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Autore: Ciarax    14/11/2021    0 recensioni
Una lotta contro il tempo per riuscire a catturare l'omicida seriale più sanguinario che la storia abbia mai conosciuto: Kira.
Una lotta contro il tempo nel tentativo di risolvere il caso prima che sia troppo tardi.
...
Dal testo:
«Ma chi si crede di essere…» mormorò a sé stesso certo che nessuno l’avesse sentito.
«Agente del KGB Yana Sokolova, prenderà parte attiva alle indagini su mia personale richiesta» gli rispose indirettamente Elle mentre la ragazza si mise comoda sul bracciolo della poltrona, incrociando le braccia sotto il seno e rivolgendo loro uno sguardo attento.
...
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Light/Raito, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 6
 
Uno sbadiglio interruppe quel lungo quanto pregno silenzio che durava oramai da quasi sei ore, le tende aperte quel tanto che bastava da far passare un filo di luce pomeridiana all’interno dell’ennesima suite d’hotel dove Elle aveva stabilito il nuovo e temporaneo quartier generale.
Quei continui cambi iniziavano a pesare alla maggior parte dei membri della squadra anti-Kira che continuava a lavorare a testa bassa per raccogliere il maggior numero di informazioni possibili sul caso, seppur con evidenti problemi di mancanza di aiuto.
            Soichiro Yagami aveva insistito per farsi rinchiudere allo stesso modo del figlio poco tempo dopo la sua reclusione, conscio dell’impossibilità di poter aiutare nelle indagini con la dovuta lucidità e obbiettività, qualità che Yana apprezzò particolarmente del sovrintendente di polizia.
Ed ora, sia lui che i due giovani e principali sospettati di essere Kira erano sotto il vigile sguardo di Elle che non perdeva un attimo del suo tempo in altro se non tenerli d’occhio alla ricerca di una qualsiasi soluzione; un dettaglio, una parola, un sospiro, qualunque minuscolo indizio che avrebbe potuto mettere fine a quella messinscena che durava oramai da quasi una settimana.
            I due agenti di polizia rimasti spesso si assentavano per svolgere qualche indagine esterna o più semplicemente per staccare un po’ la spina da quella situazione che per loro, digiuni da un tale modus operandi di condurre un caso sotto le direttive del miglior detective al mondo, iniziava ad essere davvero insostenibile.
Sia, Matsuda che Aizawa tuttavia, notarono come quegli strani ritmi di veglia quasi costante oppure gli orari improponibili passati davanti uno schermo, non inficiassero particolarmente il loro ultimo membro aggiuntosi alla squadra; Yana, infatti, raramente lasciava la sua postazione di lavoro, spesso di fianco la poltrona di Elle oppure in un angolo discreto della stanza dove da giorni stava ispezionando con cura tutti gli effetti personali del giovane Yagami.
            «Avanti signor maniaco, quando ti deciderai a lasciarmi andare? Come puoi divertirti se mi lasci sempre legata così?» la voce stridula e altisonante della Amane risuonava come un fastidioso rumore di sottofondo alla quale tutti avevano fatto più o meno l’abitudine.
Dello stesso avviso invece non erano i due Yagami: Light ancora legato per tutti e quattro gli arti non sembrava soffrire particolarmente la situazione, non aveva parlato molto da quando era stato rinchiuso e neanche aveva protestato in modo rumoroso, se ne stava tranquillo e talvolta veniva sorpreso da Yana a parlare come sottovoce anche se i microfoni non erano in grado di captare le parole di quei monologhi; Soichiro invece era il più provato da quella situazione irreale, sedendo scomposto su una sedia e osservando assorto di fronte a sé, non era stato particolarmente reattivo negli ultimi giorni e rifiutava i saltuari tentativi di Elle di farlo uscire da lì, ostinato nel soffrire la stessa sorte del figlio.
            «Io sono davvero preoccupato per il sovrintendente» mormorò sconsolato Matsuda mentre guardava con pietà la figura del suo capo reclinata in avanti sulla sedia pieghevole all’interno di quella cella angusta.
Light alzò la testa lentamente rivolgendo il proprio sguardo dritto verso la telecamera di videosorveglianza, «Ryuzaki, in questi giorni sono state trasmesse informazioni sui criminali che potrebbero essere nel mirino di Kira? E in tal caso, li ha uccisi?»
Il detective non attese a rispondere e premette con rapidità uno dei microfoni di fronte a lui prima di parlare.
