Anime & Manga > Lady Oscar
Ricorda la storia  |       
Autore: Dorabella27    15/11/2021    11 recensioni
Terzo e ultimo dei "racconti raminghi", ecco ora "La lezione è finita": non una one shot, perché, per struttura e lunghezzza, sarà divisa almeno in due parti, e non il più semplice e leggero dei miei racconti, anzi, lo dico: è anche un pochino indigesto. Qui, dopo il punto di vista di Alain, in "Rosa di compleanno", dopo quello di André, in "Praticamente, due imbecilli", troviamo quello di Oscar; ma non solo per questo, o per la maggior ampiezza della storia, ho parlato di klimax ascendente. Nel racconto, infatti, torneranno oggetti, situazioni, atteggiamenti, gesti, sguardi, che abbiamo già visto nelle due one shot precedenti, e, alla fine - prego di pazientare sino alla fine del mio piccolo esperimento, per dare una valutazione ultimativa -, ogni cosa acquisterà un senso nuovo, o forse, semplicemente tutte le tessere del mosaico andranno al loro posto, non solo come elementi conclusi e compiuti, ma come parte di un percorso. E dunque: eccoci ancora all'infanzia, durante una mattina di studio piuttosto impegnativa per Oscar e André: dopo i consueti allenamenti, li troviamo chini sui loro banchi, intenti a un compito impegnativo. Ma c'è chi nasconde un piccolo, compromettente segreto....
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
LA LEZIONE È FINITA
 
I. 
Aprile 1767
"Oscar, fermati un attimo!"
"Che c'è, André?". Oscar interrompe la sua corsa, due gradini per volta, su per lo scalone, come sempre davanti ad André, e si gira per sentire che cosa voglia dirle.
"Guarda: il nodo alla fusciacca si sta allentando", le indica lui, gentile. E poi, dopo un attimo di sospensione  e di dubbio (non sia mai che Oscar si offenda: è così orgogliosa e suscettibile, a volte!): "Se si scioglie, rischi di inciampare mentre sali le scale".
"Oh! È vero", dice lei, la testa chinata verso il suo fianco destro, in direzione della lunga sciarpa di seta dorata che tiene sempre annodata in vita. E sta per mettere le mani sulla stoffa per stringere il nodo, quando André la anticipa. "Aspetta, faccio io". Due passi per raggiungerla, e per rendersi conto, una volta che è arrivato sul suo stesso gradino, quanto Oscar sia più piccola e più delicata di lui. Si china su di lei e con mani sicure scioglie la fusciacca e la riannoda, stringendola bene e facendo un bel fiocco. "Il nodo è decisamente più bello se viene fatto da un'altra persona: è più elegante e il tessuto non fa pieghe", spiega lui, pacato, per evitare reazioni nervose di Oscar, o la sua consueta esclamazione di insofferenza: "So benissimo fare da me!", quella che riserva sempre alle cameriere che al mattino attendono in piedi davanti al suo letto, dopo che il Signor Contino ha vuotato il vassoio della colazione, per vestirlo con la camicia, il giustacuore, le calze e le coulottes che si convengono al giovane erede della famiglia Jarjayes.
"Ecco: ora è a posto", dice André, soddisfatto del risultato, che cinge la vita sottile di Oscar evidenziandone tutta la snellezza e la grazia naturale.

"André, grazie! Sei molto caro!", gli sorride Oscar, con le sue meravigliose fossette, e poi corre avanti, di slancio, verso la sala riadattata ad aula di studio, senza fermarsi nemmeno per un secondo davanti alla coppia  dei grandi specchi a figura intera incorniciati dalle volute di legno dorato che, lusso inaudito, illuminano il corridoio del piano nobile. Non ha la minima vanità, riflette André, non si preoccupa minimamente di apparire graziosa, di curare il proprio aspetto, di abbellirsi, di aggiungere vezzi al suo severo abbigliamento; eppure, pensa, è la più bella delle sue sorelle, con quegli occhi color fiordaliso, quel naso piccolo e perfetto, e con quei capelli biondi e soffici, di quel colore dorato e caldo su cui sembra che il sole batta senza sosta, con il suo sorriso gentile che le illumina il visto, le gambe lunghe e snelle, il portamento composto e insieme vivace.  
Non ha la minima vanità, si ripete André, fra sé e sé; e fa bene, si corregge, amaro, perché un soldato non può essere vanitoso, non può preoccuparsi di come i lunghi riccioli gli ricadano sulle spalle, o se il punto di azzurro della sua divisa delle Guardie Reali si intoni con il colore dei suoi occhi.
Ricompone il viso a una espressione neutra, ed entra, un attimo dopo Oscar, nella sala da studio, sedendosi al banco accanto a quello in cui lei è già compostamente seduta, i piedi incrociati che ancora non toccano terra e dondolano, impazienti.
 
