Libri > Good Omens
Ricorda la storia  |       
Autore: ineffable    15/11/2021    1 recensioni
L'apocalisse alla fine era avvenuta, i demoni erano stati sconfitti e la pace regnava incontrastata. Qualcuno però non era affatto contento di quella situazione.
"Quello era prima. Dio sapeva che qualcuno di noi si sarebbe ribellato. Avanti! come si fa a sopportare tutto questo candore senza impazzire?"
...
"Sai chi è?"
"No." Rispose. Lo sguardo ancorato a quello del demone.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Belzebù, Crowley, Gabriele
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I personaggi non mi appartengono e non scrivo per lucro. Buona lettura.




Apocalypse?



L'apocalisse alla fine era avvenuta, i demoni erano stati sconfitti, la terra con le sue forme di vita distrutta e nell'universo regnava solo il candore del paradiso, qualcuno però non era troppo felice di quel cambiamento. Era vero che aveva desiderato la fine del mondo da quando era stata annunciata e quando avevano vinto si era finalmente sentito liberato da un fardello, poteva finalmente riposarsi, godersi quei giorni tranquilli senza temere attacchi di alcun tipo, solo che di giorni ne erano passati fin troppi, non aveva idea di quanti, non li aveva certo contati ma li sentiva pesare uno per uno sopra le sue grandi ali bianche.
L'essere in questione era un arcangelo, uno dei più importanti o meglio uno tra quelli che venivano maggiormente conosciuti e ricordati dagli umani, l'arcangelo Gabriele.
Se ne stava a vagare da solo fra le nuvole rosa del paradiso, la luminosità che lo circondava gli faceva strizzare gli occhi e più volte si era ritrovato a pensare che in mezzo a quella matassa brillante ci sarebbe stato bene qualche sbuffo di colore più scuro, il nero per esempio. Ogni qualvolta aveva di questi pensieri scuoteva la testa infastidito come per scacciarli, si era sentito un idiota più di una volta in quei giorni e a lui non era MAI successo di sentirsi in quel modo, quella era un'emozione totalmente umana e non avrebbe dovuto permettere che lo inquinasse.
I corridoi bianchi, asettici del paradiso stavano cominciando a dargli la claustrofobia ogni qual volta si ritrovava a passarci, dall'alto non arrivavano ordini e sembrava proprio che a tutti gli angeli e arcangeli fosse concesso quel periodo di pace che tanto avevano bramato e che si erano meritati vincendo la guerra.
Tutta via Gabriele aveva cominciato a notare che non era l'unico a sentirsi così frustrato, un altro angelo se ne stava quasi sempre in disparte, lo aveva osservato vagare per il paradiso con le ali basse e la testa china, come se gli mancasse qualcosa, un pezzo importante della sua vita, inizialmente aveva pensato avesse solo nostalgia del pianeta su cui aveva vissuto per seimila anni, ma quella era sicuro gli sarebbe passata, così pian piano aveva capito che a quell'angelo era qualcos'altro che gli mancava.
Sotto l'influenza di questi pensieri l'arcangelo decise di chiedere spiegazioni proprio a lui, Azraphel, era sicuro fosse l'unico che poteva aiutarlo vista la maniera in cui sembrava mal tollerare quella situazione così paradisiaca, il problema era che l'angelo era diventato difficile da scovare e fu proprio per caso che se lo ritrovò davanti all'improvviso, vide la sua testa bionda immersa tra le tante ali che lo affiancavano dirigendosi chissà dove.
Era appena terminata l'ennesima replica di "Tutti insieme appassionatamente" e l'angelo stava uscendo dal salone riservato proprio all'emissione di quel musical, Gabriele storse il naso, non solo perché si stava abbassando a chiedere aiuto proprio all'angelo che aveva tentato di tradirli ma anche perché Azraphel, tutte le volte che dal paradiso lo avevano invitato a seguire il musical aveva sempre declinato l'invito con un sonoro "non è proprio il mio genere."
Grabriele si affrettò ad avvicinarsi all'angelo prima che fuggisse via di nuovo, gli mise una mano sulla spalla per richiamare la sua attenzione, Azraphel sussultò prima di voltarsi, non aveva perso quelle caratteristiche che lo rendevano così simile agli umani.
<< Ciao Azraphel >> sorrise l'arcangelo.
Azraphel si esibì in un sorriso tirato, non riuscendo a nascondere troppo bene la sua espressione contrita.
<< Gabriele anche tu da queste parti >> squittì l'angelo pur mantenendo un tono pacato.
L'arcangelo si grattò il mento per poi agitare una mano.
<< Sì beh ero nei paraggi, ma sono sorpreso di vedere te gironzolare qui intorno. Non credevo ti piacesse questo genere di roba >> disse Gabriele studiando l'espressione dell'altro.
Azraphel deglutì colto sul fatto, si riprese però subito.
<< E' l'unica cosa che passano in paradiso, mi sono dovuto adattare >> fece un debole sorriso.
<< Come per il cibo sulla terra, come si chiamava quella cosa che ti piaceva tanto, susti? >>
<< Sushi >> lo corresse Azraphel.
L'arcangelo gli punto due dita contro esibendosi in un sorriso trionfale.
<< Già proprio quello! >> esclamò soddisfatto.
<< Non è esattamente la stessa cosa... >> borbottò l'angelo sperando di non essere sentito.
Gabriele capì presto che avevano esaurito gli argomenti di conversazione, l'angelo era diventato nervoso e moriva dalla voglia di andarsene ma Gabriele non poteva permetterlo, così gli avvolse un braccio intorno alle spalle tirandolo verso di sé.
<< Che ne dici di farci un giro? >> domandò sperando accettasse.
Azraphel gli lanciò uno sguardo interrogativo.
<< Non offenderti Gabriele ma perché dovresti aver voglia di fare un giro con me? >>
<< Ho tradito il paradiso ricordi? >> quest'ultima frase la bisbigliò.
Grabriele tuttavia non staccò la presa dalle sue spalle.
<< E' acqua passata ormai. Abbiamo vinto no? >>
L'angelo annuì sommesso.
<< Suppongo di sì >> rispose.
Gabriele senza aggiungere altro lo trascinò lontano da quel luogo fin troppo affollato, dovevano parlare ed era meglio che la loro conversazione rimanesse lontana da orecchie indiscrete. Raggiunsero una radura verde smeraldo, piena di fiori che luccicavano e uccellini che intonavano melodie celestiali.
<< Vogliamo sederci? >> domandò Gabriele con lieve disagio.
