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Autore: Mr Lavottino    14/11/2021    3 recensioni
*STORIA AD OC*
Zoey si ritrova rinchiusa all'interno di un luogo sconosciuto, con in tasca una carta raffigurante una volpe. Scopre, purtroppo, che è vittima di un sadico gioco nel quale l'obiettivo è uccidere proprio la volpe.
Dal testo:
- C’era una volta una volpe dal pelo rosso lucente. La volpe era ben voluta all’interno del bosco ed era considerata la regina incontrastata di quelle terre. Nessuno osava mettere in discussione l’autorità della volpe, perché tutti la amavano ed erano soddisfatti del modo in cui regnava sul bosco.
Tuttavia, un giorno un lupo osò sfidare la volpe. La volpe, che era buona e caritatevole, decise di accettare la sfida del lupo. Organizzò quindi una competizione all’interno del bosco, alla quale avrebbero partecipato tutti gli animali, perché era giusto che tutti avessero le stesse possibilità di vittoria.
La competizione consisteva in una caccia, alla quale parteciparono diversi animali. Il primo che avrebbe ucciso la volpe sarebbe stato il vincitore ed avrebbe ottenuto il titolo di re del bosco. -
Genere: Horror, Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altro personaggio, Duncan, Nuovo Personaggio, Zoey
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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- Davvero non hai intenzione di uccidermi? – Zoey aveva la gola secca, talmente secca che faceva fatica a deglutire. La saliva sembrava quasi bloccarsi quando la cacciava giù con forza, causandole quell’orribile sensazione di vomito che tanto detestava. Zoey si sentiva davvero impaurita. Da una parte per colpa di tutte quelle persone che volevano ucciderla, dall’altra perché non aveva ancora capito il perché Duncan la stesse tenendo in vita. Che vantaggio aveva? Nessuno che le venisse in mente su due piedi. Assolutamente nessuno. Per questo aveva davvero tanta paura, perché non sapeva se lui l’avrebbe sempre protetta o se, all’improvviso, si fosse scagliato contro di lei.
- Vuoi che lo faccia? – sbottò Duncan senza nascondere un pelo d’irritazione. Tutto quel chiedergli cosa volesse davvero fare e quel cercare di capire cosa pensasse diventavano piccoli tarli nella sua testa che, pian piano, lo portavano a riflettere. E a lui riflettere non piaceva per nulla. Perché ogni volta che rifletteva si rendeva conto di star facendo delle cazzate e quindi la sua coscienza gli suggeriva cosa fare. E nessuno doveva azzardarsi a dirgli cosa doveva fare. Nemmeno Duncan stesso.
- No, assolutamente! – Zoey mise le mani avanti e spagliò – Solo che… non lo so, mi sembra quasi che tu abbia un motivo per farlo. Tutto qui. – la rossa scosse la testa e Duncan si fermo a guardarla. Era davvero come diceva lei? C’era un motivo che lo spingeva a farle da cavaliere? No, o forse sì. Non voleva comunque pensarci.
- Ah, dannazione! – Duncan colpì con forza il leggio – Smettetela di farmi il terzo grado! Faccio solo e solamente quello che voglio fare. – sbuffò con forza e poi si avvicinò alla porta d’uscita.
- Ehi, non ti preoccupare. Non volevo farti arrabbiare, cercavo solo di capire. – Zoey cercò, nella maniera più democristiana possibile, di farlo calmare. Tutto voleva, tranne che si arrabbiasse. Anche perché aveva visto di cosa era in grado quando lo faceva.
- Allora non toccare più questo argomento. – Duncan poggiò la mano sulla maniglia, ma poi si fermò di colpo e si morse il labbro. Così, dal nulla, due dei suoi neuroni, gli unici probabilmente ancora funzionanti, crearono contatto ed un’idea stranamente geniale si fece spazio nella sua testa. Quasi fin troppo geniale per essere sua.
- Cosa c’è? – domandò Zoey, incuriosita dal modo in cui il moro si era praticamente congelato sul posto. Duncan si voltò verso di lei e le tese la mano.
- Dammi la tua carta. – Zoey lo guardò alzando un sopracciglio. Ci mise qualche secondo a recepire il comando, poco tempo, ma abbastanza per far innervosire Duncan, che mosse repentinamente le dita per farle cenno di sbrigarsi. Seppur ancora con qualche dubbio, fece come richiesto.
- Perché? – la domanda di Zoey venne completamente ignorata, Duncan prese la carta della volpe e se la mise in tasca, per poi estrarre quella del lupo e gliela passò.
- Da questo momento tu sei il Lupo. – disse, intimandole di nascondere il pezzo di carta. Zoey spalancò la bocca. Finalmente aveva capito – Ed io, ovviamente, sono la Volpe. – aggiunse Duncan.