            «I giornali hanno continuato a diffondere notizie di criminali ma da quando sei stato rinchiuso non ne è ancora morto nessuno»
            «Davvero non è morto nessuno?»
            «Si» fu la risposta lapidaria di Elle.
Light abbassò la testa continuando a mormorare qualcosa che Yana, dando un’occhiata alla sua schermata, pur non comprendendo le parole ebbe l’impressione di come il ragazzo stesse parlando con qualcun altro; annotata mentalmente la stranezza riprese il proprio lavoro meticoloso, scoccando di tanto in tanto un’occhiata curiosa nei suoi confronti.
            Ryuzaki, nel frattempo, continuò a rimuginare su tutta quella faccenda e le indagini che sembravano arrivate ad un punto morto, nonostante quella strana svolta e quel gesto avventato di Light stessero quasi confermando le sue ipotesi iniziali sulla sua colpevolezza.
Si portò il pollice sul labbro nel suo gesto abituale, rimuginando mentre la sua mente continuava frenetica a tentare di decifrare il comportamento criptico del giovane Yagami; da quando era stato rinchiuso, di sua spontanea volontà e proprio nel momento in cui Misa aveva cambiato radicalmente atteggiamento, le vittime si erano di colpo arrestate dando ancora più credibilità e conferma alla sua teoria principale.
Ma la cosa non aveva senso.
Vagliò per un istante la reale ipotesi che effettivamente Light potesse essere vittima di una qualche sorta di disturbo dissociativo e dunque era virtualmente inconsapevole di quello che il suo alter ego Kira facesse a sua insaputa, ma la cosa non stava in piedi poiché un tale livello di ingegno e astuzia dovevano provenire da qualcuno con il pieno possesso delle proprie facoltà intellettuali e di persone così dotate ve n’erano ben poche.
            Nel mentre che Elle continuava il suo ragionamento e la sua sorveglianza, Yana continuò ad osservare con attenzione il portafogli di Light nonostante l’iniziale protesta di Aizawa e Matsuda che la consideravano una grave invasione della privacy, ma con la minaccia mondiale di un cataclisma questo era decisamente un fatto irrilevante la ragazza poté così notare come una parte del portadocumenti fosse stato ricucito con molta perizia e precisione; non sembrava esserci nulla fuori posto se non appunto una rammendatura molto ben fatta, di tutt’altro avviso era l’orologio da polso che era un particolare modello e sembrava presentare un corpo in metallo piuttosto ingombrante rispetto alla media, seppur di poco.
Smanettandoci con attenzione l’orologio si aprì, rivelando quello che sembrava essere una sorta di piccolo scomparto dove c’erano custoditi uno stralcio di carta di un quaderno e quello che sembrava essere un ago, Yana socchiuse gli occhi confusa e squadrando con attenzione l’orologio prese con delicatezza il piccolo pezzo di carta, alzandolo all’altezza degli occhi.
            Un brivido la pervase quando la sua mente registrò qualcosa di insolito nella visione periferica della sua vista ancora concentrata sul piccolo foglio, inclinò di poco la testa infastidita da quella sensazione che le stringeva la bocca dello stomaco e non le rendeva facile la concentrazione.
Il respiro le si mozzò in gola, i polmoni rimasero senza aria e non volevano saperne di riprendere a funzionare normalmente; le pupille dilatate dalla scarica di adrenalina che continuavano ad alternare lo sguardo fra lo schermo e il pezzo di carta che teneva tra le dita ora tremanti.
I muscoli le si irrigidirono per una frazione di secondo prima che anche il suo petto tornasse a muoversi con una vaga sorta di normalità, con movimenti lievi appena accennati e che dolevano ad ogni respiro.
La sua mente la riportò bruscamente alla realtà ricordandole della primaria necessità di riempire i polmoni di prezioso ossigeno, necessità che Yana assecondò ben volentieri nel tentativo di razionalizzare la figura che aveva appena visto di fianco a Light.
Se di un umano si poteva parlare.
            «Il diavolo… è un cataclisma» mormorò con un filo di voce senza prestare particolare attenzione a cosa stesse dicendo, lo sguardo e la mente rapiti da quello che faticava a percepire come reale.
Un essere dalle fattezze mostruose che era in piedi vicino Light, dai tratti riconducibili solo in piccolissima percentuale a quelle di un essere umano che sembrava guardare con interesse il ragazzo seduto accanto a lui che nel frattempo continuava a parlare come se niente fosse.