Azraphel fece come gli aveva detto e lui lo seguì, era una situazione assurda si ritrovò a pensare l'arcangelo e anche molto imbarazzante, decise di cominciare rompendo un po' il ghiaccio, avrebbe indagato senza dare troppo nell'occhio.
<< Era un po' che volevo domandartelo, perché non usi la tua forma angelica? Non esiste più un pianeta dove andare e qui la forma di un corpo umano non ti serve. >>
L'angelo sospirò punto sul vivo, sapeva che qualcuno presto gli avrebbe fatto domande ma una parte di lui sperava lo ignorassero, avevano ottenuto ciò che volevano, perché continuare a tormentarlo?
<< Gabriele io non credo che tu... con tutto il rispetto, n-non potresti mai...- >>
<< Lascia perdere i convenevoli! Fingi per un momento che io non sia il tuo superiore. >>
Lo sguardo scettico dell'angelo convinse Gabriele a dare una spiegazione a ciò che aveva detto.
<< Dio ci ha creati tutti uguali, o meglio con la stessa importanza. Abbiamo assunto dei ruoli perché... beh perché ci servivano ma ora, davanti a tutto questo >> allargò le braccia per indicare l'immensità di quello che avevano intorno, la vastità del paradiso che si diceva aver inglobato l'inferno.
<< Davanti a tutto questo noi siamo uguali. Sono veramente interessato a sapere Azraphel, cosa ti spinge a rimanere così? >> fece un gesto con la mano indicando la sua figura.
Azraphel annuì ancora poco convinto ma decise di assecondarlo, non voleva certo farlo arrabbiare.
<< D'accordo se proprio ci tieni. Non sono ancora pronto a riprendere le mie angeliche sembianze, sono stato così tanto sulla terra che mi sono abituato ad avere questa forma e riprendere le mie vecchie vesti significherebbe lasciarsi tutto alle spalle. >>
<< E tu non vuoi >> continuò per lui Gabriele.
Azraphel scosse la testa.
<< Anche tu però hai... voglio dire hai mantenuto le tue sembianze terrene, nonostante dopo la guerra fossi tornato ad essere te stesso. >>
Azraphel deglutì. Aveva fatto un azzardo a parlare così al suo capo? Gabriele gli lanciò uno sguardo criptico, dai suoi occhi viola non trapelava nulla che potesse definirsi positivo o negativo, l'angelo si sentì a disagio forse non avrebbe dovuto osare così tanto.
<< S-scusa non sono certo affari miei... >> si affrettò a dire prima che la situazione precipitasse.
<< No non scusarti. E' vero ciò che hai detto, ma a differenza tua non so perché l'ho fatto. Per questo volevo parlare con te. >>
L'angelo tirò su la testa attento e stupito da quelle parole, non poteva credere che fossero uscite proprio dalle labbra del superiore che più temeva e ancora di più non capiva perché volesse essere aiutato proprio da lui.
<< Sento delle cose >> confessò Gabriele.
<< Delle voci? >> chiese Azraphel.
<< Voci? >> chiese confuso l'arcangelo.
Se Azraphel avesse potuto ancora arrossire lo avrebbe fatto, aveva tanta voglia di sprofondare nelle viscere più profonde del paradiso tanto era l'imbarazzo che stava provando, dio come gli era venuto in mente si chiese, per poi scuotere la testa agitando una mano.
<< Lascia stare, era una cosa che a volte capitava agli umani. >>
Sorrise nostalgico al ricordo di quelle creature, ma il motivo per cui gli era uscita quella frase non era dovuto solo agli umani, in realtà voleva fare una battuta, forse mal riuscita, lui non era mai stato bravo, si rese conto che un'uscita del genere era proprio degna di... di qualcuno. Sì ma di chi?
Chi era quell'entità, quell'ombra, quella macchia che proprio non riusciva a ricordare; ricordava di essere stato mandato sulla terra, di aver avuto un compito, di aver tradito quel compito senza però riuscire ad evitare la guerra, ricordava bene che accanto a lui, in tutti quegli anni c'era stato qualcuno ma non ne ricordava né il nome né il volto.
<< Azraphel ci sei? >>
Una mano sventolava davanti agli occhi dell'angelo che si riscosse all'istante.
<< P-perdonami mi ero perso. Dicevi? >>
L'arcangelo alzò un sopracciglio.
<< Ti capita spesso? Di perderti. >>
Azraphel fece una piccola smorfia.
<< Solo da quando sono qui. Tu ricordi qualcosa dell'apocalisse? Voglio dire dell'ultimo giorno quando è avvenuta la guerra. >>
L'arcangelo sembrò pensarci su, quella domanda era strana ma non troppo, forse anche l'angelo aveva dei buchi come lui.
<< Ricordo che tu hai fatto di tutto per impedirlo. Ma non eri da solo c'erano degli umani... >>
Azraphel deglutì. Se anche Gabriele avesse avuto lo stesso suo ricordo, di qualcuno che non aveva volto, significava che non stava diventando pazzo e che aveva ancora una speranza di rimettere insieme i pezzi.
<< E poi c'era anche qualcun altro, non ricordo se fosse umano o meno ma ti eri alleato con... chiunque fosse ti eri alleato con lui, qualcuno con cui non avresti dovuto. >
L'angelo sussultò.
<< Hai detto che non avrei dovuto, perché sostieni questo? >>
Azraphel gli pose quella domanda forse con fin troppa agitazione, Gabriele sembrava essere messo nella sua stessa situazione e comunque c'era anche il caso che si sarebbe potuto stancare di tutte quelle domande da parte sua e dare un taglio alla conversazione.
Tuttavia l'arcangelo non sembrava affatto infastidito, arricciò le sopracciglia pensieroso.
<< Non lo so Azraphel, so solo che hai fatto uno sgarro veramente grosso al paradiso. Però c'era anche qualcun altro, è arrivato insieme a me sulla terra. >>
Nella testa dell'angelo avevano iniziato a vorticare delle idee già da tempo e quell'ammissione da parte di Gabriele le fece acuire, poteva essere, ed era solo un' ipotesi, che quelle figure che entrambi non ricordavano fossero proprio demoni? Azraphel non diede voce a questa domanda, ancora non sapeva quanto poteva fidarsi di Gabriele.
<< Q-quindi mi stai dicendo che allearmi con gli umani non è stata la cosa peggiore che ho fatto? >>
L'arcangelo annuì.
<< Per questo sei stato ulteriormente declassato >> disse fermo.
Ad Azraphel spuntò un sorriso sul volto, allora era vero, gli mancava un pezzo del puzzle ed era certo fosse un pezzo molto importante, probabilmente non avrebbe dovuto essere così contento di quella notizia, però diamine forse quella parte mancante era proprio la causa del suo malessere, era sicuro che una volta trovata tutto sarebbe tornato al suo posto.