- Ma è pericoloso! – urlò la rossa, indispettendo non poco l’altro – Gli altri ti prenderanno come bersaglio. – finì, con un tono ancora più alto di prima.
- Sai che me ne frega. – sputò acidamente Duncan – Hai già visto di cosa sono capace. Se voglio posso ammazzarli tutti. Tu invece – le premette l’indice contro la fronte – non riusciresti ad uccidere nemmeno una zanzara. – staccò il dito e si lasciò andare ad una risatina. Zoey si sentì particolarmente a disagio, era la prima volta che lo vedeva ridere come una persona normale.
- Quindi è questo il piano? – sussurrò – Tu ti fingi me e rischi la vita, mentre io resto nelle retrovie incolume? – guardò Duncan fisso negli occhi schiantandosi di colpo contro le lastre di ghiaccio del ragazzo. Seppur avesse paura di venire uccisa, l’idea di lasciare tutti i rischi nelle mani di qualcun altro non le piaceva. Non voleva morti sulla coscienza. Duncan, dal canto suo, non sembrò scomporsi più di tanto. Si avvicinò di un passo verso di lei e, senza pensarci due volte, la prese per il collo e la girò di colpo facendola sbattere contro la porta. Zoey perse un battito.
- Esattamente. – disse Duncan, mentre lentamente lasciava la presa, senza però scostarsi di un centimetro da lei – Perché io posso sopravvivere anche per i cazzi miei, tu invece non sei che un topo in gabbia. – lasciò la presa sul suo collo per afferrare la maniglia ed aprire la porta. Il cigolio dei cardini fece capire a Zoey che la porta era stata aperta, non fece nemmeno caso alla completa assenza della stessa dietro la sua schiena per quanto era spaventata. Era esattamente questo che la preoccupava di Duncan, era completamente imprevedibile. Uno schizzato di testa in tutto e per tutto.
Duncan la spinse e Zoey indietreggiò maldestramente fuori dalla stanza. Riottenne l’equilibrio dopo qualche passo incerto ed alzò la testa pronta replicare qualcosa, ma non fece in tempo.
- Chi sei? – domandò una voce femminile. I muscoli di Zoey si gelarono sul posto. Rimase immobile, con gli occhi puntati sul petto di Duncan e la bocca spalancata.
- Avviciniamoci. – questa volta fu un ragazzo dal tono più aspro e seccato a parlare – Ehi, non azzardare a muoverti. – la minacciò. Zoey sentì le mani e la fronte grondare di sudore mentre quegli sconosciuti si avvicinavano. Provò ad alzare lo sguardo verso di Duncan, ma il modo in cui si mordeva il labbro le fece capire che nemmeno lui sapeva bene cosa fare.
- Quanti sono? – le sussurrò Duncan sottovoce. Zoey, con la lentezza di una tartaruga, voltò la testa verso di loro. Vide, in maniera molto poco distinta, tre figure incamminarsi verso di lei.
- Tre. – mimò con le labbra, senza essere capace di far fuoriuscire la voce.
- Sono armati? – chiese il moro. A rispondere Zoey ci mise di più, perché faticava a distinguerli bene. Solo quando erano ormai a quasi venti metri si rese conto degli oggetti nelle loro mani. In particolare, fu il coltello dorato del ragazzo più alto ad impensierirla di più. Zoey non disse nulla, fece cenno di sì con la testa in maniera talmente vistosa che i tre non poterono non accorgersene.
- C’è qualcuno con te? – chiese il terzo, l’unico che non aveva ancora detto nulla. Il suo accento marcato ispanico riecheggiò per le mura del corridoio. Zoey sgranò gli occhi, mentre delle sottili lacrime argentee incominciarono ad uscirle fuori, e Duncan, a quel punto, capì di dover agire al più presto possibile.
- Dannazione! – urlò, per poi afferrare Zoey per la mano ed iniziare a correre. Non degnò loro nemmeno uno sguardo, concentrò tutto sé stesso nel coordinare le gambe il più velocemente possibile.
- Fermatevi! – quell’urlo fin troppo vicino fece capire a Duncan che erano giunti al capolinea. Provò a stringere la presa sulla mano Zoey, ma la sentiva fin troppo scivolosa e sudaticcia. Capì ben presto che gli rimaneva un’unica cosa da fare, forse la più pericolosa ed estrema.
Tirò Zoey verso di sé, dopodiché la spinse addosso ai loro inseguitori e riprese a correre più veloce della luce.
- Addio lupacchiotto, adesso non mi servi più! – urlò, per poi sparire nel buio dei corridoi.
Zoey cadde rovinosamente sopra uno dei tre, quello dall’aspetto più spaventoso e meno socievole. Ci mise meno di un secondo a scostarti da lui, dopo aver visto la sua espressione seccata, spingendosi all’indietro con i polsi delle mani fino a sbattere al muro, in quella che le sembrava una scena già rivista nella sua testa.
