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Autore: Little Firestar84    15/11/2021    7 recensioni
Sogno o realtà...o qualcos'altro?
Kaori si sveglia, in un letto non suo, con in braccio un bambino che non ha mai visto- ma che assomiglia in maniera impressionante a Ryo - e con in testa solo alcuni ricordi frammentati, che culminano tutti con la fuga dalla nave di Kaibara, e Ryo che l'abbracciava, stretta...
Ma dopo, cosa le è successo esattamente?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Salve a tutti e tutte! Vi presento questa storiella, un po' così, nata da una domanda che mi sono posta rileggendo gli ultimi volumi del manga, dopo la lotta con Shin Kaibara- ma onde evitare spoiler, quela sia la doamnda lo scoprirete solo alla fine! per adesso, buona lettura di questa cosuccia, che vi terrà compagnia con i suoi 4 capitoli!
 

Il tocco delicato di una mano ruvida. 

Un bacio sulla fronte. 

Un sospiro. 

Un’imprecazione pronunciata a denti stretti.

Un pugno contro il muro. 

 

Appena sentì quel rumore sordo, Kaori si obbligò a svegliarsi ed abbandonare il regno di Morfeo; la donna si stiracchiò, sbadigliando e spalancando la bocca in quella maniera così poco femminile che era certa Ryo, l’avesse vista, l’avrebbe presa in giro a vita. 

Si sentiva… languida. Ma forse non era quella la parola che cercava. Non sapeva dare un nome a quella sensazione, le sembrava di essersi appena svegliata dopo un lunghissimo sonno, eppure….

Eppure, non è così, la donna rifletté, portandosi la mano sinistra alla fronte, gli occhi ancora chiusi. Cercò di riflettere su cosa fosse accaduto, cosa ricordasse, e le venne in mente solo un nome, che la fece rabbrividire. 

Kaibara. 

Lei e Ryo avevano passato la notte abbracciati, a parlare, confidarsi, dopo che lui le aveva tolto l’anello che lei portava al dito; scoprendosi per davvero forse per la prima volta, avevano abbattuto quei muri che avevano entrambi eretto intorno ai loro cuori - lui per proteggere sé stesso e gli altri, lei per timidezza, inesperienza, ed anche un po’ paura del rifiuto.

E poi…. poi, caos e frammenti…. fiamme, esplosioni, cadere in mare e…. e un bacio? Possibile che fosse accaduto davvero, che Ryo… e lei…

Strinse gli occhi con forza, mordendosi le labbra, come se quella semplice azione avesse potuto aiutarla a ricordare meglio, ma nulla: il caos continuava a regnare supremo nella sua mente.

Kaori rabbrividì: sotto le sottili lenzuola, si portò istintivamente le mani alle braccia per scaldarsi, trovando però pelle nuda. Sul corpo, avvertiva la delicata carezza di sottilissima seta, impalpabile al tocco, e corrugò la fronte: non ricordava di aver indossato uno dei capi regalatole da Eriko nella speranza che l’amica tentasse un approccio romanticamente erotico verso il socio…

Stentava a riconoscere anche le lenzuola, e si chiese come mai sentisse così prepotente il suo profumo, quel mix unico ed inimitabile che aveva conquistato anche la piccola Shiori, ma Kaori dette la colpa allo stress e alla stanchezza… e alla sua mente, che probabilmente le stava giocando dei brutti scherzi.

Sospirando rammaricata, ormai certa che si fosse trattato di un sogno - ogni cosa, magari anche quel bacio che Ryo le aveva dato tempo prima sulla fronte - Kaori si stiracchiò nuovamente, preparandosi psicologicamente alla nuova giornata che l’avrebbe attesa, quando però qualcosa la disturbò.

Una risata allegra, felice, e qualcosa che le saltava addosso...anzi, qualcuno, un peso leggero, che le scaldava il cuore e la rassicurava; le sembrava quasi che il suo corpo e la sua anima risonassero, come se conoscessero qualcosa che la sua mente ancora rifiutava o a cui era cieca.

“Ehi!” la donna squittì, aprendo gli occhi quasi con furia cieca, prima di paralizzarsi per ciò che stava vedendo proprio davanti a lei. 

Anzi, per chi: un bambino. Un maschietto, forse di quattro anni al massimo; Kaori non aveva la più pallida idea di chi fosse, eppure era come se l'avesse conosciuto da sempre. 

