendentemente dal fatto o meno che agli eventuali e casuali fruitori sia andata a genio, oppure di traverso giù per il gozzo.

Narrare. Oppure scrivere. O comporre. O suonare. O cantare. O disegnare. O Dipingere. O qualunque altra cosa.

L'importante é farlo per il puro piacere di farlo, indipendentemente dal risultato.

E l'auto – imporsi qualcosa di estremamente gradevole, perché piace un sacco il solo farlo. Al punto che non ne si può più fare a meno. Al punto che si sta persino male, quando non lo si può fare o per qualche ragione o motivo si é purtroppo costretti a soprassedere.

Al punto che lo si fa persino in quelle giornate in cui non si ha voglia proprio di farlo, e che si preferirebbe fare qualunque altra cosa.

Anche farsi infilare persino degli spilloni acuminati ed arroventati sotto alle unghie delle proprie zampe inferiori, tanto per fare un esempio.

Eppure lo si fa lo stesso, ugualmente. Perché d'istinto si sa di stare facendo la cosa buona, giusta e corretta. E poi si scopre che si aveva ragione, perché i giorni in cui si ottengono i risultati migliori sono proprio quelli in cui non si ha nessunissima voglia al mondo di cimentarsi e di mettersi dietro.

Non vi é uno scopo, non vi é un fine. E' come una meditazione.

E sì, é chiaro. Diventa anch'essa una dipendenza. Però é salutare, e non nociva o tossica come altre di tipo ben più pericoloso.

La costanza. E' l'unica sostanza assolutamente legale, gratuita, innocua e riconosciuta dalla legge. Di cui poter abusare a piacimento senza rischiare conseguenze di sorta. Perché é la sola che ci tiene vivi e vegeti.

Alla fine, man mano che si procede lungo il proprio sentiero della vita...pian piano ci si rende sempre più conto sono ben poche le cose che un mammifero impara e che sono davvero importanti, nel corso della sua esistenza.

Ed una di queste, forse la più significativa tra tutte le altre...é che, alla fine, é davvero tutta una questione di costanza. E nient'altro.

Il vero mistero é un altro, se mai. E parte da una semplice domanda. A cui basta una sola ed egualmente semplice parola, per venire formulata.

Perché?

Perché ci piacciono così tanto? Perché ci piacciono così tanto, queste discipline? E per quale motivo ci piace così tanto applicarci su di esse con così tanto impegno e dispendio di forze, risorse ed energie?

La risposta é altrettanto ovvia, se ci si pensa.

Perché tutte le discipline, alla pari delle storie, delle fiabe, delle favole e dei racconti in generale, si basano su regole ben precise a cui non ci si può sottarre o fuggire. E con cui non si può assolutamente sgarrare. Pena il crollo e la rovina del castello di carte si cui si poggiano e sul quale sono state fondate.

E sono le regole, che cerchiamo. Perché sono un manna. Sono forse l'unica certezza in un mondo ormai sempre più pazzo. Reso sempre più folle e squinternato dalla velocità estrema con cui cambia e muta tutto ad ogni istante. Dove l'unica certezza rimasta é l'incertezza.

Dentro ad una storia funziona tutto. Perché ne siamo noi o chi l'ha creata, gli artefici. E nel caso fossimo noi a ricoprire il ruolo dei fruitori piuttosto che degli inventori...sappiamo benissimo, chi l'ha creata.

Fuori non funziona niente. Quasi mai niente. E non sappiamo nemmeno a chi dare la colpa, visto che dopo più di duemila anni, senza contare quelli non accreditati secondo il punto di vista di una certa data storica, ancora non siamo ben sicuri sull'identita precisa di colui che almeno in teoria dovrebbe detenere la paternità dell'opera.

Le regole. Perché si dice che la libertà a questo mondo non esista. Ma forse le cose non stanno proprio così.

Forse la libertà, sotto certi aspetti, esiste. Esiste per davvero. Ma bisogna intendersi e mettersi d'accordo, prima.

Forse la libertà non consiste nell'infrangere le regole, ma piuttosto di sapersele dare.

Non si tratta di infrangere qualunque regola esistente, ma piuttosto di sapersene dare almeno una che sappia durare.

La libertà é un bene prezioso. E forse é talmente prezioso che andrebbe razionata, come sosteneva un tale.

Ma come sempre, bisogna prima capirsi e poi arrivare ad eventuali conclusioni.

Non può spettare ad un altro, di farlo. Non possono essere gli altri, a limitarla e razionarla. Altrimenti si dà vita ad una tirannia. E non é questo ciò che si vuole.

Non lo si può volere per davvero. E andiamo.

Ognuno dovrebbe essere in grado di farlo per conto proprio. Deve assolutamente imparare, a farlo per conto proprio.

E' fondamentale.

Si prendano i film di animazione, ad esempio. Che possono essere definiti come le fiabe, le favole odierne e moderne. Di oggi. Perché sono in grado di dare vita ad uno spettacolo che nessun narratore ormai é in grado di eguagliare.

E' come mettere a paragone i fumetti come i cartoni animati. Per l'appunto. O la televisione in bianco e nero con quella a colori. O lo schermo televisivo con quello del cinema. O i giocattoli coi videogames.

Nel senso che in ognuno degli esempi che si é appena terminato di citare, il secondo elemento...é meglio!

Risulta sempre il migliore, se messo a confronto diretto col suo concorrente appartenente all'epoca e alla generazione passata e precedente.

Ma stravince a mani e zampe basse, proprio.

Ebbene...anche lì, anche nei film di animazione vi sono delle regole fisse quanto immutabili. Il cui insieme rappresenta l'elemento conduttore, il filo rosso che collega tutte le opere appartenenti alla siffatta e suddetta categoria.

Quelle passate, quelle presenti e quelle future. Quelle già fatte, quelle che stanno uscendo o che stanno e sono in procinto di uscire e quelle che un giorno verranno.

Anche il seguito di qualcuna che abbiamo particolarmente e così tanto amato, si spera...

Possono cambiare gli elementi di contorno o di contesto, l'ambientazione, i personaggi. Tutto quel che si vuole, che si desidera e che più aggrada. Ma quel che concerne e che costituisce la struttura portante, no. Assolutamente no. Deve rimanere stabile, perpetuo ed immutato nel tempo.

Cambiare tutto per non cambiare nulla, in fondo. Perché squadra che vince non si cambia.

Compagine, generali e capitani vittoriosi e che trionfano non vanno mai ceduti. E le care, vecchie gag sono e rimangono le migliori in assoluto. Garantito.

Potranno anche non piacere più, in certi casi. Ed avere i suoi accesi quanto irriducibili detrattori che sostengono quanto ormai siano sorpassate e superate. Ma le vecchie gag, anche quelle invecchiate peggio del cucco, sono sempre valide. E funzionano altrettanto sempre.

Ma alla grande. Alla grandissima.

La torta in faccia fa sempre ridere. Perché la gente, in fondo, é abitudinaria. Tremendamente abitudinaria. E vuole sempre le stesse cose.

Vuole certezze a cui potersi aggrappare. E sapere di potercisi aggrappare, in caso di bisogno.

Certezze in un mare di incertezze croniche.

In un mondo dove l'unica certezza é l'incertezza. Ricordate?

Se si pone un minimo di attenzione li si nota subito, questi subdoli quanto furbi meccanismi.

All'occhio di uno spettatore coscienzioso, cosciente e consapevole non sfugge mai, infatti, che in genere e come da copione stagionato e consolidato la terza volta é quella buona.

Sì. Esatto. Quando uno dei personaggi tenta qualcosa. E di solito si tratta di qualcosa ai danni dell'antagonista. Che, nel caso la vittima prescelta e predestinata faccia parte dei buoni o abbia un allineamento legale, spesso finisce col ritorcersi contro a colui che lo ha eseguito e messo in atto.

E poi giù risate. Anche se ormai lo si sa, ormai si sapeva benissimo che non si sarebbe scoppiati a sghignazzare e non si avrebbe iniziato a farlo prima del terzo ciak.

Perché la terza é quella buona. Quella definitiva. Da sempre.

E' un classico.

Erano già due volte che qualcuno provvedeva ad interrompere il piccolo folletto del deserto, e giusto un attimo prima che potesse esporre quanto avesse da dire. Ed il suo parere in merito alla situazione. Con in più qualche giusto consiglio adatto all'uopo, magari.

E invece prima ci si erano messi i pompieri con tanto di sceriffo del paese vicino e confinante.

Per carità. In fin dei conti stavano facendo ed assolvendo al meglio delle proprie possibilità quel che era il loro compito, dovere e lavoro. E quello di informare e mettere al corrente gli ufficiali e responsabili dell'ordine pubblico in carica di una cittadina vi rientrava a pieno diritto, nelle loro incombenze. Ci mancherebbe altro.

Poi si erano infilati di mezzo e di traverso i cittadini stessi. Quelli più pettegoli, impiccioni, invadenti e linguacciuti. Che ovviamente ci tenevano e non avevano di certo mancato l'invitante occasione di dire la loro, di esternare la loro incomoda quanto fastidiosa opinione a riguardo. Anche se, a volerla dir tutta ed onestamente, nessuno glielo aveva particolarmente chiesto.

Che poi erano anche diventati i suoi compaesani, o forse era lui ad esserlo diventato nei loro confronti, volente o nolente e d'accordo o meno che fosse. Ma in ogni caso, avevano ottenuto l'effetto di far infuriare quella che era la sua attuale compagna di fazione e provvisoria partner di lavoro. Nonché nuova allieva. E promettente, anche.

Sì. Il tappo nutriva grandi, grandissime speranze in lei. Peccato soltanto che due o tre concetti dovevano risultarle ancora alquanto difficili, da riuscire a digerire e mandar giù.

Soprattutto quello relativo allo lasciarsi scorrere e scivolare addosso le cose. Quello era più che evidente.