<< Ti fa ridere? >>
Domandò Gabriele scuotendo la testa, certo che quell'angelo era proprio fuori dai canoni si ritrovò a pensare, di solito gli altri si dibattevano per avere un ruolo più alto mentre lui sembrava addirittura contento di avere meno doveri. Azraphel scosse la testa e preferì cambiare discorso, non voleva dare troppe spiegazioni a Gabriele, certo si era rivelato utile e predisposto ad aiutarlo ma quanto sarebbe durata?
<< Tu che cosa stavi per dirmi? Hai detto che sentivi delle cose. >>
<< Oh sì, ma non so se sia un bene parlare di questo. >>
Stava facendo marcia indietro? Perché? Di cosa aveva paura? L'angelo sorrise un po' beffardo.
<< Gabriele ormai cosa potrebbe succedere? Siamo immersi nella luce, abbiamo appena vinto la guerra, il peggio che potrebbe capitarci è essere rimproverati. Non credo che... che Lei abbia intenzione di creare un nuovo inferno. >>
Quella parola bruciò stranamente nel petto dell'angelo e anche l'arcangelo sembrava turbato.
<<  Non che prima lo avesse creato di proposito >> rispose Gabriele.
<< Lo so ma, forse, si è lasciata prendere un po' la mano >> tentò di spiegare il suo punto di vista Azraphel.
Di nuovo un colpo nel petto, quella frase gli suonava familiare.
<< Ad ogni modo non credo avrà da ridire se parliamo di come ci sentiamo. >>
Sorrise l'angelo cercando in qualche modo di rassicurare il suo capo.
<< Sì, forse non hai tutti i torti. Il punto è che sento come un grande vuoto dentro di me, come se fossi insoddisfatto il che è ridicolo se ci pensi. Sento queste cose... questi... questi...- >>
<< Sentimenti? >> lo aiutò Azraphel.
L'arcangelo fece una smorfia disgustato.
<< Sono cose così umane, non dovrei esserne inzozzato, non dovrei provare queste cose. Sono un arcangelo, l'arcangelo Gabriele per l'amor del cielo, che figura ci faccio!? >>
Gabriele aveva cominciato ad agitarsi, si era innervosito, non gli piaceva parlare di quelle cose, delle sue debolezze, non ne aveva mai avute e non aveva mai avuto il bisogno di tirare fuori dei sentimenti che nemmeno conosceva. Il paradiso era amore, l'amore era quello che avrebbe dovuto solo conoscere, poi erano arrivati i demoni, poi la terra e gli umani e tutto era piombato in una sfera roteante di caos.
<< Se loro non si fossero ribellati, Dio non avrebbe sentito il bisogno di creare quelle insulse creature degli umani e noi non saremmo qui a parlare di sentimenti come nelle sciocche storie scritte nei tuoi preziosi oggetti materiali >> sbottò Gabriele.
<< I libri >> disse l'angelo con una punta di nostalgia.
L'arcangelo fece un gesto di stizza con la mano.
<< Già quelli. >>
<< E la cosa peggiore sai qual è? >> continuò Gabriele con un sorriso amaro sulle labbra.
<< Che sto qui a parlarne con te come se potessi essermi di un qualche aiuto! >>
Sì alzo in piedi in uno scatto d'ira, l'angelo fece lo stesso preoccupato, non voleva essere in una posizione inferiore con Gabriele che fumava dalla rabbia.
<< G-Gabriele cerca di... >>
Ma l'angelo venne spinto dalle forti braccia dell'arcangelo che poi lo prese per il colletto.
<< Non dirmi di calmarmi. >>
L'angelo incontrò le pupille furiose di Gabriele, un tremolio gli passò lungo la spina dorsale, aveva paura, tutto a un tratto ebbe un flash di una situazione simile, solo che al posto di Gabriele c'era quell'ombra scura, ma ricordava che quella volta invece di paura non ne aveva avuta alcuna.
<< M-mi dispiace, hai ragione >> soffiò l'angelo, non voleva alterarlo ulteriormente, desiderava solo che lo lasciasse andare.
<< Lo vedi come sono diventato? Rabbia. Noi non conoscevamo la rabbia >> mugugnò irritato l'arcangelo ma c'era qualcosa nella sua voce che fece pena ad Azraphel.
<< Quello era prima. Dio sapeva che qualcuno di noi si sarebbe ribellato. Avanti! come si fa a sopportare tutto questo candore senza impazzire? >>
Lo disse con una punta di ironia e un sorrisino sul volto, voleva stemperare la situazione, a lui era sempre piaciuto il paradiso, ci stava bene e non capiva come alcuni angeli avessero scelto di ribellarsi per strisciare in un buco oscuro e puzzolente però poi aveva conosciuto gli umani, e la terra e quel qualcuno che non ricordava era certo avesse contribuito a cambiare i suoi pensieri. Tutto a un tratto il paradiso non era così idilliaco, certo era meglio dell'inferno ma lui si era reso conto di preferire di gran lunga la terra.
Era certo gli sarebbe arrivato un pugno sul suo visino angelico, strinse gli occhi preparandosi ma Gabriele lo lasciò esibendosi in una breve risata, scosse la testa e si portò il viso alle mani, una specie di singhiozzo lo scosse, non stava piangendo, anche volendo non avrebbe più potuto farlo senza un corpo umano, ma quel rantolo che gli uscì dalle labbra era la cosa più simile al pianto che Azraphel avesse mai sentito provenire da un corpo celeste.
<< I-io... f-forse è meglio che vada >> balbettò l'angelo incerto sul da farsi.
Vedere l'arcangelo in quelle condizioni non lo faceva stare bene, sentiva dentro di sé il desiderio di consolarlo, dirgli qualche parola di conforto ma qualcosa lo bloccava, forse perché Gabriele era talmente imprevedibile che avrebbe potuto persino irritarsi delle attenzioni dell'angelo, così decise di voltarsi e prendere la via di casa, anche se di vera casa non poteva parlare. Peccato che qualcosa lo bloccò o meglio lo congelò sul posto, non era la voce di Gabriele piuttosto quello che disse.
<< Angelo >>
Certo l'intonazione era diversa e sicuramente anche l'intenzione, lo aveva chiamato per ciò che era dopotutto, ma Gabriele lo aveva sempre chiamato per nome e perché poi quella semplice parola, che lo caratterizzava solamente lo aveva fatto sentire così sconvolto, aveva fatto sussultare il fantasma del suo cuore e le viscere che più non aveva si erano attorcigliate. Azraphel si girò, non voleva sembrare pazzo e nemmeno concedere quella parte così fragile di sé a Gabriele.