- Dannazione, è scappato! – sbottò la ragazza bionda tenendo lo sguardo fisso verso il corridoio. Dopo aver sbuffato, guardò Zoey e si avvicinò a lei. Sì piegò leggermente sulle ginocchia e la squadrò attentamente – Chi sei? – domandò, senza distogliere gli occhi dalla preda.
- Zoey – rispose la rossa, non senza qualche tentennamento. Inspirò ed espirò per una ventina buona di secondi, nella vana speranza di calmarsi e riuscire a ragionare razionalmente.
- Bene Zoey, io sono Kaylee, il ragazzo ispanico si chiama Mark e l’energumeno su cui sei caduta è Luke. – Kaylee presentò il trio cercando di metterla a suo agio. Era statisticamente probabile che quella fosse una di loro e ciò, a conti fatti, voleva dire che il ragazzo di poco prima non era che la volpe.
- Ah, fanculo, stronza. – Luke si tirò su – Perché le hai detto i nostri nomi? Non sappiamo se possiamo fidarci di lei. – puntualizzò poi, mentre con le mani si puliva i pantaloni.
- Se è per questo, io non mi fido nemmeno di te. – Kaylee sorrise ad alzò le spalle.
- Beh, qui ha fatto centro. – la supportò Mark, senza riuscire a non lasciarsi scappare un sorrisetto.
- Fottetevi. Entrambi. – Luke non poté far altro che sbottare in silenzio.
- Allora Zoey, chi era il ragazzo che era con te? – gli occhi di Kaylee si fossilizzarono su quelli di Zoey. La rossa era palesemente a disagio, Kaylee lo percepiva chiaramente. Il respiro affannoso, il modo in cui non alzava lo sguardo da terra e la sudorazione eccessiva erano tutti segni più che chiari.
- Ecco, lui era… - Zoey sentiva la sua mente spenta, come se fosse andata in cortocircuito. Iniziò a respirare sempre più forte, fino a quando non sentì i polmoni esploderle. Poi, di colpo, nella sua testa incominciarono ad intravedersi diverse immagini: Duncan che lottava con Mark, Kaylee svenuta per terra, Luke con il volto insanguinato ed una figura sconosciuta che la abbracciava con forza.
- Allora? – sbottò Luke, destandola dal suo stato di trance.
- Duncan. Si chiama Duncan. – rispose Zoey, mentre spingeva il palmo della mano contro la fronte per cercare di attenuare il suo mal di testa.
- Perché ti tieni la testa? – domandò Mark cercando di intravedere una qualche ferita all’altezza della fronte.
- Beh, ecco, lui mi ha colpito con un pezzo di ferro ed io – Zoey si fermò. Doveva scegliere con attenzioni le sue parole, non poteva permettersi di sbagliare – non ricordo più nulla. – concluse deglutendo con forza.
- Vediamo subito. – Kaylee afferrò il braccio di Zoey ed usò la sua abilità. Accadde tutto di colpo, dopo un’iniziale schermata grigiastra e bianca incomprensibile, che le ricordava quella del televisore a tubo catodico di sua nonna, vide Zoey stesa per terra, Duncan con un tubo arrugginito in mano teso verso la rossa e lo stesso Duncan che uccideva a sangue freddo un ragazzo biondo sovrappeso. Dopodiché, Kaylee fu costretta a togliere la mano perché colpita da una scossa improvvisa.
Sembrava quasi come se i ricordi di Zoey fossero corrotti. Kaylee mosse la mano cercando di riprenderne la sensibilità, poi guardò Luke e Mark e scosse la testa.
- Non sono riuscita a vedere molto. – ammise.
- Che cosa è successo? – chiese Zoey, anche lei colpita dalla leggera scossa. Kaylee si morse un labbro, non del tutto sicura di come risponderle.
- Non ricordi proprio nulla, eh? – la rossa scosse la testa in segno di assenso.
- Ha usato la sua abilità. – spiegò Mark.
- Abilità? – Zoey inclinò la testa di lato e guardò Mark con un sopracciglio alzato.
- Dannazione, non spifferare tutto ai quattro venti! – Luke colpì il muro con un pugno con fare stizzito. Fece per andare verso l’ispanico, ma Kaylee si frappose fra i due.
- Calmati, è pulita. Da quello che ho visto, non ci ha mentito. – la bionda si girò verso di Zoey e le sorrise nella speranza di farla calmare.
- Scusate, cosa sono queste abilità di cui parlate? – ripeté Zoey, cercando di non sembrare troppo insistente. Provò a sollevarsi e, con l’aiuto di Mark, ci riuscì.
- Ognuno di noi ha un’abilità specifica. Io capisco dove si trovano gli altri animali, Luke – lo indicò con l’indice – è capace di vedere cosa stanno facendo in questo momento, mentre Kaylee –
- Io leggo il passato. È quello che ho appena fatto con te. – si intromise la bionda.