La gente ciarlava ed aveva così tanta voglia di mettersi a fare gli uccellacci del malaugurio, anche se di fatto i volatili non esistevano più? E chi se ne importa.

Si é in un paese libero, sino a prova contraria. Ad ognuno che decide di parlare e di prendere la parola dev'essere garantita ed assicurata la stupenda libertà di dire quel che vuole, che si sente e che più preferisce. Così come chi ascolta può bellamente ignorarlo e far finta di sentirlo, facendosi entrare le sue parole da un padiglione auricolare per poi farsele uscire subito e prontamente dall'altro. E senza lasciare tracce o strascichi dentro al cervello. O a qualunque cosa stia lì in sostituzione o a farne le veci, riempiendo e ricoprendo lo spazio tra i due timpani.

Bastava infischiarsene allegramente, come faceva lui. Come aveva sempre fatto lui, ogni volta.

Tsk. Un giorno lo avrebbe capito anche Magda. Sempre ammesso che arrivasse a vederlo, quel giorno. E che vivesse abbastanza a lungo da poter capire quel che avrebbe visto.

Bene. I primi due tentativi non erano andati a buon fine. Anzi, erano decisamente naufragati e finiti a mare.

Certo, aveva masticato bile e amaro. Ma aveva deciso che non gliene importava poi tanto. E aveva seguitato a far finta di nulla.

Occorre stabilire in anticipo e per gradi, quando vale la pena di infuriarsi per davvero e sul serio.

Aveva deciso di fare come il tizio di una vecchia e rinomata freddura, anzi barzelletta.

Un tale che incontra un altro tale che prende ad insultarlo e ad ingiuriarlo in mezzo alla strada dandogli della carogna, del disgraziato e del farabutto. Il tutto con gli occhi rossi e letteralmente fuori dalle orbite e la bava alla bocca per la rabbia e la collera. E condendo i vari improperi col suo nome, scandito a più riprese tramite urla sguaiate ed assordanti ed accompagnato da una ripetuta quanto monotona minaccia. Ma tutt'altro che velata.

“IO TI AMMAZZO, JOHN! TI AMMAZZO, HAI CAPITO?!”

Uno, davanti ad una reazione così violenta e veemente, avrebbe potuto o dovuto come minimo spaventarsi. O allarmarsi, un poco. O quanto meno rimanere contrariato o infastidito, fosse anche solo un minimo. Oppure chiedere il perché di così tanto astio da parte sua nel caso si fosse trattato di una persona educata, tranquilla, riservata e mansueta.

Eppure, il tizio che si era ritrovato investito da tutti quegli epiteti rimase pressoché impassibile, come di pietra. Non fece una piega.

Qualcuno é in grado di dirmi forse il perché, di così tanta tranquillità da parte sua? La ragione che gli ha di fatto impedito di prendersela?

No? Oh, beh...allora ve lo dirà il sottoscritto. Ma solo per questa volta. Ci siamo intesi?

E' molto semplice. Bisogna sapere e va detto che il tizio in questione...NON SI CHIAMA AFFATTO JOHN.

No. John non era il suo nome.

E allora, stando così le cose...qualcuno potrebbe e si degnerebbe di spiegarmi per quale motivo al mondo dovrebbe averne a male, se un imbecille decide di prenderlo a male parole senza un motivo?

Il classico esempio di ragionamento che spiazza. O che spezza, a seconda dei casi.

E' tutto chiaro, ora? Se arriva un tizio, fosse anche un energumeno grande e grosso che vi copre e vi riempie e vi subissa di parolacce chiamandovi John...non avete nulla di cui preoccuparvi.

Sempre che non vi chiamiate veramente John, beninteso. In quel caso...non si saprebbe proprio come aiutarvi.

Il nanerottolo decise di seguire l'esempio, l'atteggiamento ma soprattutto la filosofia di quel tale. E come lui non fece una piega. Ed inoltre non era il caso di perdere tempo perdendosi in quest'emerita vagonata di bazzecole, quisquilie e pinizillacchere.

Meglio riservare le energie e la concentrazione per qualcosa d'altro.

Anche perché adesso...adesso era giunto il suo turno, finalmente.

Era arrivato il suo momento. Non vi erano più impedimenti o scocciatori di sorta, nei paraggi. E poi...

E poi si era giunti alla fatidica TERZA OCCASIONE, no?

Lo sanno tutti che é quella buona, del resto. Le regole dei film di animazione non sbagliano mai.

Se fossero stati all'interno di un cartone animato quella regola costituiva un suo diritto sindacale.

Ed alle volte, anche se non avrebbe saputo dir bene il perché o il percome di tale impressione...aveva il chiaro sospetto di STRACI DENTRO SUL SERIO, in un dannatissimo cartone animato.

Lui, la piccola volpe delle dune, FIREFOX VOLPE DI FUOCO...lui VEDEVA OLTRE.

Lui vedeva al di là dello schermo. Aveva sempre visto oltre la pagina.

Sapeva che sopra al foglio e alla pellicola ad otto millimetri ora in formato digitale e non più analogico ci stava un tizio. Ma cosa più importante...Finn sapeva esattamente COME RAGIONAVA QUEL TIZIO.

Sono tutti uguali. Ed il bello é che si credono tanto creativi, ed unici al mondo. E diversi l'uno dall'altro, al punto che si sentono umiliati se messi a parogne tra loro o con uno stimato quanto illustre collega di settore.

Bum! Almeno a parole.

Conosceva i meccanismi. Li conosceva a menadito. Pressoché alla perfezione.

Era pronto. Più che pronto. Praticamente era NATO pronto.

Si era concesso giusto il tempo di prendersi un bello quanto ampio respirone a pieni bronchi e polmoncini, riempiendoli ed espandendoli con tutta quanta l'aria che gli era possibile, prima del suo intervento. Ma...

Ma andò tutto storto e a rotoli anche stavolta. E giusto un attimo prima.

Anche stavolta pure quello.

Anche stavolta il buon vecchio Finn dovette abbandonare momentaneamente i suoi propositi, e si ritrovò costretto a rinunciare ad esporre i proponimenti a cui sembrava tenere davvero tanto.

Ma con una piccola quanto determinante e significativa differenza, rispetto ad ambedue le altre volte precedenti.

In quel paio di occasioni aveva deciso e si era ripromesso a sé stesso di far buon viso a cattivo gioco, nonostante la cosa lo avesse alquanto seccato. E rendere uno come lui nervoso non era mai una buona idea.

Questa volta, invece, non ne fu per niente dispiaciuto.

No, non ne rimase affatto piccato.

Chi lo aveva interrotto aveva scardinato e distrutto una delle regole auree del settore.

Ma pazienza. Evidentemente andava fatto. Perché si ritrovavano in una situazione di autentica emergenza, immersi in una marea di polifosfati organici fino al collo. Per non dire di peggio.

Restava solo, solamente e soltanto da pregare, augurarsi e sperare che a nessuno venisse in mente di fare l'onda. Anche se un certo pendaglio da forca, manovrato a sua volta da un altro pendaglio da forca strapieno di soldi che credeva di poterlo comandare a proprio piacimento come un burattino senza rendersi conto di quale razza di piaga, di calamità e di disastro naturale aveva deciso di portare da quelle parti e di portarsi direttamente in casa sua pur di avere ragione e la meglio su quelli che aveva eletto a suoi nemici giurati...quel pezzo di delinquente non vedeva l'ora di farla, la famosa onda. E l'avrebbe fatta e ripetuta fino a sommergerli nel liqualme. Fino a farli annegare.

Erano messi alle strette. Con le spalle al muro. Incatenati e legati ad una camicia di forza mentre precipitivano a sasso e a piombo sul fondo del mare.

Anzi, del liquame. E per uscirne, per uscirsene da lì vivi, vegeti e tutti interi...dovevano essere pronti a tutto. Pronti a rompere gli schemi, a rompere le consuetudini e le abitudini, a rompere le scatole.

A rompere tutto, insomma. A spazzare via tutto quello in cui avevano sempre creduto, e ad approcciarsi alla nuova sfida con metodi originali, innovativi e non comuni. E soprattutto non convenzionali.

Perché quelli consolidati avevano dimostrato tutta quanta la loro indaeguatezza ed inefficacia, contro il pericolo che erano stati chiamati ad affrontare, fronteggiare e risolvere.

A estremi mali, rimedi estremi. Anche se non é che il proverbio fosse proprio così.

Il possibile non é che fosse mai servito a troppo e a questo gran che, da quelle parti. E quindi non lo avevano mai preso in minima considerazione, sin dall'inizio.

L'impossibile lo avevano già tentato, e lo stavano già facendo. Per un po' aveva funzionato e qualche risultato lo aveva portato a casa ed in sacoccia, ma ora...adesso come adesso non bastava più.

Non era più sufficiente nemmeno lui. Qui, per farcela...

Qui per farcela occorreva, ci voleva un MIRACOLO. E forse stava arrivando la persona giusta. Colui che avrebbe potuto davvero realizzarne uno.

Il solo ed unico, che poteva compierlo.

Dopotutto...le cose da quelle parti avevano preso, iniziato e cominciato a funzionare da quando si era messo a fare di testa sua, a modo suo e con regole e metodi tutti suoi.

No? Non era forse così?

Metodi un po' strampalati, stravaganti e forse persino pittoreschi. Ma di sicuro efficacissimi. E questo era innegabile. E bisognava senz'altro riconoscerglielo, prenderne e dargliene meritatamente atto.

Lo aveva preso con sé che era uno stupidotto sprovveduto, spaurito, imberbe ed implume.

Cera ed argilla molle tra le sue zampe, che aveva saputo modellare e trasformare a suo piacimento. E a regola d'arte.

