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Autore: Kuroi Tenshi    15/11/2021    1 recensioni
Una versione alternativa della storia canon, che poi prende la sua strada secondo la mia idea di come il rapporto Zutara avrebbe avuto tutti i presupposti di evolvere, ma poi non è stato 🥺
Dal cap. 3:
“Non si tratta solo di questo, vero? Non è soltanto senso del dovere. Tu vuoi fare ammenda per gli errori che hai commesso e che ha commesso la tua famiglia. In ogni modo possibile.”
Il Principe della Nazione del Fuoco chinò il capo davanti alla Dominatrice dell’Acqua.
Lei gli si avvicinò, gli posò delicata una mano sulla guancia sinistra, accarezzando lievemente la cicatrice, e scelse le parole con cura: “E’ una cosa bella e ti fa onore, Zuko. Ma lascia che ti accompagni. Permettimi di supportarti in questa tua scelta.”
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katara, Zuko
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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6. GUARIGIONE



Immediatamente, Zuko sollevò tra le braccia Katara priva di sensi, delegò la sistemazione del villaggio alle Guerriere Kyoshi e prese il primo cavallo-struzzo che trovò per correre al palazzo. La sentiva inerte e fredda contro la sua spalla, e si accorse di essere scosso da un tremore che nulla aveva a che vedere con il freddo. Una volta arrivati, non permise a nessuno di toccarla, ma la trasportò personalmente e diede ordine di far venire subito la guaritrice nelle stanze della ragazza, che arrivò più in fretta che poté. Era una donna anziana, minuscola sia di altezza che di corporatura, ma con un carattere bisbetico e irriverente. Conosceva bene la Dominatrice, in più occasioni durante le sue permanenze si erano confrontate sui rispettivi rimedi usati, ed era stata informata su cosa avesse fatto al fiume per ridursi così. Quando arrivò, vide che il sovrano l’aveva già adagiata a letto, e gli ordinò di uscire, ma questi la guardò indignato:
“E’ mia amica, voglio starle vicino, lascia che ti aiuti!”
La guaritrice inarcò un sopracciglio: “Molto bene, mio Signore. In tal caso, toglietele i vestiti bagnati. Deve indossare al più presto qualcosa di asciutto.” e si voltò a mezzo per controllare la reazione di lui, constatando che tutto il suo viso aveva assunto la stessa tonalità di rosso della cicatrice. “Perdonate l’impudenza. Ma non dò mai istruzioni casuali o superflue. Ora, se non vi dispiace, chiamate le ancelle per sbrigare questa mansione, dopo potrete rientrare. Nel frattempo cambiatevi anche voi. Non vorrei dovermi dividere tra troppi pazienti, dato che mi par di capire che molti altri torneranno raffreddati dal villaggio.”
Stavolta il ragazzo annuì e fece quanto gli era stato chiesto senza più replicare. Tornò poco più tardi, seguito dal Generale, che reggeva un vassoio con quattro tazze di tè caldo. Ne presero una a testa, lasciando sul comodino l’ultima per quando Katara fosse stata in grado di bere, quindi i nuovi arrivati si informarono sulle sue condizioni.
“Ha preso molto freddo, ha la febbre alta, ma finché respira normalmente non c’è ragione di preoccuparsi, ha bisogno solo di restare al caldo e a riposo completo per alcuni giorni. E’ probabile che le abbiate risparmiato una brutta polmonite, riparandola dalla corrente per quanto potevate.” Soggiunse infine con approvazione rivolgendosi a Zuko, che arrossì nuovamente, imbarazzato, mentre Iroh annuiva, orgoglioso della prontezza di spirito del nipote.
Nei giorni seguenti, il Signore del Fuoco approfittò di ogni momento libero dalle riunioni per visitare Katara, spesso portandole miscele ricostituenti studiate da suo zio e dalla guaritrice. Le sue condizioni non si erano aggravate per fortuna, ma la ripresa era più lenta del previsto, solo in poche occasioni l’aveva trovata sveglia ed era riuscito a scambiare qualche parola con lei. Naturalmente aveva chiesto degli abitanti del villaggio, ma parlare le era faticoso, perciò, per evitarglielo, Zuko si era dilungato nel farle un resoconto dettagliato di come tutti fossero sani e salvi e le opere di ricostruzione fossero già cominciate. Lei lo aveva ascoltato sorridendo debolmente, grata delle sue parole, col busto adagiato sui cuscini e una tazza calda tra le mani. Lui aveva espressamente omesso quanto fossero dure le riunioni senza il suo prezioso supporto. In effetti la preoccupazione per la sua salute gli impediva di essere totalmente concentrato, ma se la stava cavando bene, gran parte delle questioni erano state risolte. Tuttavia, sentiva la sua mancanza.