- E cosa hai visto? – il volto di Zoey si illuminò di colpo e ciò non passò inosservato allo sguardo attento di Kaylee.
- Nulla di che, l’aggressione che hai subito ed un cadavere. – rispose cercando di essere la più diretta possibile.
- Un cadavere? – domandò Luke scostandosi dal muro. Kaylee fece cenno di sì con la testa.
- Esatto. Un cadavere di un biondo parecchio obeso immerso in un’enorme pozza di sangue. Ne sai qualcosa? – chiese a Zoey con tono leggermente ironico.
- Si chiamava Owen. – incominciò lei, per poi rischiare di vomitare tutt’insieme. Riuscì facilmente a buttare giù il boccone, ormai quel sapore amarognolo la accompagnava da talmente tanto tempo che nemmeno ci faceva caso – Duncan l’ha ammazzato. – continuò, con il respiro affannato e roco.
- Quindi questo Duncan è un vero e proprio schizzato. – Luke si avvicinò a Zoey di colpo fermandosi a pochi centimetri dal suo volto – E sentiamo, perché ti ha lasciata in vita? – la rossa esitò qualche secondo a rispondere, troppo intimorita dall’altezza e dall’aspetto burbero del moro. Non le veniva in mente nulla, non sapeva come sviare quella domanda tanto semplice quanto spinosa. Poi, di colpo, le parole perfette giunsero alla sua bocca proprio prima che il suo silenzio diventasse sospetto.
- Beh, ecco, io – il suo volto si tinse di rosso in una maniera talmente naturale da mettere a disagio tutti e tre gli ascoltatori – ho dovuto farci se… -
- Ferma, ferma, ferma! Abbiamo capito il concetto! – Kaylee le tappò la bocca prima che potesse aggiungere altro – Brutto idiota! Ti sembrano domande da fare? – se la prese poi con Luke, che si limitò a sbuffare a fare qualche passo indietro.
- Comunque sia – Luke si girò verso di Mark – Tu l’hai visto negli occhi? – il latino scosse la testa in segno di dissenso e Luke non poté far altro che lasciarsi andare all’ennesimo sbuffo – Cazzo. –
- Tu però l’hai visto. – lo incalzò Kaylee.
- Sì, ma non riesco a vedere nulla. – Luke chiuse gli occhi ed usò la sua abilità. Vedeva tutto buio a sprazzi e l’inquadratura si muoveva di continuo al punto da fargli venire il mal di mare – Sta correndo da qualche parte, ma non riesco a capire dove. –
- Fantastico! – sbottò Kaylee – Siamo punto a capo. Vabbè, amen, controlliamo questa stanza, poi vedremo come muoverci. – detto ciò, lei e Luke entrarono dentro.
Zoey mosse un passo avanti, ma Mark la fermò appoggiandole una mano sulla spalla. La rossa sussultò spaventata e ciò portò l’altro a ritrarre la mano.
- Oh, scusami, non volevo spaventarti! – si scusò Mark.
- No, figurati, mi hai solo presa alla sprovvista. – Zoey non poté far a meno di ridacchiare. Poggiò la mano destra sopra il cuore e strinse con forza le dita cercando di placare il battito in qualche modo.
- Volevo solo dirti di stare tranquilla e di non preoccuparti. Se ti serve una mano non esitare a chiedermelo, d’accordo? – Mark le sorrise e Zoey, seppur con qualche difficoltò, cercò di fare lo stesso.
- D’accordo, grazie mille. –
 
Duncan non aveva più fiato. Ormai erano quasi cinque minuti che correva senza sosta e, a giudicare dalla completa assenza di rumori, avevano smesso di inseguirlo. Si lasciò andare di peso con la schiena contro il muro finché non si ritrovò seduto per terra con il fiatone. Affondò la testa fra le gambe e trasse un grosso respiro con la bocca. Una goccia di sudore gli attraversò il viso fino al mento, per poi schiantarsi per terra. Si asciugò la faccia con la manica della maglietta e poi appoggiò la testa al muro.
Sentiva un certo magone nello stomaco, un magone che poteva essere spiegato solo con una parola: ansia. Sì, perché l’idea di aver letteralmente scaraventato Zoey insieme ai suoi carnefici un pochino lo attanagliava. Non era certo che quella fosse la scelta migliore, ma era l’unica che gli era venuta in mente in quel momento.
Non era mai stato maestro di improvvisazione, anche se nemmeno Jack Nicholson sarebbe riuscito a districarsi con facilità da quella situazione. L’unica cosa che doveva sperare era che qualcuno iniziasse davvero a vedere lui come l’obiettivo da eliminare. Era un lupo nei panni della volpe, un lupo dal pelo scuro tinto, o forse ricoperto, di un rosso scuro, pesante ed appiccicoso. Rosso sangue, il sangue dell’animale che qualche ora prima aveva sventrato senza pietà.