E quel cucciolotto, una volta cresciuto, era diventato più grande di lui. In tutti i sensi ed in ogni accezione del termine. Ed un bel giorno aveva finito col superarlo, addirittura.

E non solamente in altezza, che quella in fin dei conti era la parte più facile.

Ne aveva fatto un marpione in grado di andare a vendere una palla di neve ai diavoli fin nel fondo dell'inferno. Per poi darsela a gambe prima che arrivasse a sciogliersi per il gran caldo, e che i padroni di casa prendessero ad inseguirlo coi forconi appuntiti. Ed il tutto mentre al contempo non smetteva di contare per filo, per segno ed alla precisone le banconote componenti il frusciante mazzetto di bigliettoni che gli aveva appena estorto mediante il più recente raggiro.

Geniale, a dir poco. E scusate se é poco.

Avevano messo a segno dei colpi e delle truffe memorabili. Archittetate insieme, e poi tutte quelle che gli aveva trasmesso ed insegnato. Più qualcuna a cui non aveva mai pensato.

Ma si dice che l'artista, ogni artista, la sua opera più grande debba ancora compierla.

E qui, gente mia...ce n'era tutta l'aria. Sissignore.

Al suo primo ritorno e rientro in scena e sulle scene dopo una pausa forzosa e forzata...aveva già stravolto tutto. Sin dal minuto zero.

E come la si può chiamare o definire, una cosa simile?

Ve lo si dice noi, così vi si risparmia la fatica. Ed anche stavolta ve lo si fa solo per questa volta, ve lo si raccomanda.

No, sul serio. Come la si chiama, una cosa del genere?

UN BUON INIZIO. Anzi...UN BUONISSIMO INIZIO.

Ecco come.

Sì. Lui ce l'avrebbe fatta. Ce l'avrebbe fatta senz'altro.

Lui avrebbe trovato il modo. E capito come.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A bloccarlo era stata una voce proveniente da dietro le sue minute e piccole spalle.

Una voce che conosceva bene. E che sia lui che Maggie furono felici, felicissimi di poter risentire. Di nuovo.

Il fennec si voltò e si girò d'istinto, non appena vide un sorriso ampio e raggiante comparire sul musetto di lei, illuminadoglielo per intero. E sorrise a sua volta.

“Socio!!”

“Nick!!”

Due parole ben diverse, messe a paragone della prima che avevano gridato non appena si erano resi conto che il loro capitano e comandante aveva fatto la sua ricomparsa. Ma che in fondo volevano dire e comunicare entrambe la stessa cosa. E che furono anch'esse gridate all'unisono, dato che riuscivano ad esprimere ugualmente lo stesso concetto e la medesima gioia.

Nick era tornato. E la squadra era di nuovo unita.

Non c'era bisogno d'altro.

Certo, c'erano e ci sarebbero state da lì a poco parecchie cose di cui discutere. E problemi da esporre. E strategie da formulare e pianificare con estrema cura ed attenzione. Ma ora...

Ora, davvero, non serviva altro.

Nick era tornato. Era tornato!

TORNATO!!

E tanto bastava.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La volpe li stava osservando a breve distanza.

Era fermo ed in piedi, e bello ritto sui suoi arti inferiori. Completamente immobile, anche se a giudicare dal respiro alquanto affannoso doveva aver galoppato non poco per riuscire a raggiungerli in tempo. Come minimo.

O forse si era mosso in contemporanea a loro, chissà. E nelle sue condizioni anche una camminata a ritmo blando o con un accenno appena appena sostenuto doveva costituire ed essergli costata senz'altro un gran bel mucchio di fatica.

Ricambiò la coppia di sorrisi, ma si concesse quel gesto giusto il tempo di un istante.

Con tutta quanta la probabilità lo sforzo appena affrontato non gli doveva concedere altro. Persino in termini di espressioni e di mimica facciale.

Aveva e teneva il proprio braccio destro raccolto e piegato ad angolo retto e all'altezza dello sterno. Per la precisione in prossimità del corrispondente grande muscolo che, unito al suo gemello speculare, formava e dava vita al blocco dei pettorali

A sorreggerlo vi era una robusta fascia scura messa di traverso e a tracolla mentre l'altro, il sinistro, quello rimasto ancora sano e perfettamente integro e funzionante, stava allacciato attorno alla vita e parte della schiena di Laureen, ricoprente la funzione di accompagnatrice. E non certo in senso o in termini dispregiativi, tutt'altro.

Quest'ultima, infatti, stava cercando di stare al suo passo ed al contempo lo teneva a sua volta su per un fianco, facendogli da improvvisata quanto provvidenziale stampella. Il tutto stando ben attenta a non correre il rischio di inciampare o di incespicargli addosso, facendolo così finire a terra con sé.

La parte inferiore del busto di lui era completamente fasciata con numerosi e stretti giri di benda taglia mammifero medio grosso, senza lesinare che tanto a quel modo si copriva di più e poi si risparmiava senz'altro sulla quantità applicata ed impiegata. Inoltre, una serie di cerotti di varie foggie, forme, dimensioni e lunghezze gli tappezzavano la parte superiore come e meglio della carta da parati. Insieme alle braccia, alle spalle e a buona parte del muso.

Più che un predatore pareva un'ambulanza vivente. O una farmacia. Oppure un deposito di stoccaggio riservato ai soli prodotti riservati al primo soccorso e alle emergenze. Entrambi semoventi e deambulanti.

Ognuno scelga che che più gli aggrada. E che meglio preferisce.

A completare il tutto la vecchia Betsie. Ormai decisamente inservibile, dato che la daina stava costituendo senz'altro una base di appoggio migliore, e senza alcun dubbio molto più assertiva e collaborativa di quanto non fosse la cara mazza da baseball. Pertanto Nick l'aveva al momento posizionata nell'incavo formato dall'ascella e la spalla destre, con l'impugnatura poggiata trasversalmente sull'avambraccio. Mentre la parte più grossa e voluminosa, quella che in genere viene impiegata allo scopo di ribattere, colpire o tutt'al più smorzare, e nel suo specifico caso il discorso non era da applicarsi alle palle da lancio professionali che venivano scagliate al suo indirizzo e nella sua direzione...la parte più grande sporgeva fuori dal retro dell'altro, messa in obliquo e che puntava decisamente verso l'alto.

L'ascella e la spalla del braccio fasciato, tanto per intendersi. Dato che al momento non poteva muoverlo né utilizzarlo in modo alcuno, risultava comunque e lo stesso utile per piazzarvisi qualcosa in mezzo o sopra.

Piazzati così, formavano davvero un singolare quadretto. Soprattutto lo sceriffo se messo da solo, va detto.

Se si fosse trattato ancora del passato e per l'esattezza dei famosi tempi antichi in cui gli antenati di tutti i mammiferi suoi simili, volpi e canidi in generale compresi, camminavano ancora a quattro zampe e col ventre che viaggiava parallelo al terreno, dara tutta quanta l'aria e l'impressione che l'avesse da poco travolto in pieno una mandria di cavalli o di puledri imbizzarriti ed al galoppo.

Oppure di BUFALI, visto che non é che con loro avesse questo gran bel rapporto.

Con uno, in particolare. Dato che non é che si fossero lasciati questo poi gran che bene...

O magari, giuto per voler fare un paragone sicuramente più moderno, al passo coi tempi e senz'altro azzeccato si sarebbe potuto dire che uno stuolo o una torma di fan e sostenitori sfegatati quanto infoiati di Gazelle avesse di colpo ed improvvisamente, e senza dubbio anche inopportunamente, di provare in modo e maniera un pochino troppo bruschi la nuova linea autunno – inverno degli stivaletti e moon – boots targati PREYDA. Di cui la bionda quanto acclamatissima pop – star era da sempre la testimonial numero uno.

Certo. Insieme ad un'altra buona mezza dozzina o forse più di prodotti commerciali e non. E solo quelli, almeno per il momento, anche se la lista con tutta quanta la probabilità di questo mondo era persino destinata ad aumentare. E da lì a breve, anche.

E...sì. Anche della stessa città di Zootropolis, non va dimenticato. Che il comune, con l'illustre sindaco Leodore Lionheart in testa, avevano speso fior di soldoni per accaparrarsela e bruciare un'altra buona mezza dozzina di avidi quanto famelici concorrenti e pretendenti. Se non di più, anche in questo caso.

Va detto che comunque la celebre cantante aveva dato tutto quanto in beneficenza, che già tra concerti e merchandising vario guadagnava abbastanza e a sufficienza di che vivere e di che soddisfare i suoi bisogni. E i suoi lussuosi capricci.

Come qualunque vip che si rispetti, del resto.

Ma da quelle parti avevano dato prova di non conoscerla affatto, anche se la volta che sullo stereo ultra – accessoriato del SUV ultimo modello in dotazione alle forze di polizia di Haunted Creek per gentile concessione del vecchio Flash e della sua cricca di autentici fenomeni scaturiti e fuoriusciti direttamente dalla sua officina...

Quella volta che si era messo su uno dei pezzi e delle hit preferite di sempre ed in assoluto da Carotina avevano fatto tutti festa, e si erano messi a ballare e a dimenarsi tutti quanti come e peggio dei matti.

Ma avevano ballato perché era una bella e gioiosa musica, che a sentirla ispirava subito una gran voglia di allegria e di far casino a tutti i costi. E da prima di subito, anche.

Era proprio vero. Era proprio come diceva lei. Come aveva sempre detto lei.

Ti faceva stra bene, la pur sempre valida TRY EVERYTHING. E ti faceva sentire di poter fare qualunque cosa. E di poter raggiungere qualunque obiettivo.

Niente é impossibile.

Tsk. Bastasse davvero una canzone, per rimettere le cose in ordine e a posto...

No, da quelle parti non dovevano conoscerla. Come minimo non dovevano sapere neanche chi fosse, l'angelo biondo con le corna.