Un giorno, alcuni bambini del villaggio fecero visita alla loro salvatrice. In quel momento il sovrano si trovava con lei, e rimasero un po’ intimoriti dalla sua presenza. Ma Zuko sorrise incoraggiante, invitandoli ad entrare, e loro, vincendo l’iniziale riverenza, si presentarono e si accomodarono sui cuscini sparsi sul pavimento. Si guardavano intorno, meravigliati dall’eleganza della stanza: le pareti grigio perla contrastavano piacevolmente con le colonne dorate poste agli angoli e con il tappeto porpora che ricopriva il suolo, per non parlare del mobilio finemente intagliato. Ad un certo punto una bambina si avvicinò timidamente alla ragazza e le porse un mazzo di fiori che aveva tenuto accuratamente nascosto dietro la schiena, dicendo: “Ecco… Questo è da parte di tutto il villaggio. Sappiamo che non è molto, ma è in segno di riconoscenza per quello che avete fatto per noi, Somma Katara.”
A sentirsi chiamare così, lei emise un lieve suono gutturale che somigliava vagamente a una risatina, e rispose piano: “Ti prego, chiamami soltanto Katara… Non servono titoli…” la voce le morì in gola, e lanciò uno sguardo eloquente a Zuko.
Questi, cogliendo la richiesta, si alzò e prese un vaso dal tavolo, dirigendosi poi verso la stanza da bagno per riempirlo d’acqua. Tornò pochi istanti più tardi, col recipiente colmo, e Katara vi depose accuratamente i fiori. Poi Zuko le posò il tutto sul comodino, e guardò i bambini, che si lanciavano occhiate incerte. Colto da un’improvvisa ispirazione, afferrò un libro vicino al vaso, e propose loro di leggere qualcosa. Rimasero tutti stupiti, ma il più grande si riprese più in fretta degli altri e accettò. Il Signore del Fuoco lesse loro una storia molto avvincente, che parlava di una principessa guerriera, un cavaliere in cerca del proprio destino, un giullare astuto e una saggia maga. Quando finì, il sole stava per tramontare, e accompagnò personalmente i bambini alle porte del palazzo, congedandosi da Katara, che rivolse a tutti un gesto con la mano. Una volta sola, ripiombò tra i cuscini, esausta. Le aveva fatto piacere quella visita inaspettata, ma era ancora debole, e si addormentò.
Riaprì gli occhi diverse ore dopo, e si rese conto che era calata la sera, e la sua stanza era illuminata da fiamme galleggianti. Voltandosi, trovò Zuko seduto accanto al letto, con un libro in mano.
“Ben svegliata”, la salutò, deponendolo, “Spero che tu abbia appetito, perché stasera c’è la zuppa di mare.”
Lei annuì piano, portandosi lentamente a sedere. Intanto lui si avvicinò al tavolo, prese la ciotola che vi si trovava, la riscaldò tenendola un momento tra le mani e gliela porse: “Non dovrebbe scottare, ma fai attenzione.”
Katara assentì nuovamente, e prese la scodella dalle mani di lui, sfiorandogli appena le dita. Alzò un attimo lo sguardo, per incontrare quello dorato chino su di lei, e istintivamente riabbassò il suo. Che le succedeva? Aveva sempre parlato con lui, ed era sempre stata diretta, fin troppo. Da dove arrivava quell’improvvisa timidezza? Decise che probabilmente era a causa della spossatezza, e si portò il cucchiaio alla bocca, soffiando piano.
“Ti lascio mangiare tranquilla.” disse Zuko, alzandosi.
“Aspetta” biascicò, senza neanche rendersene conto. Lui si voltò a guardarla, in attesa. “Voglio dire… Se non sei impegnato, puoi restare… Non mi dispiace avere compagnia…”
Non glielo avrebbe confessato, ma aveva sofferto la solitudine di quei giorni. La sua camera era molto confortevole, e lui e le Guerriere Kyoshi cercavano di non lasciarla mai sola, ma era pur sempre sola in un paese straniero. Lui parve capire. La capiva sempre. Con un cenno del capo, tornò a sedersi, e riprese il libro dal comodino.
Mentre lei consumava il pasto, lui lesse in silenzio. Ma non era un silenzio scomodo o imbarazzato, semplicemente godevano della reciproca presenza senza bisogno di arricchirla con chiacchiere. Il che era insolito da parte di lei, ma del resto aveva la bocca impegnata. Quando finì, Zuko le prese la ciotola dalle mani, sfiorandogliele nuovamente, e constatò di sfuggita che mangiando erano diventate calde. Katara abbassò le palpebre. Avendo dormito prima, non aveva sonno, ma non poteva certo chiedergli di rimanere ancora, il mattino dopo avrebbe avuto delle riunioni. Non si accorse che intanto lui la osservava di sottecchi. Studiava la sua incertezza, il modo in cui sembrava volesse chiedere qualcosa ma si frenava mordicchiando con i denti il labbro inferiore, per… Cosa, poi? Katara non era mai stata timida, men che meno con lui. Eppure era titubante.