Perso nei suoi pensieri e nelle sue preoccupazioni, Duncan si tirò su barcollando e riprese a camminare stando ben attento a qualsiasi rumore attorno a lui. Al di là dello scoppiettio della lampadina sopra la sua testa, era immerso nel silenzio più assoluto.
Era scappato in direzione della stanza in cui aveva ucciso Owen, quindi a breve se la sarebbe dovuta trovare davanti. A quel punto avrebbe potuto prendergli la carta ed avvicinarsi ancora di più alla libertà. Non che la volesse così tanto, d’altronde per ottenerla subito gli sarebbe bastato uccidere Zoey, però l’idea di essere segregato là dentro senza nemmeno sapere il perché non lo aggradava per nulla.
Cinque minuti, cinque minuti persi nella sua testa a cercare un piano o comunque un’intuizione che potesse aiutarlo, poi finalmente si ritrovò la porta verde arrugginita davanti. C’era ancora un’impronta di sangue lasciata dalla mano di Zoey. Nel dubbio, per evitare rischi, si leccò la mano, impregnando le papille di un sapore ferroso ed acre, e la scancellò con le dita.
Dopo aver fatto un lungo sospiro, Duncan entrò all’interno della stanza e si chiuse subito la porta alle spalle cercando di fare meno rumore possibile.
- Immaginavo che saresti venuto qui. – Duncan si irrigidì dalla testa ai piedi. Rimase immobile, con la mano ferma sulla maniglia ed il respiro pesante. Sentì il rumore di due passi, poi il silenzio. Lentamente, Duncan si girò verso l’estraneo.
- Chi sei? – domandò, con il solo scopo di prendere tempo per poter elaborare un’idea accettabile. Quello, aggiustandosi la chioma nera, si fece un ulteriore passo avanti e gli sorrise.
- Non hai nemmeno gettato uno sguardo sul cadavere alle mie spalle. – sorrise – Quindi vuol dire che c’entri qualcosa. – concluse di colpo.
- L’ho ammazzato io. – Duncan assottigliò gli occhi. Si incurvò leggermente, pronto a saltargli addosso alla sua prima distrazione. Lo squadrò da cima a fondo e, dopo essersi assicurato che non fosse armato, strinse i pugni e si fece coraggio.
- Questo, in un certo senso, mi rende felice, sai? – Duncan lo guardò spalancando la bocca – Sarà più facile aiutarti se sei in grado di uccidere una persona senza ripensamenti. –
- Spiegati meglio. – il modo di fare così vago del suo interlocutore non lo metteva affatto a suo agio, anzi, gli faceva venire voglia di saltargli addosso.
- Io sono il Camaleonte. – il ragazzo estrasse la sua carta dalla tasca e gliela porse dopo essersi inginocchiato – Mi chiamo Alan e voglio aiutarti, mia amata Volpe. – Duncan strabuzzò gli occhi per diverse volte, senza riuscire a credere a quello che stava vedendo.
- Mi stai prendendo in giro? – irrigidì ancora di più i pugni per prepararsi ad un eventuale attacco a sorpresa.
- No, affatto. – Alan infilò la mano in tasca ed estrasse un’altra carta – Per dimostrarti la mia fedeltà ho già provveduto a prendere la carta dal cadavere. – Duncan le afferrò entrambe e le analizzò con calma. Una rappresentava un camaleonte, mentre l’altra, sporca di sangue, un orso.
- Come hai fatto a capire che la volpe sono io? – chiese poi. Alan si lasciò andare ad una risatina.
- Oh, me l’hai confermato tu in questo momento. – Duncan ebbe un sussulto – Però ne ero già praticamente sicuro: il modo in cui ti sei premurato di chiudere la porta, i tuoi vestiti insanguinati, il cadavere sventrato alle mie spalle. Devo continuare? – elencò tenendo il conto con le dita della mano.
- Perché vuoi aiutarmi? – domandò Duncan, prima di infilare in tasca le carte.
- Non lo so di preciso. So solo che devo farlo, perché il mio desiderio più grande è quello che salvare la volpe. È per questo che partecipo al gioco. – spiegò Alan, lasciando l’altro non del tutto convinto.
- Se lo dici tu. – Duncan si lasciò andare ad un lungo sospiro, poi appoggiò la schiena contro il muro. Non poteva ancora fidarsi di lui, perciò non avrebbe dovuto in alcun modo distrarsi o lasciare un fianco scoperto.
- A proposito, sai qual è la tua abilità? – gli chiese Alan. Duncan fece una faccia stranita che bastò come risposta – Immagino di no. – concluse il moro, per poi mettersi accanto a lui.
- Di che cazzo stai parlando? – Duncan si grattò la testa e sbuffò.
- Ognuno di noi ha delle abilità segrete che può usare. – spiegò Alan.
