Edward raggiunse la clinica una
mezzora più tardi. Aveva
coordinato la messa in sicurezza della torre di lancio, ma
faticò a ultimare le
consegne perché accusò una stanchezza sgradevole.
Le spalle, che avevano
portato il peso della discesa insieme al fratello, gli dolevano
impietose. Le
mani gli restituivano un bruciore fastidioso.
John lo vide arrivare, il passo
pesante. Si levò dalla poltrona per andargli incontro. Aveva
indossato il
camice per continuare il suo lavoro, ma si era dovuto arrendere
affidando il
compito a Noreen. Con la mano in quelle condizioni non poteva fare
molto. Un
tutore gli sosteneva il braccio per alleviare il dolore.
"Finalmente Edward! Non
riesco a calmare Steve." Lo studiò con apprensione,
brontolò vedendolo
affaticato. "Cerca di resistere, tuo fratello è parecchio
agitato."
"Sto bene, tranquillo. Tu
invece?"
"Diciamo che scalpito, ma
sono limitato e ho dovuto chiedere aiuto al mio sostituto, il dottor
Mayor e a
Noreen."
"Mossa intelligente la tua di
distruggerti la mano." Ironizzò spingendo affettuosamente il
dottore.
Roberts mugugnò. "Va
bene,
sono stato stupido, ma ora pensiamo a te."
Indicò le mani
scorticate di
Edward. "Sistemiamo prima quelle." Lo spinse sulla poltrona e
chiamò
Noreen. Cooper si lasciò letteralmente cadere e si
rilassò. Appoggiò la testa,
si guardò i palmi delle mani arrossati e striati.
Imprecò, doveva essere
lucido, Steve lo aspettava, aveva bisogno di lui.
"Che ha combinato mio
fratello? Gli hai detto qualcosa?" Roberts scosse la testa in diniego.
"Ho fatto i salti mortali per
evitare di dirgli che lo devono operare. Il dottor Trevis, l'ortopedico
di
turno aspetta solo di vederlo entrare in sala." Edward strinse le
labbra,
socchiuse gli occhi. Non sentiva nemmeno il dolore nelle mani, mentre
l'infermiera lo puliva e fasciava. Alzò la testa appena ebbe
finito.
"Va bene così Noreen,
devo
andare." Aveva fretta d'incontrare Steve e non voleva farlo aspettare
ancora, sapeva della sua paura per gli ospedali.
"Fermati." John lo
afferrò per il braccio con la mano libera, mentre tentava di
alzarsi.
Cooper lo guardò
sorpreso, il suo
amico sembrava turbato. "Che c'è? Stai per dirmi qualcosa
che non voglio
sentire?"
John si morse il labbro,
indugiò
un po'. "La ferita di Steve era profonda ma guarirà, tutto
dipende se
riescono a ricostruire il nervo."
Avvertì nella sua voce
un'incertezza inspiegabile. "E quindi?"
John sospirò. "Potrebbe
non
essere in grado di correre ancora." Sapeva quanto fosse importante per
Steve il suo lavoro di addestratore.
Cooper inveì,
colpì con le mani il
tavolo, senza rendersi conto delle fasciature, una smorfia di dolore lo
percorse.
"Sta attento!" Lo
redarguì Roberts cercando di trattenerlo per le spalle.
"Conserva sane le tue mani
Edward, non farti del male inutilmente."
Lui si divincolò
infuriato.
"Avanti John, ora mi importa solo di sapere quante
possibilità ha Steve di
tornare come prima." Il dottore accusò il rimprovero.
"Volevo essere gentile, so
quanto ti preme la salute di tuo fratello, ma non reagire
così." Era
seccato si sedette sulla poltrona dietro la scrivania.
"Smettila di fare l'offeso!
Per Dio, dimmi della caviglia di Steve!" Quasi urlò.
Ma John aveva perso la pazienza.
Abbassò la testa e sibilò irritato.
"Parla con Trevis. Lui è
più
esperto di me!" Edward si immobilizzò davanti alla scrivania
pronto a
litigare, ma la rabbia sbollì vedendo la mano contratta di
John che tremava
leggermente. Capì che era in difficoltà.
Respirò profondamente,
agitò la
mano fasciata per aria.
"Scusami, è stata una
giornata difficile. Non volevo essere scortese, ma mi uccide dover dare
la
notizia a Steve e sono indeciso."
Roberts alzò la testa,
fece una
leggera smorfia, una specie di tregua. "Devi dirglielo, non
mentirgli."
Cooper si fece serio, il volto
incupito. "E se non lo facessi? Sai quanto ci tiene a correre."