Devo stare impazzendo anche io, pensò inconsciamente Yana mentre l’unica spiegazione plausibile che riuscì a trovare fu la mancanza di sonno dei giorni precedenti che doveva aver avuto una qualche sorta di effetto collaterale sul suo cervello e sui suoi sensi.
Non poteva essere altrimenti, si rifiutava di credere altrimenti.
Quasi meccanicamente riportò lo sguardo davanti a sé fissando ancora sgomenta il foglietto che giaceva vicino l’orologio, scoccando occhiate sempre più frequenti alla cella di Light sperando quasi di avere una prova della sua teoria, ignara che Elle la teneva sott’occhio già da qualche minuto; avendo notato come Yana vicino a sé si era improvvisamente tesa, Ryuzaki pensò a cosa potesse aver causato quel cambiamento repentino e inusuale della sua persona, era distratta e dava la netta impressione di temere per la propria vita.
Senza aprire bocca si limitò a passargli uno dei piattini dove c’era abbandonata l’ultima panna cotta prima di essere costretti a fare di nuovo rifornimento di dolci.
            Yana si accorse di quel movimento alla sua sinistra e fece alternare per un attimo lo sguardo tra il dolce e la mano diafana di Elle che spingeva il piattino con a malapena due dita tenendo la testa rivolta allo schermo che aveva di fronte.
Storse leggermente il naso riconoscendo la consistenza della panna cotta ma non disse nulla, spostò il piatto davanti il suo portatile e prese a mangiarlo con esasperante lentezza. Fissava ostinatamente lo schermo del proprio portatile dove aveva nuovamente sottomano l’immensa lista degli omicidi e altri file pieni di dati che voleva rivedere accuratamente, ancora una volta.
Era passati a malapena il primo pomeriggio e la giornata si prospettava ancora lenta come lo era stata dall’inizio della reclusione di Light. Yana aveva a malapena finito di controllare il resto degli effetti personali di Yagami, con la pesante consapevolezza che nulla sarebbe di certo stato pari a quella scoperta nel suo orologio.
Rapidamente aveva sostituito il pezzo di carta con un altro delle stesse dimensioni, tenendo l’altro al sicuro nella borsa del suo computer. Più tardi ci avrebbe fatto i conti.
            Elle non sembrava particolarmente disturbato da quell’assenza di azione anche se l’unghia del pollice poteva essere testimone del contrario, aveva finito con il mangiare l’intera unghia mentre era assorto nei suoi pensieri.
Continuava a rimuginare sul comportamento di Yagami che, nonostante qualcuna delle sue teorie, aveva agito decisamente fuori dagli schemi e ora era lì, testimone di come si fosse incastrato da solo.
Qualcosa non quadrava. Non poteva essere stato talmente stupido da buttarsi nella tana del lupo senza un piano di riserva, o era tanto disperato da provare la sua innocenza o era altrettanto stupido.
            Lo sguardo di Elle cadde sull’altro lato del tavolino dove Yana era seduta a terra, piegata sul proprio portatile mentre torturava l’ennesimo bastoncino di una caramella finita un’ora prima.
Era da quella mattina che era silenziosa ma anche se non aveva più la stessa aria terrorizzata che gli aveva colto prima, adesso continuava ad avere un’espressione tesa e poco concentrata. Fissava lo schermo ma non sembrava minimamente interessata a quello che c’era scritto sopra e si rifiutava di gettare anche solo per un secondo lo sguardo sulle telecamere che inquadravano i due Yagami e la Amane.
Quasi due interi giorni li aveva spesi a fare ricerche sugli Shinigami, assecondando quella maledetta voce nella testa che le diceva che stava impazzendo e in un tentativo di provare il contrario Yana si era chiusa in quel circolo vizioso.
Aveva a malapena mangiato, soffocata com’era dal bisogno di provare che era ancora lucida e in grado di ragionare con freddezza. Rivolgeva periodiche occhiate allo schermo che proiettava il video delle tre stanze dov’erano stati messi i due principali sospettati del caso e quella del sovrintendente Yagami, anche se quell’essere mostruoso era ancora lì.
            Yana lo sorprese diverse volte ad agitarsi come un ossesso, alzando le braccia e gesticolando teatralmente oppure mentre si ribaltava a testa in giù senza apparente motivo. Light aveva quasi sempre la testa bassa e questo impediva di capire se stesse rivolgendo la parola a quel presunto dio della morte e, anche in quel caso, i microfoni non erano abbastanza sensibili da coglierne le parole.
