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Autore: Alarnis    14/11/2021    3 recensioni
"Quel giorno fu lei a restare ferita, solo ora se ne rendeva conto."
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  “E se avessi ferito qualcuno?”

 
“Cosa dovrà dire a Ludovico, quella donna?” chiese a Braccioforte senza ottenere risposta, se non un leggero cenno di diniego col capo e un arricciamento delle grosse labbra carnose dell’amico, che sporsero dalla barba che gli sagomava il viso e ne evidenziava il solco che anticipava il mento.
Malia era sicuramente là per aiutare il principe nella sua impresa di riconquistare Rocca Lisia; per il resto, tutto era loro oscuro.
“Facciamo parte anche noi della squadra di Ludovico, giusto?” concesse ottimista Braccioforte, rubandoli un sorriso assieme ad una conferma.
“Giusto!”.
L’avrebbero scoperto presto.
“Rientriamo o Ludovico metterà in dubbio la nostra onestà.” argomentò Moros con scaltrezza, ammettendo “Fino all’ingresso alla Rocca gli sarò leale, poi ognuno andrà per la sua strada, fedele al proprio obbiettivo!”.  Lo disse con voce risoluta; il suo volto serio esprimeva che non più ombre ne offuscavano la determinazione.
“Così si parla!” gli concesse Braccioforte con una pesante pacca sulla spalla. Gliela calò giù pesante come un padre orgoglioso; infondendogli fiducia e coraggio.
Dopo una prima occhiata cauta, per verificare Malia fosse arrivata sola, fecero l’atto di ritornare sui propri passi e rientrare nel capanno.
Di scatto, Moros trattenne l’amico per un braccio “Aspetta!”.
Fu’ in quel momento che gli sembrò di…
All’unisono lui e Braccioforte si ripararono, accucciandosi il più possibile. L’amico chiedeva con gli occhi spiegazioni in uno sguardo particolarmente vigile e circospetto. Cos’aveva visto? O meglio chi?
Moros intimò il silenzio con il dito indice a sigillare le labbra: aveva bisogno di assicurarsi di non essersi ingannato e chiedeva a Braccioforte di essere paziente.
Strinse gli occhi, cercando per ben due volte di mettere a fuoco qualcosa tra gli alberi: una sagoma; quella di una bruna chioma che si confondeva con i colori del bosco. Perché pur nascosta dalla visuale del capanno, non poteva esserlo altrettanto lateralmente, nonostante immobile e mimetica nel colore spento dei suoi abiti da pattuglia…
Non poteva sbagliarsi: quel colore era di Lavinia; di colei la cui grazia gli era da sempre sembrata eguagliare quella di una cerbiatta vigile ai profumi e alle voci delle foresta che restava paziente in attesa, appartata per non cadere in trappola.
Di colei che, pur non volendolo ammettere, gli ricordava una ninfa dei boschi, che ti cattura con i suoi occhi per non lasciarti più andare e con l’ardore che la fa’ primeggiare non può che farti suo schiavo e suddito. Colei che lui aveva battezzato la ragazza della freccia.
“Due uomini.” precisò Braccioforte soffiandogli quasi nell’orecchio per mantenere bassa la voce, riconoscendo per primi i soli compagni di Lavinia.
“Ottavio e Vittorio.” confermò Moros sottovoce, notando la loro presenza solo in quel momento, come se vedere Lavinia gli avesse fatto trascurare tutto il resto.
“Braccano Ludovico.” precisò conciso e nel dirlo gli parve che la sua voce uscisse delusa, come se disprezzasse che lei non fosse là per lui.
Ma perché dovrei pensare ad una cosa così sciocca? Perché dovrei sentirmi lusingato dell’attenzione di quella smorfiosa arrogante? Da quando chiedeva d’esserne valletto o preda?
“Allora sono nemici!” appuntò Braccioforte e, valutando finalmente la presenza di una fanciulla chiese“Anche lei?”.
Sconcertato nel volto, l’amico indietreggiò sul collo, sbigottito di incrociare una donna in missione.
“Lei per prima…” biascicò Moros: la sua voce tuttavia uscì incerta, come se non vi credesse affatto. Sentì uno strano calore invaderlo internamente mentre un sudore freddo gli irrigidiva gli arti facendolo restare immobile. Sentì il suo volto tirarsi e farsi livido; le mani gli si gelarono come al contatto con la neve.
Una reazione che non sfuggì a Braccioforte “La conosci?”.
Le parole gli morirono in gola. Un nodo gliele intrappolò come un cappio stretto, prima che riuscisse a dire “Colei è la fonte della mia sventura.”, quasi ne ammettesse la vittoria, sapendo Nicandro in sua custodia. Ma era stato solo Nicandro preda di quella dea della caccia? O lo era stato anche lui?
In quel momento, nonostante la distanza, Moros ne incontrò lo sguardo e  fu come se, in tutti e due, riemergesse la consapevolezza che nuovamente una foresta li faceva incontrare, come allora…
I loro occhi si incrociarono vicendevolmente come fossero entrambi la punta di una freccia che fissa il proprio bersaglio  e  non ammette di mancarlo.