- Mi stai prendendo per il culo? – Duncan non nascose una certa stizza nella voce.
- No volpe, non ti sto affatto prendendo in giro. So che è difficile da credere, però è tutto vero. – Alan puntò gli occhi verso il soffitto – La mia abilità è l’immunità, sono immune ai poteri degli altri animali. – concluse. Duncan non poté far altro che scuotere la testa e staccarsi di peso dal muro.
- Okay, con questo ho sentito abbastanza stronzate. – fece per uscire dalla stanza.
- Sono la tua unica speranza per uscire di qua vivo. – Alan gli andò in contro – Tutti gli altri ti vogliono morto, ne ho già incontrati due. Uno di loro può comunicare telepaticamente, l’altro è in grado di segnalare la sua posizione a tutti i giocatori. Devi stare attento. – appoggiò una mano sulla spalla di Duncan, che lo scostò bruscamente.
- Ah, fanculo! – sbottò, per poi colpire lo stipite della porta con un pungo – Non ci sto capendo un cazzo. – portò l’indice ed il pollice della mano sui condotti lacrimali degli occhi ed applicò una leggera pressione nella vana speranza di riordinare le idee – Va bene, va bene. Mi fiderò di te. – non avrebbe voluto farlo, ma non aveva altra scelta.
- Ottimo! Mi fa davvero piacere sentirlo. – Alan si lasciò andare ad una risatina, dopodiché si avvicinò ad uno dei numerosi scaffali presenti nella stanza e lo gettò per terra di colpo.
- Che diavolo stai facendo? – Duncan lo guardò in modo scettico.
- Se vogliamo sopravvivere ci serviranno delle armi. – rispose Alan, per poi rompere uno dei perni dello scaffale con un colpo ben assestato. Duncan spalancò gli occhi di colpo.
- Hai ragione. – in quell’esatto momento un piccolo dettaglio tornò alla sua mente – Cazzo, il tubo di ferro! – lo aveva dimenticato da qualche parte nella stanza delle nove colonne che aveva visitato prima con Zoey.
- Hai usato quello per massacrare questo tizio? – chiese Alan indicando il cadavere di Owen.
- Esattamente. – la bocca di Duncan si piegò in un sorriso malato – L’ho proprio massacrato. – gli piaceva davvero tanto quella parola.
 
In Seth c’era qualcosa che inquietava Jasper. Forse era la sua altezza, forse il suo modo di fare fin troppo benevolo, o forse era la sua faccia così pulita e bronzata a metterlo in soggezione. In confronto a lui, Jasper si sentiva piuttosto inadatto alla vita. Era sempre stato in conflitto con sé stesso per via del suo aspetto fisico e questo suo disagio si accentuava parecchio quando si trovava vicino a persone che riteneva oggettivamente belle. Sì, perché Seth, con quella mascella scolpita, il fisico imponente, i capelli ricci e gli occhi color miele, era davvero bello. Di una bellezza esotica che gli ricordava il deserto del Sahara.
- Alan ti ha detto nulla di importante? – gli chiese Seth interrompendo le sue turbe mentali. Jasper boccheggiò qualche secondo, fino a quando non trovò le parole per rispondere.
- Mi ha detto che non vuole uccidere la volpe. – a conti fatti, quello era l’unico discorso che avevano realmente fatto.
- Uh, questo può essere interessante. Vuol dire che forse dovremo sbarazzarci anche di lui. – Seth schioccò la lingua contro il palato e portò una mano sotto il mento con fare pensieroso.
- Che intendi dire con “sbarazzarci”? – Jasper sgranò gli occhi. Seth inclinò la testa e lo guardò come se avesse detto qualcosa di molto stupido.
- Ucciderlo. – spiegò poi, con una semplicità tale che Jasper non poté che rimanerne spiazzato. Deglutì non senza difficoltà, sotto lo sguardo contorto di Seth.
- Ma io non voglio ucciderlo! – protestò Jasper senza riuscire a sembrare abbastanza convincente.
- Se si metterà contro di me dovrò ucciderlo. -  bastò un’occhiata storta di Seth per farlo ritornare al suo posto, un’occhiata di quelle talmente tagliente che Jasper per un istante pensò di avere la gola squarciata. Seth si accorse di esserci andato troppo pesante solo quando vide il modo in cui l’altro era sbiancato di colpo – Intendo dire che, se costretti, dovremo farlo. Fidati, nemmeno io voglio sporcarmi le mani, ma se vogliamo vincere il gioco è necessario. – appoggiò una mano sulla spalla di Jasper e lo guardò con il migliore dei suoi sorrisi.
- Hai ragione, scusami. – il biondo si morse le labbra ed abbassò lo sguardo, troppo spaventato per poter controbattere.