Musicalmente parlando, erano rimasti indietro di almeno mezzo secolo o giù di lì.

Gli unici pezzi forti consentiti erano ballabili risalenti a tempi di suo nonno, che dovevano andar forte nelle balere dove portavi a far quattro salti per l'occasione le signorine, le sventole, le sbinfere, le pupe o le sgarzole di turno. Tutt'al più la cugina. Alla brutta le sorelle.

Bah. Sbinfere, sgarzole, pupe...ma senti tu che roba.

Tutta roba che sa di vecchio. Di muffo e di stantio e di polveroso, come un vecchio sgabuzzino. O un solaio. O un retrobottega che non si pulisce e non si netta da chissà quanto.

I PLOPPERS, CHUCK TERRY, le CHIPPETTES...

Quelle erano le uniche concessioni ad un po' di sana musica. Un po' vetuste, a volerla dir tutta.

Anzi parecchio, visto che provenivano tutte da quel mucchio di spazzatura via etere meglio conosciuto come DEEP THROAT FM, l'emittente dove i morti vivono ancora. E camminano tuttora sulla terra. Gestita da quello che doveva essere un autentico cadavere ambulante dal nome di ALLEN KEROUAC, meglio noto come DJ MOSCIBECCO. Che Nick ancora non aveva avuto né il dispiacere né il disonore di conoscere di persona, altrimenti avrebbe già avuto il piacere di dirgliene quattro. E più che volentieri.

Anzi...di CANTARGLIELE, giusto per rimanere in tema.

Uno che lo si raccomanda, proprio. Che quando non era impegnato a scatarrare in giro si metteva a dirne di peste, di corna e di ogni sul conto delle volpi. Veniva da chiedersi se non fosse anche lui sul libro paga di un certo suino.

Ecco, quello aveva già avuto sia il dispiacere che il disonore di conoscerlo, purtroppo. E a più riprese. Così come il tanghero che lo aveva conciato così.

A ridurlo in tal modo erano stati i colpi a dir poco micidiali di una corpulenta quanto nerboruta pantera nera dotata di muscoli di acciaio, di un oltremodo pessimo carattere e di evidenti problemi psichici di serie. Uniti a grosse, grossissime difficoltà di gestione dell'aggressività e della rabbia repressa risolti nel peggiore dei modi come optional.

E riguardo al SUV ultimo modello...c'era da scommettere che sarebbe passato di zampa, e quanto prima. E che il nuovo proprietario sarebbe stato proprio la pantera psicopatica di cui si parlava poc'anzi.
Questo, a detta di qualcuno. Di molti, a voler dire il vero e a voler essere sinceri sino in fondo.

Beh, non era detto. Ed era e restava ancora tutto quanto da vedere.

Perché l'aveva battuto. Ma non l'aveva sconfitto. Non ancora.

Eppure qualcosa era rimasto.

Sì. Qualcosa si salvava, in mezzo a tutto quel gran sfacelo su due gambe che per adesso costituiva ancora l'attuale e principale rappresentante della legge costituita, lì in quella sonnolenta e in fondo mica poi tanto ridente cittadina.

Il suo sguardo era ancora fiero e limpido, nonostante tutto. E i suoi occhi vivi e scintillanti.

La luce che sembrava animarli, muoverli e addirittura scaldarli non si era ancora affievolita.

Non si era ancora arreso. Proprio no.

Nick Wilde non aveva ancora rinunciato. Non aveva ancora rinunciato a combattere.

Voleva ancora combattere, lui.

Almeno lui.

Non restava solo che una cosa, giunti a quel punto.

Non rimaneva che da vedere e da scoprire se il resto della squadra, della sua squadra, la pensasse ancora allo stesso medo e fosse ancora rimasto dello stesso avviso.

Cosa che avrebbe capito tra poco.

Tra pochissimo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Grazie dello strappo, Laureen” disse la volpe. “Ora lasciami qui.”

“Qui?”

“Sì. Lasciami pure qui. Direi che da adesso in poi mi posso arrangiare anche da solo.”

“Ne...ne sei sicuro, bello?” Gli chiese lei, anche se intanto aveva già cominciato a mollare la presa seppur molto lentamente.

“Tranquilla. Vedrai che me la caverò alla grande. Non temere.”

Laureen prontamente obbedì, e lo lasciò andare poco a poco, ma rimanendo comunque pronta a riacciuffarlo al volo e quanto prima, nel caso iniziare a traballare un po' troppo e più del previsto.

Nel momento in cui rimase del tutto senza sostegno, la volpe sembrò barcollare vistosamente per una frazione di secondo. Poi, per fortuna, riuscì a mantenersi in piedi e sulle proprie zampe inferiori senza alcun problema apparente. Anche grazie al fatto che aveva afferrato Betsie con il braccio buono, sfilandola con un gesto rapido e fulmineo da sotto all'ascella dove stava e dove l'aveva opportunamente infilata ed agganciata, e l'aveva poggiata a terra per l'estremita più grossa.

Quella confinante con la zona dedicata alla battuta, tanto per intendersi. In modo da mantenere quel minimo di equilibrio, per quanto provvisorio e precario che fosse.

Ma la sua sostenitrice, e non certo nel senso che faceva il tifo per lui, non mancò di esternare la sua evidente quanto malcelata preoccupazione.

“Ehi!!” Gli fece. “Tutto...é tutto ok, bello? Tutto a posto?”

“Tutto ok” le ripeté lui, rassicurandola. “Non ti preoccupare, ho detto.”

“Posso starmene tranquilla, allora?” Gli ribadì lei. “Ti arrangi da solo?”

“Andrà benone, Laureen. Ora và pure al tuo negozio. Tra non molto sarà l'orario di apertura, e devi preparare tutto qutno il necessario per la prima colazione.”

“Ma...”

“Per una BUONA quanto ABBONDANTE prima colazione” specificò Nick.

“Sì, però...”

“Non c'é però che tenga. Non far aspettare Nancy, per favore. Lo sai bene che senza il tuo aiuto a gestire il negozio é praticamente persa, quella. E poi...adesso ho da fare. Ho un mucchio da fare. Non mi servi più.”

“Come...come hai detto, bello?” Disse stupita Laureen.

“Hai capito benissimo” le confermò Nick. “Ti sono molto riconoscente per tutto quanto l'aiuto, ma...ora non ho più bisogno di te. Il tuo lo hai fatto, ma adesso...tocca al sottoscritto. Mi aspetta un briefing bello lungo coi miei due fidati collaboratori.”

“Detto in altre parole...si tratta di una RIUNIONE PRIVATA” le chiarì. “E tu non hai l'invito, mia cara. Non sei sulla lista. E nemmeno fai parte del corpo di polizia. Quindi...grazie infinite. E adesso SLOGGIA, per favore. E non farmelo ripetere.”

“Ok, bello” rispose Laureen, alquanto perplessa. “Come ti pare. Mi raccomando, però.”

“Stà serena. Andrà tutto bene. A meraviglia.”

La daina completò la raccomandazione appena espressa rifilandogli un leggero buffetto sulla spalla destra. Anche per manifestargli il suo disappunto relativo alla rispostaccia che si era appena beccata. E tutto per l'unico torto di aver voluto essere soltanto un po' più premurosa del dovuto e del consentito.

Comunque, per poco la botta non ottenne quello che era riuscito ad evitare fino a quel momento, e cioé farlo capitombolare a terra. Ci mancò davvero un niente.

“Ouch!!” protestò lui. Piano, accidenti!!”

Maggie, che nel frattempo se n'era rimasta a guardare insieme al vecchio Finn tutta quanta la scena con relativo siparietto smielato ed agrodolce, fu lì lì per partite di scatto allo scopo di andargli incontro. Ed il più in fretta che le fosse consentito e possibile, anche.

Avrebbe tanto voluto farlo sin dal primo istante in cui l'aveva adocchiato, e in cui lo aveva visto arrivare. E poi anche quando l'aveva beccato sul punto di cadere per la prima volta.

Ma c'era ancora di mezzo sua madre. E lei non voleva correre il benché minimo rischio di esser costretta a doverle rivolgere la parola o anche solo un mezzo cenno di saluto. Neppure per sbaglio.

Non aveva voglia di parlarle, ecco tutto.

La loro ultima discussione le bruciava. Le bruciava ancora, anche se alla fine era stata principalmente composta dalla sfuriata di lei sola.

Era stata solo lei ad alzare la voce e ad urlare, in fin dei conti. E ad insultare, a maledire e a mancare di rispetto.

In ogni caso, loro due non avevano niente da dirsi. Proprio più niente da dirsi.

Ma adesso che lei se ne stava andando ed il campo era di nuovo sgombro e libero da eventuali fastidi, a questo punto non c'era niente che le avrebbe dovuto o potuto impedire di raggiungerlo.

Di prenderlo. Di sorreggerlo. Di abbracciarlo. E di...

Eppure, qualcosa la bloccò.

Lo sguardo. E gli occhi.

QUELLO sguardo. E QUEGLI occhi.

Era bastato scorgere il lampo. Il lampo che ne aveva attraversato le iridi smeraldine.

Quel bagliore. Quel bagliore che sembrava ribollire, come in un calderone fumante appartenente a qualche stregone o druido specializzato in arti ed incantesimi oscuri quanto dimenticati. Sia dalla gente che dal tempo.

Nick...il SUO Nick, era tornato.

Beh, che era tornato si vedeva. Ce l'aveva proprio dritto davanti agli occhi, per la miseria.

Non era questo il punto. Né il senso.

Era tornato il Nick di QUEL GIORNO.

Il giorno in cui era stato eletto...anzi, in cui si era auto – nominato ed auto – eletto nuovo sceriffo. Su richiesta del vecchio Ricketts, ovviamente. Ma non é che le cose si fossero svolte proprio in regola e secondo manuale, a volerla dir tutta e sincera sino in fondo.