<< Come? >> rispose solamente.
<< Azraphel volevo solo dirti che... non volevo reagire in quel modo >> disse soltanto l'arcangelo.
Era il suo modo per scusarsi, Azraphel lo aveva intuito ed annuì senza aggiungere altro, si girò di nuovo sperando che le sue gambe lo reggessero, non era certo nemmeno di poter contare sulle sue ali in quel momento.
Una volta da solo l'angelo si appoggiò su uno dei rami più alti e resistenti di un albero dalle foglie dorate, sospirò cercando di placare il subbuglio che sentiva agitarsi dentro di sé.
Perché Gabriele lo aveva chiamato così e perché lui non riusciva a non pensarci? Inoltre sentiva che non era giusto, non dovevano essere le labbra dell'arcangelo a pronunciare quel nominativo ma quelle di qualcun altro, forse proprio quelle dell'ombra che non riusciva a ricordare.
Si tirò appena i capelli, gemette infastidito da tutta quella situazione, aveva pensato che parlando con Gabriele si sarebbe potuto tranquillizzare avendo conferma di non essere l'unico a sentirsi strano, invece si sentiva peggio di prima, ancora più domande gli affollavano la mente, aveva provato più volte a chiedere aiuto agli angeli della memoria ma loro rispondevano che non potevano aiutarlo per quella particolare richiesta.
Finì per addormentarsi sfinito dai troppi pensieri, non che ne avesse un reale bisogno ma era un'abitudine umana che aveva iniziato ad utilizzare più che altro da quando avevano vinto la guerra, come se lo aiutasse a far passare il tempo più in fretta e tutte le volte che succedeva, si risvegliava con un sorriso sulle labbra come se avesse fatto un bellissimo sogno dai contorni sfocati, si sentiva più vicino a qualcuno che forse più di una volta aveva usato il suo stesso metodo.
Si stiracchiò le ali e con un balzò scese a terra, alcuni piccoli angioletti gli corsero intorno per poi correre verso il laghetto, gli angeli bambini erano nuovi in paradiso, assomigliavano proprio ai piccoli umani, avevano ovviamente delle caratteristiche angeliche e Azraphel trovava le loro piccole alucce davvero tenere, come carattere invece erano proprio uguale ai bambini terrestri, a volte erano buoni e gentili mentre altre volte erano pestiferi e facevano i dispetti. Nessuno però aveva cuore di rimproverarli, venivano sempre trattati con indulgenza e spiegato loro il giusto modo in cui un angelo avrebbe dovuto comportarsi.
Per diverso tempo era stato anche lui la guida di un angelo bambino, lo aveva fatto più per passare il tempo si diceva, ma dentro di sé sentiva che la ragione era ben più profonda e complessa, l'angioletto in questione si chiamava Werchiel, aveva un caratterino piccato e Azraphel man mano che passava il tempo con lui si sentiva sempre di più il suo padrino. Purtroppo uno dei "difetti" dei piccoli angeli era che crescevano troppo in fretta, la loro crescita era legata all'apprendimento, più apprendevano più la loro natura angelica si ampliava facendoli diventare degli angeli adulti pronti ad assolvere ai loro compiti, Werchiel con profonda tristezza e ammirazione di Azraphel era uno di questi. Ci aveva messo la metà rispetto agli altri angioletti per crescere, Azraphel si era complimentato e anche commosso a dirla tutta e alla fine si era definito fortunato, sapeva di alcuni angeli bambini che ci avevano messo solo un giorno per imparare tutto, come fosse possibile non lo aveva mai capito ma in paradiso erano tante le cose che non capiva e che amava definire ineffabili.
Mentre si avviava verso la sua meta con il sorriso sulle labbra ad Azraphel venne in mente un ricordo legato proprio a quel piccolo angioletto che aveva accudito.
Si trovavano nei pressi della grande cascata cristallina, l'acqua era così limpida che nemmeno ti bagnava, gli piaceva portare lì Werchiel dopo le lezioni della giornata, trovava che il contatto con la parte più naturale del paradiso facesse bene alla giovane mente in espansione che era il nuovo angioletto. Lo osservava svolazzare tra un ramo e l'altro, inseguire i piccoli merlini azzuri che assomigliavano ai coniglietti terrestri, solo che risplendevano come se fossero coperti di brillantini, al posto delle orecchie avevano le ali e quando la luce del paradiso diveniva più tenue risplendevano come fossero fosforescenti.
Azraphel si divertiva a guardarlo, non risuciva mai a prenderne uno e sembrava che tra lui e quei piccoli animali fosse nata un'intesa, loro lo aspettavano per giocare insieme, inizialmente all'angelo non era sembrato possibile e invece si era dovuto ricredere. Una volta che tutti i merlini si erano infilati nelle loro tane il giovane angelo si accostò ad Azraphel con un tenero broncio sul viso.
<< Una volta di queste riuscirò a prenderli >> sbuffo con quell'adorabile vocina.
Azraphel sorrise intenerito.
<< Forse dovresti provare ad essere più gentile >> suggerì l'angelo adulto.
Il piccolo lo guardò scandalizzato.
<< Gentile!? >>
Azraphel rise, non credeva di aver detto un eresia.
<< Sì. Vedi invece di inseguirli la prossima volta siediti e aspetta che siano loro ad avvicinarsi >> gli spiegò l'angelo.
<< Sembra infinitamente noioso >> borbottò Werchiel.
<< Mmm però potresti provare. O temi di non esserne capace? >>
Lo sfidò Azraphel, sapeva come prendere quel piccolo, aveva come una predisposizione innata nel saper trattare con esseri dal caratterino irascibile e infatti la reazione che ottenne da Werchiel non lo stupì affatto. Strinse i piccoli pugni e lo guardò indignato.
<< Come osi? Certo che sono capace! >>
L'angelo rise e gli accarezzo la testa coperta da fili d'orati che si illuminavano ogni volta venivano toccati.
<< Dimostramelo. Ma domani, è ora di tornare a casa. >> disse con calma Azraphel.
<< Oh uffa! >>
Sbuffò il piccolo ma obbedì seguendo l'angelo lungo la strada maestra che li avrebbe riportati al centro del paradiso.
Il  giorno dopo Werchiel e Azraphel si ritrovarono nello stesso posto, il piccolo si era appostato seduto sotto un albero, con le ali chiuse e il più possibile ferme, stava seguendo i consigli del suo maestro e voleva decisamente dimostrargli di essere in grado di attirare a sé i suoi animaletti preferiti. Pochi minuti più tardi alcuni merlini cominciarono a guizzare fuori dalle loro tane, osservavano attenti il loro amichetto angelico aspettando che li rincorresse ma ciò non accadde lasciandoli estremamente confusi. Iniziarono a girargli intorno senza mai avvicinarsi troppo.