2.
Per la prima parte della mattinata, dopo un breve allenamento all'alba con la spada sotto gli occhi vigili e attenti del Generale, sono stati liberi, e, freschi come sono dalle lezioni su Tasso del loro precettore di italiano, Monsieur Tommasi, hanno dato sfogo alla loro vivacità riproponendo, davanti alla grande fontana davanti a Palazzo Jarjayes, il duello di Tancredi e Argante.
 
"Non capisco perché tocchi sempre a me la parte del pagano!", (e vorrebbe aggiungere: "e dello sconfitto"): così aveva sbottato André.
 
"Perché, se ti ricordi che cosa dice Tasso", spiega Oscar, con una nota sottilmente spazientita nella voce, "è di corpo Tancredi agile e sciolto, / e di man velocissimo e di piede; / sovrasta lui con l'alto capo, e molto / di grossezza di membra Argante eccede"[1]: Tancredi è più piccolo e più veloce, no?. E poi - in guardia, André  - ricorda che gli antenati del casato Jarjayes hanno combattuto alle crociate[2].
 
E davvero lo scontro dei due, osservato, con segreta soddisfazione, dal Generale, attraverso la grande vetrata del suo studio che dà sull'ingresso monumentale della magione di famiglia, è un piccolo spettacolo di perizia bellica, con le due figurette agili che incrociano le spade, si slanciano alternativamente l'una contro l'altro, resistono all'attacco dell'avversario, si allontanano, e poi si riavvicinano in una specie di danza all'arma bianca, che ricorda una battaglia navale, tra un vascello più massiccio e maestoso, e uno più piccolo e veloce. E certo non può sentire, ma, mentre duellano, Oscar e André, forti dei loro esercizi per esercitare la memoria, da sempre i più amati fra quelli assegnati da Monsieur Bellevue, il precettore cui sono affidate la maggior parte delle materie, come francese e matematica, stanno recitandosi, a versi alterni, proprio il duello narrato da Tasso.
 
"Così pugna naval, quando non spira", inizia Oscar, mettendosi in posizione di guardia.
"Per lo piano del mare Africo o Noto", continua André, muovendo verso di lei.
"fra due legni ineguali egual si mira," recita di rimando Oscar, facendo un passo verso André;
"ch'un  d'altezza preval, l'altro di moto;", completa André, avvicinandosi e incrociando la spada su quella di lei;
        "l'un con volte e rivolte assale e gira", riprende Oscar, liberando la sua spada, scartando al lato e girando attorno ad André; che resta fermo e in posizione di guardia, completando la frase:"da prora a poppa, e si sta l'altro immoto; ". Poi, Oscar rinnova l'attacco, accompagnandosi con un altro verso: "e quando il più leggier se gli avicina", e André para il colpo finendo a incombere, più alto e più robusto di lei, e concludendo con "d'alta parte minaccia alta ruina"[3].
 
        Sono andati avanti per molti minuti, sempre più sudati, ansanti, i volti arrossati, gli occhi luccicanti per la tensione della sfida, e, alla fine dello scontro, debitamente concluso con la vittoria di Tancredi, cadono a terra, esausti, e, come i duellanti di Tasso, "' 'l vincitor dal vinto / non ben saria nel rimirar distinto"[4].
 
Poi, dopo essersi ripresi, sono rientrati, si sono rinfrescati in cucina, sotto gli occhi di nanny, che aveva preparato, in un angolo, un catino con una pezzuola, e due asciugamani di lino, e che poi li ha obbligati a mangiare una fetta di pane con burro e zucchero ("Soprattutto Madamigella Oscar, che è sempre magra come un chiodo!", aveva brontolato come sempre, sollecita e premurosa), prima di restituirli ai loro doveri, nella sala da studio al piano nobile.
E adesso, siedono composti nei due banchi affiancati, in attesa di sapere quale sia il compito assegnato loro per quel giorno.
 
