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Autore: MaryFangirl    13/11/2021    2 recensioni
Kaede Rukawa soffre. La sua pena e il suo dolore sono così evidente che tutti i membri della squadra dello Shohoku se ne rendono conto, ma non sanno il motivo. Il primo a scoprirlo sarà inaspettatamente il suo eterno rivale.
Genere: Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: Lemon, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Questa è una storia tradotta in italiano dallo spagnolo. Tutte le info subito qui sotto.
 
Titolo originale: Lágrimas de hielo
 
Sì, sono io! Di nuovo :D quando mi pigliano le ossessioni, ci mettono un po' a sbiadire e non è nemmeno colpa mia se nel web ci sono diverse storie carine in altre lingue che mi è venuta voglia di tradurre per rinvigorire il fandom italiano (che spero torni ancora più popolare in vista del famoso film previsto per il 2022...).
 
Questa fanfiction ha una trama abbastanza semplice e lineare, ma penso sia una gradevole lettura...qualsiasi osservazione o commento saranno accetti.
 
Coppia: HanaRu (ehm, non ne considero altre a meno che non siano marginali...sorry not sorry).
 
Buona lettura
 
 
 
“Sono a casa!” gridò Kaede appena rientrato.
 
“Bentornato, Kaede!” giunse una voce dalla cucina, dove Kaede si diresse e dovette reprimere una risata alla vista di suo nonno con un grembiule decorato di fiori di ciliegio che gli aveva regalato un vicino di casa pochi giorni prima.
 
“Ti avevo detto di non preparare la cena, ci avrei pensato io, nonno”
 
“Non fa niente, ultimamente torni a casa molto stanco”

“È Miyagi” sospirò Kaede, lasciandosi cadere su una sedia, “si è proposto di spaventare i ragazzi nuovi con allenamenti estenuanti...”
 
“Non vuole altri giocatori in squadra?”
 
“Non è questo...è che molti si sono iscritti solo per la fama acquisita dopo il nazionale...”
 
“Capisco”
 
“Cosa stai cucinando?”
 
“Yakisoba”
 
“E ti manca molto? Perché sto morendo di fame...”
 
“È quasi pronto”

Kiyoharu Rukawa si asciugò le mani sul grembiule e si sedette davanti a suo nipote.
 
“Sembri molto contento” disse con un sorriso birichino.
 
“Eh? Perché dici questo?” chiese Kaede sorpreso. Com'era possibile che suo nonno se ne fosse accorto?”
 
“È tornato, vero?”
 
Kaede arrossì. Per un attimo pensò di cambiare argomento, ma in fondo sapeva che non sarebbe servito a niente.
 
“Sì” rispose con un bel sorriso di cui solo suo nonno era testimone. “Oggi ha incominciato ad allenarsi”

“E come sta?”
 
“Abbastanza bene da quello che ho visto. È più alto. Gli ci vorrà un po' per recuperare la forma, ma con quel fisico che ha non credo che avrà problemi”

“Gli hai parlato?”
 
“Di cosa?”
 
“Di qualsiasi cosa, siete compagni di squadra, no?”
 
“Lo sai che io e Sakuragi non parliamo se non per insultarci, nonno...anche se...”
 
“Anche se?”
 
“Oggi non è successo nemmeno quello...non mi ha detto assolutamente niente tutto il pomeriggio...”
 
“Ed è un bene o un male?”
 
“Non lo so...forse dopo quello che gli ho detto la seconda volta in cui ci siamo incontrati in spiaggia, ci ha ripensato e non vuole più uccidermi ogni volta che mi vede...”
 
“È già un passo, no?”

“Sì, grande passo...a questo ritmo non riuscirò a diventare suo amico neanche tra mille anni...”
 
L'uomo si alzò e gli accarezzò affettuosamente i capelli. Sapeva quanto per suo nipote fosse difficile relazionarsi con gli altri, ma continuava a non capirlo. Era da anni che insisteva che andasse da uno psicologo, pensando che forse si trattava di un disturbo evitante di personalità o un trauma causato dalla tragedia familiare che aveva dovuto subire qualche anno prima, ma Kaede si era sempre rifiutato.
 