Werchiel stava cominciando a diventare impaziente e l'angelo che non voleva avesse una delusione stava per schioccare le dita e aiutare l'impresa con un piccolo miracolino, quando qualcosa si mosse da un cespuglio e ne uscì un merlino, molto diverso dagli altri. Questo particolare esemplare era più alto e longilineo rispetto agli altri che erano paffuti, aveva il pelo rosso e gli occhi dorati, sembrava meno pauroso e più curioso rispetto ai suoi simili. Azraphel arricciò le sopracciglia, non ne aveva mai visto uno così e anche il piccolo Werchiel sembrava sorpreso, per lui però non faceva differenza, l'importante era prenderne uno e riuscire ad accarezzarlo.
Il piccolo animale iniziò ad avvicinarsi lentamente, non prendeva una traiettoria dritta ma curvava come per essere certo di star facendo la cosa giusta, una volta vicino all'angioletto gli annusò prima le ali, poi la veste candida, i piedini e infine le mani, una volta appurato che non c'era pericolo si tuffò direttamente tra le sue braccia per la gioia del piccolo Werchiel che iniziò a lanciare gridolini di gioia accarezzando il pelo fulvo di quel merlino coraggioso.
I due sembravano già diventati amici, l'angioletto lanciò uno sguardo trionfale ad Azraphel che si avvicinò con un sorriso soddisfatto sul volto, gli accarezzò i capelli ma per poco non finì a terra perché Werchiel dalla gioia si era sollevato in aria alzando l'animaletto verso la faccia dell'angelo.
<< Ce l'ho fatta! >> strillò felice.
<< E' morbidissimo e pizzica! >>
Il cuore o presunto cuore di Azraphel si riempì di gioia e amore alla vista del sorriso felice del piccolo, il suo sguardo venne rapito dal merlino che lo stava fissando.
<< Maestro Azraphel vuole conoscerti, avanti fatti annusare! >> disse entusiasta con la sua vocina acuta.
L'angelo guardò dubbioso il piccolo animale, si sentiva a disagio sotto quello sguardo pungente, come se potesse leggergli dentro. I suoi pensieri vennero interrotti da Werchiel.
<< Non avrai mica paura? >>
L'angelo sussultò appena poi sorrise.
<< Oh no come potrei, è così tenero >>
Il merlino emise un flebile ringhio o così aveva creduto di vedere l'angelo, ma sicuramente se lo era solo immaginato. Avvicinò la mano alla testolina dell'animale che venne subito colpita da quel nasino umido ed elettrico, una volta che Azraphel ottenne il permesso lo accarezzò, era davvero una sensazione piacevole.
<< Ben fatto Werchiel >> sorrise compiaciuto l'angelo.
Fu il giorno successivo che il piccolo Werchiel si avvicinò ad Azraphel con dipinto sul viso un broncio interrogativo, aveva tra le braccia il suo nuovo amico merlino che si era da poco appisolato.
<< Maestro Azraphel. >>
<< Sì giovanotto? >>
<< Come si diventa dei bravi angeli? >>
Quella domanda intenerì l'angelo che sorrise.
<< Beh per esempio amando tutte le creature, trattandole con rispetto, compassione e gentilezza. >>
Rispose sincero Azraphel, il piccolo storse il nasino.
<< Proprio tutte? Voglio dire anche quelli che ti fanno i dispetti? >>
Azraphel rise della genuinità della domanda.
<< In quel caso bisogna capire il motivo, parlare e perdonare. Ma non devi rimanerci insieme per forza, se non siete fatti per essere amici allora puoi allontanarti altrimenti un modo per risolvere i problemi si trova. >>
<< Anche se quello è il tuo acerrimo nemico? >>
Chiese di nuovo e Azraphel si agitò, quella domanda lo aveva colpito particolarmente.
<< Gli angeli non hanno acerrimi nemici, non più almeno >> rispose guardando l'orizzonte.
<< Che vuoi dire? >>
Azraphel sospirò, di solito quella era una cosa che veniva spiegata quando gli angeli bambini erano pronti ed erano i maestri a capirlo, ma in questo caso sembrava che l'angioletto avvesse deciso da sé quando essere pronto, senza nemmeno saperlo.
<< Beh vedi prima avevamo dei nemici, i demoni... >>
Un nodo gli strise la gola quando pronunciò quella parola, non ne capì il motivo per cui si limitò a scacciare via quella sensazione e continuare la spiegazione, gli raccontò tutto quello che sapeva dal principio fino all'ultimo giorno della terra.
<< E tutti i demoni erano così cattivi? >> domandò ingenuamente il piccolo.
Avrebbe dovuto rispondere sì. Sapeva di dover dare una risposta affermativa ma non ci riusciva, qualcosa, una sensazione glielo impediva, chiuse gli occhi, prese un respiro e poi li riaprì tenendoli puntati nel vasto campo.
<< Io... io non lo so giovane Werchiel. Immagino che se raccontata da loro la storia risulterebbe un po' diversa. >>
<< Ciò non cambia che quello che hanno fatto è sbagliato >> corresse il tiro.
Non voleva mettere strane idee nella mente immatura dell'angelo più giovane, soprattutto se quelle idee non erano appurate ne accertate ed erano solo frutto di qualcosa che sentiva dentro, di un dubbio che continuava a coltivarsi nella sua mente. La paura di fare la cosa sbagliata lo aveva assalito di nuovo, ricordava che anche mentre era sulla terra molte volte aveva sentito quella sensazione, paura di far arrabbiare i suoi superiori o ancor peggio di far arrabbiare Dio e di cadere.
<< Tu lo hai mai conosciuto un demone? >> squittì quella domanda con una serenità degna soltanto di un essere pieno di purezza.
Stava per dirgli che faceva troppe domande ma non se la sentì di interrompere quella curiosità giovane e genuina, certo lo avrebbe tenuto d'occhio, non voleva che a causa della sua voglia di sapere si mettesse nei guai ma sarebbe intervenuto solo se strettamente necessario. Lo prese per mano e si avviarono pronti a tornare indietro, il merlino che ancora dormiva appoggiato alla spalla del giovane angelo.
<< Penso proprio di no >> rispose l'angelo alla domanda postagli prima da Werchiel, però qualcosa nella sua risposta lo faceva sentire strano, come se non avesse detto la verità. Era bizzarro, se avesse davvero conosciuto un demone se lo sarebbe certamente ricordato e invece ricordava solo la guerra e lì non aveva certo avuto tempo di guardarli in faccia, anche se non ricordava nemmeno di aver combattuto.