3 .
"Buongiorno a voi, signor Contino de Jarjayes, e buongiorno a te, André", dice il loro docente per quella giornata, l'abbé Armand, l'elemosiniere di casa, loro maestro di catechismo e di latino, mentre, voltando loro le spalle, scrive alla lavagna la consegna della giornata, con la mano secca e adunca, costellata da vene azzurrine in rilievo. La mattinata sarà consacrata alla composizione latina, un argomento su cui l'abbé Armand è inflessibile, e che a volte fa preferire ad André lo studio delle scienze, o della matematica; nonostante sia sempre stato un allievo studioso e diligente, e non abbia mai meritato punizioni corporali, infatti, André è terrorizzato dalla canna, la ferula, come la chiama l'abbé alla latina, con cui l'anziano sacerdote tiene perennemente lui e Oscar sotto minaccia.
In verità, Oscar ha meritato parecchie volte una serie di colpi sulle sue mani bianche e delicate: mai per errori o distrazioni, perché la materia le piace molto ed è un'allieva molto brillante e insieme diligente, ma perché, ogni tanto, si prende delle libertà inaudite: l'ultima volta, per esempio, l'abate ha scoperto che "il Signor Contino de Jarjayes" aveva prelevato dalla biblioteca del palazzo il volume non emendato degli epigrammi di Marziale, e l'aveva prima sonoramente rimproverato per avere voluto indulgere, con superbia intellettuale e imperdonabile mancanza di modestia, a letture sconce, indegne di un giovine dabbene, di un futuro alto ufficiale deputato a vigilare sulla sicurezza del Re Cristianissimo; poi, aveva chiesto, impassibile, di mostrargli le mani, i palmi rivolti verso l'alto, e Oscar aveva obbedito, altrettanto impassibile, e ostentando indifferenza anche mentre l'abbé vi assestava quindici colpi di canna, "uno per ognuno dei libri della raccolta di Marziale, che avete osato asportare clandestinamente dalla biblioteca del Generale".
Mentre Oscar fissava l'abbé Armand, con occhi gelidamente immoti, in cui era possibile leggere nemmeno odio, ferma e immobile, solo sussultando a ogni colpo, André si stringeva nelle spalle ogni volta che vedeva la canna calare sulle mani di lei, e ad un certo punto, dopo i primi tre o quattro colpi, aveva anche chiuso gli occhi, perché non riusciva a sostenere la crudeltà di quanto vedeva: la sua Oscar picchiata, e che, per orgoglio, - lui lo sapeva bene -, non solo non batteva ciglio, ma nemmeno sarebbe andata, dopo la lezione, a piangere da Nanny per farsi consolare.
Quando accadevano episodi come questo, André sapeva che la notte, nel silenzio che avvolgeva il palazzo, Oscar avrebbe passato ore con le mani immerse nel catino della sua toeletta, cercando di dare un poco di ristoro alle piaghe che sempre si formavano sui palmi con l'acqua della brocca; e, qualche volta, aveva provato a cercare in cucina un po'di burro, o un po' di grasso di prosciutto, da passare sulle piaghe sanguinolente, per ammorbidire la pelle che si era spaccata. Ma siccome Nanny di norma chiudeva a chiave la dispensa, tenendosi poi la chiave appesa all’anello fissato alla cintura del grembiale, e Oscar non voleva chiederle aiuto, André la vedeva, nottetempo, scivolare verso la grande porta di legno della cucina, e, poco dopo, richiuderla, uscendo con aria mesta dal grande locale. Allora, l'ultima volta, si era fatto coraggio e aveva chiesto alla nonna, prima che serrasse la dispensa con la chiave che portava sempre con sé, un pezzetto di burro, spiegandole anche per chi fosse.
Ma, quando le aveva portato il piattino con il suo prezioso contenuto, la sera, bussando con discrezione alla porta della camera di lei, Oscar l'aveva cacciato via.