Nonostante il suo scarso interesse sulla mitologia, Yana rimase affascinata da quelle leggende sugli dèi della morte che ne erano attirati come falene da una luce: più o meno in modo unitario era palese come non venissero descritti di bell’aspetto e il loro comportamento bizzarro variava da zona a zona del Giappone, non c’era dunque una fonte abbastanza affidabile su cui fare riferimento.
Anche se fosse poi, si trattava pur sempre di una creatura di fantasia. Era normale non avere fonti concordanti, e non ve n’era motivo, no?
            Serrando la mascella a quel pensiero Yana ruppe l’ennesimo bastoncino di una caramella all’arancia che continuava a mangiucchiare da quasi due ore, nonostante gli zuccheri fosse spariti da parecchio prima.
Buttò via il bastoncino rotto e allungò una mano nella propria borsa per prenderne un altro ma quando sentì che la tasca era vuota si fermò, voltò lo sguardo e rovistando ancora un po’ aggrottò la fronte in disappunto. Sospirò, ritraendo la mano e notando come anche Elle era senza spuntini dolci da quasi tutto il giorno, chiuso nella sua bolla di concentrazione osservava con vivo interesse lo schermo del televisore, torturando distrattamente il pollice della mano destra.
Una settimana da quando il primo sospettato era stato rinchiuso e ancora non aveva trovato nulla: la Amane che continuava di tanto in tanto a lamentarsi, continuando a credere tra l’altro che quella fosse tutta opera di un suo fan impazzito; il sovrintendente Yagami che, stoicamente, era convinto dell’innocenza del figlio e il suddetto primo sospettato che era il ritratto della tranquillità.
Mai Elle lo aveva visto perdere la calma o mostrare un accenno di paura o rimorso per il casino in cui si era volontariamente cacciato. Sembrava in attesa, aspettava paziente come se tutto stesse andando secondo le sue previsioni.
            Di tanto in tanto anche il detective lo aveva colto in flagrante mentre sembrava parlare da solo, ma non ci badò molto poiché i microfoni non erano abbastanza vicini per intercettare le sue parole.
Yana al contrario sembrava sempre più sul filo del rasoio, i segni scuri sotto gli occhi grandi ancora più accentuati e una maschera di disappunto sul volto che non la mollava da giorni. Più di una volta l’aveva beccata a fissare di sottecchi la videocamera di sicurezza di Light anche per interi minuti, prima di irrigidirsi impercettibilmente e tornare a fissare ostinatamente il proprio portatile, lavorando ancora più di prima.
            Con la coda dell’occhio Elle aveva notato già da un paio d’ore che c’era un lecca-lecca abbandonato per terra vicino il tavolino davanti a sé, evidentemente dimenticato o caduto per sbaglio. Con un gesto rapido lo raccolse e lo posò vicino al portatile di Yana che, alternando lo sguardo da quella caramella ad Elle, vide come il detective non l’aveva degnata di uno sguardo, continuando a fissare lo schermo davanti a sé.
Yana lo prese senza troppi complimenti e finalmente poté rilasciare un flebile sospiro di sollievo prima di alzare di nuovo lo sguardo quando Elle si decise finalmente a rompere la monotonia di quei giorni.
            «Light, è passata soltanto una settimana ma ti vedo piuttosto sciupato. Tutto bene?» la voce di Elle era risuonata tramite il microfono, piatta e monotona come sempre.
Passò qualche secondo di silenzio in cui dalle immagini della videocamera non si mosse nulla, Light col capo chino non aveva ancora fiatato e questo colse l’attenzione di Yana ancora più di prima.
            Light alzò la testa e mormorò qualcosa prima che, come un lampo, l’essere mostruoso che era aggrovigliato in un angolo della cella si rizzò in piedi, mostrando ancora di più le imponenti dimensioni.
Con un gesto della mano poi quella creatura sembrò salutare la figura rannicchiata di Yagami e scomparì attraverso il muro.
            «Ryuzaki, lo so che sono stato io a volere tutto questo ma è tutto inutile. Non serve assolutamente a niente, ti prego lasciami andare!» Yana per poco non rischiò di mandare di traverso la caramella che stava tenendo in bocca nel sentire quelle parole.
Tossì un paio di volte e si sporse un poco per osservare meglio il volto di Light che adesso stava fronteggiando apertamente la videocamera di sicurezza.