Azraphel si riscosse dai suoi pensieri quando si rese conto di essere arrivato alla sua destinazione, un edificio non troppo alto, colorato semplicemente di bianco, era dura arrivarci, lo avevano posizionato in un posto difficile da raggiungere di modo che solo gli angeli pronti a rivivere la storia e imparare qualcosa avrebbero potuto raggiungerlo.
Era l'equivalente di ciò che era un museo per gli umani. L'angelo si avvicinò a una delle due guardie, un angelo bellissimo, sopra la testa gli gravitava un cumulo di energia dove si potevano vedere delle immagini, era l'angelo della conoscenza. Azraphel si schiarì la voce, più per abitudine che per reale bisogno.
<< M-mi scusi io, io vorrei entrare a visitare l'epistème. >>
L'altro angelo lo guardò serio.
<< Motivo? >> gli chiese severo.
<< C-conoscenza suppongo >> si schiarì la voce, si stava impappinando e non andava bene.
<< S-so che tenete dei reperti riguardo la grande guerra, l'ultima guerra >> annuì deciso.
L'angelo di guardia si limitò ad aprirgli la porta, Azraphel ringraziò balbettando e mentre saliva per entrare inciampò sulle sue stesse ali, era nervoso e doveva assolutamente darsi una calmata, prese un grande respiro poi iniziò a leggere tutti i simboli per capire dove trovare ciò che cercava.
Aveva sentito parlare di quel posto, avevano costruito una sala apposta dopo l'apocalisse, dicevano che conteneva dei reperti ma nessuno gli aveva mai voluto dire di che tipo, questo perché era vietato parlarne.
Se un angelo voleva sapere di più riguardo l'ultima guerra avrebbe dovuto affrontare il cammino da solo, guardare con i suoi stessi occhi e non parlarne con nessuno se non voleva essere spedito al seminario gratuito "Tieni chiusa quella bocca per l'amor del cielo!" Azraphel rabbrividì al solo pensiero di essere spedito in quel posto, lo considerava peggio dell'inferno malgrado lui all'inferno non ci fosse mai stato.
Dovette seguire molti cartelli, pareti, corridoi e porte che davano su altre porte per arrivare finalmente a quella misteriosa stanza, un giovane angelo dall'aurea rosata e un sorriso gentile lo accolse davanti alla porta, gli chiese di identificarsi, quando Azrapehl disse il suo nome l'angelo rosa sussultò appena, poi sorrise di nuovo e disse qualcosa chiudendosi un orecchio. Ben presto due energumeni con delle ali enormi si affiancarono ad Azraphel, lo presero di peso per le braccia e incuranti delle sue urla di protesta lo portarono via sbattendolo fuori dal museo.
<< Ma cosa...!? >>
<< Non hai il permesso di stare qui >> dissero in coro i due per poi sparire senza dargli altre spiegazioni.
L'angelo si tirò su rassettandosi i vestiti, era sconvolto, scioccato, gli angeli non avrebbero dovuto comportarsi così pensò, corse verso la porta e iniziò a bussare, urlando di aprirgli, supplicò persino le guardie ma loro rimasero impassibili, Azraphel si accasciò a terra vicino alla porta, quel posto rappresentava l'unica speranza per dare un senso a quei vuoti che sentiva e guarda caso era l'unico posto da cui era bandito.
Non aveva idea di quanto tempo fosse rimasto lì a bussare, era allo stremo delle forze, scese gli scalini con la testa bassa, sconfitto, anche le ali erano piegate verso il basso, si sentiva una nullità, che cosa aveva fatto per meritare un trattamento simile si chiese mentre si avviava verso la via del ritorno. Sentiva di avere perso tutte le speranze, ora come avrebbe fatto a risolvere quel mistero che lo attanagliava? Non poteva chiedere a nessuno perché nessuno era in grado di aiutarlo e forse nessuno sarebbe stato disposto a farlo.
Si portò una mano sul viso a coprire le labbra, un singhiozzo gli uscì senza però essere accompagnato dalle lacrime, pianse comunque, quello che sentiva dentro era indescrivibile, tanti sentimenti gli vorticavano nel petto, non riusciva più a smettere di singhiozzare, il torace si alzava e si abbassava lesto senza dargli tregua, una mano si posò sulla sua spalla facendolo sussultare e voltarsi.
<< Gabriele >> sussurò portandosi una mano sul petto per lo spavento.
<< Che stai facendo qui Azraphel? >>
L'angelo scosse la testa.
<< Volevo solo dare un'occhiata ma... >> si interruppe.
<< Ma ? >> lo rimbeccò l'arcangelo.
Azraphel non sapeva se potersi fidare o meno, Gabriele era stato però l'unico a parlare con lui del dopo apocalisse, gli aveva detto come si sentiva e lo aveva ascoltato, forse rappresentava davvero l'unica sua speranza, forse proprio l'arcangelo avrebbe potuto aiutarlo. In ogni caso adesso da perdere non aveva proprio niente, quindi decise di fidarsi del suo istinto.
<< Non mi hanno permesso di entrare. O meglio non ho potuto entrare nella sala dedicata all'apocalisse. >>
L'arcangelo rise, una risata di scherno che fece innervosire l'angelo.
<< E ti stupisci pure? Credi che avrebbero permesso al traditore, a colui che ha tentato di fermare la guera di entrare proprio nella sala dedicata a quest'ultima, non è stato certo grazie a te se abbiamo vinto. >>
L'angelo sospirò, se avesse avuto una moneta per tutte le volte che aveva sospirato negli ultimi tempi sarebbe diventato talmente ricco da potersi comprare il paradiso intero, anche se forse questa idea non era proprio angelica ma chi in paradiso lo era veramente? Aveva cominciato da molto a interrogarsi su questo.
<< Ad ogni modo io posso aiutarti angelo Azraphel >> disse Gabriele con aria solenne.
L'angelo arricciò le sopracciglia, si torturò le dita in evidente disagio poi però decise di fidarsi.
<< In che modo? >>
Gabriele sorrise beffardo, con quel ghigno che gli aveva rivolto un sacco di volte quando era in servizio sulla terra.
<< Sono il fottuto arcangelo Gabriele, sta zitto e guarda >> pungolò con il dito l'incavo della spalla dell'angelo.
<< Seguimi forza >> lo chiamò l'arcangelo mentre si avviava di nuovo al museo.
<< M-ma...- >> tentò di balbettare qualcosa l'angelo ma venne ripreso da Gabriele così decise finalmente di seguirlo.