Il giorno in cui aveva messo piede in centrale.

Il giorno...il giorno in cui si erano conosciuti. Ed ognuno era entrato a far parte della vita dell'altro.

Indissolubilmente. Volente o nolente. E fa pure rima, naturalmente.

Nick, in quel dato e preciso momento, le sembrava essere tornato il Nick di quel giorno.

Il giorno in cui, dopo un inizio non particolarmente esaltante, le aveva preso in men che non si dica le misure e l'aveva rimessa al suo posto mediante una ridda di ordini e di direttive nuove di zecca.

Insolite. Inedite. Entusiasmanti.

Il giorno in cui le aveva restituito il posto ed il ruolo che le competevano.

Di subalterna, come prima. Ma questa volta di vice – sceriffo. Col compito di pattugliare, indagare, accusare, inquisire ed arrestare. Ed assicurare alla giustizia.

Non più quello di segretaria d'ufficio e scribacchina personale, buona solo a compilare ed impilare pratiche, archivi e registri. E di tenere in ordine i locali adibiti all'esercizio di pubblico ufficiale, facendo la polvere di tanto in tanto.

Nick era tornato ad essere quello di quel giorno.

Praticamente INAVVICINABILE.

E così anche lei.

Valeva lo stesso discorso pure per lei. Anche la giovane daina era tornata ad essere quella di quel giorno.

Una preda. Un'erbivora. Che di colpo si ritrova di fronte a qualcuno che sta SOPRA DI LEI.

Sia per quanto riguarda il lavoro, che la scala alimentare. E che é pronto, più che pronto a dimostrarglielo. E non con tante spiegazioni o inutili giri di parole, ma coi fatti.

Bastano due file di zanne luccicanti. E la luce assassina nelle pupille del predatore sul sentiero ed in fase di piena caccia, spinto dalla fame di carne e dalla sete di sangue.

Rimase bloccata lì dov'era.

Era tornato.

Il Nick di quel giorno che l'aveva così tanto terrorizzata ed affascinata insieme.

Che l'aveva sì spaventata, ma anche stregata.

Che l'aveva ammaliata. E che forse, quansi inconsciamente ed inconsapevolmente, e con tutta quanta la probabilità senxa neppure volerlo di proposito o di preciso, aveva predisposto le basi per quel che sarebbe venuto immediatamente dopo.

A lei. E tra loro due.

Aveva già cominciato a gettare i semi per quel che sarebbe successo in seguito. Per il futuro.

Per un auspicato, sperato futuro.

Per il suo...per il loro...

Anche Finn non aveva fatto una piega. Ma per tutt'altri motivi, e differenti ragioni.

Non lo aveva scosso né sconvolto nemmeno il fatto che il suo compare usasse la sua arma da combattimento corpo a corpo prediletta come puntello, declassadola di fatto a ero bastone di passeggio.

Ci teneva, a Betsie. Come e più della sua stessa vita, dato che la considerava una parte di lui. Del suo corpo, del suo cuore e della sua anima.

Ma probabilmente, al pari di esse, non pretendeva che rimanesse linda ed immacolata.

I graffi, i segni, gli sbreghi, le gibollate e i tagli li considerava al pari di medaglie. Perché una roba, ogni roba, anche la più cara ed importante...va goduta. E senza riserve.

La roba la si usa, non la si tiene su di un piedistallo a rimirarla in perpetua adorazione.

E poi, in fondo, se gliel'aveva data e donata in prestito alla bisogna e con tempo a scadenza pressoché indeterminata e illimitata, un motivo c'era.

Ci doveva essere. E cié quello di farne uso ed impiego come più gli pareva e gradiva.

Non aveva problemi. Lui si fidava, del suo socio.

Alla brutta...aveva con sé una piccola cauzione.

Sapeva di avere qualcosa con cui ricattarlo, in caso di necessità.

Qualcosa a cui lui teneva molto. Pertanto, avrebbe fatto meglio a non fare troppo lo stupido e il disinvolto, con quel che non era suo.

Più che un prestito, si era trattato di uno scambo alla pari.

Guardò la sua collega. E realizzò che non ve n'era affatto il bisogno, di dover aggiungere qualcosa a riguardo. Tuttavia, voleva per forza dire la sua.

Non poteva farne a meno.

“Alto!!” Le intimò con un gesto da parte di una delle sue tozze manine, pur ben sapendo che non si sarebbe mai mossa da lì. Dopotutto, lo sguardo del suo socio l'aveva visto anche lui. E l'aveva riconosciuto, sia da predatore che da canide.

“Freeze” le annunciò. “Stay back, Bambi. Y don't move. Se lo aiuti...é SQUALIFICATO.”

Maggie si girò a guardarlo, sconcertata. Non credeva a quello che aveva appena sentito.

“M – Ma...ma che ca...”

“Ssshh” la zittì. “Come forse dissi un po' di tempo fa, y siempre al tò enderizzo...el volgarame lassalo ai tamarri de lo stadio, please.”

“E...e tu spiegami che cavolo intendevi, allora.”

“Quel que agg'ritt, Nuts. Nada de plus, ninti de meno.”

“No, sul serio!!” Insistette Maggie. “C – che...cavolo hai detto, scusa? C – che...che cavolo volevi dire, con quella frase? Cosa cavolo intendevi, di grazia?!”

Finn non ritenne necessario doverle rispondere. E sì che non aveva detto certo una stupidata.

Chiunque e qualunque guerriero appartenente ad una delle vecchie gangs, e degno di questo nome e del nome della banda che porta sulle proprie spalle, avrebbe approvato un discorso del genere.

Nick era il loro comandante, adesso. Che potesse piacere o meno. E un comandante...deve sapercela fare da solo.

Un comandante può venire sconfitto, e finire a terra. Ma sia quel che sia, ed accada quel che accada...quando si rialza deve sempre essere lui a raggiungere il suo gruppo. E per primo.

Dev'essere lui, a fare ritorno dai suoi prodi e fieri guerrieri. E sulle sue gambe. E non viceversa.

Mai.

Solo allora...soltanto allora lo acclameranno come vincitore, anche nel caso abbia perso.

I guerrieri, tutti i guerrieri hanno bisogno del sostegno del loro capo, per essere forti. Sapere che lui c'é sempre.

E' ben poca cosa un capo che ha la necessità di farsi soccorrere e sorreggere dai suoi sottoposti.

Certo, una volta tornato in mezzo a loro lo conforteranno, e lo rincuorerano, Oppure lo acclameranno.

Ma deve essere lui a serrare e a ricompattare le fila. Spetta a lui, e a lui soltanto.

Se finisce a baciare il pavimento...deve rimettersi e stare su ed in piedi per conto suo, con le sue sole forze. Nessuno lo aiuterà.

Nessuno poteva aiutarlo. Nessuno doveva aiutarlo. Nessun altro.

C'era solo lui. E lui soltanto.

Spettava a lui. Toccava a lui.

Era suo compito. Rappresentava il suo compito di capo, dover combattere la sua battaglia.

Quella contro sé stesso. La più importante. La più importate di tutte e tra tutte.

Doveva farcela, a risollevarsi e a rimettersi in piedi da solo. Doveva assolutamente farcela.

E così fece.

Così fece, colui che era chiamato a farlo. Colui che il destino aveva chiamato e scelto in quel luogo, in quel posto e a quell'ora precisa.

Così fece Nick. Per fortuna.

Mentre ed intanto che Laureen aveva preso ad allontanarsi percorse gli ultimi metri, se pur a fatica, e si avvicinò finalmente ai suoi due compagni.

Finn abbozzò un vago quanto lieve cenno di sorriso, all'angolo della sua bocca.

Era fiero. Era fiero di lui. Aveva fatto quel che si aspettava. E quel che ci si aspettava, da parte sua.

Aveva fatto quel che tutti aspettavano che facesse. Quel che in genere si aspetta dal protagonista.

“Hola, socio” esordì. “Il mio cuore vola alto, nel vederti. Bello alto into the cielo.”

Quella strana e singolare affermazione era il modo per dire che era felice. Ed era quello principalmente in voga tra la masnada di quegli scoppiati e sciroccati di discendenti dei nativi che stazionavano e svernavano presso le zone più interne ed impervie del distretto delle Canyonlands, a Zootropolis. E con cui lui era solito farsela, quando non era impeganto a truffare e turlupinare la gente.

Di solito per rimediare roba di quella buona. Se non per spararsela direttamente lì sul posto, subito dopo l'acquisto. Ed in buona compagnia, tra l'altro.

Che quando ci si voleva sballare e raggiungere momentaneamente il mondo degli spiriti, anche se solo di passaggio...qualche generoso volonatario non mancava mai. E spesso era il medesimo che l'aveva prodotta. E che l'istante prima te l'aveva venduta.

Era un loro vizio, girare in torno con le parole anziché andare direttamente al sodo e al punto.

Oltre a quello di rimediarti sostanze illecite di ogni tipo a più non posso, s'intende.

Parlavano poco, quasi niente. E sceglievano con cura il momento in cui farlo. E quando accadeva...erano capaci di andare avanti per delle ore.

Amavano particolarmente senitre il suono della loro voce, dato che non la sentivano quasi mai. Neppure da soli.

“Alòrs, hablando de otra...come butta?” gli fece subito dopo il piccolo fennec. “Todo bien?”

“Non mi lamento” gli rispose la volpe. “Sono ancora bello ritto in piedi, come puoi ben vedere. E direi che é questo, ciò che conta.”

“Nick!!” Esclamò Maggie con tono allarmato, intervenendo ed intromettendosi nel dialogo.

Era felice, al settimo cielo per averlo rivisto. Ma come al solito, la missionaria e l'infermierina crocerossina avevano preso il sopravvento. Com'era logico.

Visto che per il momento era l'unico tipo di missionaria che poteva concedersi, tanto valeva abusarne senza limiti.