"Oscar, come stai? Ho una cosa per te", aveva sussurrato, lieve, restando sulla soglia della sua stanza.
"Che cosa ci fai, tu, qui? Vattene via!  Non ho bisogno di niente, io!", aveva sibilato lei, nella penombra. E lui aveva obbedito, andandosene, ma non prima di aver notato che Oscar si era fasciata i palmi delle mani con due fazzoletti di lino, e di avere lasciato, sulla mensola davanti all'ingresso, il pezzetto di burro. Che aveva ritrovato tale e quale, solo, appena un po' sciolto, nonostante il freddo della notte, la mattina dopo.
André scosse la testa: tutti ricordi e sensazioni che doveva non soffocare o cancellare – sarebbe stato del resto, impossibile - ma imparare a tenere a bada, quello sì, se voleva riuscire a resistere. Si voltò a guardare, si sfuggita Oscar, per poi rivolgere nuovamente lo sguardo alla lavagna dove l'abbé stava terminando di scrivere.
Resistere: sì; ma fino a quando?, si chiese, soffocando un sospiro.
"Oggi, miei cari", chiosò l'abbé, commentando quel che aveva già scritto sull’ardesia scura, con un sorriso mellifluo che prendeva, sotto il suo naso aquilino, le parvenze di un ghigno, "dovrete scegliere un brano di non meno di venti versi dall'Eneide di Virgilio, di cui avete due copie a disposizione, una su ciascun banco, e riassumerlo in prosa in buon latino, senza solecismi né idiotismi, in non meno di dodici righe. Sceglierete, ovviamente, due brani diversi, e mi presenterete un elaborato senza macchie né sbaffi di inchiostro. A voi il cimento: avete due ore di tempo!". E, detto questo, uscì, a passi marziali, per andare a celebrare la Messa delle dieci e trenta nella cappella del Palazzo.
"Tu che brano hai scelto?", chiese Oscar ad André, dopo qualche attimo di silenzio, che aveva trascorso sfogliando il volume aperto davanti a lei, gemello di quello posto sul banco di lui, un bel Virgilio in quarto, rilegato in marocchino rosso.
"Dimmi prima che brano hai scelto tu", ribatté André, da sopra il gomito con cui proteggeva il foglio davanti a sé.
"Ovviamente, la morte di Turno, nell'ultimo libro", rispose imperturbabile Oscar.
"Ah, sì, certo: dal verso 930 alla fine del poema, giusto?", si sincerò André ("E come potevo dubitarne?, si chiese fra sé e sé, mentre una strisciante amarezza si faceva strada nel suo animo).
"Proprio quelli. E tu?", domandò ancora, curiosa, quasi con accanimento, Oscar.
"Credo un brano dal quarto libro, dal verso 160 in poi"[5].
"Uhm, non so se l'abbé Armand approverà la tua scelta, sai?", osservò, dubbiosa, Oscar, in tono interrogativo.

"Tu dici? In realtà, avevo pensato a un altro passo", rispose André.
"Quale?", chiese lei, curiosa.
"Pensavo al brano del senex Corycius, ma l'abbé ha detto chiaramente di scegliere un passo dell'Eneide, e quello è nelle Georgiche", spiegò lui.
"E per fortuna!", esclamò Oscar, impaziente. "Ma è un brano noiosissimo! Che ti importa di quel vecchio in disarmo?!", aggiunse, stranita e quasi scandalizzata. Con tutte le belle scene di battaglia e di duelli che si potevano a scegliere, soffermarsi proprio su.... quello!
"Però, il senex è l'unico che coltivi le rose"[6], sussurrò André, prima di chinare nuovamente la testa sul suo compito, imitato, subito dopo, da Oscar.
I minuti scorrevano lenti, e nel silenzio si sentivano soltanto le penne d'oca grattare leggere sulla carta, e la pendola che batteva i quarti d'ora. Ogni tanto, uno dei due alzava la testa dal suo componimento, quasi a cercare negli affreschi a soggetto mitologico che decoravano il soffitto di quel salone, riadattato a sala per lo studio del Contino e del suo giovane compagno, l'ispirazione per procedere nel difficile compito.
A un tratto, però, il silenzio venne rotto da una voce squillante e argentina. "Ma tu nascondi qualcosa!".
Oscar aveva posato la penna d'oca sul suo foglio, e guardava con curiosità impertinente sul ripiano del banco di André.
"Ma no, ma che dici?", rispose quello, ritraendosi però, istintivamente, dalla parte opposta e coprendo il suo foglio, e quello che era nascosto sotto, con il braccio destro, quello rivolto verso Oscar.
"E hai anche il coraggio di negare?! Ma se ti stai spostando per nasconderti meglio!", lo rimbeccò lei. "Dai, fammi vedere!", esclamò, questa volta con tono complice, cercando di cattivarsi la benevolenza del compagno.
"Non sto nascondendo niente! Pensa al tuo compito! Al tuo ...Turno"...
"E dai, André! Prima che rientri l'abbé, fammi dare una sbirciatina!".
"Ti ho detto che non ho niente sotto il mio foglio!", ripeté lui, ostinatamente tranquillo. Ma Oscar si era già alzata e, nonostante le proteste di André, che si divincolava come un'anguilla, cercando di proteggere il suo piccolo segreto, era riuscita a sollevare il quaderno, facendo lasciare all’amico una grossa chiazza d'inchiostro sulla pagina.
"Guarda che cosa ho fatto per colpa tua!", esclamò André.
Ma Oscar non ascoltava: "Un libro! Hai un libro nascosto sotto il tuo quaderno! Fammi vedere!"
"No, Oscar: è meglio di no!"