Passarono davanti alle guardie che aprirono loro semplicemente la porta senza dire una parola se non un cenno di saluto rivolto all'arcangelo, probabilmente pensavano che Gabriele lo avesse beccato e lo stesse portando lì per avere delle prove pensò l'angelo ancora stupito, comunque non importava poi molto, l'importante era che erano riusciti ad entrare.
Azraphel aveva la sensazione che entrare nella stanza in cui era bandito non sarebbe stato altrettanto semplice e in effetti una volta davanti alla guardia che aveva chiamato la sicurezza poco prima cominciarono i problemi. Iniziò a riempire l'arcangelo di domande riguardo la presenza di Azraphel, Gabriele riamase totalmente calmo rispondendo a ciascuna di esse, fu dopo l'ennessimo rifiuto che si inviperì mandando al diavolo la pazienza angelica che già in lui era poca.
<< Lo sai chi sono io vero? >>
<< Ma certo signore lei è l'arcangelo Gabriele, colui che...- >>
L'arcangelo fece cenno di tacere con un movimento delle dita.
<< Shh shh non ti ho chiesto di narrarmi le mie gesta. Voglio sapere quindi perché stai facendo tante storie. >>
<< M-ma signore ci sono arrivati precisi ordini riguardo l'angelo Azraphel >> balbettò lui.
<< E quegli ordini da dove sono arrivati!? >> alzò la voce Gabriele sbattendo il pugno contro il palmo della sua mano.
<< D-dall'alto suppongo >> rispose pigolando l'angelo dall'aurea rosata.
<< E in alto chi si trova? >> domandò stufo Gabriele.
<< Dio? >> rispose con un sorrisetto innocente l'angelo che stava di guardia, cosa che fece infumanire Gabriele.
<< E poi? >> domandò ulteriormente.
<< Ehm... suppongo gli arcangeli come, come lei >> annuì sperando di aver dato la risposta giusta.
Per un attimo Azraphel benedì il pessimo carattere di Gabriele e la sua fama arrivata ovunque.
<< Allora non capisco il motivo per cui siamo ancora fuori. Quindi ci fai entrare o preferisci che faccia rapporto sulla tua condotta al Metratron? >>
L'angelo guardia impallidì, la luce che lo circondava si affievolì per un attimo, il Metraton era la voce di Dio, parlava direttamente con lui e se qualcosa arrivava alle orecchie di quell'arcangelo allora significava essere davvero nei guai, Azraphel non aveva mai dato troppo peso a quella cosa, per lui parlare con Dio significava parlare direttamente con lui e non tramite qualcun altro, le cose riportate non arrivavano mai integre al mittente. Però in quel caso quel timore servì al loro scopo, l'angelo di guardia si spostò aprendo loro le porte e permettendogli di entrare, Azraphel entrò per primo seguito da Gabriele che lanciò un'occhiataccia alla guardia.
<< Vorremo stare soli >> gli disse.
<< Ma certo come desidera >> rispose il povero angelo fiondandosi fuori dalla porta, si asciugò il sudore fittizio e sperò che il suo turno finisse presto.
La stanza sembrava apparentemente vuota, i muri bianchi, il pavimento lucido che dava sul beige, sembrava quasi di marmo se non fosse che erano in paradiso e il marmo non esisteva, le due entità si guardarano un momento intorno poi notarono una colonna al centro del pavimento, si avvicinarono e sopra la colonna c'era un pulsante rosso con su scritto "non toccare."
Ad Azraphel venne quasi da ridere, gli sembrava di trovarsi dentro quei film d'azione che piacevano tanto agli umani, e poi era lui secondo Gabriele quello che si era lasciato influenzare troppo dall'umanità. L'angelo si stava torturando le dita indeciso sul da farsi, in quei film non era mai una buona idea premere il pulsante rosso, o qualsiasi pulsante.
<< F-forse non dovrem...- >>
Troppo tardi. Gabriele lo aveva già premuto e da sotto i muri cominciò ad alzarsi una nebbiolina che ben presto rese la visibilità quasi nulla.
<< Oh.... cazzo >> imprecò Azraphel per poi tapparsi la bocca colpevole.
L'arcangelo Gabriele invece se ne stava calmo, sapeva che non sarebbe successo nulla di male, nonostante fosse un arcangelo però nemmeno lui conosceva il segreto di quella stanza e mai gli era interessato a dire il vero, ma ora mentre la nebbiolina iniziava a dissolversi, nel petto dell'arcangelo cominciava ad agitarsi un'emozione di curiosa follia. Deglutì anche lui cercando di mantenere la calma anche se solo da uno sguardo si poteva capire che era visibilmente agitato.
Finalmente quella nebbia si dissolse rivelando il segreto celato dietro quelle pareti, all'angelo per poco non finì la mascella per terra talmente era scioccato, Gabriele spalancò la bocca guardandosi intorno, era incredibile, non poteva essere davvero reale quella cosa. Erano circondati da quelli che sembravano essere specchi, dei grandi, enormi specchi, entrambe le entità si guardarono confuse.
<< Davvero, tutto qui? >> domandò Gabriele.
<< E' così che vengono spesi i fondi del paradiso, bella roba >> borbottò tra sé.
Dentro il suo petto era però sicuro che dietro a quell'enorme fregatura ci fosse qualcosa di più grosso, si avvicinò al suo nuovo e impensabile alleato mettendogli una mano sulla spalla, Azraphel sembrava deluso e sul volto gli passarono tante di quelle emozioni che Gabriele faticò a decifrare
<< C'è un'espressione che usavano gli umani per descrivere una situazione come la nostra >> si mise due dita sotto il mento.
<< Un buco... ->>
<< Un buco nell'acqua >> rispose irritato Azraphel.
<< Sì esatto! Un buco nell'acqua >> esclamò divertito e felice di aver ottenuto la sua risposta.
<< Mi piace questa affermazione >> disse sorridendo.
Se non avesse rischiato le sue stesse ali e non fosse stato un essere pacifico Azraphel gli avrebbe tirato un bel pugno, che cosa aveva da sorridere tanto, non erano risuciti a combinare niente, forse l'arcangelo non voleva realmente aiutarlo, si era fidato di nuovo dei sui capi ed era rimasto fregato. Gabriele si avvicinò a lui sempre sorridendo.
<< Non sai che in paradiso niente è come sembra? Dobbiamo solo trovare la chiave per far spostare o svanire questi specchi. >>
<< Un altro pulsante? >> domandò l'angelo.