“M – ma...ma sei impazzito, per caso?” Gridò. “Dovresti stare a riposo! Nelle tue condizioni non sei assolutament...”

“Sssshh.” la zittì lui a sua volta, mettendosi il proprio indice sinistro sulla punta delle nere labbra.

Proprio come aveva fatto Finn un istante prima. E sempre a suo riguardo.

“Proprio per via della mie condizioni che tu dici e a cui stai facendo riferimento, si dà il caso che al momento non mi senta particolamente in grado e in vena di sopportare i rumori forti.”

“Idem per gli schiamazzi” aggiunse poco dopo. “Quindi...sei pregata di lasciar parlare me, mia cara. Ti pare che un comandante possa lasciare i sottoposti da soli e totalmente allo sbando? Perché é questo, quello che ho trovato venendo qui.”

“C – come dici?”

“Quel che hai appena udito, agente Thompson. Mi sono precipitato qui non appena ho potuto. E vedendo le vostre facce da funerale direi che ho fatto più che bene. Il mio istinto innato e fiuto di volpe mi stanno suggerendo che sta tirando una gran brutta aria, da queste parti.”

“Sìssì” proseguì senza indugio. “Sento una gran puzza di ammutinamento. Oltre a quella causata da quel che di solito riempie i pannolini e i mutandoni quando si ha paura. Dico bene, cara la mia vice?”

“C – cosa?!” disse lei stupita. “M – ma...ma che stai...”

“E dai! Stavo scherzando!!” La rassicurò Nick. “Era soltanto una battuta!!”

Forse era davvero nient'altro che quello. Ma non aveva riso mentre la diceva, però.

Non aveva fatto un solo sorriso, da quando era riapparso davanti a loro.

Evidentemente non era il momento di ridere. O di scherzare. O di giocare.

No, non doveva essere davvero il momento.

“Piuttosto” proseguì. “Secondo i miei calcoli, e sempre ammesso che siano esatti, dovremmo avere tempo fino a stasera prima che quel gran branco di farabutti faccia ritorno qui. Per allora dovremo elaborare una strategia adatta ad affrontarli.”

“Como, como?!” Sbraito Finnick, esterrefatto. “Whaddayamean?! Coss'é che hanno appena udito le mie lunghe y pelose orejas? Cos'hanno udito le mie povere orecchie? Strategia? Affrontarli? Sangre del diablo! Ma que te frulla into a quella cabeza, socio? Cosa que tu pensi de fare, ne le tù condezioni, hm? Si talmént malconcio que te podariano enumàr, por la malonza! Tu és talmente malredotto que ormai te puedono seulemént sotterrare! Y por directissema, anco! Giuro, a te l'encefalo se deve essere dato malato! Tu tienes el cortéx cérebral que se dev'essere preso la libera uscita sin nemmeno prenderse la briga de avvesarte por escritto, socio! Oppure, toda la gragnuola de mazzate que te sei ciappato tra la tete y le cou, tra la testa y el collo te hanno rebambito sul serio y del tutto! Ma me spieghi que ut hai entenciòn da faire, hm? Cossa tu hai entenzione de fare, eh? Andare all'inferno, forse? Guarda que no es proprio el caso, dà retta a mi.”

“Assolutamente” gli rispose Nick. “Scordatelo. Ci sono appena tornato, da lì. E non c'é niente da fare. La barca di Caronte era già bella piena, e i posti tutti occupati.”

“Mmpphhh...AHR AHR AHR!!”

L'inattesa quanto fuori luogo freddura generò una breve risata da parte del tappo.

Nick, tanto per cambiare, non partecipò.

Non aveva proprio la benché minima voglia di ridere, a quanto pareva.

Sembrava...era spaventosamente concentrato. Sul pezzo e sul presente.

Aveva e stava dando ai presenti tutta quell'aria. Di essere proprio così. Non c'era altro modo di definirlo.

Ma lo era in una maniera del tutto innaturale, eccessiva. Ai limiti dell'ossessione.

Sembrava fissato, a dir poco.

E visto che si parlava di sostanze psicotrope...forse il vero merito era da attribuire anche a tutta quella robaccia che si era aspirato tra il sonno ed il dormiveglia. Roba gentilmente e spontaneamente offerta dal suo maestro, patrigno nonché ex – compare di bravate.

E senza stare minimamente a pensarci. Proprio come aveva fatto con la cara e vecchia Betsie.

Beh, l'impressione comune era che quella roba stesse davvero ed in pieno facendo il suo dovere, insieme al suo sporco lavoro. Che é prima di tutto quello di alterare.

Sono sostanze bravissime a farti credere una cosa, quando in realtà combinano l'esatto opposto.

Esattamente come farebbe un truffatore prezzolato. Né più , né meno.

Su quel punto erano da considerarsi e andavano perfettamente d'accordo ed in linea. In comune.

Erano le migliori. A concederti l'illusione del controllo, di rientrare e di rinchiuderti ermeticamente su te stesso riducendo tutto lo spazio tuo, esterno e circostante dentro di te riducendolo ad un misero puntino. Gestibile quanto insignificante.

Nella tua testa, però. Perché al di fuori avveniva tutto il contrario, e sia l'attenzione che la coscienza vigile si disperdevano in mille, mille e ancora mille e più mille rivoli che puntavano in tutte le direzioni. Ognuno in una diversa.

Ma pazienza. Perché alla fine era quello che stava cercando la volpe.

Era come aveva bisogno di sentirsi in quel dato e preciso momento. Punto.

Per fare quello che doveva fare. E portarlo a termine. Anche se non andava bene, e non era proprio il massimo.

“Scemenze a parte” continuò subito dopo, “mentre cercavo di ristabilirmi, tra un pisolo schiacciato e l'altro, ho cominciato ad escogitare qualcosa. Mi mancano giusto da definire quei due o tre dettagli. Ma prima...”

Si voltò in direzione del capanello di curiosi, con un gesto deciso quanto lento e calcolato.

“Eeehi, voialtri!!” Urlò al loro indirizzo mentre si portava il palmo della mano sinistra all'altezza ed a lato della bocca, in modo da amplificare opportunamente la voce. “Come potete constatare di persona siamo ancora tutti e tre vivi, vegeti ed operativi! Quindi non c'é più niente da vedere, ora! Ve ne potete tranquillamente tornare alle vostre case e alla vostre consuete attività di tutti i giorni, d'accordo?”

I componenti dell'improvvisata quanto nutrita combriccola dovevano aver sentito, dato che annuirono tutti quanti in silenzio e più o meno all'unisono. Tuttavia, sembravano ancora alquanto riluttanti a voler obbedire e a seguire l'ordine.

Nick si rivolse verso il suo mentore dalle lunghe orecchie e dal manto color della sabbia del deserto.

“Mio buon Finn” gli chiese con tono oltremodo mellifluo, “Ti spiacerebbe provvedere a spiegarglielo meglio, per favore? Da qui a lì é troppo lunga, per me. Non me la sento molto di camminare, adesso come adesso. E come ho detto poco fa, al momento non sopporto molto gli schiamazzi. Ed inoltre, non mi va di alzare la voce.”

“Gut, socio. Jawohl. Lassa fa de mi. Lascia fare a me.”

“ALLORA , MUCHACHOS!!” Si mise a strepitare a sua volta il fennec mettendosi a battere ripetutamente le sue manine per sollecitare l'uditorio ed attirare e calamitare l'attenzione di tutti i suoi componenti, mentre si avvicinava loro con fare minaccioso. “LO AVETE SENTITO EL MI JEFE, NO? L'AVETE SENTITO TUTTI, EL CAPO – SBIRRO! Y ALLORA SFOLLATE, FUERZA! SGOMBERATE, VILLICI! PEDALATE Y MENATE LE TOLLE! LO SPETTACOLO ES FINIDO, CLARO? TERMINADO! FUORI DALLE NESPOLE VERY QUICKLY, POR FAVOR! O VE GIURO QUE VE PIGLIO Y CIAPPO A PATADAS! VE PIGLIO A PEDATE DAL PRIMERO ALL'ULTEMO, FINO A CONSUMARVE LE CHIAPPE A TODOS! FINO ALL'OSSO, COMPRIS? TANTO EN FONDO QUE ME CE VORRà UN CRICK POR TIRARME DE FORA LA ZAMPA! ADELANTE! RAUS! SCHNELL! TELATE, HO DETTO! ALTREMENTI...KAPUTT! O – KAPPA?!”

“Come...come stai, Nick?”Chiese Maggie, frattanto che erano rimasti loro due da soli. Giusto il tempo necessario al minuscolo quanto collerico tappo per provvedere a disperdere, a suo malo modo, il piccolo capannello di impiccioni.

Domanda idiota, davvero. Lo vedeva benissimo da sola, come stava. E senza bisogno di una richiesta tanto stupida. Ma non aveva potuto proprio fare a meno di porgliela.

Non era l'agente di polizia a parlare per sua bocca, adesso.

“Così. Riesco a muovermi” le rispose lui, facendo qualche breve mossa col braccio sano, probabilmente a puro fine di auto – diagnosi.

“Direi che riesco a muovermi abbastanza bene, tutto sommato” le ribadì subito dopo. “E direi che si tratta di un bel passo avanti, considerando la ripassata che mi ha dato quell'energumeno.”

Nel suo caso, invece...era l'agente di polizia, a parlare. E se non nella voce, di sicuro lo si poteva notare nell'atteggiamento che stava tenendo.

Ostentava nonchalance e sicurezza, ad ogni costo. Ma il tono contrito e secco della voce lo tradiva in maniera fin troppo evidente.

Parlava come se decine e decine di corde sottilissime e molto strette lo stessero tenendo legato ed avviluppato, senza possibilità alcuna di liberarsi. E senza nemmeno quel minimo margine di movimento che una preparazione frettolosa e raffazzonata sono soliti concedere anche ai lacci e ai nodi più soffocanti e limitanti, garantendo così un minimo di sollievo.