Ma più che tutto, riconosceva quei lineamenti, erano a dir poco inconfondibili… brillanti occhi scuri, pieni di vita, di divertimento, che nascondevano dentro di sé il mondo intero; una zazzera ribelle scura, e quel sorriso sornione, malandrino, ma che faceva capitolare tutte le donne, nonostante le idiozie che uscivano da quella bellissima bocca. 

Tre anni, forse quattro, eppure era tutto lui…. dalla punta dei capelli fino alla forma delle dita. Era Ryo, ma… in miniatura. 

“Ry…. Ryo?!” Approfittando del suo momentaneo smarrimento,  il piccolo le si gettò tra le braccia, accomodandosi bellamente contro il suo seno e abbracciandola come poteva con quelle sue braccine. Kaori abbassò il volto verso la creatura, boccheggiando quasi fosse stata un pesce, arrossendo, mentre tuttavia sentiva forte il desiderio di dare anche solamente una piccola martellata in testa a quell’impertinente, che a quanto sembrava, oltre all'aspetto, aveva anche i modi di Ryo. 

Stranita, Kaori si guardò intorno, mentre il bimbo si accoccolava contro di lei e si appisolava, beatamente, a suo agio quasi l’avesse conosciuta da sempre. La luce che filtrava dalle veneziane bagnava ogni superficie in modo quasi sovrannaturale, e mentre sfiorava le morbide lenzuola con dita esitanti, la sweeper riconobbe finalmente l’ambiente famigliare, e capì perché avesse sentito quel profumo così peculiare appena sveglia. 

La camera da letto di Ryo – esattamente dove si era trovata la notte precedente. Eppure…. Eppure sembrava tutto diverso. Erano quadri quelli ai muri? Allungò leggermente la mano verso la lampada da comodino ed accese la luce, cercando di non disturbare il mini-Ryo con i suoi movimenti, e strizzò gli occhi per abituarsi a quella forte luminosità improvvisa, e quando li riaprì e si guardò intorno, rimase quasi sconvolta.

Niente poster, stampe o statuine al limite del porno: avevano lasciato spazio a ninnoli, giornali, manifesti di film e riproduzioni di quadri. I comodini adesso erano due, e tutto in quella stanza sembrava parlare non di uno scapolo solitario ma… ma di vita di coppia. Possibile che fosse cambiato tutto così tanto, e così velocemente? E chi era quel bambino, così simile a Ryo, così a suo agio appollaiato sul suo ventre? E perché lei era nel letto di Ryo, con indosso un neglige di seta?

La confusione era tale che un senso di panico si fece strada in Kaori, con sempre maggiore prepotenza; la donna cercò sollievo nella calma di quella creatura che sembrava fidarsi di lei, ma non sembrava bastare, era troppo confusa, e poi, quei ricordi, Kaibara, la nave, il bacio…. 

Tante domande… e nessuna risposta. Solo dubbi. Ed una sola consapevolezza: amava accarezzare il capo di quel bambino. La rendeva felice. La rasserenava – nello stesso modo in cui, la notte che Ryo le si era addormentato in grembo, si era sentita esplodere il cuore in gola, mentre passava le dita tra quei soffici capelli scuri.

“Porca miseria, avevo detto a quella piccola peste di Satomi di lasciarti riposare!” Kaori alzò lo sguardo verso la porta, e rimase un attimo a bocca aperta a guardare Ryo, che, grattandosi  il capo, si avvicinava al letto, tranquillo, pacato, vestito solamente di un paio di boxer neri. La raggiunse, squadrando Kaori da capo a piedi, corrucciando la fronte, anche se sembrava più stupito dal fatto che lei avesse distolto lo sguardo e fosse arrossita non appena notato quanto poco vestito fosse. 

Si sedette su di un lato del letto, sopra le coperte, e spettinò leggermente i capelli scuri del bimbo, sorridendogli come se quella creatura fosse il centro del suo mondo, gli occhi colmi di amore – Ryo guardava quella creatura nello stesso modo in cui aveva guardato lei, quando le aveva domandato di essere la sua famiglia, per sempre. Quel bambino era la famiglia di Ryo… possibile?

“Dopo telefoniamo a Doc, stamattina ti comporti in maniera strana.” Ryo le disse, alzando un sopracciglio, mentre sollevava la frangia di Kaori e massaggiava con il pollice ruvido un bernoccolo che lei nemmeno si era accorta di avere fino ad un attimo prima. Arrossendo, Kaori si spostò di lato, scansando quel gesto, lasciando la mano di Ryo a mezz’aria. “Già, sei decisamente strana… di solito vai in brodo di giuggiole quando faccio il carino!”

