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Autore: coopercroft    17/11/2021    0 recensioni
I Cooper sono ufficiali dell'esercito da generazioni. Edward, il primogenito, alla tragica morte dei genitori ha avuto il dovere ingrato di mantenere unita la famiglia. Comanda con autorevolezza un distaccamento militare nella periferia di Londra, dove collaborano anche i suoi fratelli.
Ma le difficoltà personali, l'incapacità di gestire i rapporti affettivi, innescano una serie d'incomprensioni che finiranno per allontanarli.
Solo l'amicizia con il nuovo medico, John Roberts, lo porterà a prendere coscienza che la famiglia Cooper ha un passato oscuro e doloroso rimasto sepolto per troppo tempo.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Edward raggiunse la clinica una mezzora più tardi. Aveva coordinato la messa in sicurezza della torre di lancio, ma faticò a ultimare le consegne perché accusò una stanchezza sgradevole. Le spalle, che avevano portato il peso della discesa insieme al fratello, gli dolevano impietose. Le mani gli restituivano un bruciore fastidioso.

John lo vide arrivare, il passo pesante. Si levò dalla poltrona per andargli incontro. Aveva indossato il camice per continuare il suo lavoro, ma si era dovuto arrendere affidando il compito a Noreen. Con la mano in quelle condizioni non poteva fare molto. Un tutore gli sosteneva il braccio per alleviare il dolore.

"Finalmente Edward! Non riesco a calmare Steve." Lo studiò con apprensione, brontolò vedendolo affaticato. "Cerca di resistere, tuo fratello è parecchio agitato."

"Sto bene, tranquillo. Tu invece?"

"Diciamo che scalpito, ma sono limitato e ho dovuto chiedere aiuto al mio sostituto, il dottor Mayor e a Noreen."

"Mossa intelligente la tua di distruggerti la mano." Ironizzò spingendo affettuosamente il dottore.

Roberts mugugnò. "Va bene, sono stato stupido, ma ora pensiamo a te."

Indicò le mani scorticate di Edward. "Sistemiamo prima quelle." Lo spinse sulla poltrona e chiamò Noreen. Cooper si lasciò letteralmente cadere e si rilassò. Appoggiò la testa, si guardò i palmi delle mani arrossati e striati. Imprecò, doveva essere lucido, Steve lo aspettava, aveva bisogno di lui.

"Che ha combinato mio fratello? Gli hai detto qualcosa?" Roberts scosse la testa in diniego.

"Ho fatto i salti mortali per evitare di dirgli che lo devono operare. Il dottor Trevis, l'ortopedico di turno aspetta solo di vederlo entrare in sala." Edward strinse le labbra, socchiuse gli occhi. Non sentiva nemmeno il dolore nelle mani, mentre l'infermiera lo puliva e fasciava. Alzò la testa appena ebbe finito.

"Va bene così Noreen, devo andare." Aveva fretta d'incontrare Steve e non voleva farlo aspettare ancora, sapeva della sua paura per gli ospedali.

"Fermati." John lo afferrò per il braccio con la mano libera, mentre tentava di alzarsi.

Cooper lo guardò sorpreso, il suo amico sembrava turbato. "Che c'è? Stai per dirmi qualcosa che non voglio sentire?"

John si morse il labbro, indugiò un po'. "La ferita di Steve era profonda ma guarirà, tutto dipende se riescono a ricostruire il nervo."

Avvertì nella sua voce un'incertezza inspiegabile. "E quindi?"

John sospirò. "Potrebbe non essere in grado di correre ancora." Sapeva quanto fosse importante per Steve il suo lavoro di addestratore.

Cooper inveì, colpì con le mani il tavolo, senza rendersi conto delle fasciature, una smorfia di dolore lo percorse.

"Sta attento!" Lo redarguì Roberts cercando di trattenerlo per le spalle.

"Conserva sane le tue mani Edward, non farti del male inutilmente."

Lui si divincolò infuriato. "Avanti John, ora mi importa solo di sapere quante possibilità ha Steve di tornare come prima." Il dottore accusò il rimprovero.

"Volevo essere gentile, so quanto ti preme la salute di tuo fratello, ma non reagire così." Era seccato si sedette sulla poltrona dietro la scrivania.

"Smettila di fare l'offeso! Per Dio, dimmi della caviglia di Steve!" Quasi urlò.

Ma John aveva perso la pazienza. Abbassò la testa e sibilò irritato.

"Parla con Trevis. Lui è più esperto di me!" Edward si immobilizzò davanti alla scrivania pronto a litigare, ma la rabbia sbollì vedendo la mano contratta di John che tremava leggermente. Capì che era in difficoltà.

Respirò profondamente, agitò la mano fasciata per aria.