"Se non sarai sincero
perderà
la fiducia. Lotterà con determinazione se saprà
la verità. Devi convincerlo a
non forzare i tempi. E solo tu puoi farlo." Sbuffò
massaggiandosi la mano ferita.
"Ti ricordo che tre ore fa non vi parlavate."
Il comandante si calmò,
aveva
ragione, doveva sostenere il fratello con lealtà.
John si alzò e lo
raggiunse, c'era
dell'altro.
"Cosa mi nascondi ancora, per
Dio."
Il dottore prese tempo. Lui lo
lasciò fare.
"Senti Edward, non puoi
reggere il peso del passato tuo e di Steve, del suo incidente, di Roses
House e
del comando della Cittadella." Si fermò per dare tempo al
suo amico di
ragionare. Sapeva di dargli ulteriore preoccupazione.
"In questo momento io non
posso aiutarti, lo avrei fatto volentieri, ma non sono al cento per
cento. La
mano non è in buone condizioni e sai i problemi che ho
avuto." Finì la
frase con un filo di voce.
Edward trasalì, lo prese
per il
braccio. "Non stai bene?"
John gli sorrise vedendo la sua
inquietudine, scosse la testa con forza. "Sto bene, ma funziono a
regime
ridotto." Inspirò lentamente. "Devo rallentare."
Cooper impallidì, lo
strinse forte
da farlo sussultare. "Non mentirmi, che hai?"
John mantenne una
serenità stoica.
"Sono solo affaticato e ho bisogno di riposo, tutto qui. Giuro che non
ti
nascondo nulla."
Ma Cooper non si capacitava di
quella misera spiegazione e continuava a fissarlo frastornato.
John lo rassicurò. "La
mia
reazione allo stress è stata abnorme e ha causato questo."
Indicò la mano
bloccata dal sostegno, scosse la testa. "Non va bene Edward,
specialmente
per un medico, devo rilassarmi e capire come farlo."
Il comandante aveva un dubbio.
"Non è stato per quello che ti è successo poche
sere fa?" Ma lui lo
tranquillizzò. "Fa sempre parte dello stress. Non temere per
me."
Cooper si quietò, lo
studiò, gli
occhi grigi socchiusi.
"Bene, quando vorrai ti
prenderai dei giorni di pausa, avrai tutti i permessi necessari per
tornare a
casa." Sapeva che gli mancava suo fratello Neville. "Perdonami ti ho
coinvolto troppo con i miei problemi. E sono stato uno stronzo anche
poco
fa."
Roberts ridacchiò, ma
aveva gli
occhi liquidi. Vedere Edward che si preoccupava per lui era impagabile,
non
aveva mai avuto amici e la sua vicinanza lo tranquillizzava.
Così, certo di non
urtarlo, continuò a illustrargli i suoi piani.
"Tutto questo mi ha portato a
una decisione che spero comprenderai." Il comandante si fece attento
chiedendosi che altro avesse macchinato il buon dottore.
"Ho deciso ti chiamare i tuoi
fratelli. Ellen e Daniel arriveranno con un volo privato in elicottero.
Gli ho
raccontato tutto." John attese la sua reazione. Invece Cooper rimase
muto,
il viso si era disteso in un sorriso sollevato.
"Hai bisogno di aiuto Edward.
Hai bisogno del loro sostegno. Devono prendersi parte delle
responsabilità che
ti soffocano. Lo sai che è giusto che sia così."
Il suo amico respirò
incerto,
prima si guardò le mani fasciate, poi il volto stanco di
John, capì che era ora
di arrendersi.
"Hai ragione. Hai fatto
bene." Abbassò la testa come vinto dalla stanchezza di
trascinarsi quel
dolore continuo di fingersi forte. La famiglia gli mancava. "Non posso
farcela da solo, soprattutto se mi manca il tuo aiuto."
John lo prese per le spalle.
"Non me ne vado via, aspetterò di vedere come va con Steve.
Di vederti
sereno insieme a loro."
Alzò la testa. "Sei un
prezioso amico John, mi dispiace di averti fatto penare. Promettimi che
ti
prenderai cura di te stesso."
Roberts si schiarì la
voce.
"Non me ne vado per sempre. Tu cerca di superare i traumi della tua
famiglia."
"lo farò, ora andiamo.
La
parte difficile viene adesso, mio fratello starà
scalpitando."
Si avviarono silenziosi verso la
stanza di Steve, consapevoli di avere ancora molte questioni in sospeso.
C'era Noreen con lui, si sentiva
solo la sua voce che lo sgridava.
"Avanti, smettila, correrai
di nuovo, non stare in pena." Quando Edward entrò, il suo
volto si
illuminò. Cercò di alzarsi ma l'infermiera lo
bloccò. "Sta fermo o la
caviglia ti farà male."