“Strana? Non sono io quella che gira per casa solo in mutande!” Gli sibilò contro, leggermente innervosita. Ryo ridacchiò, in quella sua maniera da dongiovanni stupido ed un po’ pervertito, e quasi mise la bava alla bocca mentre si avvicinava, pericolosamente, alle labbra della socia. 

“Beh, non vedo come potresti farlo, considerando che non so nemmeno io dove ho tirato le tue di mutandine mentre facevamo i bagordi…” La sua risata standard - da maiale allupato – venne interrotta da una martellata in pieno capo, mentre Kaori gli sibilava rabbiosa ed inferocita di smettere di fare il pervertito davanti a un bambino. 

Tuttavia, il risultato non fu esattamente quello che la donna sperava: Ryo non venne piantato nel pavimento, perché, stranamente, quello che lei aveva in mano era solo un piccolo martelletto di plastica, simile a quelli usati nei set da gioco… niente a che vedere con le mazze che di solito gli tirava dietro quando faceva il cretino con tutte le altre o la scherniva.

“Eh? Ma, ma, ma…” la donna si domandò, mentre Ryo si massaggiava il capo leggermente indolenzito e la sua versione in miniatura si stropicciava gli occhietti, svegliandosi.

“Il martello Kaori, davvero?” Le domandò, seccato. “Porca miseria, dopo un giro da Doc lo facciamo sul serio, non stai bene. Sembra la prima volta che mi vedi in mutande o che ti voglio coccolare… già con la peste che di starsene nella sua cameretta non ne vuole sentire ci tocca fare piano, e fare i salti mortali, e nasconderci, lui ci piomba nel letto quando vuole quindi abbiamo pure dovuto dire addio al Mokkori mattutino, e adesso non posso nemmeno coccolarti? Perché fai la cattiva col tuo dolce Ryo, mia bellissima Sugar?”

“Mo…. Mo…” Arrossendo, le gote dello stesso colore dei suoi capelli, fumando imbarazzata nemmeno fosse stata Falcon, Kaori fece uno scatto in avanti, coprendo con la mano la bocca di Ryo, che le sorrise conto la pelle, lasciando un delicato bacio contro il palmo della sua mano.  “Ryo, ma si può sapere cosa ti prende? E poi c’è un bambino, non dovresti parlare di certe cose!”

“cosa prende a me?” Le domandò, dopo aver preso la mano di Kaori nella sua ed aver iniziato a giocherellare con le dita della socia. “Sei tu quella strana! Forse il colpo che hai preso da Silver Fox è stato più grave di quello che sembrava… davvero Kaori, torniamo da Doc dopo. Non vorrei che il vecchio non si fosse accorto di qualcosa..”

Silver Fox? Cosa c’entrava adesso Silver Fox? Erano anni che quell’assassino senza arte né parte aveva sfidato Ryo, lei stessa, sua preda, si era rivelata centrale nel fermarlo.

“Papà, andiamo allo zoo?” Le parole uscirono all’improvviso dalla bocca del piccolo, ancora semi-addormentato. Ryo gli sorrise, stropicciandogli ancora i capelli, e gli lasciò un bacio sulla fronte – proprio come aveva fatto tempo prima con lei. 

Papà. Quel piccolo era davvero figlio di Ryo, ma com’era possibile? E chi era la madre? Quando l’aveva scoperto Ryo? E perché quella creatura si sentiva così a suo agio con lei?

“Lo zoo non apre per altre due ore, peste, e poi prima devi fare colazione e prepararti… e guarda di mangiare tanto,” Ryo gli fece l’occhiolino, la voce allegra e solare. “Perché lo sai che la zia Miki si arrabbia, dice sempre che ti faccio fare la fame! Tu, un Saeba… non lo sa che noi uomini di questa famiglia viviamo per due tre cose, il cibo, le donne e le nostre armi? Dire una cosa del genere della carne della mia carne, come osa!”

Kaori prese a boccheggiare occhi sgranati. Ryo aveva parlato di una zia Miki: poteva essere una sola persona, la “loro” Miki… a Kaori parve di ricevere una coltellata al cuore, non riusciva a capire come i loro amici sapessero e nessuno avesse sentito il bisogno di raccontarla la verità. Soprattutto Miki, lei che sapeva quali sentimenti Kaori nutrisse per Ryo, come aveva potuto nasconderle il fatto che lui fosse divenuto padre, lui, l’uomo che rifuggiva i rapporti, che aveva giurato che non avrebbe avuto mai una famiglia – che aveva detto di non poterla avere?