"Scusami, è stata una giornata difficile. Non volevo essere scortese, ma mi uccide dover dare la notizia a Steve e sono indeciso."

Roberts alzò la testa, fece una leggera smorfia, una specie di tregua. "Devi dirglielo, non mentirgli."

Cooper si fece serio, il volto incupito. "E se non lo facessi? Sai quanto ci tiene a correre."

"Se non sarai sincero perderà la fiducia. Lotterà con determinazione se saprà la verità. Devi convincerlo a non forzare i tempi. E solo tu puoi farlo." Sbuffò massaggiandosi la mano ferita. "Ti ricordo che tre ore fa non vi parlavate."

Il comandante si calmò, aveva ragione, doveva sostenere il fratello con lealtà.

John si alzò e lo raggiunse, c'era dell'altro.

"Cosa mi nascondi ancora, per Dio."

Il dottore prese tempo. Lui lo lasciò fare.

"Senti Edward, non puoi reggere il peso del passato tuo e di Steve, del suo incidente, di Roses House e del comando della Cittadella." Si fermò per dare tempo al suo amico di ragionare. Sapeva di dargli ulteriore preoccupazione.

"In questo momento io non posso aiutarti, lo avrei fatto volentieri, ma non sono al cento per cento. La mano non è in buone condizioni e sai i problemi che ho avuto." Finì la frase con un filo di voce.

Edward trasalì, lo prese per il braccio. "Non stai bene?"

John gli sorrise vedendo la sua inquietudine, scosse la testa con forza. "Sto bene, ma funziono a regime ridotto." Inspirò lentamente. "Devo rallentare."

Cooper impallidì, lo strinse forte da farlo sussultare. "Non mentirmi, che hai?"

John mantenne una serenità stoica. "Sono solo affaticato e ho bisogno di riposo, tutto qui. Giuro che non ti nascondo nulla."

Ma Cooper non si capacitava di quella misera spiegazione e continuava a fissarlo frastornato.

John lo rassicurò. "La mia reazione allo stress è stata abnorme e ha causato questo." Indicò la mano bloccata dal sostegno, scosse la testa. "Non va bene Edward, specialmente per un medico, devo rilassarmi e capire come farlo."

Il comandante aveva un dubbio. "Non è stato per quello che ti è successo poche sere fa?" Ma lui lo tranquillizzò. "Fa sempre parte dello stress. Non temere per me."

Cooper si quietò, lo studiò, gli occhi grigi socchiusi.

"Bene, quando vorrai ti prenderai dei giorni di pausa, avrai tutti i permessi necessari per tornare a casa." Sapeva che gli mancava suo fratello Neville. "Perdonami ti ho coinvolto troppo con i miei problemi. E sono stato uno stronzo anche poco fa."

Roberts ridacchiò, ma aveva gli occhi liquidi. Vedere Edward che si preoccupava per lui era impagabile, non aveva mai avuto amici e la sua vicinanza lo tranquillizzava. Così, certo di non urtarlo, continuò a illustrargli i suoi piani.

"Tutto questo mi ha portato a una decisione che spero comprenderai." Il comandante si fece attento chiedendosi che altro avesse macchinato il buon dottore.

"Ho deciso ti chiamare i tuoi fratelli. Ellen e Daniel arriveranno con un volo privato in elicottero. Gli ho raccontato tutto." John attese la sua reazione. Invece Cooper rimase muto, il viso si era disteso in un sorriso sollevato.

"Hai bisogno di aiuto Edward. Hai bisogno del loro sostegno. Devono prendersi parte delle responsabilità che ti soffocano. Lo sai che è giusto che sia così."

Il suo amico respirò incerto, prima si guardò le mani fasciate, poi il volto stanco di John, capì che era ora di arrendersi.

"Hai ragione. Hai fatto bene." Abbassò la testa come vinto dalla stanchezza di trascinarsi quel dolore continuo di fingersi forte. La famiglia gli mancava. "Non posso farcela da solo, soprattutto se mi manca il tuo aiuto."

John lo prese per le spalle. "Non me ne vado via, aspetterò di vedere come va con Steve. Di vederti sereno insieme a loro."

Alzò la testa. "Sei un prezioso amico John, mi dispiace di averti fatto penare. Promettimi che ti prenderai cura di te stesso."

Roberts si schiarì la voce. "Non me ne vado per sempre. Tu cerca di superare i traumi della tua famiglia."

"lo farò, ora andiamo. La parte difficile viene adesso, mio fratello starà scalpitando."

Si avviarono silenziosi verso la stanza di Steve, consapevoli di avere ancora molte questioni in sospeso.

C'era Noreen con lui, si sentiva solo la sua voce che lo sgridava.