            Gli occhi nocciola erano spalancati e il suo volto, prima impassibile, era stato attraversato da un lampo di paura mentre chiedeva a gran voce anche lui di venire liberato.
O quella era tutta una messinscena o, di nuovo, anche lui era sincero.
            «No, -lo interruppe bruscamente Elle, -mi hai fatto promettere che qualunque cosa tu avessi detto o fatto io non ti avrei liberato»
            «Credi che un pazzo come Kira avrebbe potuto agire senza essere nel pieno delle sue facoltà mentali? Non sono stato io, Ryuzaki!»
Elle si prese qualche secondo prima di replicare.
            «Anch’io sono d’accordo ma tutto torna, visto che da quando sei tenuto sotto sorveglianza gli omicidi sono improvvisamente cessati»
Light alzò la voce continuando ad implorarlo di venire liberato e alla sua ennesima richiesta Yana alzò la testa per scrutarlo attentamente. Quella scena era un’esatta replica di quello che era successo con Misa Amane qualche giorno prima.
Nessuno dei due ammetteva le proprie colpe ma di lì a poco tempo dopo l’inizio dell’interrogatorio erano come completamente diversi. Sostenendo con più foga la propria innocenza ed estraneità al caso.
Lì qualcosa non quadrava.
            «Una qualche sorta di disturbo dissociativo» mormorò Yana, spostatasi al fianco della poltrona di Elle e poggiandovisi sul bracciolo.
Il detective mosse appena gli occhi per inquadrarla nella sua visione periferica prima di riportare il pollice sul labbro, ripensando a quelle parole.
            «Due serial killer che uccidono preda di un qualche delirio di onnipotenza e che poi si dichiarano completamente innocenti? Messa così sembra quasi che siano stati manovrati da qualche entità superiore» commentò con una punta di ironia Elle all’assurdità di quella ipotesi, riportando la concentrazione sul giovane Yagami che era tornato in silenzio.
            Yana al contrario meditò parecchio su quelle parole, improvvisamente non più così assurde ripensando a quell’entità mostruosa che aveva visto al fianco di Light per tutto quel tempo. In quell’esatto momento poi, non appena era scomparso attraverso il muro Light aveva cambiato radicalmente atteggiamento, quasi si fosse svegliato da una trance.
Il disturbo dissociativo in quel momento era stata l’ipotesi razionale più vicina a quella strana concatenazione di eventi ma di certo, adesso, quella componente in più si era aggiunta a quel labirintico puzzle.
            La giornata si stava concludendo senza che Light avesse nuovamente chiesto di venire liberato, chiuso in un mutismo diverso da quello della settimana precedente. Non era più in attesa di un qualche evento, ora sperava solo che Elle gli desse il via libera per poter tornare a casa completamente sollevato dalle accuse.
            Yana notò come il proprio portatile stesse iniziando a dare segni di cedimento dopo ore di lavoro ininterrotto, con la batteria sul punto di morire. Gettò un’occhiata sull’ora e vide come fossero da poco passate le dieci di sera e oramai i due poliziotti si erano congedati da parecchie ore.
I pezzi degli scacchi erano disordinatamente abbandonati sul tavolino di fronte a lei, dopo l’ennesima partita inconcludente e che si era chiusa con un altro pareggio. Le cartacce delle caramelle erano sparse intorno a lei come relitti e con un gesto stizzito li buttò in fretta all’interno della propria borsa dove ripose anche il computer spento.
            Elle si girò giusto quanto bastava per vedere Yana stiracchiarsi pigramente e mal celare uno sbadiglio di stanchezza che in quel momento la stava consumando. Ad essere onesto con sé stesso non ricordava da quante ore i due erano vigili e non si concedevano almeno un paio di ore filate di sonno.
Yana si era finalmente alzata, costretta com’era stata sul pavimento di fronte al basso tavolino del soggiorno, indolenzita per l’inattività. Tirò fuori dalla tasca il Blackberry e corrucciò la fronte quando notò che era spento, forse perché l’ultima volta che l’aveva messo in carica erano stati giorni prima.
            Sospirò e sostituì la batteria, prendendone una di riserva dalla tasca anteriore della borsa del computer e richiudendo il retro del telefono con uno schiocco secco. Il suono di una notifica arrivò immediatamente alle orecchie di entrambi e Yana serrò la mascella aprendo il messaggio, sentendo i denti cozzare tra di loro per quanto si era irrigidita dal fastidio.
 
“Credimi, non vuoi sapere cosa succede se superi la linea.”
   
 
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