“Avevi detto che potevamo andare quando mamma si svegliava!” Il bimbo borbottò, mettendo il broncio, con un tono ed un’espressione che era Ryo spiccicato. 

“Sì, perché avevo messo la sveglia per la mamma alle sette e mezza… ti ho detto che mamma deve riposare o no, pestilenza?” Ryo prese a solleticargli il pancino attraverso la maglietta grigia, ed entrambi caddero sul letto, ridendo e sorridendo, felici, mentre invece dentro Kaori si sentiva morire,  desiderava piangere, gridare.

Quindi…. La mamma del piccolo era nella storia? E cos’era questa donna per Ryo? E gli altri, lo sapevano? Kaori buttò l’occhio sulla mano di Ryo, quella con cui prima aveva tentato di “accarezzarla”… qualcosa catturò la luce riflettendola: un anello all’anulare sinistro.

 Una fede.

 “Mamma, hai bisogno di dormire perché il cattivo ti ha fatto male alla testa?” Il bambino le domandò, praticamente arrampicandosi su di lei e gettandole le braccia al collo, guardandola negli occhi con i lacrimoni, preoccupato. “Oppure è per la bambina?”

“Mamma?” Kaori gli domandò, sbattendo gli occhi, boccheggiando nuovamente, neanche quella fosse l’unica cosa che sapesse più fare. Si voltò verso Ryo, cercando una risposta, ma negli occhi aveva non tanto paura, quanto dubbio ed incertezza – perché se la sua mente rifiutava di essere a conoscenza di quella realtà, così non era per il suo corpo, che bramava il contatto, sia con il figlio che con Ryo.

“Satomi, te l’ho detto, mamma deve riposare. Adesso vai, su!” Ryo gli diede una piccola sculacciata, scherzosa, che risuonò a vuoto sul sederino quasi a spingerlo ad andare; Satomi si alzò sulle ginocchia diede un bacio a Kaori, prima di scendere dal letto neanche fosse stato una molla, e correre, braccia aperte stile aeroplano, verso il bagno, lasciando soli i genitori. Ryo si avvicinò nuovamente alla socia, e la guardò, carico di preoccupazione ed affetto che si mescolavano in quegli occhi profondi ed espressivi che sempre avevano tolto il fiato a Kaori, e strinse la mano sinistra di lei nella sua: solo allora la donna si rese conto, con un tonfo al cuore,  che lei stessa indossava una fede al dito. 

“Kaori, dico davvero. Andiamo da Doc. Non voglio che capiti qualcosa a te o alla piccolina… Lo so che ti è capitato di peggio di essere presa a randellate con il calcio della pistola, ma forse dovremmo essere prudenti.”

“Sto bene, Ryo, davvero. Deve essere solo per…. Per il sogno che ho fatto. Ma va tutto bene.”  Si accoccolò contro di lui, appoggiando il capo contro la spalla di Ryo, che la abbracciò. Premuta contro quel solido torace, Kaori respirò ad occhi chiusi il profumo del socio, godette appieno di quella sensazione e cercò di imprimersela nella memoria per quando si fosse svegliata – perché era tutto troppo bello, troppo strano per essere vero, e doveva essere un sogno.

Per forza.  

Allungò una mano, sfiorò il viso di Ryo, che chiuse gli occhi ed iniziò a fare le fusa come un gattone soddisfatto. Scivolarono entrambi sul letto, intrecciando le gambe in maniera quasi automatica, mentre Ryo poggiava il capo nell’incavo tra i seni della donna, nella stessa posizione in cui era stato fino ad un attimo prima Satomi, e accarezzava languido il ventre di Kaori attraverso la sottilissima seta rosa.

“Peccato che Sato ci abbia già prenotati, non mi sarebbe per nulla dispiaciuto rimanere a farti le coccole tutto il giorno…” Ryo sospirò, prendendo a tamburellare con le dita sulla gabbia toracica, mentre le parole gli uscivano dalla bocca in tono scherzoso. “Ma d’altronde, quattro anni si compiono una volta sola, e non possiamo certo deluderlo nel giorno del suo compleanno….”

“Già…” Kaori si limitò ad annuire, occhi chiusi, inspirando a fondo, mentre continuava ad accarezzare Ryo: farlo le dava una sensazione inebriante, quasi di potere, come se avesse avuto tra le dita il cuore di quell’uomo così speciale.