“Ti va se ti leggo ancora qualcosa?” offrì. Lei rialzò la testa, con una scintilla speranzosa in quegli occhi blu. Gli sorrise riconoscente, ma esitante.
“Te la senti? Non sei stanco dopo la giornata?”
“Non è un peso leggere per tirare su di morale un’amica triste.” replicò  lui. Katara arrossì leggermente, mentre tornava a sdraiarsi.
Quello diventò il nuovo rituale serale per il resto della convalescenza della ragazza. Lei non parlava molto, ma riposava con gli occhi chiusi, annuendo di tanto in tanto per fargli sapere che era ancora sveglia, con l’ombra di un sorriso sereno sul volto. Le piaceva la voce di Zuko. Era calda e avvolgente come il suo Elemento, più profonda rispetto a quando era adolescente, tendenzialmente pacata, ma riusciva a porre la giusta enfasi per interpretare bene le storie che le leggeva. Immaginò che dovesse aver fatto pratica con la piccola Kiyi.
Un pomeriggio, quando il corvino bussò alla porta, rispose Ty Lee. Perplesso, entrò, e vide Katara in piedi, tremante, sorretta dalla Guerriera.
“Ti trovo meglio!” esclamò sorpreso.
“Puoi ben dirlo! Stamattina la guaritrice mi ha dato il permesso di alzarmi, finalmente un progresso concreto!” ansimò lei. La voce era flebile, non aveva ancora recuperato le forze.
“Sì, ma non gasarti troppo, ti ricordo che ha detto anche di fare solo pochi passi alla volta.” puntualizzò Ty Lee. “Alle volte questa ragazza è cocciuta come un rinoceronte, insiste sempre per fare di più, finché non arriva al limite e la devo riportare a letto di peso, beata pazienza!” riferì al sovrano, come se l’interessata non fosse presente, guadagnandosi uno sguardo indispettito da parte di quest’ultima e un’occhiata divertita da parte di lui.
“Va bene, Ty Lee, lascia che ti dia il cambio per un po’.” suggerì Zuko, avvicinandosi a Katara dal lato opposto a quello dove si trovava lei.
“Davvero? Volentieri! Così la guaritrice sgrida te e non me se esagera!” accettò subito la ragazza, assicurandosi che l’Ambasciatrice si fosse ben ancorata al braccio di lui, prima lasciarla e imboccare la porta saltellando e augurando ridendo: “A più tardi, buona passeggiata!”
Una volta soli, lui guardò l’amica: “Non devi strafare. Sono contento che ti stia rimettendo, ma prenditi il tempo che ti serve per recuperare. Se acceleri troppo rischi una ricaduta.” lei lo ignorò, fecero qualche passo esitante, e il ragazzo notò subito che si era aggrappata al suo braccio con più forza già dopo essersi mossa così poco. “Fermiamoci.” suggerì.
“No. Voglio arrivare alla sedia.” fu la caparbia replica, a dispetto del brivido che la percorse facendole venire la pelle d’oca. Ma non passò inosservato.
Spazientito dalla sua testardaggine, Zuko la sollevò per la vita stringendola a sé, trovandola più leggera di quanto pensasse. Ignorando le sue lamentele e il profumo di lavanda che gli aveva investito le narici, avanzò fino a depositarla sulla sedia. “Ecco. Ci sei arrivata.”
“Così non vale! Non guarirò mai di questo passo!” protestò Katara.
“Non guarirai mai se continui ad eccedere! Lo so che sei abituata ad occuparti sempre di tutti, ma qui non c’è nessuno a cui debba fare da balia! Per una volta, lascia che qualcun altro si prenda cura di te!” sbottò lui. La ragazza spalancò gli occhi del colore dell’oceano, fissandoli su di lui. Rendendosi conto di quanto aveva appena detto, questi fece un respiro profondo, e riprese con più calma, cercando di celare l’imbarazzo: “Ti ricordi quando mi hai salvato la vita alla fine della Guerra dei Cent’anni?”
Lei annuì. “Mi sei stata accanto per giorni. Forse non te ne sei accorta, ma abbaiavi ordini di continuo. Cosa dovessi fare, cosa non dovessi fare, persino cosa dovessi mangiare e bere, arrivando spesso ad essere fastidiosa, mi sembrava di avere vicino una madre petulante e iperapprensiva.”