“Se ti mostrassi a lui esattamente come sei...” mormorò, più a se stesso che al nipote.
 
“Forse mi insulterebbe, mi prenderebbe a calci, mi sputerebbe addosso o mi riderebbe in faccia” si lamentò Kaede.
 
“Questo non lo sai”
 
“...”
 
Dopo aver cenato e lavato i piatti, Kaede andò nella sua stanza per fare i compiti che erano stati assegnati in giornata. Quell'anno si era fermamente proposto di passare in tutte le materie, non come durante l'anno precedente in cui non ne aveva superato cinque e aveva rischiato di essere escluso dal campionato nazionale se Akagi non fosse intervenuto prima degli insegnanti. Inoltre non voleva deludere suo nonno.
 
Trascorse un'ora a eseguire gli esercizi di lingua giapponese, mentre ci vollero solo dieci minuti con i problemi di matematica; a volte pensava che era strano che fosse così bravo nelle materie scientifiche quando tutti in famiglia avevano intrapreso carriere letterarie. Non aveva deciso ancora cosa studiare, ma ogni volta tendeva verso ingegneria o anche architettura. Sempre se avesse ottenuto una borsa di studio o se avesse trovato un lavoro part-time, perché dopo il liceo si sarebbe pagato da solo gli studi.
 
Guardò l'orologio e vide che erano quasi le undici, il che significava che suo nonno dormiva già da circa mezz'ora.
-È strano che non sia venuto a darmi la buonanotte- pensò preoccupato. Uscì dalla camera e si diresse in quella del nonno, situata al piano terra, ma quando entrò la trovò vuota. Ed ebbe un brutto presentimento.
 
“Nonno?” esclamò prima di iniziare a girare per casa. Vide la porta del bagno socchiusa e quasi vi si avventò. Entrando, il sangue gli si gelò nelle vene. Suo nonno era steso sul suolo freddo, apparentemente privo di sensi.
 
“Nonno...”
 
Le gambe gli tremarono ed era sul punto di cadere sulle ginocchia, ma poi reagì. Si avvicinò all'uomo e fu sollevato nel vedere che respirava ancora. Poi corse verso l'ingresso e chiamò un'ambulanza.
 
^ ^ ^ ^
 
I minuti sembravano ore in quella minuscola sala d'attesa dell'ospedale Kitamura, lo stesso in cui il coach Anzai era stato ricoverato mesi prima a causa di un infarto. Kaede mai aveva pensato che sarebbe dovuto tornare in quel posto, tantomeno per suo nonno. Non si era reso conto fino a quel momento che l'uomo stava invecchiando, perché era sempre stato in ottima salute, anche migliore della sua.
Da che ne aveva memoria, suo nonno era sempre stato con lui, prima vivendo in casa insieme ai suoi genitori, poi solo loro due. In effetti era più che un nonno: era un padre adottivo. Se gli fosse successo qualcosa...
 
-No, non gli succederà niente- cercò di calmarsi invano, -non può succedergli niente...-
 
“Parenti di Kiyoharu Rukawa?” chiese una dottoressa entrando nella stanza.
 
Kaede si alzò e si avvicinò alla dottoressa, tremando.
 
“Come sta?” chiese con grande sforzo. Un dolore acuto al petto gli impediva di respirare e parlare normalmente.
 
“Sono la dottoressa Aizawa. Come ti chiami?”

“Kaede Rukawa”

“È tuo nonno?”

“Sì”

“E i tuoi genitori?”

“Sono morti”

La dottoressa lo guardò tristemente. “Oh...mi dispiace. Vedi...” iniziò, guidando Kaede verso uno dei corridoi, “tuo nonno ha avuto un'emorragia cerebrale a causa di un aneurisma, sai cos'è?”
 
“Non molto bene...”
 