Stava trattenendo a stento la propria sofferenza, e con gran quanto evidente fatica. Ma da bravo capitano quale era e aveva deciso di essere, stava cercando anche di non darlo troppo ed eccessivamente a vedere.

Se poi ci riuscisse o meno, beh...questo era tutto un altro paio di maniche.

Tra le intenzioni e le azioni finisce per esserci sempre un certo gap e margine, purtroppo. Specie quando si decide e si tratta di metterle in pratica. Ed in modo che sia il più autentico possibile.

“Mi dispiace per quel che é accaduto” le confidò all'improvviso, dopo una breve pausa allo scopo di riprendere fiato. “Anche per quel che é capitato alla centrale.”

La indicò col braccio. O almeno, indicò quel che ne rimaneva.

“Forse...” ritenne opportuno spiegarle, “forse nel mio caso é leggermente diverso. Forse non me la sto prendendo più di tanto per il semplice fatto che é da poco che sono qui, ed in fin dei conti ero di passaggio. Per un ramingo vagabondo come il sottoscritto un posto vale l'altro. Non é che significasse poi molto, tutto sommato. Ma per quanto riguarda te...”

“Nick, ascolta...”

“Immagino che per te sia diverso. Ci lavoravi da tanti anni. E ci vivevi, dentro. Per gran parte della tua giornata. Faceva parte della tua esistenza, in un modo o nell'altro. Posso capire che tu ti senta...insomma, parecchio abbattuta. Ti comprendo pienamente.”

“E' tutto ok” gli chiarì Maggie. “Non importa.”

“Ne sei sicura?”

“Sì, ne sono sicura” gli confermò la vice. “Va tutto bene. Sul serio.”

“Sai...” continuò, mentre sbirciava brevemente in direzione di Finnick, ancora impegnato a disperdere la ressa. “Una certa persona mi ha detto che quel che conta, in certi brutti momenti, é di essere ancora vivi. E di aver portato a casa la pelliccia. E la pellaccia. E credo che abbia ragione, tutto sommato. Ho deciso di dargli retta, quindi. Perciò, per quel che mi riguarda...tutto quel che mi serve, tutto quel che mi occorre si trova qui. Ce l'ho qui, con me.”

E si mise la mano sulla parte di divisa che copriva il petto, all'altezza del distintivo.

“E...ah, si” si corresse. “vale anche per voi due, dimenticavo. Vale anche sia per te che per quell'altro, naturalmente.”

“Ottimo” commentò Nick, esibendo per la prima volta un timido e circospetto abbozzo di sorriso. “E' proprio quel che mi aspettavo da te. E che desideravo sentire. Così ti voglio, Maggie. E' proprio così, che ti voglio. Sei sempre con me, allora? Sei sempre dei miei?”

“Ma certo che sì, Nick” gli rispose la daina. “E' ovvio, direi. Pensavi forse il contrario, per caso? Mi sembra di avertelo già detto. Più e più volte, anche. Sei e resti il mio comandante, al di là di tutto. Pertanto...sto e resto con te. Sono e rimango con te, qualunque cosa succeda. Indipendentemente da quello che potrà avvenire o accadere. Fino alla fine.”

“Purché finisca bene, si spera” buttò lì con ironia, mordendosi la punta della lingua con le due file di denti.

“Bene” ripeté la volpe. “Me lo aspettavo. Almeno su di te ero sicuro di poter contare. Ma per Finn...temo che la questione sarà un po' più complicata del previsto.”

“In...in che senso?” Gli domandò Maggie.

“Guarda” le fece lui, puntandolo col dito. “Mph. Ma guardalo. Fa tanto il grosso ed il gradasso, ma a volerla di tutta e sincera sino in fondo...a me sembra tanto di vedere Napoleone dopo Waterloo.”

“Ma...ma che intendi, scusa?”

“Ho come idea e temo che non sarà facile convincerlo” le confidò. “No, non sarà affatto facile tenerlo e convincerlo a rimanere in squadra. Ma fortunatamente...ho ancora una carta a disposizione.”

“Sarebbe a dire?”

“Sarebbe a dire che mi rimane ancora un asso nella manica da giocare con lui, specie nei casi disperati. E con quello non ho mai fallito.”

“Ah, sì? E di che si tratta?”

“Vedrai. Tu stà a guardare. E comunque tu prega ugualmente che funzioni, che non fa mai male.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il fennec fece ritorno poco dopo.

La strada era stata sgomberata da ogni traccia e residuo di eventuali impiccioni.

Aveva fatto piazza pulita.

C'era il deserto, adesso. Lo stesso deserto da cui sembrava provenire lui, e tutta quanta la sua specie e razza in toto.

E' c'era anche il silenzio. Proprio quel che serviva e che ci voleva per riunire e ricompattare a dovere il terzetto, finalmente.

”Escuchame, socio...” esordì. “Volevo seulemént dirti che...”

“Una cosa per volta, Finn” replicò Nick, interrompendolo. “Prima di tutto, vorrei che tu mi chiarisca una cosa, ed una volta per tutte.”

“As you service...si yo puede. Por que no?”

“Voglio sapere di preciso in che rapporti sei col pazzoide che ci ha assaltato l'altra sera.”

Finn lo guardò, con espressione interrogativa. Anche se era qul che si aspettava, in fondo.

“Diciamo che Maggie mi ha accennato qualcosa, mentre aspettavamo che finissi l'incarico che ti avevo affidato” gli spiegò. “Ma...mi piacerebbe tanto sentire come stanno le cose dalla tua viva voce. Perché anche qui mi mancano giusto quei due o tre piccoli dettagli in proposito. Quelli che mi servono per completare il quadro. Perché come diceva un tale...sono proprio i dettagli, a rendere una faccenda interessante e meritevole di venire ascoltata.”

“Tu...tu sas, right? Tu...tu lo sapevi, non é vero?”

“Qualcosa lo avevo intuito, tre sere fa. Le mie orecchie non saranno certo buone come quelle dell'agente Thompson qui presente, e neanche paragonabili a quelle di una preda in generale. Men che meno degne di quelle del miglior agente di polizia di tutta quanta Zootropolis. Sai...in genere l'udito non é il nostro forte, parlando di predatori. Ma le mie funzionano ancora bene. Dopotutto...un altro tale mi ha sempre detto che per vivere dove viviamo di solito noi bisogna saper sempre usare tutti e cinque i sensi, e non solo quelli dove si eccelle. E pure svilupparne un sesto, se occorre. Dico bene?”

“Dici giusto.”

“Ora che mi ci fai pensare...é quel che mi diceva sempre anche un'altra personcina. Comunque, tornando al discorso di prima, qualcosa lo avevo sospettato sin dall'inizio vedendo il tuo atteggiamento. Ti conosco da una vita, e sin troppo bene. Il resto l'ho capito quando sei venuto fuori ad aiutarci. Avevo gli occhi semichiusi per via di tutte le botte che avevo preso, ma quel gesto con le dita che hai fatto all'altezza della gola l'ho potuto vedere chiaramente. Ma soprattutto, ho visto che quel bestione lo ha riconosciuto. Quindi...gradirei che mi raccontassi tutto quanto, per filo e per segno. In sintesi, però, che non abbiamo molto tempo a disposizione. Senza partire per forza da Adamo ed Eva, tanto per intenderci. Vedi...é come i film di supereroi che vanno tanto di moda e per la maggiore, di questi ultimi tempi e periodi. A furia di fare remake e reboot di cui non si ha e di cui non si sente assolutamente il bisogno, finisce che le loro origini ormai le conoscono pure i sassi. Perciò non é affatto necessario ripetere tutto quanto da capo ogni volta. Non lo trovi anche tu?”

“Esta bien, socio. You know you're right. As your pleasure. Allora je vorrà dìr que THE GENESIS la lascio perdere, que sta bene dove sta. Que tra l'altro...sono pure un pessimo gruppo rock.”

“Parla per te, amico” obiettò Maggie. “Ognuno può avere i propri gusti in fatto musicale, non ti pare?”

Ma proprio perché ognuno ha i suoi gusti, sta a significare che ognuno si sente e si ritiene autorizzato a pensare che che tutti la pensino come lui, uguale.

E che i suoi siano i migliori. Indiscutibili.

Proprio vero. Ogni individuo crede che esista un unico modo di pensare, di agire e di vivere.

Il suo.

Di conseguenza, Finnick ignorò bellamente il commento della daina e cominciò a raccontare a Nick la sua storia. Di nuovo.

Gli parlò della vecchia Zootropolis, della terra di nessuno, del regno sotterraneo nel cuore delle gallerie dismesse, del tempo delle bande e dei guerrieri. E poi di Zed. E infine di Cyrus.

Della vendetta. E del loro patto per scongiurarla.

Però era curioso. Finn aveva sempre giurato e scommesso sulla sua testa che sarebbe stato il suo socio, il suo figlioccio Nickybello a sapere tutta quanta la storia per primo, un giorno.

Ed invece...era toccato prima ad un altro. O meglio...ad UN'ALTRA, prima di lui.

E' un'altra regola assoluta ed insindacabile delle storie, no?

Il protagonista dev'essere sempre il primo, a sapere la verità.

Ma non importa. Non gi importava.

Lo aveva stabilito sin dall'inizio. Ed era da allora, che continuava a riperterlo.

Per uscire da quella situazione dovevano essere pronti a compiere un autentico miracolo.

Ed il primo passo per poter andare in quella direzione consiste nell'infrangere le regole.

E da quel punto di vista...ne avevano già infrante parecchie, quel giorno.

E non sarebbero state certo le ultime. Su questo c'era da starne sicuri.

Più che sicuri. Almeno su questo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

E Redferne é di nuovo in pista, signori!!