"E perché? È un libro sconcio, osceno?". I grandi occhi sgranati, Oscar esclamò subito dopo, immaginando, dal rossore di André, che la risposta fosse affermativa: "Fallo vedere anche a me!"
“No! Non è un libro osceno! E comunque non te lo do, non te lo lascio vedere! È mio!”, esclamò André, ostinato, levandosi in piedi e correndo in fondo alla stanza, stringendo al petto con entrambe le braccia il suo piccolo tesoro segreto.
Ma Oscar gli corse appresso, chiudendolo in un angolo.
"Non è tuo! Ogni libro che si trova qui a Palazzo appartiene al Conte de Jarjayes!"
"Appunto! Il conte di Jarjayes è tuo padre, non sei tu!"
"Ma io sono l'erede!", s'impuntò lei, le gote rosse di rabbia.
"Non è tuo, perché l'ho comprato io!".
Oscar rimase bloccata, come una statua di sale: André che compra un libro? Da solo?
"E come avresti fatto? E quando saresti andato a comprarlo?", gli chiese con aria di sfida, in tono quasi canzonatorio, per sbugiardarlo.
"Non sono andato io! L'ultima volta che Jacques è andato a Parigi, gli ho chiesto di cercarmelo e di comprarlo per me!”.
"Ahahah! E con che soldi?"
"Con i soldi che mi ha dato la nonna!"
"Ahahahah! Hai visto? L'hai ammesso!"
"Che cosa avrei ammesso?"
"Che i soldi con cui tua nonna ti ha pagato il libro vengono dalla paga che le dà mio padre!"
"Appunto! Sono soldi suoi!"
"No!"

"Certo che sì! Quando lavori e vieni pagato per il tuo lavoro, i soldi che ricavi sono solo tuoi".
"In ogni caso, voglio vedere questo libro. Dammelo!"
"NO"
"DAMMELO!"
"NO-O!"
"TI HO DETTO DI DARMELO! SUBITO!"
E mentre si si svolgeva questo concitato dialogo, Oscar cercava di strappare il libriccino dalle mani di André, tentando di sfilarglielo dai palmi mentre lui lo nascondeva dietro la schiena, provando a saltare senza successo verso il quel volumetto che André teneva sollevato sopra la sua testa, o provando ad artigliargli le braccia; sino a che, rendendosi conto che in quel modo non avrebbe mai avuto la meglio, pensò di passare alle maniere forti: finse di allontanarsi, sfiduciata, e di avere mollato il colpo, girando le spalle ad André e poi, voltatasi nuovamente verso di lui, con uno scatto felino si gettò a terra, cingendogli le ginocchia in una morsa: André, preso alla sprovvista, cadde in avanti, e, per non rovinarle addosso, istintivamente aprì le braccia, per appoggiare le mani a terra, lasciando il libro, che cadde pochi passi lontano.
"Mio!", disse Oscar, trionfante, recuperandolo.
"Oscar, io..:"... André ora era ammutolito, mortificato, senza più forze per opporsi. E se ora la notizia fosse arrivata sino alle orecchie del Generale ... beh, che lo cacciassero pure! Non avrebbe negato! Mai!
"Jean-Jacques Rousseau, "Il contratto sociale. Seguito dal "Saggio sulle origini della disuguaglianza fra gli uomini....:[7]", sillabava Oscar. E dopo un attimo: "Ma questo è un libro proibito, André!".
"Sì..."
Oscar aveva sentito più volte, a tavola, i discorsi in cui l’abbé riversava nelle orecchie del Generale tutto il disprezzo per quell’autore “pagano, senza Dio, immorale”, quel Rousseau che la bocca dell’Inferno attendeva da troppo, troppo tempo, e che troppi danni aveva già recato al gregge del Signore, instillando nelle anime deboli idee perniciose che le avrebbero condotte a meritare i castighi eterni.
"Ed è un libro sconcio? Dimmelo: è proibito perché è osceno? Immorale?". Oscar insisteva: sembrava incuriosita e divertita. "Ma potevi dirmelo!”, aggiunse. “L'avremmo letto insieme, divertendoci un sacco: ti ricordi che grasse risate ci siamo fatti con il Decameron? Anche se il fiorentino del 1300 era tutt'altro che facile, e non sempre capivamo subito che cosa ci fosse da ridere ..."
"Mi dispiace molto deluderti, Oscar: questo libro non è né sconcio né osceno; e sì, per qualcuno è immorale, perchè è immorale che i poveri aprano gli occhi sulla loro condizione", disse André, coprendo la distanza di pochi passi che li separava, e riprendendosi il libro con un gesto fermo e deciso, cui Oscar non seppe opporre resistenza.
Piuttosto, vedere il suo amico e compagno di giochi e di studio farsi improvvisamente così serio e severo la fece ammutolire. "André, io....", cercò di dire. "E se vuoi denunciarmi, fare la spia, ovvero dirlo all'abbé, o al Generale, fa' pure: ti capisco". E con la più perfetta quiete, si sedette, dignitoso e tranquillo, al suo banco, rimettendo il libriccino sotto al quaderno, e strappando via la pagina macchiata, prima di rimettersi al lavoro, senza alzare più gli occhi su di lei.
Oscar era impietrita, le braccia lungo i fianchi, i pugni chiusi, un'espressione mortificata nel volto. "André ... io ....", ripeté, ma le parole che avrebbe voluto dire non le uscirono di bocca.
Orgoglio?
Comprensione, oscura e larvata, che in quel libro ci fosse qualcosa di troppo importante per renderlo oggetto di una lite bambinesca?
" Io non dirò nulla, né all'abbé né a mio padre. Mai", sussurrò. E, senza più proferire una sola parola, si sedette anch'ella al suo banco, impugnando la penna d’oca per tornare al suo lavoro, e lanciando ogni tanto, di sottecchi, qualche sguardo preoccupato ad André, quasi sollevata del fatto che guardasse fisso sul suo quaderno e sul suo Virgilio, e non si rendesse conto che gli occhi azzurri di lei, chi sa perché, si erano riempiti di grosse lacrime a stento trattenute.
 