- No, sono io a dovermi scusare. – Seth scosse la testa e si lasciò andare ad un grosso sospiro – Mi sono fatto prendere troppo dal gioco. – portò le mani sul volto ed iniziò a singhiozzare – Purtroppo mio padre è molto malato e l’unico modo che ho per aiutarlo è quello di uccidere la volpe. Non voglio farlo, ma sono costretto! – disse poi.
Jasper ebbe un sussulto. Quelle parole fecero breccia nel suo cuore come una freccia scoccata da un arco. Vederlo in quelle condizioni e, soprattutto, per quel motivo lo fece sentire in colpa anche solo per essere in vita.
- Scusami, non lo sapevo. – gli appoggiò una mano sulla schiena per confortarlo – Sai, anche io sono qui per un motivo simile. Mio figlio sta male. – confidò Jasper. Seth tolse le mani dal volto e puntò gli occhi lucidi verso di lui.
- Quindi io e te siamo simili! – lo afferrò per le spalle e gli sorrise – Dobbiamo per forza collaborare, facciamolo per mio padre e per tuo figlio! – Jasper rimase quasi ipnotizzato da quegli occhi così magnetici, tanto che nemmeno fece caso al modo sopraffino con il quale era stato manipolato. Sì, perché Seth stava a fatica trattenendo un malefico sorriso a trentadue denti. C’era voluto poco, una generica frase fatta, ed aveva colpito al centro il bersaglio con una precisione tale da trapassarlo. Lo aveva raggirato con talmente tanta semplicità che per qualche istante pensò di avere a che fare davvero con un idiota di dimensioni cosmiche.
Un idiota che, tuttavia, in quel momento gli serviva come il pane.
- Forza, continuiamo a cercare gli altri. – Seth si scostò da lui e riprese a camminare – Perché non mi parli un po’ di tuo figlio? Mi sono sempre piaciuti i bambini. – chiese poi con un fintissimo sorriso in volto.
E così, fra un effimero discorso manipolato alla perfezione da Seth e l’altro, riuscirono ad arrivare davanti ad una porta. Il vocio proveniente dall’interno fece capire a Seth di aver fatto bingo. Spalancò la porta di colpo ed invitò Jasper con un cenno della mano ad entrare assieme a lui.
Sì trovò davanti un folto gruppetto di quattro persone che, non appena sentirono il cigolio dei cardini, si girarono verso di loro puntandogli contro tutte le loro armi. Seth rise, non poté fare altro.
- Magnifico, davvero magnifico. Posso sapere quelle dove le avete trovate? – indicò le armi di Manuel e Luke e si avvicinò a loro a passo spedito, con al seguito un riluttante Jasper.
- Non t’azzardare a muoverti. – Luke puntò il coltello contro il collo di Seth, che si fermò proprio quando la punta della lama si appoggiò contro la sua carne. Lo guardò per qualche secondo e, dopo aver sorriso di gusto, si fece un passo indietro.
- Vedo che già siete attrezzati a dovere. Ne sono molto felice, così sarà più facile stanare la volpe. – Seth sorrise ed estrasse la sua carta dalla tasca – Io sono Seth, il serpente. E lui è Jasper il panda. – indicò il biondo alla sua sinistra che si limitò a salutarli con un cenno della mano. Luke abbassò il coltello, ma si tenne a debita distanza.
- Luke. – disse – Mark. – indicò l’ispanico – Kaylee. – poi la bionda – E poi… - si fermò per un istante – Com’è che ti chiamavi? – si girò verso di Zoey, che sussultò di colpo.
- Zoey, lei si chiama Zoey. – fu Kaylee a rispondere, alzando gli occhi verso il soffitto. Seth si bloccò di colpo non appena i suoi occhi si incontrarono con quelli di Zoey.
- Zoey. – ripeté. Fece un passo avanti senza distogliere lo sguardo da lei nemmeno per un istante. La rossa si fece indietro fino a quando non si ritrovò con la schiena contro una delle nove colonne presenti al centro della stanza. Seth continuò imperterrito ad avvicinarsi, fino a quando Mark non si mise davanti lui e lo bloccò mettendogli una mano sul petto.
- Che c’è? – si girò verso di Zoey – Lo conosci? – chiese alla rossa, che si affrettò a fare cenno di no con la testa. Seth si risvegliò dal suo attimo di trance e smise di guardarla.
- Oh, scusatemi. Ero solo colpito dal suo bellissimo aspetto. – si giustificò – Dimmi Zoey, che animale sei? – le chiese, assottigliando gli occhi. Zoey aprì la bocca per rispondergli, ma Mark la anticipò.
- Il lupo. C’è qualche problema? – aumentò la pressione sullo stomaco di Seth, che a quel punto indietreggiò di un passo.
- No, tutto a posto. Era solo una curiosità. Un lupo dall’aspetto davvero inoffensivo. – sorrise. Si guardò poi attorno con occhio attento ed esaminò la stanza da cima a fondo.