"Finalmente Eddy, dimmi cosa
ti hanno detto, non ne posso più di questa attesa." Fremeva,
si sollevò ma
stavolta fu spinto giù dalla mano sana di John.
Edward fece cenno al dottore di
lasciarlo, si sedette al suo fianco.
"La tua caviglia ha sofferto.
Il nervo è lesionato, se vorrai correre ancora e darmi il
tormento, devi
operarti."
Si fermò per dargli il
tempo di
elaborare. Il più giovane si lasciò cadere sul
cuscino guardando il soffitto.
"Ma dici davvero? Lo sai che odio questo posto." Si morse le labbra,
tremò. Edward gli accarezzò il braccio, dove
aveva l'accesso della flebo.
"Sarò al tuo fianco. Ma
dovrai eseguire tutto alla lettera, ti opererai e farai le terapie che
ti
saranno ordinate."
Si portò l'incavo del
braccio a
coprirsi gli occhi. "Potrò correre ancora?" La voce
incrinata.
Edward fu deciso, anche se il
cuore andava a mille. "Sì, l'operazione ti
aiuterà a guarire, piano ti
riprenderai. Poi vedremo quello che dirà l'ortopedico."
Steve rimase nella stessa
posizione. Mormorò incerto. "Non mi mentire, Eddy."
"Non ti sto mentendo.
Dobbiamo aspettare l'esito dell'operazione."
Steve comprese che non sarebbe
stato facile riprendere il suo lavoro. Sussultò avvilito con
il volto nascosto.
John si fece discreto, fece un
cenno al comandante e uscì per lasciarli soli.
Il giovane Cooper
biascicò
affranto. "Mi dispiace, Eddy, per come ti ho assalito, ti ho fatto del
male, sono stato imperdonabile. Ma ora sai il perché."
"Certo che lo so, molte cose
ora torneranno al posto giusto. Abbiamo patito entrambi, mi dispiace di
averti
lasciato solo con nostro padre. Mai avrei immaginato il male che ti
avrebbe
fatto."
Steve tolse il braccio dal volto.
Si girò a fissare il fratello, gli toccò le mani
fasciate. "Ci sei sempre
stato, anche se ti respingevo. Ti ho odiato e amato, Eddy. Volevo
essere come
te, ma in realtà non sapevo chi fossi. Papà
è stato bravo, ci ha messo in
competizione e ci ha plagiato con una maestria sottile." Le lacrime gli
rotolarono copiose sulle guance. "Che sarà di noi adesso?"
"Recupereremo lentamente, ci
aiuteremo a vicenda. Ma consoliamoci perché ha rivolto solo
a noi le sue
attenzioni malate e ha lasciato da parte gli altri." Edward
sospirò.
"Mary mi ha detto che non ha mai infierito su Benjamin. Non me lo sarei
mai perdonato, fratellino." La sua voce bella e forte, si fece rauca.
Steve si sporse, lo avvolse, le
braccia strette su quel corpo magro che aveva tanto lottato per tenerli
uniti,
ma che nascondeva una fragilità pari alla sua. Lo stress di
quei giorni, il
dolore per quello che avevano patito, divenne reale. Si
incuneò nei loro cuori
lacerati, li condusse all'abbandono di un pianto liberatorio. Erano
così vicini
come mai lo erano stati.
"Ne ho combinate tante,
Eddy." Mormorò. "Me lo merito lo strappo della caviglia, per
il male
che ti ho fatto."
Edward lo afferrò per la
nuca e lo
tirò indietro. "Non ti meriti nessun male. Guardami, devi
metterci tutta
la forza che hai, perché voglio correre insieme a te."
Steve annuì, mentre il
suo cuore
rallentava, si lasciò andare alle cure di Edward che lo
accarezzò intrecciando
le dita nei suoi capelli disordinati.
"Guarirai e starai meglio di
prima. Ora andiamo insieme, ti prepariamo ed entro con te."
Edward si scostò, si
asciugò le
lacrime. Porse un fazzoletto al fratello. Lo fissò
sorridendo prima di dirgli
dell'arrivo dei gemelli.
"Forza Stevie, presto Ellen e
Daniel saranno qui e ci aiuteranno. John li ha chiamati, ha intuito che
abbiamo
bisogno del loro aiuto."
Steve lo guardò
sorpreso, felice
per quella notizia inaspettata. "La famiglia sarà nuovamente
unita. Alla
fine saremo insieme come hai sempre desiderato."
Edward che stava andando a
chiamare John, si fermò sulla porta della stanza.
"Già, fratellino, uniti
nel nome della famiglia. La nostra però, non quella di
nostro padre."
Uscì sorridendo, ora
dovevano
soltanto crederci.