<< Non lo so ma cerchiamo. >>
Azraphel annuì ed entrambi presero due vie diverse, man mano che si avvicinavano agli specchi però notarono che la loro immagine riflessa scompariva per lasciare posto a dei vetri leggermenti annebbiati, si avvicinarono di più certi che erano vicini a risolvere il mistero ma quando si trovarono di fronte e molto vicini a quelle grandi teche entrambi inorridirono. L'angelo si portò le mani alle labbra, un suono di sgomento uscì da esse mentre Gabriele all'esterno rimase impassibile ma dentro qualcosa lo colpì talmente forte nel petto che se avesse avuto il fiato gli si sarebbe mozzato all'istante.
Le due entità angeliche fecero entrambe un passo indietro inorridite da ciò che avevano davanti, in quelle grandi teche erano comparsi dei corpi e dei volti, un cartello li informava che appartenevano ai demoni che erano stati sconfitti durante l'apocalisse, erano centinaia o migliaia ed erano fermi nell'ultima posizione che avevano assunto prima di morire o essere sconfitti, sembravano congelati, ad Azraphel quelle teche di vetro ricordavano molto i congelatori che usavano gli umani per tenere grandi quantità di cibo.
<< Congelatori >> sussurrò a se stesso trovando la parola che cercava, si era dimenticato però di non essere da solo.
<< Come? >>
Gabriele alzò un sopracciglio voltando il viso verso l'angelo che si riscosse dai suoi pensieri.
<< Erano utilizzati dagli umani per conservare gli alimenti. Queste cose, qualsiasi cosa siano sembrano prorpio essere simili a quelli >> rispose l'angelo senza staccare gli occhi dal vetro.
Nessuno dei due parlò più per diverso tempo, si mossero dentro quella stanza guardando quelle figure che avevano di fronte, demoni di ogni tipo, ovviamente potevano vedere bene solo quelli che si trovavano davanti al vetro, quelli dietro erano solo una massa di capelli, vestiti e quello che sembrava ghiaccio.
Non riconoscevano nessuno di loro nonostante li avessero affrontati, certo durante una guerra chi combatte, chi si difende e chi scappa non ha tempo di soffermarsi sui dettagli, ma Azraphel era certo che almeno il volto di qualcuno di essi avrebbe dovuto essergli familiare, come poteva essere possibile dimenticarsi totalmente di qualcuno che ha rischiato la vita nello stesso istante in cui lo hai fatto tu? Questo si chiedeva Azraphel, ma soprattutto si domandava il perché di quella cosa che avevano davanti, era sicuro che avendo vinto i demoni fossero definitivamente scomparsi, credeva che la loro stessa essenza avesse smesso di esistere ma a quanto pare si sbagliava.
Oltre ai suoi vuoti di memoria c'erano tante altre cose che gli erano state celate dopo la vittoria e davvero non ne capiva il motivo, perché i loro ricordi riguardo ai demoni e alla guerra erano stati cancellati o distorti? Cosa c'era sotto? Azraphel si avvicinò a Gabriele che stava davanti a una parte della teca, di fronte a lui si trovava un demone dai capelli neri, vestito di nero con la camicia bianca, una fascia rossa gli partiva dalla spalla e terminava alla vita con una coccarda, ai lati del colletto della giacca portava due spillette a forma di corona, il resto del corpo era troppo ricoperto di brina per poter identificarlo al meglio, la sua espressione era quasi neutra, come se si aspettasse ciò che stava per succedere.
L'angelo guardò Gabriele.
<< Sai chi è? >>
Agitò le mani in segno di confusione.
<< O chi era? >> si corresse.
A dire il vero non sapeva se fosse giusto usare il tempo passato o presente ma non faceva nemmeno tutta questa differenza in quella particolare situazione. Gabriele scosse la testa.
<< No. >> Rispose. Lo sguardo ancorato a quello del demone.
Non sembrava proprio che fosse così dall'espressione che aveva assunto, lo sguardo corrucciato, un'espressione triste che deformava quei lineamenti austeri che continuavano a incutere timore a tutti gli angeli che avevano la fortuna o meno di incontrare il suo cammino. Gabriele agli occhi di Azraphel sembrava triste e non riusciva a capirne il motivo, certo anche lui non provava emozioni positive a vedere quella scena, malgrado fossero demoni non si meritavano di essere rinchiusi come carne congelata in scatolette, però quello che vi lesse l'angelo sul volto del suo capo era qualcosa che andava oltre lo sgomento per il trattamento riservato ai loro ormai ex nemici.
Per non parlare poi del fatto che l'arcangelo l'aveva sempre voluta e desiderata quella guerra, ad Azraphel era sempre sembrato un tantino sadico e se glielo avvessero domandato diverso tempo addietro, avrebbe certamente detto che l'idea di chiudere i demoni in specie di celle frigorifere fosse stata un'idea proprio di Gabriele e se non fosse arrivata da lui certo non l'avrebbe disdegnata.
Ma ora guardare quel volto così afflitto gli faceva rimpiangere di aver anche solo pensato quelle cose, con un sospiro si allontanò dall'arcangelo continuando l'ispezione di quella grande stanza, osservava i volti di tutti i demoni, alcuni erano stati congelati con un'espressione di rabbia sul volto, quelli fecero particolarmente paura all'angelo, gli passò per la testa l'idea che se fossero uciti di lì avrebbero potuto fargli passare un brutto quarto d'ora. Deglutì scartando questa eventualità, passò in rassegna tutti gli altri quasi come se stesse cercando qualcuno, paura, tristezza, ira, fierezza, erano tante le emozioni che si leggevano su quei volti, arrivò nei pressi dell'ultima fila e per poco non cadde a terra nell'incontrare un paio di occhi gialli.











Note:
Salve a tutti, questo era un capitolo di transizione, mi serviva per anticipare quello che accadrà. Spero non sia risultato troppo noioso, a me ha divertito scriverlo, soprattutto la parte tra il piccolo angioletto con Azraphel e in particolar modo quando l'angelo si trova davanti a quei misteriosi occhi gialli.
A proposito dell'angelo bambino volevo trovare un nome che assomigliasse a Warlock così sono andata a cercare i nomi degli angeli,  l'unico che faceva al caso mio era Verchiel così ho preso questo modificandolo appena.
L'epistème ho letto che viene tradotto con conoscenza ed io volevo un nome per questo museo angelico che significasse proprio una cosa del genere.
Spero tanto che la storia fino a qui vi sia piaciuta e grazie a tutti.
Al prossimo capitolo. Un saluto, Ineffable.







































   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Good Omens / Vai alla pagina dell'autore: ineffable