Ma in quell’ istante si disse di poter impedire una nuova infausta scoccata di Lavinia, impedendo la cattura di Ludovico.
Sapeva benissimo cosa avrebbe comportato osteggiarla, come se risentisse ancora una volta nelle orecchie il suo rimprovero “Era la mia freccia!”, “Come hai osato?”  ma le spade dei soldati non sarebbero state sufficienti a fermarlo questa volta. Il rovescio della medaglia era che salvare Ludovico avrebbe significato dividersi da lui e perdere la possibilità di entrare con lui alla rocca.
Lasciò alle spalle quell’indecisione e così gridò. Incurante di soldati, di pretese.  “E’ una trappola!”, disse ad alta voce, perché fosse chiaro all’interno del capanno. Nel farlo si rialzò fiero e palesò la sua presenza avanzando verso Lavinia, Ottavio e Vittorio.
“Soldati di Gregorio!” dichiarò leale, flettendo il collo e inclinando la testa, chiarendo chi fossero ai compagni, se si fossero affacciati a guardare l’entità del nemico “Sono solo in tre!”.
Vide lo sconcerto nei volti dei nemici che restarono immobili, increduli fosse svanito d’un colpo l’effetto sorpresa in cui avevano sperato.
Braccioforte lo riproverò con un grido che imponeva di stare attento “Non agire da stolto!”.
Moros non arretrò di un passo, quasi una barriera tra i nemici e il capanno. Del resto Lavinia, Ottavio e Vittorio rimasero immobili, le sole spade alzate, messisi al riparo degli alberi, non appena il suo avviso aveva fatto alzare in volo un rapace della foresta che aveva emesso un suono acuto quanto un fischio.
A debita distanza, indagò “Anche questa volta sei a caccia?”: le orecchie che udivano la frettolosa uscita di scena di Ludovico e dei suoi uomini, cui avrebbe coperto la fuga. Dando un calcio alle assi malferme erano usciti dal retro.
“Fuggite, penserò io a loro!” confermò deciso, evitando fraintendimenti e una solidarietà che non sarebbe andata a vantaggio di nessuno.
Un gustoso sorriso gli si stagliò in viso al rimprovero di Ludovico  a cui continuò a dare le spalle “Non essere presuntuoso.”, prima che lui rinnovasse il suo “Fuggite!” ricevendo l’impegno del principe “A buon rendere!”.
Un’insolenza di Braccioforte gli arrivò come una critica, ma non si rimproverava nulla. Meglio lasciar fuggire Ludovico che consegnarlo a Lavinia e soddisfare la boria di Gregorio.
Lavinia lo guardava stranita: gli occhi fuori dalle orbite.
“Ormai sono fuggiti!” alzò il mento sfrontato.  Lo disse con un tono vittorioso, come se guastare la festa che avevano in programma per il principe bastasse a dargli soddisfazione.
Non fece in tempo a gioirne che Lavinia, paonazza per la collera l’aggredì “Moros! Come hai osato intrometterti?” , tra l’intersecarsi dei rami, che scostò con le lunghe e flessuose braccia nell’avanzargli contro. I begl’occhi marroni divenuti i soliti tizzoni indignati. Il nasino arricciato con lo stesso cipiglio vanesio di quando l’aveva conosciuta ragazzina.
Lui le sorrise screanzato “E se avessi ferito qualcuno?”.
Una frase che sembrò riecheggiare nella mente della fanciulla facendola esplodere in un’invettiva “Sei un impudente! Rimani il solito villano!” : le labbra strette, quasi aggrovigliate dalla rabbia.
Non ci volle molto perché Vittorio e Ottavio la raggiungessero.
“Ed ora, ci mancava pure Moros?” esordì Vittorio spalleggiandola; pettinandosi il lungo ciuffo color grigio turchese in un atteggiamento quasi svogliato, per poi informarsi “Ed ora dobbiamo catturarlo?”. Ottavio si pose alla destra a completare il terzetto, muto in attesa dei comandi della sua signora.
Lavinia portò all’indietro le braccia, imponendo restassero dietro di lei, con la solita alterigia degna dell’esserne a comando.
“Che cosa accidenti ti è passato per la mente?” lo interrogò decisa, mantenendo la sua posizione “Aiuti un nemico?” lo rimproverò spavalda.
“Perché tu saresti mia amica?” le rise addosso, facendola accalorare alle guance lisce e perfette in cui fiorì un bocciolo scarlatto che sembrò schiudersi per guadagnare spazio fin ai lati del viso.
“Ludovico è un nemico dei Montetardo.” la sentì precisare rabbiosa.
“Non mi sembra che vi abbia mai dichiarato guerra se non dopo l’usurpazione del proprio trono.” la ridicolizzò facendo traboccarne il vaso della pazienza.
“E’ questione di opportunità!” rimarcò Lavinia calcando veloce la distanza che li separava, con aria di sfida; insofferente all’esortazione alla prudenza di Ottavio.
“La stessa per cui Gregorio trattiene mio cugino?” le inveì addosso quando lei gli si piantò davanti. Le sibilò quell’offesa come fosse il morso di un serpente, quasi sorprendendosi di provare per lei tanta smisurata cattiveria.