 
[1] Cfr. T. Tasso, Gerusalemme Liberata, XIX, 1, 1-4.
[2] Il particolare ritornerà, scherzosamente evocato, da Françoise, la nipote di Oscar, in Viaggio nel passato, durante la gita a Chartres con André e Fersen, e ancora più scherzosamente le darà risposta André.
[3] Cfr. T. Tasso, Gerusalemme Liberata, XIX, 13.
[4] Cfr. T. Tasso, Gerusalemme Liberata, XIX, 28, 7-8.
[5] Nel quarto libro del poema Virgilio narra l'amore fra Enea e Didone, l'abbandono della regina da parte dell'eroe e il suicidio di lei. I versi scelti da André riguardano proprio l'unione fra i due innamorati, che si consuma quando, nel corso di una tempesta che li ha sorpresi durante una uscita a caccia, essi trovano riparo in una spelunca, in una grotta, e che Didone equipara a legittime nozze. Non proprio il boschetto con le lucciole in una calda nottata estiva, ma mi piaceva immaginare André alle prese con questo passo poetico. Non ho controllato se ancora nel Settecento circolassero edizioni censurate di Virgilio per uso scolastico (nei collegi suppongo di sì), ma immagino che il Generale non si curasse di queste piccolezze, e avesse predisposto, per il figlio ed erede e per il suo futuro attendente, educati in casa, due copie di Virgilio senza tagli o censure.
[6] Nel quarto libro delle Georgiche Virgilio racconta (vv. 125-147) la vita semplice di questo anonimo vecchio di Corico, che coltiva con dedizione il suo piccolo podere, e non manca mai di nulla, ed anzi, "era il primo a cogliere la rosa in primavera"(v.134): inutile dire quanto mi piace immaginare André suggestionato da questa immagine; a mia volta, mi piace pensare André intento a curare e coltivare delle rose, magari bianche, come accenno in Viaggio nel passato.
[7] Il contratto sociale venne pubblicato per la prima volta nel 1762; Il Saggio sull'origine della diseguaglianza fra gli uomini, nato come la risposta a un bando di concorso emesso dall'Accademia di Digione nel 1745, apparve a stampa nel 1755. Immagino qui che André si sia procurato una edizione che accorpasse le due opere, iniziando a leggere, com'è naturale, per un bambino, se pure precoce, dalla seconda, più semplice e accessibile.
   
 
Leggi le 11 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: Dorabella27