“Un aneurisma è un allargamento o rigonfiamento anormale di una porzione di un'arteria, correlata alla debolezza nella parete di questo vaso sanguigno. La causa più probabile è il suo problema di ipertensione”

“Ed è...grave?”
 
La dottoressa si fermò davanti a una porta vetrata e Kaede la imitò.
 
“Sì, lo è”

“E cosa...farete?”
 
“Rukawa...” la dottoressa prese fiato, non si sarebbe mai abituata a dare cattive notizie. “Non possiamo fare nulla. L'aneurisma è nella zona occipitale. L'operazione non è praticabile”

Kaede impallidì e cominciò a sentirsi nauseato.
 
“Lo lascerete morire?” chiese con voce secca.
 
“Non possiamo fare niente” ripeté lei, “anche se tentassimo l'intervento, morirebbe in sala operatoria”, vedendo che il ragazzo non pareva ascoltare più, deciso di non perdere altro tempo con le spiegazioni. “Puoi andare a vederlo. Forse riacquisirà coscienza per qualche minuto”
 
La donna appoggiò la mano sulla porta e l'aprì lentamente. Kaede entrò e trovò un'immagine devastante per il suo cuore: suo nonno giaceva nel letto, circondato da macchine e contenitori per infusione.
 
Prese una sedia e si sedette accanto a lui. Durante i lunghi minuti che seguirono non riuscì a pensare a nulla, si limitò a osservare il volto dell'uomo. Sembrava più vecchio che mai. Improvvisamente iniziò ad aprire piano gli occhi.
 
“Nonno...” mormorò Kaede, avvicinandosi un po' e tenendogli la mano.
 
“Ciao Kae-chan...”

“Era da tempo che non mi chiamavi così...”
 
“Non me lo permettevi...”

“Mi facevi sentire un bambino...”
 
“Sei il mio bambino...”

“Nonno...”

Gli occhi di Kaede si inumidirono e l'uomo lasciò la mano del nipote per accarezzargli il viso. Era da sei anni che non lo vedeva piangere.
 
“Ascoltami bene, Kaede...ho stipulato un'assicurazione sulla vita già molti anni fa, dovrai parlare con il mio avvocato, il signor Eiri, troverai il suo numero di telefono nella mia rubrica...”

“Non parlarmi di questo adesso, per favore...”

“Devo farlo...chiamalo e parla con lui, sei l'unico beneficiario...chiama anche tuo zio Hisanobu, si prenderà cura di te fino alla maggiore età...”

Kaede non ce la fece più e grosse lacrime scesero sul suo viso.
 
“Nonno, per favore, non farmi questo, non puoi lasciarmi solo...” implorò con voce rotta.
 
“Non sarai solo, tesoro...” le forze dell'uomo iniziarono a venire meno e Kaede se ne accorse.
 
“Sai che non ho nessuno, nonno, ti prego...”
 
“Spero che un giorno sarai capace di mostrare il tuo sorriso a qualcun altro...”
 
Kaede guardò con stupore gli occhi di suo nonno diventare vitrei, per lo spavento gli lasciò la mano, che cadde pesantemente sul lenzuolo.
 
“Nonno...”
 
Per la prima volta si rese davvero conto che era rimasto solo. Completamente solo.
 
“Nonno...nonno...NONNOOOOO!!!”
 
Cominciò a tremare e sudare. La sua vista si annebbiò e un altro grido straziante uscì dalla sua gola mentre cadeva in ginocchio ai piedi del letto, colpendo il pavimento con i pugni. Il dolore nel petto era ora insopportabile e continuò a urlare come se ciò potesse alleviarlo. Di colpo si sentì sollevato da terra e...doveva resistere, non voleva muoversi da lì, non voleva lasciare suo nonno...vide delle ombre nella stanza, gridò ancora più forte perché lo lasciassero andare...perché lo lasciassero in pace...si accorse di una puntura nel braccio e poco a poco tutto ciò che lo circondò si trasformò in oscurità.
  
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