Sorrise alla smorfia che comparve sul viso di lei, ma proseguì: “Il punto è, Katara, che volevi che stessi meglio, e pur di raggiungere il tuo obiettivo sei arrivata a renderti quasi insopportabile per l’eccesso di zelo. Ma è servito. Non so se sarei stato così disposto a dar retta a qualcuno di meno… Autoritario. Certo non tutti sarebbero stati in grado di bloccarmi a letto con una lamina di ghiaccio.” La smorfia della Dominatrice divenne un ghigno al ricordo di quell’episodio. “Hai fatto in modo che seguissi scrupolosamente la prognosi, e mi sono completamente ristabilito.”
Si fissarono per qualche secondo, poi lui concluse: “Puoi smetterla di fare quello che ti pare e rispettare le istruzioni della guaritrice, o posso trovarti un cane da guardia che ti costringa a farlo. Sarei felice di pensarci personalmente per rifarmi di quella volta, ma purtroppo i miei impegni come Signore del Fuoco non me lo consentono.”
“Oh, sentiamo, e chi dovrebbe essere questo cane da guardia? Ty Lee?”
“No. Pensavo di chiamare Sokka. Sono sicuro che se sapesse che stai male si precipiterebbe qui a nuoto pur di essere di qualche utilità.”
Gli occhi di lei si ridussero a fessure e aggrottò la fronte: “Non lo faresti.”
“Credi che non sarei disposto a disturbare tuo fratello? Mi sottovaluti, ragazzina.”
Non la chiamava così da quando dava loro la caccia, e fu questo, forse più di tutto il discorso, ad ammansire Katara. Odiava apparire debole, e pur di dimostrare di non esserlo si era sforzata per ostentare energie che in realtà non aveva ancora recuperato. Facendo preoccupare tutti. Che era esattamente l’opposto di quel che desiderava. Il suo sguardo ostinato mutò in rassegnazione, e Zuko seppe di avere vinto.
Più gentilmente di prima, la prese da dietro la schiena e da sotto le ginocchia e la riportò a letto. Le sistemò i cuscini, e la sondò brevemente. I lunghi capelli castani erano sparsi attorno al capo, e aveva l’aria stanca e imbronciata per l’esito della discussione, ma in fondo a quegli occhi blu scorse ancora la determinazione che la caratterizzava. Senza pensarci, allungò una mano e le sfiorò la testa, il viso, finché una ciocca gli si impigliò tra le dita, e si perse un attimo nel saggiarne la consistenza setosa. Sentendo su di sé lo sguardo perplesso di Katara, si ritrasse, come se si fosse scottato (lui, il Signore del Fuoco..!), e deviando gli occhi disse: “Vedrai che se seguirai le indicazioni della guaritrice ti rimetterai presto!”
E uscì, senza più voltarsi. Chiusa la porta, alzò le mani ai lati della testa e massaggiò brevemente le tempie, per riacquistare il controllo di sé, e si diresse in giardino per allenarsi con suo zio.  Gli avrebbe fatto bene distrarsi un po’.
All’interno della stanza, Katara era rimasta altrettanto basita per quel gesto così intimo. Ma per quanto l’avesse sorpresa, le era sembrato naturale… Giusto. Decise di procrastinare le riflessioni in merito a quando si fosse completamente ristabilita.

Dopo alcuni giorni, l’Ambasciatrice della Tribù dell’Acqua tornò a partecipare ad una riunione. Per l’occasione si era vestita con particolare cura, scegliendo un abito celeste alla foggia della sua gente, e aveva raccolto solo parte dei capelli in una mezza coda, adornando l’acconciatura col fermaglio regalatole da Zuko. Fu accolta con calore, era apprezzata e rispettata da quasi tutti i dignitari, e molti si complimentarono per la difficile tecnica con cui aveva salvato il villaggio e si congratularono per la guarigione. L’incontro trascorse tranquillo, la ragazza intervenne con competenza su diversi argomenti, con sorpresa dei magistrati più scettici nei suoi riguardi, che non si aspettavano che fosse aggiornata. Illusi. Aveva passato gli ultimi giorni a farsi riferire per filo e per segno tutto quello che era stato detto nelle due settimane in cui era stata assente. Il sole era alto e la luce che entrava dalle finestre le permise di notare che Zuko aveva profonde occhiaie. Dovevano essere stati giorni estenuanti, anche se non gliene aveva fatto parola durante le sue visite.
A pranzo si intrattenne con lui e le Guerriere Kyoshi, e constatò che il suo pasto era diverso dagli altri, più leggero. Sicuramente un’attenzione in più che le aveva riservato il corvino. Gli lanciò un’occhiata riconoscente, che venne intercettata e a cui lui rispose con un leggero sorriso. Nel pomeriggio, Iroh si unì al loro gruppo per giocare a carte. Katara era contenta di trascorrere nuovamente del tempo in compagnia. Il concilio sarebbe finito a giorni, e si ritrovò a pensare con malinconia che la sua permanenza al Palazzo volgeva al termine.



 
 
  
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