"Avanti, smettila, correrai di nuovo, non stare in pena." Quando Edward entrò, il suo volto si illuminò. Cercò di alzarsi ma l'infermiera lo bloccò. "Sta fermo o la caviglia ti farà male."

"Finalmente Eddy, dimmi cosa ti hanno detto, non ne posso più di questa attesa." Fremeva, si sollevò ma stavolta fu spinto giù dalla mano sana di John.

Edward fece cenno al dottore di lasciarlo, si sedette al suo fianco.

"La tua caviglia ha sofferto. Il nervo è lesionato, se vorrai correre ancora e darmi il tormento, devi operarti."

Si fermò per dargli il tempo di elaborare. Il più giovane si lasciò cadere sul cuscino guardando il soffitto. "Ma dici davvero? Lo sai che odio questo posto." Si morse le labbra, tremò. Edward gli accarezzò il braccio, dove aveva l'accesso della flebo.

"Sarò al tuo fianco. Ma dovrai eseguire tutto alla lettera, ti opererai e farai le terapie che ti saranno ordinate."

Si portò l'incavo del braccio a coprirsi gli occhi. "Potrò correre ancora?" La voce incrinata.

Edward fu deciso, anche se il cuore andava a mille. "Sì, l'operazione ti aiuterà a guarire, piano ti riprenderai. Poi vedremo quello che dirà l'ortopedico."

Steve rimase nella stessa posizione. Mormorò incerto. "Non mi mentire, Eddy."

"Non ti sto mentendo. Dobbiamo aspettare l'esito dell'operazione."

Steve comprese che non sarebbe stato facile riprendere il suo lavoro. Sussultò avvilito con il volto nascosto.

John si fece discreto, fece un cenno al comandante e uscì per lasciarli soli.

Il giovane Cooper biascicò affranto. "Mi dispiace, Eddy, per come ti ho assalito, ti ho fatto del male, sono stato imperdonabile. Ma ora sai il perché."

"Certo che lo so, molte cose ora torneranno al posto giusto. Abbiamo patito entrambi, mi dispiace di averti lasciato solo con nostro padre. Mai avrei immaginato il male che ti avrebbe fatto."

Steve tolse il braccio dal volto. Si girò a fissare il fratello, gli toccò le mani fasciate. "Ci sei sempre stato, anche se ti respingevo. Ti ho odiato e amato, Eddy. Volevo essere come te, ma in realtà non sapevo chi fossi. Papà è stato bravo, ci ha messo in competizione e ci ha plagiato con una maestria sottile." Le lacrime gli rotolarono copiose sulle guance. "Che sarà di noi adesso?"

"Recupereremo lentamente, ci aiuteremo a vicenda. Ma consoliamoci perché ha rivolto solo a noi le sue attenzioni malate e ha lasciato da parte gli altri." Edward sospirò. "Mary mi ha detto che non ha mai infierito su Benjamin. Non me lo sarei mai perdonato, fratellino." La sua voce bella e forte, si fece rauca.

Steve si sporse, lo avvolse, le braccia strette su quel corpo magro che aveva tanto lottato per tenerli uniti, ma che nascondeva una fragilità pari alla sua. Lo stress di quei giorni, il dolore per quello che avevano patito, divenne reale. Si incuneò nei loro cuori lacerati, li condusse all'abbandono di un pianto liberatorio. Erano così vicini come mai lo erano stati.

"Ne ho combinate tante, Eddy." Mormorò. "Me lo merito lo strappo della caviglia, per il male che ti ho fatto."

Edward lo afferrò per la nuca e lo tirò indietro. "Non ti meriti nessun male. Guardami, devi metterci tutta la forza che hai, perché voglio correre insieme a te."

Steve annuì, mentre il suo cuore rallentava, si lasciò andare alle cure di Edward che lo accarezzò intrecciando le dita nei suoi capelli disordinati.

"Guarirai e starai meglio di prima. Ora andiamo insieme, ti prepariamo ed entro con te."

Edward si scostò, si asciugò le lacrime. Porse un fazzoletto al fratello. Lo fissò sorridendo prima di dirgli dell'arrivo dei gemelli.

"Forza Stevie, presto Ellen e Daniel saranno qui e ci aiuteranno. John li ha chiamati, ha intuito che abbiamo bisogno del loro aiuto."

Steve lo guardò sorpreso, felice per quella notizia inaspettata. "La famiglia sarà nuovamente unita. Alla fine saremo insieme come hai sempre desiderato."

Edward che stava andando a chiamare John, si fermò sulla porta della stanza. "Già, fratellino, uniti nel nome della famiglia. La nostra però, non quella di nostro padre."

Uscì sorridendo, ora dovevano soltanto crederci. 

 

 

 

   
 
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