Del resto, fu sorpreso che per la prima volta la loro altezza si eguagliasse, e i centimetri di lei che gli erano sembrati fastidiosi un tempo e tanto lo mettevano in soggezione, oggi facevano in modo che i loro occhi si fronteggiassero alla perfezione.
Dopo tanto tempo, gli arrivava nuovamente ai sensi il profumo di Lavinia: un sudore che tutto gli sembrava fuorché fastidioso e che anzi sembrava un tepore che l’avvolgeva, salendo lieve dalla pelle del collo nudo.
Forse la vicinanza sembrò intollerabile anche per Lavinia perché la vide indietreggiare, come se avesse osato troppo nel finirgli quasi addosso. Ma lei era Lavinia perciò non si stupì quando pur visibilmente a disagio, nel rossore che conservavano le guance, recriminò “Perché tu cosa gli avresti offerto?”.
“La libertà!” disse ardente in risposta, la voce alta come a rendere omaggio al sentimento invocato.
“Quella libertà che in questi anni hai conservato solo per te stesso restando nascosto nelle foreste?”. Calcò le parole solo per te stesso.
Moros si disse, fosse sempre uguale, sempre la stessa cocciuta irremovibile: dalla spada tratta a difesa di Gregorio.
Nascosto, un accidente?  avrebbe voluto controbattere ma si trattenne  per meglio intimarle “Fa’ che sia Nicandro a scegliere!” .
Bhe! Erano cocciuti entrambi, rifletté.
A dispetto della reazione che si aspettava un sorriso comparve tra le labbra di Lavinia che con voce chiara dichiarò “Nicandro l’ha già fatto!” per poi aggiungere “Lo fece quando di noi scelse il nome, quello del nostro tutore, mio e di mio fratello. E alla tua fuga.”.
“Fu per salvarmi la vita!” rimarcò ferreo, mentre lei appuntava  “E tu allora la sprechi così?”. Era pronta a combattere e lui non rientrava nei suoi programmi. A lei, era chiaro, interessava unicamente Ludovico e lui si trovava nella condizione di ostacolo.
Si guardarono feroci, ma un applauso smorzò la tensione tra loro e, come due attori di fronte ad un pubblico si girarono ricercando chi li stesse acclamando.
“Bellissimi!” e poi “L’imperiosa soldatessa e il boscaiolo!” li apostrofò Malia  che, dalla finestra spalancata, era ferma a guardarli. Il mento poggiato sulle mani che facevano da treppiede alle braccia, con la stessa aria pepata come aggiungesse Carina o Carino a seconda del caso.
Li mise in un attimo in completo disagio.  Veramente non solo loro, ma anche Braccioforte, Ottavio e Vittorio.
“Non fate caso a me!” agitò la mano come se la sua presenza fosse trascurabile per poi suggerire “Comunque quì se ne sono andati!” precisò leale a Moros quanto dispettosa verso Lavinia “Sai preferisco i boscaioli!” strizzò l’occhio a Moros imbarazzandolo, escludendo divertita i soldati dal proprio favore.
La videro ritrarsi dalla finestra e nel mentre del loro silenziò uscire dal capanno incrociando gli indici  a croce davanti al viso “E adesso? Vi fronteggiate o vi baciate?” rise di gusto, sguaiata come una vecchia strega delle favole, mentre Vittorio la guardava mantenendo la bocca aperta e Braccioforte si concedeva l’ennesima insolenza, ammettendo “Ed ora?”.
“Se ne sono andati, non c’è più motivo di restare!” concesse Lavinia, riponendo la spada ; ammaestrando i propri uomini. Guardò Moros come se si aspettasse confermasse la tregua.
Moros rimase in silenzio, indietreggiando cauto, non togliendole lo sguardo di dosso, prima di restare stupito dalle sue parole.
“Se Ludovico è certo di rientrare alla rocca allora preferisco farmi trovare pronta per accoglierlo! E in quel caso mi prenderò cura di Nicandro.” lo disse come se non avesse fatto altro fino a quel giorno.
“La lasci andare così?” intervenne Malia, avanzando a falcate come al solito, ponendosi accanto a Moros. Quasi suggerendo una ripicca.
Lui mise in chiaro “Non sono io a lasciarla andare, ma lei che lascia andare me!”, ma per tenerla a bada azzardò “Del resto, cosa dovrei fare? Ucciderla?” negò col capo “Farebbe differenza?” interrogò Malia.
Malia scrollò le spalle “Hai fatto la tua scelta, ragazzo!”.
“Non sono più moccioso?” sorrise punzecchiandola, mentre Lavinia e i suoi uomini si allontanavano circospetti.
Non perse uno sguardo di Lavinia in quel momento, non una piega delle sue labbra e gli sembrò strano di non sentirla per la prima volta una nemica.




NdA: scusate, scusate 
Ho fatto una variazione. Malia si riferisce a Moros dicendo spesso moccioso. Così nell'ultima frase Moros per forza deve usare quello! 
   
 
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