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Autore: Ciarax    17/11/2021    1 recensioni
Le stelle cadenti hanno un significato positivo e costituiscono un'imperdibile occasione per esprimere un desiderio, quando brillano e illuminano il cielo immerso nell'oscurità, ignari che quello non è che il riflesso pallido della loro esistenza.
Quello che le persone ammirano con tanta adorazione non è che il residuo, la scia di quella che una volta bruciava di passione, la stessa passione che si era lentamente spenta in Alexis. Solo l'ombra di quello che alimentava il suo spirito libero.
Era difficile immaginare un incontro tanto casuale da essere in grado di ribaltare la sua visione della vita, alimentando silenziosamente quella piccola e flebile fiamma nel suo petto.
Dal testo:
'Alexis Nyla Allen. Vent’anni. Studentessa. Questo era quello che chiunque avrebbe potuto leggere sul quel maledetto pezzo di plastica che racchiudeva semplicemente parole. Parole che non dicevano assolutamente niente di lei, di ciò che era o pensava.'
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I
 

Waking up alone
Feeling like I’m somewhere in between
 


Girare per le strade di New York dopo le otto di sera non le era mai sembrato tanto inquietante. In una delle metropoli più popolose e movimentale degli States e del mondo non ci si aspetterebbe di certo di trovarsi a girovagare per stradine mal illuminate e quasi totalmente deserte. Eppure, non era neanche tanto distante dalle strade principali di Manhattan.

Forse Alexis avrebbe dovuto girare prima, forse avrebbe dovuto prestare più attenzione e non rimanere tanto concentrata sulla musica che ancora suonava a tutto volume nelle sue orecchie mentre cercava di allontanarsi quanto più discretamente e velocemente da un gruppo decisamente poco amichevole per i suoi gusti.

               «Ma è mai possibile che non posso avere neanche un giorno di pace» soffiò a denti stretti, sentendo l’adrenalina pomparle nelle vene mentre si tratteneva dallo scattare a correre il più velocemente possibile. Non era difficile capire come in quella situazione un’azione del genere avrebbe potuto solo peggiorare la sua situazione.
Non era neanche arrivata a metà strada verso il suo negozio di alimentari preferito che l’acre odore dell’alcool le aveva invaso le narici. Proseguì a testa dritta e senza rallentare neanche un attimo e mettendo in pausa la musica sentì dietro di sé passi pesanti a poca distanza. Il gruppo che aveva visto con la coda dell’occhio passando oltre quel vicolo mal illuminato la stava seguendo, storse il naso quando si rese conto di non essere passata tanto inosservata come avrebbe voluto.

Dai passi pesanti e goffi dietro di sé poté solo intuire vagamente di come si trattasse di un gruppetto di almeno tre uomini, decisamente ben piazzati al contrario della sua figura più minuta la loro confronto anche se nascosta nella felpa enorme che indossava. Non c’era molto che avrebbe potuto fare senza attirare ancora di più l’attenzione e peggiorare la già precaria condizione su cui camminava in punta di piedi.

Non c’era verso di poter chiamare in tempo le forze dell’ordine, né attirare l’attenzione di qualche passante. Chi si sarebbe arrischiato di mettersi contro tre individui del genere solo per salvare una ragazzina estranea? Probabilmente nessuno se non per riservarle un futuro peggiore. Avrebbe probabilmente avuto abbastanza forza nelle gambe per seminarli, ma quella zona non aveva molti nascondigli e di certo non aveva il fiato per una staffetta improvvisata.

               «È tanto piccola che sembra una bambola. Vero, Andrew?»
La risata gutturale che seguì per poco non la fece inciampare sui propri passi, «Sperando che non si rompa altrettanto facilmente»

Il conato di vomito trattenuto a stento a quelle parole le fece rivoltare lo stomaco, chiuso in una morsa di ansia e di crescente agitazione.

Sparire in un vicolo e sperare che mi lascino stare.

Il pensiero che le balenò in mente in quel momento le provocò dei brividi poco piacevoli lungo la spina dorsale, resistendo all’impulso di asciugarsi il viso improvvisamente accaldato a quella che sarebbe stata una follia. In quella strada secondaria, mal illuminata e dall’asfalto accidentato non c’erano molte opzioni per nascondersi e sfuggire in modo rapido e indolore a quelli che non sembravano mollarla; ringraziando allo stesso momento di non sentire gli altri richiami che le avrebbero fatto venire altri conati di disgusto.

Un’istante. Un battito di ciglia.

I tre energumeni che erano alle sue spalle, rallentati dalla pesante quantità di alcool nel loro sangue, annebbiati nei riflessi, impiegarono alcuni secondi prima di capire e inveire. La minuta, piccola ragazzina che avevano adocchiato prima era scattata come una gazzella sotto i loro occhi.

               «Muoviti, idiota! Ti farai scappare anche lei così, Jake» strascicò le parole uno dei tre, spintonando di malo modo il compagno vicino a sé. Non sembrò cogliere lo sguardo torvo che ricevette di risposta e tutti e tre ripresero ad un passo accelerato, raggiungendola in poco tempo a dispetto della stazza e dell’andatura altalenante.