Prima di tutto, chiedo scusa a tutti per l'ennesimo, mostruoso ritardo.

Anche se ormai potrà suonare ai più come una patetica scusa, come al solito ci si sono messi di mezzo sia il lavoro che le incombenze varie.

No, scherzo. Lo so che capite perfettamente.

Qui su Efp siamo tutti tra persone intelligenti e di buon senso, lo dico da sempre e non mi stancherò mai di ripeterlo.

Almeno qui, aggiungo. Perché fuori...lasciamo perdere.

Alle volte sembra che tutti stiano impazzendo.

Andrà tutto bene e ne usciremo migliori, si diceva.

See. Proprio, guarda.

Non ne siamo usciti. Non ancora. E non siamo migliori.

Forse é meglio che si ricordino della frase di Re Stephen di bangor, dal suo capolavoro L'OMBRA DELLO SCORPIONE.

 

Devono capire che il buon Dio non gli ha salvato il culo dall'Apocalisse perché ricomincino a fare le stesse cazzate di prima.”

 

Che ci volete fare. Molta gente non l'ha capita. Si ostina a non capirla.

O peggio ancora, mi sa.

Come i bambini, se non fosse che i bambini li giustifico.

Appena si sono resi conto o pensano di averla scampata, hanno ricominciato tutto come prima.

Si vede che non hanno preso testate sul muro a sufficienza, e che hanno bisogno di prenderne un altro po'.

Finché non capiremo, non se ne esce.

Così come é triste vedere un sacco di ragazzi protestare ed accusare gli adulti di aver rubato loro il futuro.

Non sul fatto che protestino. Le proteste sono sempre esistite. E fanno bene a lottare per quello in cui credono.

Il vero dispiacere é constatare che molti di loro sono cinici e rassegnati peggio di un novantenne.

Non hanno più sogni. Che peccato.

E' brutto, doverlo ammettere. Ma ho come l'impressione che un quarantenne, oggi, in certi casi ha più fantasia di un ventenne.

Ed é un paradosso, se ci pensate.

Poi é un parere mio, eh. E niente mi farebbe più felice di venire protamente smentito.

Lasciatevi dire una cosa, gente. Da uno che certe volte ha ancora la testa di un ragazzino (cartteraccio inviperito compreso).

Non vi hanno rubato niente. I vostri sogni e il vostro futuro sono solo vostri, e nessuno ve li può rubare o toccare.

Ed é la cosa più bella del mondo, vivere per provare a realizzarli.

Forse non ci si riesce. Quasi mai. Ma finché uno vive, e ha voglia di farlo...ha sempre un anno, un mese, una settimana, un giorno in più per continuare a tentare.

Potete farcela, ragazzi. Se non a relaizzare i vostri desideri, almeno a camminare a testa alta senza vergognarvi o pentirvi di nulla.

Ma non perdete tempo ad accusare e rimproverare quel branco di vecchi rincoglioniti che stanno sopra di noi.

Quella é davvero gente che non ha più sogni, a differenza vostra.

Non gli frega niente di voi. Non gli frega più niente di nulla.

Sono arrivati. Non hanno più niente da chiedere alla vita.

Ed é questa la roba più grave. Il vero morire.

Uno muore anche da vivo, se non ha più ragioni per andare avanti.

Prendetevelo, il vostro futuro. E' lì che vi aspetta.

Il sottoscritto di mazzate ne ha prese tante, nel corso degli anni. Ma si é sempre rialzato. Perché non ha mai rinunciato per un solo giorno, ad inseguire i suoi sogni.

E un giorno ci riuscirà, a raggiungerli.

Sapere cosa si vuole. Questo é più forte di qualunque botta tu possa prendere.

Tenete bene a mente questo...e potrete sopravvivere a qualunque cosa.

QUALUNQUE COSA.

Bene, ora torniamo in ambito prettamente letterario.

Tra le varie cose che mi hanno fatto ritardare, ve n'é anche una legata alla mia passione.

Al momento sono in ballo con una storia che mi sta particolarmente a cuore, che ho cominciato a buttar giù da addirittura prima della scorsa estate.

E che vorrei pubblicare per Dicembre. Alla notte della vigilia per la precisione, visto che é a tema natalizio.

E riguarda un personaggio a cui tengo molto, e su cui ho già realizzato una long.

Qualcuno avrà già capito di chi parlo (in particolare un'illustre collega che considero anche mia grandissima amica. E “compagna di branco”, visto che si sta parlando di lupi selvatici. E ad unirci é la passione comune per un esemplare assolutamente magnifico, unico nel suo genere).

Fu un lavoro davvero appassionante, anche se estremamente sofferto. E che a livello emotivo mi ha lasciato parecchi strascichi.

D'altra parte il protagonista é una di quelle persone che non ha mai accettato le mezze misure.

Se lo tratti...devi sapere bene a cosa vai incontro, anche a rischio di rimanere scottato.

E io ci sono rimasto. Scottato, per l'appunto.

Ma ora é giunto il momento di riaffrontarlo.

Sto parlando di “Rocky” Joe Yabuki, il protagonista di quel capolavoro assoluto che é ASHITA NO JOE, di Tetsuya Chiba e Asao Takamori (che poi é il grande Ikki Kajiwara, autore di altre perle a carattere sportivo come ARRIVANO I SUPERBOYS, TOMMY LA STELLA DEI GIANTS e L' UOMO TIGRE. Praticamente li ha fatti tutti lui).

E' tornato a farmi visita. E ad ispirarmi per un'altra storia.

Una one – shot, questa volta. Anche se, conoscendomi, é venuta parecchio corposa.

Voglio assolutamente pubblicarla per la sera del 24. Anche perché non potrei pubblicarlo in nessun altro giorno.

Se non ci riesco...mi toccherà attendere il prossimo Natale!!

Ce la farò?

Volere é potere, dico io. Ma tenete incrociate tutte quante le dita delle mnai e dei piedi anche per me, ed auguratemi buona fortuna.

E adesso veniamo al capitolo.

Ok, lo ammetto. Ci sono cascato ancora. Ma é l'ultima, prometto.

Ormai ho ben chiaro quel che devo fare, e dalla prossima lo metterò in pratica.

Avrei dovuto far parlare direttamente i personaggi, ed invece...all'inizio dell'episodio ci ho piazzato l'ennesima parte introspettiva.

Che forse non fa nemmeno così tanto schifo, ma...ha me ha iniziato a stufare.

E' l'ultima, promesso.

Intanto, ne ho approfittato per una bella riflessione sulla deficienza mammifera. E umana, di rimando.

Liberi di non crederci, ma i fatti di cui vi parlo sono ACCADUTI REALMENTE.

Ho letto un paio di libri a riguardo, e vi assicuro che vi sono aneddoti che rasentano la fantascienza.

Non potevo esimermi dal raccontare il fatto di cronaca recente a base di quel famigerato biglietto vincente del Gratta e Vinci che tanto ci ha fatto sorridere. Se non fosse che ci sarebbe da piangere, invece.

Ma vi assicuro che facendo opportune ricerche, si trova di peggio.

Ho omesso i più assurdi.

Del tipo costruire hangr per contenere i razzi per le missioni spaziali, in modo da preservarli dalle intemperie.

Peccato che gli hangar in questione erano talmente giganteschi che al loro interno si era sviluppato un micro – clima accellerato con tanto di temporali, che di fatto li hanno resi ancora più esposti di quanto non fossero all'esterno.

E che mi dite di uno talmente scemo che per intascare la pensione di invalidità si é fatto affettare una gamba a colpi di motosega, per poi morire dissanguato?

Ma l'apoteosi é il primo ed unico bombardamento a base di carne tacchina della storia.

Un giorno, una nota azienda produttrice di una rinomata marca di liquore decise di festeggiare il centennale (mi pare) facendo volare uno stormo di tacchini al tramonto sulla cittadina dove aveva avuto origine la produzione.

Perché il tacchino é il simbolo e la mascotte del loro prodotto e marchio più famoso (facile indovinare di chi si tratta, dunque).

Bello, eh? Arrivano sulla cittadina in aereo, aprono il portellone e liberano i tacchini.

Poi si accorgono di una cosa.

Che i tacchini...NON VOLANO.

Vi lascio immaginare cosa é successo a qulle povere bestie.

Roba da film horror.

Ora torniamo a bomba.

Allora, che ne dite del rientro in scena di Nick, che tra l'altro era stato largamente preannunciato nelle ultime righe del capitolo scorso?

A me é piaciuto. E parecchio.

L'ho trovato, come dire...parecchio sbrigativo. Ma sopratutto INCAZZOSO come non lo si vedeva da un mucchio di tempo.

Gliele hanno fatte girare di brutto, stavolta. E abbiamo visto com'era andata a finire l'ultima volta che lo hanno fatto incazzare così.

E' successo un macello.

Li vuole affrontare sul serio, a Zed e al suo branco di bastardi.

Io, personalmente...so cos'ha in mente. E non vedo l'ora che lo metta in pratica.

Passiamo all'angolo della colonna sonora.

A partire dal momento in cui Maggie e Finn lo scorgono da lontano in poi, fino a quando li raggiunge, mettete su la stupenda SWEET BUT PSYCHO di AVA MAX.

E adesso, prima di chiudere, occupiamoci dei ringraziamenti.

Un grazie di cuore a Sir Joseph Conrard, Devilangel476, hera85 e RyodaUshitoraIT per le recensioni all'ultimo capitolo.

E a Coso96 per la recensione al capitolo 22.

Bene, credo di aver messo tutti.

E come sempre, un grazie di cuore a chiunque leggerà la mia storia e se la sentirà di lasciare un parere.

Uff, finito.

Grazie ancora a tutti e alla prossima!!

 

 

 

See ya!!

 

 

 

 

 

Roberto

   
 
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