- Perché non ci dite quali sono le vostre abilità? – domandò Kaylee. Seth scosse la testa.
- Quello lo capirete al momento più opportuno. Per adesso limitiamoci ad analizzare la situazione. – liquidò la faccenda con una semplicità che fece non poco imbestialire la bionda. Era lei il cervello del gruppo, non aveva bisogno di un belloccio che si atteggiava a capetto. Tuttavia per ora le conveniva far finta di nulla e sapere cosa avesse in mente, perciò fece buon viso a cattivo gioco.
- D’accordo. Quindi, cos’hai di così illuminante da dirci? – lo intimò a rispondere muovendo la mano in sua direzione.
- Ci sono nove colonne qua. – ci passò la mano sopra – E su ognuna di loro c’è un piccolo scavo in cui entra perfettamente una carta, inoltre al centro c’è il disegnino di un animale. – si bloccò per un istante – Quindi possiamo dedurre che ci sono nove animali in tutto e noi siamo in… - iniziò a contare.
- Sei. – rispose prontamente Kaylee facendolo sorridere.
- In sei, esattamente. Più la volpe sette e più il tizio che io e Jasper abbiamo incontrato per i corridoi otto. Ne manca uno all’appello. – constatò.
- Lascialo stare, quel poveraccio è morto. L’ha ammazzato la volpe. – disse Luke con un macabro sorriso – Giusto? – guardò Zoey, che fece cenno di sì con la testa.
- Interessante. – Seth si lasciò andare ad un sospiro – Quindi tu hai incontrato la volpe, dico bene? – il ricciolo guardò la rossa con un sorrisetto tutt’altro che rassicurante.
- Sì. – rispose lei.
- E che tipo era? – Seth assottigliò nuovamente gli occhi e Zoey si sentì ancora più sotto pressione.
- Un tizio alto dai capelli neri e con i vestiti sporchi di sangue. – Mark anticipò nuovamente Zoey, tenendo verso Seth uno sguardo di sfida.
- Fidati, identificarlo è l’ultimo dei nostri problemi. – aggiunse Kaylee sbuffando.
- Buono a sapersi. Invece, le armi? Dove le avete ottenute? – indicò il machete che Manuel teneva in mano.
- Esci dalla stanza, gira a destra, fatti due incroci a casaccio e se hai culo dovresti trovare una stanza con dentro delle vetrate. Lì c’è una specie di distributore delle merendine, se ci metti la carta dentro ti dà un’arma. – spiegò, un po’ a casaccio, Luke. Seth e Jasper lo guardarono con scetticismo.
- Sì, sembra strano, ma l’idiota sta dicendo la verità. – confermò Kaylee e ciò bastò ai due per fidarsi – A proposito. Luke, riesci a vedere qualcosa adesso? – il moro sgranò gli occhi, poi li chiuse e respirò profondamente. Vide diversi scaffali, poi il focus si spostò su una porta verdastra e poi, infine, vide una figura tutta nera. A quel punto dovette riaprire gli occhi per il troppo dolore.
- Mi sembra in una libreria, a quanto ho capito. Con lui c’è qualcuno, ma non riuscivo a vederlo bene. – spiegò poi, coprendosi gli occhi con entrambe le mani per cercare di alleviare il fastidio che sentiva.
- Dev’essere Alan! – esclamò Seth - Perfetto, allo noi due andiamo. – si girò di colpo e fece cenno a Jasper di andare con lui.
- Non è meglio restare uniti? – suggerì Kaylee, seppur non volesse restare assieme a lui per un minuto in più. Seth scosse la testa.
- In altre circostanze avresti ragione, ma ho un piano in testa e per attuarlo dobbiamo restare separati. – Seth si avvicinò alla porta – Voi tenetevi pronti per il segnale. – fece l’occhiolino. I quattro si guardarono confusi fra di loro.
- Che segnale? – chiese Luke.
- Fidati, lo capirete. A presto. – detto ciò, i due uscirono chiudendosi la porta alle spalle.
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Non voglio assolutamente lasciare questa storia incompleta. Attualmente ho già pronto un altro capitolo, mentre quello dopo lo sto scrivendo day by day. Speriamo bene!
Scusate per il ritardo abissale, ma mi ci è voluto moooolto più tempo del previsto.
Comunque sia, passiamo al succo! Sempre se c’è qualcuno che è ancora disposto a berlo AHAHAH.
Duncan e Zoey si separano, eheheheh, Mark fa il daddy iper protettivo, Kylee sente minacciata la sua posizione da leader suprema, Luke viene preso in giro da tutti, Alan prende oggetti dai cadaveri, Seth manipola gente a caso e Jasper si fa manipolare da gente a caso.
Che dite, può andare come riassunto?
Detto ciò, mi scuso nuovamente per il ritardo e spero vivamente di riuscire ad aggiornare il prima possibile! Buona domenica a tutti!
   
 
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