Alexis ripensò ingenuamente all’ultima volta che aveva corso in quel modo, i polmoni che le bruciavano ad ogni respiro e il cuore che sentiva pompare forsennatamente il sangue nelle vene. Non c’era molto che avrebbe potuto fare in quella situazione e maledicendo quel colpo di testa che aveva avuto pochi minuti prima si gettò nel primo vicolo buio che avvistò, dopo aver girato ad una traversa e aver avuto così modo di togliersi, almeno per qualche secondo dalla vista di quella feccia.

La paura del buio era sempre stata incomprensibile per lei, fino a quell’istante. L’inconscio che le giocava tiri mancini era solo la punta dei problemi più urgenti che gravitavano in quel momento alle sue spalle mentre procedeva a passi incerti in quel vicolo totalmente avvolto dall’oscurità. Accendere la luce del proprio cellulare sarebbe stata una condanna e per un attimo si fece strada in lei la timida ma raggelante consapevolezza che quella strada non aveva un’uscita.

Era in un vicolo cieco.

Un tintinnio metallico ai suoi piedi la gelò sul posto. Con il cappuccio ancora alzato a limitargli la visione periferica, sapeva di essere ancora sola anche se non per molto; rimase per un attimo ignara di cosa avesse provocato quel suono quando un secondo rumore le fece abbassare lo sguardo ai suoi piedi.

Le grate di un tombino su cui era, immobile. Le sue chiavi che erano cadute dalla tasca e che erano scivolate finendo con un tonfo sul fondo della fogna.

Avrebbe potuto sembrare una bambinata in quel momento ma perdere il portafogli sarebbe stata una tragedia minore: non c’erano chissà quanti contanti con sé e le uniche cose degne di menzione erano la sua carta d’identità e quei pochi spicci di cui aveva bisogno in quel momento.

Alexis Nyla Allen. Vent’anni. Studentessa. Questo era quello che chiunque avrebbe potuto leggere sul quel maledetto pezzo di plastica che racchiudeva semplicemente parole. Parole che non dicevano assolutamente niente di lei, di ciò che era o pensava.

Erano infatti le chiavi del suo appartamento che rappresentavano la cosa che teneva di più in quel frangente. Erano quelle che le permettevano di ritornare nel porto sicuro della sua camera, del suo piccolo antro che aveva imparato a chiamare casa solo nell’ultimo periodo; dove ogni parete, ogni disegno, spartito o foto raccontavano di lei. Un infinitesimale frammento della propria anima che lasciava in ogni sua creazione e che in quel momento rischiavano di andare perdute.

Lasciare lì le chiavi e tentare di rientrare nel suo appartamento era una follia. Sapeva che sarebbe stato possibile, quando bastava semplicemente arrampicarsi sulle scale antincendio esterne del palazzo ed entrare dalla finestra che puntualmente lasciava sempre aperta. Certo era abbastanza agile da poterlo fare senza problemi ma in quel momento era più che decisa a non lasciarsi andare nuovamente in balia di quello che le capitava intorno.

Girò a malapena la testa quando sentì i passi veloci e pesanti che arrivavano dalla stradina principale, avvicinarsi rapidamente a lei. Non poteva certo rischiare di farsi prendere, troppo tardi per tornare indietro e impossibilitata a proseguire per quel vicolo buio.

Quando i tre arrivarono nei pressi del vicolo buio, rallentarono appena, socchiudendo gli occhi come se potessero in qualche modo vedere nella coltre di oscurità che non faceva passare neanche un filo di luce. Passarono pochi istanti e proseguirono oltre, ignorando quel vicolo vuoto e continuando ad imprecare per aver perso un’occasione simile; talmente poco accorti da non aver notato le grate del tombino a meno di una decina di metri da dove erano loro, alzato e abbandonato con un gesto di stizza vicino il muro sgretolato.




--- Note ---
Ammetto che il prologo è veramente corto, per questo pubblico subito anche il primo capitolo (prima che me ne penta e torni a metterci le mani altre mille volte). Non mi convince al massimo come lo ero stata per altre mie storie ma ho provato a buttarmi di testa senza pensarci troppo, anche grazie ad un'amica che mi ha fatto tornare la voglia di scrivere, di rimettere mano qui su EFP e anche di buttare un'occhio su questo fandom.

 
Non so ancora esattamente dove andare a parare con questa storia ma ci sarà una piccola sopresa più avanti che spero di riuscire a portare a termine. Che altro dire... vedremo come si evolverà la vicenda ma già dal prossimo capitolo faranno la loro entrata in scena le amorevoli testuggini mutanti di cui mi sono innamorata.

P.s. andate a dare un'occhiata alla storia Mostro di 
Made of Snow and Dreams, me ne sono innamorata da subito. Ricambio un po' anche il favore  per essere tornata a scrivere ;).

Ciarax
   
 
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