“Il tempo è davvero volato, eppure sono già quasi cinque anni da quando mi hai detto di essere incinta, e adesso Sato ha già quattro anni, e stiamo per avere una bimba!” Ryo si voltò, fissando col sorriso il soffitto, lo sguardo sognante, gli occhi colmi di felicità e trasporto; a Kaori vennero le lacrime agli occhi, non riusciva a ricordare un giorno in cui lui fosse stato così felice, così sereno... così, era ancora più bello ed affascinante. “Scommetto che quando ti sei presa quella sbandata per me quando eri una liceale non avresti mai immaginato che un giorno ci saremmo sposati e avremmo avuto dei figli! Ammettilo! ”

“Di sicuro non lo pensavo quando sono entrata in società con te…” Kaori sospirò, alzando gli occhi al cielo. “Ho perso il conto delle volte che mi hai chiamata travestito o mezzo uomo…”

“Ma se all’inizio ci provavo di continuo con te!” Ryo ridacchiò; spostò lo sguardo verso di lei, e si guardarono, occhi negli occhi, avendo una di quelle loro conversazioni uniche, in cui il resto del mondo non contava nulla e c’erano solo loro- e nessun’altro poteva comprendere cosa si stessero dicendo. “Poi tu ti sei innamorata di me, io mi sono innamorato di te, e sono andato leggermente in crisi. Te l’ho detto tante volte, non sapevo come comportarmi, cosa avrebbe voluto Maki per te… e per noi due. Ma dopo Kaibara, non potevo più raccontarti frottole… e poi volevo un bacio per bene, mica solo attraverso il vetro, e dopo il primo non ne ho più avuto abbastanza, la tua bocca crea dipendenza, Sugar!”

Il cuore prese a palpitare nel petto al ritmo del battito d'ali di una farfalla impazzita, e Kaori si lasciò andare; vincendo la sua ritrosia, permise all’istinto di guidarla, e si chinò, appoggiando le labbra su quelle  di Ryo, un bacio rapido, una carezza che però le fece anelare di più. 

Molto di più. 

E Kaori voleva prendersi tutto: chissà se nella realtà avrebbe mai avuto l’occasione di avere Ryo tutto per sé- un Ryo innamorato, devoto….

“Dai tesoruccio, non fare così, lo sai che non mi piace lasciare le cose a metà…” lui si lamentò non appena si staccarono l’uno dall’altra. Sospirando deluso, l’uomo si alzò in piedi, mollamente: era chiaro dove avrebbe preferito essere, e la cosa fece sorridere Kaori- anzi, ridere, perché nonostante quella non fosse la prima volta che lo vedeva in quello stato….  Era la prima volta che lei ne era la causa, o che comunque lei ne era pienamente consapevole. “Io vado in bagno, ti conviene darti una mossa se non vuoi che la peste arrivi di nuovo a dirtene quattro perché vuoi farlo arrivare tardi all’apertura dei portoni dello zoo!”

Seduta, abbracciandosi le ginocchia, Kaori poggiò il capo sulla spalla, guardando Ryo che lasciava la stanza; poi, finalmente, grugnendo si lasciò cadere all’indietro, e prese a fissare il soffitto, domandandosi se fosse possibile che un sogno apparisse così reale. 

Ma c’era davvero un’altra possibilità? Poteva aver dimenticato almeno cinque anni della sua vita? O era successo qualcosa di più pazzo – viaggi nel tempo, esperienze extra-corporee, dimensioni parallele… il solo pensiero la faceva rabbrividire, ma avevano avuto una vita abbastanza pazza, tra telepati, cartomanti e fantasmi,  da non escludere niente a priori.

Intanto, in quel presente – a chiunque appartenesse- Kaori Makimura era diventata Kaori Saeba… e stava aspettando il loro secondo figlio. Si portò la mano al ventre, accarezzandolo, avvertendo sotto alla pelle solamente un leggerissimo rigonfiamento: doveva essere all’inizio della gravidanza.

Così reale. 

Così bello. 

Troppo bello per essere vero. 

Eppure…

Scosse leggera il capo, e si alzò, di scatto, camminando spedita verso il bagno, in punta di piedi. Sentiva che l’aspettava una lunga ed intensa giornata, e Kaori si ripromise di viverla al cento per cento, nonostante non avesse la più pallida idea di come fosse finita in quell’assurda situazione o se fosse tutto vero: si sarebbe goduta la loro felicità fino a che avesse potuto, e poi… e poi, al resto ci avrebbe pensato. 

Dopo.

   
 
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